DUE PUNTI

Uno. Strepitoso intervento di Stefano Rodotà su Repubblica di oggi. Parte da Marchionne, ma va molto oltre. Leggere con attenzione.
“Le parole, i toni, l´argomentare sono di fastidio di fronte alla critica, alla discussione pubblica che pure è il sale della democrazia. Pare evidente che Sergio Marchionne voglia mostrare la regola della forza.
Ha ribadito che suo, e soltanto suo, è il potere di vita o di morte su Mirafiori. Una spada gettata su una bilancia già sospetta d´essere alterata. È così eccessivo questo atteggiamento che viene quasi il sospetto che l´amministratore delegato della Fiat voglia favorire il “no” al referendum, per essere finalmente libero di muoversi in un mondo globale dove tutti gli aprono le porte e gli offrono braccia a qualsiasi prezzo. Un referendum, peraltro, che egli stesso svuota del suo significato proprio, visto che ne rifiuta pregiudizialmente uno dei possibili risultati. Lo sappiamo da sempre che è facile volgere a proprio vantaggio una guerra tra poveri. Per sfuggire a un impoverimento che attanaglia un numero crescente di persone, vi è sempre qualcuno che accetta di vendere la sua forza lavoro riducendo garanzie e diritti. È questo il dono del realismo del Terzo Millennio, dove l´efficienza economica cancella ogni altro valore?
Se vogliamo analizzare più in profondo le dinamiche in corso, ci accorgiamo che qualcosa accomuna la vicenda Fiat e quella che riguarda WikiLeaks. Si tratta del modo in cui il potere si sta redistribuendo nel mondo globale, chi lo esercita, chi può controllarlo. E questa novità non si coglie con i soli strumenti tradizionali, riferendosi solo al sistema delle relazioni industriali, alla tutela del segreto di Stato. Bisogna partire dalle logiche alle quali si rifanno i nuovi padroni del mondo, che non si sentono titolari di un potere controllabile e, invece, si muovono ritenendosi investiti di un potere sciolto da ogni vincolo.
Se questo è il tratto comune, divergono gli effetti di questo potere generato dal contesto globale. Nel caso della Fiat, lo sciogliersi del potere dai vincoli esterni, per il dilatarsi dell´attività d´impresa nei più diversi luoghi del mondo, ne produce un accentramento in mani sempre più ristrette. Nel caso WikiLeaks, il superamento delle barriere alla diffusione delle notizie determina il dilatarsi del numero dei soggetti titolari del potere fondato sulla conoscenza, che può essere esercitato al fine di controllare chi finora si era ritenuto intoccabile. Questi diversi effetti hanno origine nella diversità del potere esercitato: fondato sulla logica economica, da una parte; finalizzato all´espansione dei diritti, dall´altro.
La novità della situazione attuale è determinata dal fatto che, nella dimensione globale, si riduce o addirittura si dissolve la sovranità degli Stati nazionali, che è stata, e in molti casi ancora rimane, strumento per garantire il governo di processi complessi e assicurare un equilibrio tra i poteri in campo. Nel vuoto lasciato dai soggetti nazionali, e nell´assenza di soggetti pubblici che possano prenderne il posto, si insediano soggetti privati che divengono, insieme, legislatori e governanti, controllori e controllati. Dobbiamo rassegnarci alla supremazia della logica di mercato che produce una sorta di invincibile diritto naturale? O vi sono altre strade da percorrere?
L´Europa può fornirci qualche indicazione. Nel 1999, avviando la fase che avrebbe portato alla proclamazione della Carta dei diritti fondamentali, il Consiglio europeo affermava esplicitamente che il riconoscimento di quei diritti era indispensabile per far sì che l´Unione acquistasse piena “legittimità”. Il mercato, le libertà economiche che l´accompagnano, la moneta unica non venivano ritenuti sufficienti per sostenere una costruzione difficile, e sempre a rischio, qual è quella europea. Il passaggio dall´”Europa dei mercati” all´”Europa dei diritti” diviene così condizione necessaria perché l´Unione possa raggiungere piena legittimazione democratica. Questo modello è stato poi assunto oltre lo spazio europeo, tanto che al rifiuto radicale della globalizzazione, sintetizzato dallo slogan “No Global”, si è sostituita una linea diversa, che parla appunto di globalizzazione attraverso i diritti e non soltanto attraverso il mercato. Queste non sono formule più o meno felici. Sono l´espressione di una esigenza di democrazia che ben possiamo far risalire all´articolo 16 della Dichiarazione dei diritti dell´uomo e del cittadino del 1789: “La società nella quale non è assicurata la garanzia dei diritti, e non è stabilita la separazione dei poteri, non ha Costituzione”. Il potere dev´essere diviso, non concentrato. I diritti fondamentali devono essere sempre garantiti.
Questa storia è alla fine? Nel mondo del lavoro, in troppi casi, non v´è più negoziazione “all´ombra della legge”. Anzi non v´è più negoziazione, perché sempre più spesso si chiede a sindacati e lavoratori di prendere o lasciare un testo predisposto unilateralmente dalla parte più forte. Contratto collettivo e sindacato, i due strumenti che dall´800 hanno cercato di colmare il dislivello di potere tra datore di lavoro e lavoratori, vengono variamente svuotati. La soggettività del lavoratore si perde, e con essa la dignità del lavoro. Se l´efficienza è l´unica bussola, rischiamo di tornare alla “gestione industriale degli uomini”. E la retribuzione non è più ciò che deve assicurare al lavoratore e alla sua famiglia “una esistenza libera e dignitosa”, come vuole l´articolo 36 della Costituzione, ma il prezzo minimo che si spunta sul mercato per vendere un lavoro di nuovo ridotto a pura merce. Dall´esistenza libera e dignitosa si tende a passare ad una sorta di “grado zero” dell´esistenza, alla retribuzione come mera soglia di sopravvivenza, come garanzia solo del “salario minimo biologico”, del “minimo vitale”.
Di questi problemi, e del cambiamento d´epoca che rivelano, non ci si può liberare con una mossa infastidita, dando del “conservatore” a chi li ricorda. Chi ragiona così, ha già deciso di arrendersi, di consegnarsi prigioniero a una lettura del mondo globale che non sa usare categorie diverse da quelle dell´economia. Lo sguardo può e deve spingersi oltre, nella direzione indicata all´inizio ricordando la vicenda di WikiLeaks, che ci parla dell´opposto, di una globalizzazione che produce nuovi diritti e nuovi soggetti che l´incarnano. E´ questo il terreno dov´è possibile cercare e costruire quegli equilibri e quei controlli senza i quali la stessa democrazia si perde. Redistribuzione dei poteri e non solo concentrazione, riconoscimento di diritti e non procedure autoritarie. Proprio perché un governo globale del mondo non appartiene alle ipotesi realistiche, e comunque non può essere concepito come la proiezione planetaria della sovranità nazionale, è l´esistenza di una molteplicità di soggetti dotati di diritti che può garantire il mantenimento di pesi e contrappesi, come già accade in molte situazioni. In tutto questo cogliamo un intreccio tra vecchio e nuovo, tra continuità e mutamento. Mentre si manifestano soggetti nuovi, capaci di dar voce ai diritti, non si può pensare che i soggetti storici rappresentino solo il passato, e dunque possano essere abbandonati. E´ vero il contrario. Proprio perché si sta giocando una partita difficile, è indispensabile salvaguardare tutte le forze disponibili. Tornando, ad esempio, alla specifica situazione italiana, questo vuol dire che non sarebbe ragionevole una linea che, pur giustificata appunto con il riferimento ai diritti, porti all’emarginazione, o addirittura alla scomparsa, di parti significative del sindacato”.
Due. Mi scrivono le donne di perUnaltracittà. A Firenze si tiene, giovedì, un dibattito sul tema “La Forza della Natura. Incontro sulla Femmina”, volto a presentare questo calendario di Oliviero Toscani.
Ora, la domanda che mi pongo e vi rigiro è sull’idea, di cui si sta già discutendo a Firenze, secondo la quale Toscani utilizza queste immagini per denunciare la pubblicità sessista. La questione è interessante e pone un problema su cui riflettere (ho detto riflettere, grazie: non sganasciarsi contro lefemministescandalizzateesciattoneuscitedallapennadicrumb): perchè non da oggi appropriarsi di una tendenza in atto nel paese (la denuncia del sessismo, in questo caso), rimasticandola ad arte, è uno dei modi per addomesticare la tendenza medesima.
Commenti?

40 pensieri su “DUE PUNTI

  1. Ciao Loredana! Eccoti un piccolo contributo sul punto 2. Anche L’Unità ultimamente si batte come un leone per denunciare le pubblicità sessiste. Peccato che poco tempo fa, con l’avvio della nuova gestione della De Gregorio, ci sia stata una caduta di stile e di contenuto. Oliviero Toscani (eh sì, proprio lui) fece una campagna pubblicitaria decisamente sessista (http://goo.gl/kstIG), e nessuno in redazione ne ebbe da ridire. A me trovarmi quei manifesti in formato gigante davanti alla stazione di Bologna mi ha fatto, a suo tempo, abbastanza schifo.

  2. Rodotà pone, giustamente, anche il tema del ruolo dell’Europa in questi processi globali. Senza voler scadere nel semplicismo, mi sembra che le macroregioni si stiano organizzando secondo tendenze simili (con le ovvie eccezioni locali):
    – America centrosettentrionale e mondo anglosassone in genere aderiscono a un modello neoliberista puro;
    – l’America latina segue un modello sviluppista ma con attenzione a politiche sociali redistributive, con tutti i limiti del caso;
    – l’Asia orientale cerca di coniugare autoritarismo politico e liberismo economico.
    Il punto è che tutti questi modelli fanno riferimento a visioni ideologiche da sempre presenti in questa regione (il pensiero liberale in Nord America, il populismo sociale in America Latina, confucianesimo e valori asiatici dalla Cina alle ex Tigri); qual è la visione ideologica prevalente in Europa che le permetta di strutturarsi anch’essa come una macroregione con delle specificità proprie? I modelli costruiti nel dopoguerra sono rigettati sistematicamente sia dalle istituzioni comunitarie sia dai partiti nazionali; su questa base, un ruolo autonomo e forte dell’Europa sembra davvero impossibile.

  3. commentino sul punto due:
    Toscani trasgressivo che denuncia la pubblicità sessita? bah! in questo caso mi sembra conformista più che trasgressivo , come in quello del 2007 con l’infermiera giovane, guance paffutelle, della campagna pane amore e sanità, che non potevo non trasformare in pane amore e infamità.
    Se devi giustificarti come trasgressivo attraverso un complesso ragionamento significa che non lo sei, altrimenti il messaggio trasgressivo balza agli occhi, come per es. quello della donna crocifissa di Cattelan.
    Voleva essere trasgressivo? poteva metterci pubi di donne di tutte le età, oppure, e meglio, poteva proprio non metterci pezzi di donne, questo si che sarebbe trasgressivo

  4. Sul punto due: forse non capisco io, ma il calendario di Toscani è tutto così? Foto di pelo pubico? E vorrebbe avere invece uno scopo alto? Di denuncia?
    Non so come mi fa venire in mente i sontuosi banchetti della FAO in cui i governanti discutono della fame del mondo…

  5. A Lippa e a tutto il vivacissimo commentario di Lipperatura:
    vi prego di considerare questo, sul punto 2.
    Secondo me, MENO si parla di Toscani e MENO si fa il su gioco. Punto.
    Da quando Toscani ha rotto il suo rapporto con Benetton (nel 2000), fa fotografie del genere solo per far parlare di sé. In effetti gli mancava ancora di fotografare in isolamento il pelo pubico. La prossima volta fotograferà distese di culi nudi, di tette nude e pure una vagina ripresa da dentro, perché no? E tutti a parlare di lui.
    È riuscito a far riaccendere i riflettori su di sé pure per in occasione della morte di Isabelle Caro, la modella anoressica che lui fotografò (e strumentalizzò) per Nolita nel 2007. All’epoca aveva sostenuto di aver contribuito a far star meglio la ragazza… Che stava malissimo, naturalmente, e non sapeva cosa faceva mentre lo faceva.
    Da qualche mese è morta ma lui, invece di chiudersi in doveroso e decoroso silenzio, ha rilasciato prevedibili interviste.
    Insomma, anche in questo caso: meno diffondiamo le immagini di Toscani, meno ne discutiamo, meglio è. Non servono a niente, non denunciano niente, fanno solo il gioco di un fotografo furbacchione. E i media ci cascano sempre. Non alimentiamo anche noi il giochetto…
    Ciao a tutti!

  6. ‘Conciata ad arte’ credo sia il titolo del calendario.
    Provo a immaginare l’alibi: Courbet. E l’ideologia: Cetto La Qualunque.
    E’ il postmoderno.
    .
    Per Marchionne, invece, alibi e ideologia coincidono: il mercato.
    E’ il post-postmoderno.

  7. @Giovanna
    Capisco il tuo ragionamento, ma non sono completamente d’accordo con te: parlarne in un contesto come questo blog significa rifletterci sopra, non chiacchierarne tanto per fare, alimentando il suo marketing.

  8. sul punto 2 aggiungo solo che calendario e titolo del dibattito rimandano al più classico degli strumenti usati per tenere la donna sotto scacco, l’equivalenza Donna=Natura=Istinto=Disumanizzazione.
    (le donne sono natura ma anche cultura, salvo che questo non fa mai comodo a nessuno ricordarlo)

  9. Non solo ‘Conciata ad arte’, ma anche ‘Vera pelle conciata al vegetale’ e come ciliegina l’incontro con Sgarbi, Crepet e Marina Ripa di Meana.
    E’ vero quello che dice Giovanna Cosenza: l’eterno dilemma parlare o non parlare, denunciare oppure non fare il gioco dei cosiddetti “provocatori”, eppure mi chiedo con il silenzio non lasciamo la porta ad un gioco al rialzo? Io sono tra le persone che ha alzato il polverone contro il calendario coscienti però del fatto che col nostro parlarne avremmo fatto pubblicità all’iniziativa, con questi personaggi il rischio di fare il loro gioco esiste sempre.
    Lo stesso accadde, per dirne una, quando Ferrara toccò diverse città d’Italia con il suo tour antiabortista.
    Ma il silenzio non può essere scambiato per indifferenza o peggio per assenso?
    @valeria: ovviamente Courbet citatissimo e poi l’ironia…

  10. qualcosa di veramente trasgressivo che unisca i punti 1 e 2?
    si potrebbe suggerire a toscani un’agenda per marchionne con le foto dei culi degli operai fiat, uno al giorno
    a parte gli scherzi, e oltre alle complesse analisi su europa dei mercati o dei diritti, se si confrontano i dati delle vendite del 2010 della volkswagen e della renault con quelli della fiat si evince che il problema del capitalismo all’italiana forse non è il mercato…. ma ora il moderno marchionne si reinventa il fascismo dei sindacati gialli e vedrete che tremonti si reinventerà l’economia corporativa…

  11. @ElenaElle: questo non è un blog qualunque. È un blog molto attento alle questioni di genere e molto seguito. E il fatto che si parli qui di Toscani contribuisce – anche se Loredana e i suoi commentatori magari non vogliono – a farne parlare anche altrove. In rete e fuori.
    D’altra parte non credo che su Toscani ci sia davvero più nulla da dire.
    E solo quando i media e le persone smetteranno di parlarne, lui cambierà strategia…

  12. Beh, è proprio perché siamo qui, ospiti di Loredana, che secondo me se ne può parlare con cognizione di causa: sviscerando la questione, ponendo i nostri dubbi e interrogativi, anche sentendoci indignate.

  13. Sul punto 1 quoto Skeight e aggiungo cosa scritta da Sartori sul Corriere di qualche giorno fa:
    “Il globalismo dovrà essere riformulato realisticamente come un processo multistep da perseguire con passi commisurati alle gambe. Al globalismo vero e proprio non arriveremo probabilmente mai salvo che nei mercati finanziari ma è possibile e auspicabile puntare a più ampi mercati relativamente omogenei. Tra il policentrismo di milioni di villaggi e l’acentrismo della retorica globalistica dobbiamo cioè puntare su un mondo oligocentrico strutturato per aree di mercato a tenore di vita pareggiabile.”
    In questa congiuntura l’assenza della politica italiana ed Europea è la cosa peggiore.
    Sul punto 2 quoto Giovanna Cosenza e comincio a provare un certo fastidio. Se per sviscerare questioni di genere serve Toscani, siamo veramente alla frutta.

  14. Sulla questione industriale trattata nel punto uno mi trovo d’accordo: una disamina attenta. Il modus operandi di questo sistema non solo rende povertà e non ricchezza, ma è causa anche di disagi, fautrice di malattie fisiche e psichiche. Gli industriali, come i vampiri, si credono i più forti, gli esseri superiori, ma non si rendono conto che senza i lavoratori sarebbero morti. Dove sta allora la forza?

  15. Su Rodotà.
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    Penso che le considerazioni di Rodotà, più che un punto d’arrivo, rappresentino semmai un punto di partenza. Mi spiego.
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    L’economia di mercato ha come suo presupposto l’esistenza di una “società di mercato”: obiettivo che il capitalismo ha cercato di realizzare sin dalle sue origini storiche. Società di mercato vuol dire, nella sostanza, trasformazione in “merce” dei principali fattori della produzione, ossia risorse naturali, risorse sociali (lavoro), mezzi di scambio (moneta).
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    Il diritto ha posto dei vincoli rispetto a questa mercificazione progressiva della società, dell’ambiente e degli scambi, ma leggere l’intera questione dal punto di vista del diritto comporta un rischio: l’assolutizzazione, la de-storicizzazione di questi vincoli; in altre parole, non vengono più visti come risposte, storicamente determinate, ad un fenomeno storico, ma tendono ad essere presentati come “valori in sé” che si autogiustificano in riferimento ad una presunta morale universale.
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    Il punto, secondo me, non è allora la difesa dei vincoli in quanto tali, in nome di una loro presunta “fondatezza a prescindere”. La questione è semmai: la società ha la capacità di resistere alle pressioni del mercato, generando le forze di contrasto che, sole, possono dare corpo e forza ai vincoli sanciti dal diritto?
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    La dichiarata universalità dei diritti, quindi, da sola non basta: l’esigenza di salvaguardare certe tutele – e, dove necessario, di rivederle ed estenderle – deve nascere prima di tutto da un forte bisogno sociale. Che, a sua volta, è condizionato dal modo in cui la società stessa si rappresenta culturalmente, si “guarda allo specchio”.
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    Purtroppo la mentalità mercatista e individalista che ha rappresentato il terreno fertile per la distruzione dello stato sociale, pervade ampi strati della società… e l’inversione di tendenza deve partire dal basso, dal vivo delle lotte e di una nuova consapevolezza sociale.

  16. Io quoto la Giovanna Cosenza, e saluto dicendo che l’articolo di Rodotà è bellissimo. Io sulla faccenda Fiat sto cercando di farmi un’idea e ancora non ce l’ho – ma a me, fondamentalmente questa questione mette una paura terribile, non solo voglio dire l’altruistico pensiero dei dipendenti fiat – 3 pause da dieci minuti per otto ore di turno??? etc – ma anche per le ricadute che avrà il fatto che questo modello passi anche per gli altri lavoratori, vi dico i famosi precari, che godono di alcune differenze di trattamento spesso in cambio di una copertura nulla al livello contrattuale. Qualche post fa qualcuno credeva di poter ritenere – non ricordo chi – che la faccenda Fiat riguardasse solo gli operai fiat, la classe operaia e poteva dire che in finale, la classe operaia ora è una sezione del tessuto nazionale. Ma io ho la sensazione che questa cosa di Marchionne, che al governo piace da pazzi! liberismo! evviva, manco me devo esporre – si ripercuoterà in altri assetti e situazioni professionali, si ripercuoterà ai livelli più disparati – perchè non è una questione di articolazione concrete ai danni dei lavoratori – in zona ombrello di Altan – è di più è una articolazione ideologica, apparentemente progressista, ma che sostanzialmente riporta i rapporti di lavoro a cento anni indietro.
    E poi posso dire una cosa? Su cui non ho le idee chiare: ma secondo voiè davvero giusta sta cosa del referendum? Non puzza? Quante trappole storiche conosciamo che sono passate dalla demagogia del referendum?

  17. @zauberei
    _
    cit. “questa cosa di Marchionne… si ripercuoterà in altri assetti e situazioni professionali, si ripercuoterà ai livelli più disparati – perchè… è una articolazione ideologica, apparentemente progressista, ma che sostanzialmente riporta i rapporti di lavoro a cento anni indietro”.
    _
    La politica di Marchionne e la precarizzazione del lavoro sono figlie di una stessa articolazione ideologica che è diventata dominante da trent’anni a questa parte e che, quindi, non rappresenta nulla di nuovo.
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    Tu ti preoccupi – giustamente – delle ripercussioni… ma temo che quello che stiamo vivendo ora siano a sua volta la “ripercussione” di una mancata vigilanza, da parte di tutti, rispetto a quanto avveniva nelle alte sfere del potere globale.
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    Cito una riflessione di Deleuze riportata da Wu Ming 1 durante un recente incontro pubblico: “L’essenza di una cosa non appare mai all’inizio, ma in mezzo, nel corso del suo sviluppo, quando le sue forze sono consolidate”. Bene, adesso siamo nel mezzo… e, ahimé, se ancora speriamo di salvare qualcosa, ci troviamo alle prese con una terribile lotta contro il tempo.

  18. Scrive Giovanna Cosenza: “Secondo me, MENO si parla di Toscani e MENO si fa il su gioco. Punto”
    La quoto, assolutamente.Lasciamo perdere Toscani, sa farsi così tanta pubblicità da solo che ci manca solo che ci mettiamo a fargliene altra noi. Per carità. Certi furbi…

  19. @zauberei: la tua preoccupazione è giusta. Perché se la questione della Fiat passasse, darebbe il via a un effetto domino dove anche le imprese più piccole si sentirebbero in dovere di fare lo stesso, spalleggiate da un esempio “forte”.
    Sul referendum: mi sembra più che altro una presa in giro, perché anche quando il precedente è passato con una maggioranza netta (oltre il 60%) non andava bene, si voleva l’unanimità, si pretendeva d’imporre la mentalità industriale ai lavoratori. Questo è delirio d’onnipotenza. Molto pericoloso.

  20. Don Cave sono d’accordo solo in parte. Bisogna fare attenzione alla chimera del determinismo – lo dico perchè dalle mie parti, psicologi, ce n’annamo pazzi. La chimera della determinazione sottovaluta sempre il fatto che nelle contingenze umane A può provocare B, ma anche B1, e B2 e B3. Se poi B è un pezzo grosso, i suoi diversi stili di interpretazione della contingenza storica, il suo modo di agirla imprimono una direzione alla storia stessa, e anche un certo giro di velocità. Voglio dire – certo che Marchionne è il segno dei tempi – non mi pare manco necessario scomodare nomi altolocati per accorgersene, ma i tempi si possono abitare in tanti modi.
    Poi posso dire una cosa? In controtendenza? Globale o non globale – Marchionne è così ab ovo. Si sarebbe posto nello stesso modo anche se la prospettiva era locale. E’ proprio il discorso del diritto del soggetto che gli pare secondario alle logiche della produzione. La globalizzazione detta qui solo le dimensioni del potere, non lo stile del suo esercizio. Parere mio e anche in via di formazione.

  21. @Zauberei:
    .
    D’accordissimo sulla sostanza del ragionamento.
    .
    La mia era semplicemente una considerazione per allargare un po’ la prospettiva… se non cogliamo le origini storiche della situazione attuale, secondo me ci priviamo degli strumenti per contrastare certe tendenze, che operano sul lungo periodo.
    .
    Anche perché le dimensioni contano eccome… soprattutto se si tratta di un passaggio da un’ottica nazionale ad un’ottica trasnazionale e globale, le modalità di esercizio del potere cambiano parecchio, e di conseguenza dovrebbero evolversi le forme di lotta e contrasto.
    .
    Secondo me c’è stato un buco nero di un paio di decenni nella consapevolezza collettiva riguardo a certi fenomeni. Questo buco nero ha partorito le condizioni che ora permettono a Marchionne di dettare certe condizioni, ad alcuni sindacati di fare il suo gioco e al principale partito di centrosinistra di prendere certe posizioni. Se non prendiamo coscienza di questo “buco” e ci fermiamo solo al qui-e-ora siamo sconfitti in partenza.

  22. Sono d’accordissimo e sottoscrivo ogni parola scritta da Rodotà. Sono d’accordo anche con Giovanna Cosenza, solo non credo che i punti 1 e 2 siano sideralmente lontani e che la questioni, nel caso di questo calendario, riguardi soltanto la persona di Toscani, le cui ‘provocazioni’ a basso contenuto creativo sono note ormai a tutti. Come noti sono anche i provocatori omologati suoi ospiti, che di mestiere fanno le comparse televisive.
    Nessuno può dire, onestamente, di non sapere dove va a parare quando affida una campagna a Toscani o quando invita certi ospiti.
    E’ probabile che affidi la campagna a Toscani e inviti certi ospiti proprio perché lo sa.
    Bene, sul calendario postato da Loredana c’è scritto: “Salvi per un pelo
    I trasgressivi scatti di Oliviero Toscani per i conciari in crisi”.
    Dunque c’è un consorzio, o distretto non so, in crisi. Come in crisi drammatica sono molti distretti manufatturieri italiani.
    Vado sul web e leggo che a marzo scorso il consorzio aveva lanciato
    questo concorso.
    Non ho strumenti per valutare le politiche aziendali né so se questo concorso abbia avuto un seguito e prodotto buoni frutti.
    Posso valutare però il contenuto e il tono di queste due affermazioni, rispettivamenti di Oliviero Toscani e di Simone Remi, imprenditore e membro della commissione comunicazione del Consorzio committente:
    “Qui si mostra l’essenziale e non quello che si vede nei soliti volgari calendari delle pin up: mostrano tutto meno quello. Un disvelamento al contrario. Queste dodici magnifiche ‘tarte au poil’ senza età, sono autentiche. Quelli della Pelle Conciata al vegetale in Toscana realizzano un prodotto unico al mondo, proprio come la pelle di queste nature”.
    “E’ una provocazione ma sicuramente si tratta di una serie di scatti naturali e onesti. In netta contrapposizione con le pubblicità di alcuni marchi della moda italiana che usano finti artigiani che simulano la fabbricazione di borse a mano, mentre gli stessi articoli, in realtà, vengono prodotti in Cina a basso costo e senza nessun costo per il rispetto dell’ambiente o a Napoli al nero”.
    .
    Allora: se da marzo ad oggi è stata immessa nuova linfa creativa nelle concerie c’è bisogna di pubblicizzarla in questo modo? E se, invece, questa nuova linfa creativa non c’è, in che modo una pubblicità così ‘provocatoria’ ma povera da un punto di vista creativo può colmarne il vuoto?
    I cinesi stanno davvero tremando dalla paura di fronte a questo argine creativo che spazzerà via la loro concorrenza e i pratesi stanno morendo d’invidia, potevano pensarci pure loro a un calendario del genere per difendere i loro tessuti.
    .
    E’ senz’altro vero che la crisi è globale, ma il modo di declinarla in Italia è senz’altro molto peculiare. Io non sono sicura che Marchionne si sarebbe comportato in modo così brutale fuori dei nostri confini.
    Ieri, all’Infedele, sono stati proprio i due giornalisti economici, Mucchetti e Madron, che incendiari non sono, a denunciare inmodo piuttosto veemnete la mancanza di un piano industriale e di interlocutori politici, sia governativi che di opposizione. E’ in questo vuoto (oltre a quello più generale di cui ha parlato Don Cave) e in questa latitanza che Marchionne può imporre i suoi diktat.
    E – ha ricordato Mucchetti – il Marchionne che ho conosciuto all’inzio non era così.
    E qui contraddico in parte quello che scrive Zaub: “Globale o non globale – Marchionne è così ab ovo. Si sarebbe posto nello stesso modo anche se la prospettiva era locale. E’ proprio il discorso del diritto del soggetto che gli pare secondario alle logiche della produzione. La globalizzazione detta qui solo le dimensioni del potere, non lo stile del suo esercizio”.
    Globale la crisi lo è, non ci piove. Marchionne però si pone in questo modo in una dimensione locale, dove il diritto del soggetto non è solo secondario alle logiche di produzione, come dovunque nel mondo, ma è anche tranquillamente ignorato nelle prassi più quotidiani. E’ proprio questa prospettiva locale che gli detta o, comunque, gli permette lo stile di esercizio del potere.
    .
    Rispetto alla denuncia delle donne di ‘un’altra città’ Toscani dice: “Non c’é niente di più nemico delle donne che questa visione vetero femminista”, no, accidenti, ancora non s’è capito: non c’è niente di più nemico di questo Paese che una visione così vetero femminile della donna, che è solo un elemento del provincialismo e della povertà di questo paese.
    E poi certo, c’è la dimensione tragicamente globale della crisi, ma noi qualche problema in più ce l’abbiamo.

  23. “Qui si mostra l’essenziale e non quello che si vede nei soliti volgari calendari delle pin up: mostrano tutto meno quello. Un disvelamento al contrario.” Oliviero Toscani
    Ecco io la penso proprio all’opposto di Toscani, nel senso che i calendari che dice lui possono anche non essere volgari dipende dal talento del fotografo.
    Poi fotografare vagine per alludere alla pelle conciata mi pare più ridicolo che volgare. Comunque mi aspetto che Toscani fotografi peni eretti per pubblicizzare cetrioli (ne sarebbe capacissimo) e sarebbe altrettanto ridicolo.
    Poi vorrei aggiungere che questo insistere sulla Femmina, la Forza Femminile della Natura mi pare avere un che di reazionario mascherato dietro l’esaltazione della “naturalità”..mi vengono in mente certi discutibili (per usare un eufemismo) scritti di Massimo Fini sul Fatto Quotidiano di quasi un anno fa.
    Dite che qualcuno tirerà fuori L’origine del mondo di Courbet per giustificare ‘sta roba? forse, ma quel quadro (peraltro molto bello, a parer mio) aveva ben altre finalità e significato che pubblicizzare la pelle conciata.

  24. “Poi vorrei aggiungere che questo insistere sulla Femmina, la Forza Femminile della Natura mi pare avere un che di reazionario mascherato dietro l’esaltazione della “naturalità”..mi vengono in mente certi discutibili (per usare un eufemismo) scritti di Massimo Fini sul Fatto Quotidiano di quasi un anno”
    Questo non significa, attenzione, condannare chi decide di sottolineare ed esaltare la sua sessualità anzi ben venga, come si è visto io sono favorevolissimo.
    Ma fotografare vagine (o anche peni) in primo piano per pubblicità non ha proprio nulla di sensuale o di eccitante, è solo ridicolo.
    Ma come al solito mi sto ripetendo. Scusate
    Interessanti come sempre le cose che scrive Rodotà.

  25. Su Toscani: io sono stato suo assistente a Milano, per alcuni servizi, e l’ho conosciuto piuttosto bene. Non è mai stato uno che agiva per calcolo, ma ha sempre avuto un senso esagerato per la spettacolarizzazione. Per esempio furiose polemiche scatenarono le foto di un ragazzo malato di aids allo stato terminale, che campeggiarono in tutte le città italiane su manifesti enormi. Ma c’è stato anche un regista che ha filmato l’agonia di suo padre malato di cancro. La foto per l’Unità è una copia di una delle sue prime pubblicità, per Fiorucci. Francamente l’idea che possa provocare “disgusto” mi causa un lieve capogiro. Molte cose sono, appunto, discutibili, ma non mi pare il caso di farne un demone. L’immaginario italiano purtroppo è pieno di santi e di demoni. Le foto delle vagine in primo piano mi sembrano una emerita cavolata, niente di più e niente di meno. Che creino scandalo lo trovo abbastanza buffo.
    Questo passo di Rodotà mi ha particolarmente colpito: “viene quasi il sospetto che l´amministratore delegato della Fiat voglia favorire il “no” al referendum, per essere finalmente libero di muoversi in un mondo globale dove tutti gli aprono le porte e gli offrono braccia a qualsiasi prezzo.”
    Per il nostro cosiddetto governo e le sue televisioni staliniste Marchionne è, appunto, un santo.

  26. Molto interessante l’articolo di Rodotà, l’ho letto due volte vista la vastità di ciò che tratta e il mio non essere al dentro di certe tematiche. Grazie mille.
    Per quanto riguarda il secondo punto non mi sento completamente d’accordo con quanto suggerito da Giovanna Cosenza, certo il suo punto di vista ha fondamenta molto più ampie del mio, ma personalmente mi sembra utile ricordare ogni tentativo (anche reiterato) di uso del corpo per una qualche pubblicità.
    Magari sarò poco acuta, ma quei riccioli di pelo pubico, giovane e multi color, associati alla “Vera Pelle Italiana Conciata Al Vegetale” non mi sembra vadano contro le pubblicità sessiste.
    Non mi scandalizzano quelle foto perché espongono pezzi di corpi femminili, come non mi sconvolse il collage di peni di qualche anno, fa o il corpo di Isabelle Caro. Il corpo o una sua parte che sia nudo malato o offeso è qualcosa di naturale, che non solo studio, ma ammiro.
    Una persona che passa sui corpi e li sfrutta, addirittura con dei pretesti e delle giustificazioni pretestuose, al contrario mi infastidisce. La trovo intellettualmente disonesta e urticante.
    La necessità di parlarne ed educare è estrema, certe campagne continueranno ad essere commissionate o scelte proprio per questo tipo di linguaggio, quindi fintanto che ci saranno soggetti ricettivi a queste sollecitazioni, continuerà ad esistere. Non si possono fare eccezioni nella condanna o nell’analisi di ciò che non si condivide.
    Davvero da non perdere l’incontro/dibattito in occasione della presentazione l’elenco di personalità invitate dà l’idea di quanto sarà plurale e serio.
    “Il Calendario sarà ufficialmente presentato in occasione di Pitti Uomo 2011 durante un dibattito pubblico che si terrà giovedì 13 gennaio 2011 alle ore 18.00 presso lo spazio Alcatraz della Stazione Leopolda di Firenze. Si parlerà de “La Forza della Natura. Incontro sulla Femmina”.
    Parteciperanno alla tavola rotonda Carlo Antonelli (Direttore di Rolling Stone Magazine), Paolo Crepet (psichiatra), Raffaello Napoleone (Amministratore Delegato di Pitti Immagine), Marina Ripa di Meana (stilista, scrittrice, ambientalista), Vittorio Sgarbi (critico d’arte, politico, scrittore), Davide Paolini (giornalista) e Oliviero Toscani (fotografo).”
    Questo è proprio ciò che mi infastidisce, la patina di “corretto”, non amo sentirmi sonoramente presa in giro.
    Un saluto a tutti.

  27. Leggendo il commento di Giovanna Cosenza:
    da pubblicitaria mi viene da dire, no no, parliamone invece di questo calendario, ma facendo quello che Toscani e soprattutto il cliente che gli ha commissionato il calendario non si aspetta:
    Boicottiamo il prodotto che lui pubblicizza. Urliamo a gran voce che lo boicotteremo e poi facciamolo veramente.
    Infatti se si parla di Toscani e basta, gli si fa un favore, perché lui gioca sulla regola del “purché se ne parli”
    Bene, da persona che lavora da anni nell’ambiente, vi posso assicurare che quando il cliente si vede arrivare centinaia, migliaia di mail che dicono “io lo schifo del vostro prodotto con quello schifo di pubblicità non lo compro” beh, vi posso assicurare che non c’è teoria di awareness che tenga.
    L’annuncio del boicottaggio – e non solo del non apprezzamento della campagna – è quello che fa la differenza.
    Solo dimostrando che lasciargli fare queste “pubblicità stupidamente provocatorie” il prodotto ci perde, ce lo toglieremo dai piedi.
    Per ora l’alibi è stato “commissiono a uno che fa parlare di me”-
    ma se l’affidargli un lavoro si rivela un “commissiono a uno che mi fa perdere quote di mercato”, beh… fa una bella differenza.

  28. Toscani, grande fratello, fabrizio corona, paris hilton, ma anche lady gaga, briatore…ci dicono che è quello che vuole la gente, che solo 5 milioni in Italia leggono il giornale. Poi Fazio e Saviano fanno un programma intelligente e lo guardano in 10 milioni…ma nulla cambia.
    Tutti a comprare la pizza margherita a 10 euro che costava 10 mila, tutti a lamentarsi…ma nulla cambia.
    Idem con le battute del premier. Idem con marchionne.
    Fanno quello che vogliono, tanto sanno che la gente si incazzerà ma poi mandera giù l’amaro boccone.
    Che soluzione suggerite?

  29. Ci ho pensato e ripensato, perché le sollecitazioni erano molte, ma sono partita dalla stessa convinzione di Giovanna Cosenza e da lì non mi sono mossa: quest’uomo ingrassa di polemiche, stavolta la mia non gli aggiungerà un etto.

  30. Dal Twitter di Beppe Severgnini: Gli italiani e il signor B (2a parte): “”Nobody can dominate a whole nation, unless we’re all accomplices” (Edward R Murrow, 1958).

  31. La critica viene “vampirizzata” dal criticato, e dal mondo che lo sostiene, solo quando è inconcludente e, appunto, impestata da proiezioni paranoiche. Una critica intelligente, che “spezza le ossa” (intellettualmente parlando), non potrà mai fornire alcuna pubblicità al soggetto posto sotto analisi. Il punto è produrre una critica con tali requisiti. Il resto è chiacchiericcio; questo sì funzionale alla pubblicità indiretta (vedi il caso del culo bianco yamamay).

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