GENERI

Amedeo ha ventidue anni, studia lingua e letteratura russa alla Sapienza di Roma. Mi ha scritto una mail. E io la riporto, così com’è. Ringraziandolo.
“Ieri (il 3 gennaio, ndr), mentre passavo nella mia cucina, la mia bella nonnina guardava la tv, seguiva una trasmissione che va in onda la mattina su Rai1: Verdetto finale. Si tratta di un processo pubblico, tramesso via tv, in cui un giudice deve deliberare: dare ragione all’una o all’altra parte di una controversia, il tutto sulla base di contrasti più disparati.
Ora. Che il programma sia idiota è cosa risaputa, che sia un’offesa alla possibilità di cui gode un mezzo di comunicazione come la tv se ben utilizzato pure.
Però non posso stare zitto. E’ ora che anch’io inizi a parlare, e a denunciare.
Ti riassumo in breve il tema della puntata  un marito chiede separazione con addebito, infine negato, alla moglie perchè questa gli aveva taciuto per mesi l’omosessualità del loro unico figlio maschio 18enne, che lo scorso Natale ha comunicato, in presenza del suo fidanzato 25enne, di essere gay e che andranno a vivere insieme.
Ecco il link.
Non ho smesso un istante di pensarci, non riesco davvero a non arrabbiarmi e non sentirmi offeso: come cittadino, che vorrebbe una televisione differente, come giovane studente, che da buon giovane studente è di livello intellettuale e culturale nettamente superiore a molte donne e uomini imbarazzanti presenti nel video, e come persona omosessuale, che vorrebbe – e fa del suo meglio affinchè questo succeda! – che della sua sessualità, dei suoi gusti, ma soprattutto della sua considerazione sociale e del suo impatto sociale – perchè anche di questo si parla – si dicesse altro, in altri termini, con un’altra coscienza e consapevolezza, e con un minimo di merito in più.
Questa mattina ho riguardato il video per intero, provando a mettere in evidenza alcuni dei passaggi più disastrosi.
Ti riporto qualche esempio:
– quel genio di presentatrice, giusto all’inizio della trasmissione, parlando delle ripercussioni in famiglia che il dichiararsi gay di un figlio o di una figlia può causare, afferma che “o si accetta insieme lo stato delle cose, oppure la famiglia si spacca, si sfascia”. Come scusi? Si spacca una famiglia per il fatto che è la prole è gaya??!!
– e a proposito di prole … il padre pronuncia le frasi migliori: “una notizia del genere …  è inutile nascondere la testa sotto la sabbia … non è piacevole … un padre … “. Direi che l’ordine delle parole è emblematico. E l’ultima parola della frase è “choc”!
Sempre lui: dopo due figlie femmine, con la nascita del figlio maschio “vedevo realizzata anche la possibilità di proseguimento della specie, della famiglia. Ho un pò il sogno che tutti quanti i genitori hanno. Ed è naturale averlo.” In seguito ripete che è difficile, “come padre”, sentirsi dire certe cose.
Tutto questo sarà confermato dall’avvocato difensore del signore che, come arringa, chiede alla signora e all’aula di mettersi nei panni del signore – “nella testa di un uomo” – per capire cosa volesse dire per lui l’arrivo di un figlio maschio!
– tuttavia, anche la madre non rinuncia al buon stereotipo del figlio gay: “era docile, ubbidiente, tranquillo, soprattutto sensibile!”
Mi fermo qui con gli esempi. Credo sia sufficiente.
Non ho idea se questa trasmissione sia preparata o meno, intendo dire se i soggetti siano pagati per inventare storie che si sa riscuoteranno successo. Ma non è questo il punto, non cambia nulla: resta il fatto che la televisione italiana è questo, ai cittadini itaiani è offerto questo. Si pensa che questo interessi, che questo sia il nostro livello di interese.
Forse, purtroppo, è vero. Ma siamo in tanti a non sentirci né soddisfatti né rappresentati.
E sta parlando un ragazzo che in pubertà e adolescenza ha subito quotidianamente offese, insulti, percosse perchè amava i maschi, e una pressione sociale esagerata per via di tutti questi modelli, superata solo con la cultura.
Ora ho 22 anni, ho appena chiuso una storia di due anni e mezzo con un ragazzo eccezionale. Pubblica, vissuta in pubblico. Era un diritto e dovere che sentivamo: manifesto per noi, manifesto per molti altri.
A 19 anni ho parlato ai miei di me: mia madre va in panico, si è tranquillizzata solo ultimamente. Mio padre mi disse solo: “Beh, mi dai una bella botta …” Sorride.  “Ma questa è la tua vita. Se me ne parli solo ora vuol dire che fino ad ora hai fatto un percorso completamente solo: ti chiedo scusa per la mia assenza e ti dico che sono orgoglioso di te. Se ti piacciono i maschi, bene. Spero solo che non avrai problemi in futuro per il tuo lavoro e per la tua felicità. Il tuo ragazzo sarà il benvenuto in casa”. ”
Amedeo chiede una riflessione comune. E ha perfettamente ragione.

43 pensieri su “GENERI

  1. “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. E la tv ha un grandissimo potere, potrebbe, come Spiderman, fare davvero solo del bene se volesse. E io sono convinta che il modo c’è, per continuare ad essere una tv commerciale (ma qui si parlava della Rai) e trasmettere messaggi educativi.
    Per il discorso grandi speranze vorrei dirti che tra i giovani c’è chi vale e chi non vale. Io conosco molti giovani (faccio l’insegnante) e spesso sento discorsi piuttosto allucinanti proprio da loro che dovrebbero essere di mentalità più aperta nei confronti di argomenti come “discriminazione di genere”, “libertà di vita sessuale” e così via. Un mese fa dei ragazzi di 15-16 anni si scandalizzarono perché la loro prof (cioè io) era incinta ma non sposata. Manco mia madre e mia nonna hanno reagito così.
    Questo per dire che le speranza le possiamo riporre sui singoli (giovani, non giovani, anziani) ma non su un’intera generazione…

  2. Ps Oltretutto il ragazzo in questione era sicuramente dotato di un certo grado di cultura, cosa che, purtroppo, tra non molto diventerà una specie rara.

  3. Chiedo scusa ad Amedeo per tutti i dolori che la nostra società ancora infligge a chi non si omologa, non perché pensi di avere una responsabilità diretta in questo, ma perché nessuno chiede mai scusa per i pregiudizi e per il mancato riconoscimento dei diritti civili. Invece sarebbe ora di iniziare a farlo, anche dissentendo rispetto ai messaggi veicolati dal programma citato. Mi piace però anche vedere il positivo di questa testimonianza: la reazione del padre di Amedeo è davvero confortante.

  4. Ci sono due cose diverse qui.
    La discriminazione nei confronti degli omosessuali (che diventa sempre più spesso violenza), il che è immorale e incivile e su cui sarebbe ora di fare una battaglia trasversale e di civiltà.
    La sfiducia di un coniuge nei confronti dell’altro, cui viene taciuta una cosa importante all’interno della famiglia e che riguarda entrambi, e che la moglie decide di gestire da sola, senza farne parte al marito. Questo, a prescindere dalla natura della questione taciuta, in effetti può essere un motivo di scazzo molto grave all’interno di una coppia.

  5. Se ripenso alle frasi sulla omosessualità che mi hanno iirritato di più queste sono state pronunciate da gente che vota a sinistra, che legge quotidiani e libri. Frasi allusive, pronunciate con un mezzo sorriso, ma non meno pesanti da sopportare, secondo me, della trasmissione televisiva.

  6. Come ha recentemente dichiarato Margherita Hack, essere etero o omo non è diverso dall’essere mancini o destrogiri. Ognuno è come è. Alla gente non dovrebbe fregare una mazza di come gli altri si soddisfano a letto. La sessualità è una faccenda strettamente privata. (Mi riferisco ai rapporti fra adulti consenzienti, che non coinvolgano minori o minorati, naturalmente).
    Purtroppo la lotta agli stereotipi è lenta e faticosa…

  7. Amedeo si chiede: “Non ho idea se questa trasmissione sia preparata o meno, intendo dire se i soggetti siano pagati per inventare storie che si sa riscuoteranno successo.”
    “Sì”, è la risposta. E’ tutto scritto, e quelli sono attori. La tv del reale non esiste (e la cosa è ancora più inquietante).

  8. La trasmissione di cui parla Amedeo è veramente idiota. Mi è capitato di vederla alcune volte in cui si discutevano altri temi e il livello purtroppo è sempre quello. Del resto spesso la televisione ci propina argomenti potenzialmente interessanti ma trattati in modo superficiale, non riesce ad uscire dai luoghi comuni, è sconfortante.
    Quanto alla situazione di Amedeo, comprendo il suo stato d’animo di fronte al tipo di discussione a cui ha assistito. Purtroppo molte persone affrontano il tema dell’omosessualità nelle modalità che ha visto in TV, se non peggio. Che dire? Ha fatto molto bene a richiamare la nostra attenzione su questa cosa. Gli auguro di incontrare persone intelligenti e comprensive come suo padre.

  9. Mi sembra molto grave l’affermazione iniziale della conduttrice, in quanto presuppone che l’orientamento sessuale del figlio maggiorenne sia: a) un problema, b) un argomento che è di competenza dei genitori, c) un possibile motivo di separazione fra i coniugi. Ha ragione Amedeo, impostare una trasmissione televisiva su questi tre presupposti è oltraggioso.

  10. In generale la narrazione in Italia della questione omosessuale sta quasi alle api e i fiori. A tutti i livelli – quindi, era tristemente prevedibile cosa combinassero in merito in una trasmissione che fa solo monnezza.
    In ogni caso qua e la arrivano segnali interessanti, e proprio dal mondo omosessuale, cioè segnali capaci di bucare la separazione e incoraggiare la riflessione collettiva. Penso al bel film di qualche tempo fa “Improvvisamente l’inverno scorso” – ma penso anche alla campagna pubblicitaria di non ricordo quale associazione omosessuale, che ho visto sugli autobus romani e che incoraggiava i genitori di ragazzi omosessuali a chiamare la società per esporre i loro dubbi e timori.
    La campagna era carina – ricordo la foto di una italicissima signora di mezza età che si mordicchiava il labbro. Cioè si riconosceva un problema che esiste facilmente vuoi al livello psicologico vuoi a quello culturale.
    La parte narrativa più aberrante della trasmissione non era secondo me il genitore che dice le cose che dice – perchè spesso i genitori di ragazzi omosessuali quelle cose le hanno dette o pensate, fanno parte dell’arredamento della loro testa – ma la totale assenza di controcanto, la totale impossibilità di evolvere e risolvere la situazione, dialettica zero riflessione zero, opportunità di evoluzione e risoluzione zero. Confronto con altre reazioni zero. Il pensiero unico becero della televisione italiana che dove nasci con la testa li devi morire – perchè li ti ci ho fatto nascere.
    (Senza contare poi alcune graziose considerazioni che si potrebbero fare vero – su commenti sessisti e stereotipici come, ah volevo la prosecuzione etc, che sfiga due fije femmine, etc….)

  11. Io credo in tutta onestà che la frase pronunciata dalla conduttrice sia veritiera: l’omosessualità di un figlio è stata edpuò ancora essere uno dei motivi di sfascio delle famiglie.
    Conosco amici che ci sono passati.
    Non mi scandalizzerei quindi per l’aver sentito pronunciare la frase quanto sul fatto che quanto detto accade sul serio, o no?
    La lotta gli stereotipi di questi tipo (che sfasciano le famiglie) è ancora lunga, ma credo che passi avanti ne siano stati fatti.
    Se questo ragazzo che ha scritto la mail ha potuto vivere serenamente la sua storia d’amore significa che qualcosa sta cambiando, e che qualcosa è cambiato già.
    Concordo sul fatto, comunque, che qualcosa debba ancora cambiare.
    Però non partiamo da zero, secondo me.

  12. Zaub ha ragione quando parla di dialettica zero, opportunità di porre i problemi in altra visuale, zero, ecc. Questo è l’unico vero problema!
    Amedeo sa che il problema delle reazioni dei genitori, della società, esiste ancora. Quel che non esiste è un modo di ‘accompagnare’ lo spettatore verso una riflessione vera, matura.
    Non vorrei che la discussione si sviluppasse sulle considerazioni riguardanti il ‘problema’ in se.
    Quello che è’ assurdo, e pericoloso, è che la tv si occupi ancora in questo modo di questioni come queste, mettendosi al livello più basso, più diseducativo e becero, e riferendosi solo ed unicamente ad un ampio ventaglio di stereotipi. E questo sul primo e più seguito canale della tv pubblica. Quella ‘sceneggiatura’ ha inventato tutto? Ci posso credere, il chè ovviamente è folle.

  13. “vedevo realizzata anche la possibilità di proseguimento della specie, della famiglia.”
    Proseguimento della specie..e che è? un vitello? se sono attori hanno anche sceneggiature scadenti..poi certo col maschio continua il cognome, mentre con la femmina la famiglia si estingue..che tragedia! è vero che purtroppo una famiglia si può sfasciare anche per una situazione come questa specie se un genitore lo tiene nascosto all’altro, la colpa non è certo della prole gaya, ma della difficoltà ad accettarla e la difficoltà non è tanto nell’accettare l’omosessualità in sè, ma nel fatto che lo sia tuo figlio o tua figlia.
    Fortunatamente non è il caso del padre di Amedeo.
    Certo trasmissioni che si adagiano sul pregiudizio senza elaborarlo, criticarlo, rifletterci, ironizzarci, decostruirlo..non aiutano.

  14. Confermo quanto detto più su da Gianni Biondillo: le “cause” sono senz’altro ben preparate e i figuranti che interpretano i contendenti ben istruiti (e probabilmente pagati, o quantomeno rimborsati delle spese sostenute per partecipare al programma). Nel caso in questione si può supporre che siano davvero marito e moglie, ma che la “verità” della situazione raccontata si fermi qui. I responsabili dei contenuti espressi sono gli autori del programma. Io non l’avevo mai visto e non ne sapevo niente fino alle scorse vacanze, quando mi è capitato di intravederne una puntata, e la cosa che mi ha più lasciata esterrefatta è che si tratta di un clone di un noto programma Mediaset, “Forum”. Ora, a Forum le questioni di genere sono di norma trattate meglio (o almeno lo erano diversi anni fa, quando io ci lavoravo). Mi sembra che non ci sia bisogno di aggiungere altro.

  15. Scusate. Ma come sempre il problema è a monte. E a monte di Rai1 c’è la cultura e l’ideologia cattolica di questo paese. Irritarsi con la tv quando quello specifico canale è nelle mani di un potere reazionario è illogico. Non è la tv la responsabile ma il potere che ci sta dietro, in questo specifico caso il potere ideologico della Chiesa Cattolica. Se non si ha il coraggio di parlarne tutto è vano. Qui un articoletto esemplificativo, fresco di giornata, pubblicato stamani sulle principali testate on-line (e immagino cartacee): http://www.corriere.it/esteri/11_gennaio_10/appello-papa-medioriente-cristiani_54ccb986-1ca5-11e0-a4b5-00144f02aabc.shtml

  16. Lusiferszorn. Qual è il suo coraggio e in cosa si manifesta, oltre che nel suo gironzolare per la rete per cantarle a questo e quello, proclamandosi, in virtù dell’insulto, una persona libera?
    Grazie.

  17. Non credo Luz che non se ne parli per vigliaccheria, non è un’operazione tanto audace dire che il Papa è cattivaccio. E’ piuttosto un’operazione ingenua, oltrechè frignata fino alla nausea (grazie al cielo non qui).
    In realtà il problema di questo post prescinde da destra e sinistra progresso e reazione, ma riguarda la qualità di elaborazione. Non so Loredana, ma per esempio secondo me esiste la possibilità di una elaborazione sofisticata capace di provenire da destra su qualsiasi tema caldo. Forse non in Italia, ma fuori di certo. Ma questo ha anche a che fare con il rapporto che a destra in Italia hanno con la cultura e l’elaborazione intellettuale.
    Quando una narrazione è sofisticata – facciamo conto nel nostro caso, un dibattito sofisticato sul tema dell’omosessualità in cui prevalgano opinioni problematizzanti anzichè risolventi, ma opinioni strutturate serie, dietro alle quali ci sia del lavoro e della riflessione, ci si guadagnerebbe comunque.

  18. Ma nessuno si è domandato perché, tra le varie sceneggiature consegnate agli attori che lavorano in questo programma, c’è stata proprio una storia di famiglia incasinata a causa di un figlio non accettato? Cioè, da come l’ha raccontata Amedeo è una trama banalissima, semplice semplice, mi sembra tanto una storiella morale da cui il pubblico (il cui encefalogramma è dato per piatto a priori) dovrebbe subliminalmente trarre una specie di morale.
    Insomma, perché non una cosa più quotidiana? Esempio: processo a un violento che ha aggredito una coppia gay, la coppia chiede un risarcimento in denaro e l’aggressore accampa tutte quelle scuse incredibili che si leggono sui giornali quando qualcuno perde del tempo a intervistarli. Invece niente, e penso che non si faccia un finto processo così perché forse molte persone credono di riconoscersi in un certo tipo di aggressività, e perché i colletti bianchi né a livello di politica né di media vogliono schierarsi con costanza contro la discriminazione. Perché sotto sotto il 90% di loro nel migliore dei casi fa battute o sorride, quando si parla di queste cose.
    E allora tutti in salotto a dire “Beh in fondo, però… un po’ il padre ha ragione” – “La madre doveva dirlo” – “Ha solo quel maschio”. Fosse andato in onda altro, forse si sarebbe parlato di chi ha diritto di picchiare chi e perché, e credo che tutti siano in grado di rispondere in entrambi i casi “nessuno”.

  19. Eccolo servito, il “pluralismo” della cultura di massa (giusto per richiamare cose che si sono dette in un’altra discussione). Peccato che si tratti solo di un pluralismo “di argomento” e non “di prospettiva”: l’argomento tabù (l’omosessualità, in questo caso) viene affrontato eccome, ma guai a presentarlo da una prospettiva che confligga con la mentalità comune.
    .
    E dato che qualcuno diceva, fra l’altro, che le tendenze discriminatorie (sessiste, omofobe, xenofobe ecc.) all’interno della cultura di massa sarebbero solo l’invenzione di qualche sciroccata/o ipersensibile alle tematiche di genere, sfido gli apologeti del “lowbrow” promo-cine-televisivo a trovare, per ogni palese esempio di rappresentazione discriminatoria, almeno dieci esempi di “pluralismo illuminato”.
    .
    O forse i programmi trash delle tv nostrane non sono “cultura di massa”, e il prestigioso epiteto spetta solo alle raffinate produzioni d’Oltreoceano?

  20. Bè, il dibattito intelligente in cui prevalgano ‘opinioni problematizzanti anzichè risolventi’ cosa eviterebbe soprattutto? Che chi ascolta un programma come quello, e magari ha un problemino simile in famiglia, si senta legittimato (non tanto spinto) ad aderire ai modelli di valutazione e giudizio che vede reiterati in tv – senza che il dubbio, forse già presente, possa essere alimentato e trovare uno sbocco in direzione di un pensare diverso. Vedo tutti i giorni la banalità di questi meccanismi, e quanto farebbe invece un piccolo spostamento anche miserrimo. A proposito, lo spettatore cosa può fare quando si indigna, e prima di adirarsi?

  21. Coro luzifereccetera
    “la cultura e l’ideologia cattolica di questo paese” è purtroppo o per fortuna naufragata nel pertugio che le mutande di cui sotto lasciano intravedere.
    Vuoi fare il diavolo dandy ma sei di grana grossa.
    La presenza ossessiva del Papa o di Bagnasco sulle Reti Rai o Mediaset non testimonia affatto del potere di coercizione o d’influenza del cattolicesimo, ma dell’ossequio della televisione per i poteri di ogni ordine e grado. E su chi comanda davvero in Tv non c’è dubbio alcuno: l’audience.
    Per questo si organizzano comparsate che hanno l’unico scopo di creare scandali o scandaletti, conflitti veri o presunti e strepito sempre. Non perchè si voglia riverire destra sinistra o centro Papale, ma perchè si vuole alzare i toni e i volumi e le temperature, sempre e comunque, per eccitare un teleutente sempre più assuefatto e difficile da scuotere dal suo torpore. Se avessi avuto a che fare con le droghe pesanti anzichè solo col catechismo di Pio X o quello di Pannella, avresti familiarità col concetto di tolleranza (alla droga).
    E la TV è una droga pesante. Indignarsi per il contenuto dei programmi e pretendere una tv più civilmente illuminata è come pregare perchè il proprio figlio tossico passi dal crack all’eroina, solo perchè con questa si dorme qualche ora in più.

  22. Il “coraggio della critica” è qualcosa che è andato perduto, proprio perché come mi confermano gli interventi di Lipperini nei miei riguardi, si è portati ad equiparare “stroncatura” a “insulto”. Al di là di questo lungi da me l’idea di pensare in termini di “vigliaccheria” – un concetto di chiara provenienza “patriottico-fascista” che ho sempre percepito come infame e funzionale solo alla repressione dell’istinto di sopravvivenza. Qui il problema è semmai di rimozione delle cause di un male (omofobia nella fattispecie del caso) e di analisi applicata solo sulle risultanti mediatiche (spettacolarizzate peraltro) e non sul pensiero ideologico che le produce. Chi scrive sembra ignorare l’esistenza di una cultura cattolica che condiziona fin dalla nascita i cittadini italiani (e non c’è destra o sinistra che tenga: in questo paese la laicità è una chimera). Quindi se ascolto un prete non mi stupisco delle sue teorizzazioni misogine ancorché omofobe. Illudersi che la Chiesa Cattolica sia vicino all’uomo è infantile: è come illudersi che mamma e papà ci vogliano bene e ci accettino per quello che siamo (se capita è un’eccezzione). Dunque sono le alternative che andrebbero coltivate e rafforzate, opponendosi a qualsiasi tentativo di omologazione, nostra, ma anche dei palinsesti radio-televisivi.

  23. Bè Don Cave, in effetti sì il nostro trash televisivo è cultura di massa, comunque in ambito cinematografico abbiamo un film come Mine vaganti di Ozpetek, una commedia, da quel che so, affronta l’omosessualità e il fatto di rivelarla alla famiglia con leggerezza e non in maniera becera.
    Non che la cosa basti a riequlibrare, ma ci tenevo a chiarire.
    Poi sulle raffinate produzioni d’oltreoceano: telefilm comici come Will & Grace (una serie che però in Italia incappò nelle ire del Moige perchè osava rapprresentare un omosessuale felice!), serie tv più serie come The L World, film d’impegno civile come Milk di Gus Van Sant, quel capolavoro di Transamerica dove c’è un figlio che si rapporta al padre trans (bravissima Felicity Huffmann!), una bella commedia come In & Out cJe gioca con lo stereotipo del “vero maschio che non balla mai” (“pensa a john Wayne, ad Arnold Schwarzenegger, Arnold non balla! Riesce a malapena a camminare!”).
    In europa poi c’è l’Almodovar di Tutto su mia madre.
    Ripeto, con questo non voglio dire che non esistono i problemi, ma se uno vuole trovare nella cultura di massa delle narrazioni interessanti, serie o leggere, comunque meno becere di quel programma televisivo ,sulle tematiche lgbt come su altre le trova. Almeno secondo me
    Comunque qua il problema è familiare e culturale più che televisivo perchè uno può pure ammirare Harvey Milk, essere progressista verso i gay, e poi quando il figlio gli rivela di essere tale va in crisi.

  24. E proprio perchè il problema è culturale, credo che la tradizione giudaico-cristiana non possa essere ignorata quando si parla di omosessualità in Occidente e in Italia in particolare dove (Binaghi non sarà d’accordo, ma vabbè) pure io credo che la laicità non sia al top rispetto al resto d’Europa.
    con questo non voglio dire che “Il Papa è cattivaccio”, il Papa è il Papa, vi dirò che a me ormai quello che dice la Chiesa Cattolica non interessa minimamente nemmeno le pochissime volte che concordo. Mi piacerebbe che i politici smettessero di genuflettersi alle gerarchie di questa curiosa monarchia assoluta, vorrei che questi signori ci raccontassero un po’ di cose su Emanuela Orlandi, ma sto divagando…mi fermo qua

  25. Mando un abbraccio ad Amedeo e all’energia che gli consente di arrabbiarsi su questo caso benché consapevole di come sia probabilmente tutto finto. L’oggetto di discussione infatti qui non è la reazione verso l’omosessualità della società o della famiglia italiana del 2011, ma il trattamento dell’omosessualità da parte di mediocri autori televisivi. Argomento che ha un suo interesse, e se ne potrebbe discutere con altrettanta cognizione anche attraverso l’analisi Un caso di coscienza e le altre ormai parecchie comparsate di personaggi e situazioni attinenti all’omosessualità, viste recentemente persino in prima serata e in canali appaltati al vaticano. Il teatrino qui allestito mi pare dimostri l’infondatezza di un certo ottimismo in cui io pure sono caduto di fronte agli sdoganamenti in prima serata. Non ci ha portato avanti nella maturazione verso le discriminazioni né ci ha protetto dal gesto offensivo di inquadrare rispettabili signore che annuiscono mentre l’attore in scena, altrettanto rispettabile e uomo-tutto-d’un-pezzo, afferma che un figlio gay è “una delusione”. Le fiction non liberano, se mai come i rifiuti galleggianti seguono l’onda, in avanti se c’è un piccolo progresso della società, indietro tutta quando l’onda rifluisce.

  26. Le fiction possono liberare se le persone che le guardano sono libere dai pregiudizi. Insisto: uno/a può pure commuoversi e solidarizzare con un personaggio gay in una fiction di buona fattura (mi viene in mente anche Mio figlio) può commuoversi per il toccante discorso anti-omofobo di Denzel Washington in Philadelphia di Jonathan Demme e poi disperarsi perchè al figlio garbano i maschi.
    Perchè qua il problema non è tanto o solo sullo schermo, è in noi.

  27. Vedo che l’argomento ha fatto comunque sviluppare una discussione, e di questo ringrazio tutti.
    Procedo con le risposte.
    @giulia ci tengo a dire che io sono più che convinto che le cose stiano cambiando, che si stiano muovendo dei passi verso direzioni positive e liberatorie, ma: 1) una riflessione “illuminata”, lontana dal senso comune, o almeno capace di identificare e tracciare il confine tra quest’ultimo e i propri liberi pensieri, resta ancora elitaria – a tal punto che basta prendere un “insignificante mezzuccio di comunicazione di massa” come la televisione – che, ricordiamo, per molti è l’unico (o quasi) canale di informazione – per ritrovare legittimato ogni singolo prinicipio di base del senso comune. Primo fra tutti: aderire ad un credo senza porsi domande autonome. Tutto citando Paolo 1984 “Certo trasmissioni che si adagiano sul pregiudizio senza elaborarlo, criticarlo, rifletterci, ironizzarci, decostruirlo..non aiutano” 2) io mi scandalizzo eccome per il fatto che queste realtà esistono davvero, e io per primo ho vicino a me persone care che subiscono situazioni famigliari vergognose, e me ne rattristo: ma perchè la televisione non organizza dibattiti, tavole rotonde e quant’altro con genitori dell’AGEDO – assistere ad un loro incontro mi ha commosso non so dirvi quanto … – per ascoltare e FAR ASCOLTARE e DIMOSTRARE e RACCONTARE agli italiani, più o meno colti e sensibili al tema, che altri modi di vivere la vita esistono e rendono anche felici, pensa te?!
    Non mi limito, quindi, a condannare la frase pronunciata, ma condanno senza fine il continuare, da parte dei media, a sviluppare una discussione sterile – ossimoro di per sé — sull’omosessualità e sulla vita delle persone omosessuali nella società. C’è altro da dire, e credo anche che molte di quelle facce nel video lo sappiano, lo percepiscano. Perchè non parlano? Perchè, di fronte ad una delle tante idiozie dette durante la trasmissione, nessuno – e non voglio credere che nessuno dei presenti lo abbia pensato, non posso! – si è alzato e ha detto: “Ma non pensate che ci sia altro?”.
    Questo atteggiamento, temo, non potrà che scoraggiare le persone dalla riflessione, rassicurandole di continuo. “In fondo, mica sono l’unico/a a pensare che avrei dei problemi a dire che mio figlio o mia figlia è gay! Guarda quanti ce ne sono con i miei stessi dubbi!” E questi stessi dubbi non ricevono alcuna botta, alcuno scossone, alcun attentato.
    Questo è grave per una televisione.

  28. @finOcchio ( geniale! ) Il mio abbraccio è per te, perchè anche tu possa infuriarti! 😉
    Credo sia chiaro che quello che ho appena scritto sopra si avvicina al tuo commento.

  29. @finocchio. “Le fiction non liberano, se mai come i rifiuti galleggianti seguono l’onda, in avanti se c’è un piccolo progresso della società, indietro tutta quando l’onda rifluisce”. Questa è storica. Me la segno.

  30. Ma infatti sono le persone che si devono liberare da sole, la fiction e le altre forme d’arte in genere semmai possono aiutare, rafforzare chi già prima ha deciso di “liberarsi”.
    Scusate se ribadisco lo stesso concetto.

  31. Amedeo sono perfettamente d’accordo con te.
    “ma perchè la televisione non organizza dibattiti, tavole rotonde e quant’altro con genitori dell’AGEDO per ascoltare e FAR ASCOLTARE e DIMOSTRARE e RACCONTARE agli italiani, più o meno colti e sensibili al tema, che altri modi di vivere la vita esistono e rendono anche felici, pensa te?!
    …perchè la d’urso fa più ascolti.
    Con un po’ di fortuna e tanta pazienza qualche programma di dibattito ben gestito si trova. Però non su rai o mediaset, che io sappia.

  32. @Paolo1984
    .
    Se “Transamerica”, “Milk” e “Philadelphia” sono cultura di massa, allora ogni prodotto culturale dal Secondo Dopoguerra ad oggi è cultura di massa. Ma così non si va da nessuna parte. E poco mi importa se qualche definizione accademica della “cultura di massa” ti da’ ragione… se è così potremmo fare pure a meno di quella etichetta, dal momento che non aiuterebbe a focalizzare l’attenzione sull’argomento di cui si parla, nello specifico: la rappresentazione della differenza (di genere, in questo caso), nei prodotti culturali destinati ad un pubblico “medio”… prodotti che, molto più di un film indipendente, influenzano il sentire comune e se ne fanno portavoce.
    .
    Se “cultura di massa” è un’etichetta che non va bene per identificare questo tipo di prodotto culturale, allora usiamone un’altra.
    .
    Ritenere che opere cinematografiche come quelle che hai citato abbiano lo stessa funzione sociale e culturale di un programma televisivo pomeridiano, di una pubblicità su un cartellone o di una serie televisiva, infatti, è sbagliato a prescindere. Ci troveremmo, per citare Hegel, nella “notte in cui tutte le vacche sono nere”…
    .
    E comunque, penso che anche se estendessimo l’attenzione a prodotti culturali più complessi, raffinati o “di nicchia”, il tuo ottimismo “liberal” non ne uscirebbe particolarmente bene…

  33. Amedeo, hai ragione, secondo me. La tv è onnipresente in Italia. Ho fatto un breve giro in Umbria, durante le vacanze, e in ogni bar, in ogni ristorante, perfino in ogni hotel c’è un televisore acceso. E non è che si vede la CNN, come negli aeroporti, si vede Striscia la notizia o la serie infinita di pseudo discussioni e programmi contenitore che sciorinano luoghi comuni, e i nostri luoghi comuni trasudano e comunicano, fondamentalmente, misoginia, omofobia e razzismo. E’ una presenza invadente ma alla quale si è così assuefatti da non accorgersene.
    Un uso, un controllo, una regolamentazione della qualità dei programmi sarebbe un passo importante per qualche avanzamento nella direzione di una società equilibrata e accogliente (accogliente in un senso ampio e profondo, nel senso di un riconoscimento delle diversità e del diritto alla diversità di ognuno/a, del fornire strumenti – cosa che sarebbe possibile -per affrontare le questioni anziché incancrenirle o peggio sfruttarle per qualunque interesse). Che manchi la qualità di elaborazione è certo, che la tv sia una droga, sono d’accordo con Binaghi. Un problema, a mio avviso, è l’uso politico che se ne fa, oltre naturalmente al danno sociale e mentale che viene fatto laddove qualche cosa di buono, concordo con zauberei, si potrebbe fare, e non importa se da destra o da sinistra. Non tutte le destre sono come la nostra, o come quella americana, e Krugman ha riportato proprio in questi giorni l’attenzione sulle campagne mediatiche dell’odio. Da noi sembra un approccio più morbido, ma io non lo trovo per questo meno insidioso, semmai anche più efficace.
    Infine, sulla scarsa propensione culturale a prendere una posizione fuori dal coro, indubbiamente in tv sarà più difficile, ma certo fa parte anche del sistema educativo il non formarci a una responsabilità individuale verso la società. Una tv che si è ormai sostituita alla scuola potrebbe fare qualcosa, ed è grave, concordo, che faccia il contrario.

  34. @ Don Cave
    Io ho parlato pure di serie tv come Will & Grace (che in Italia ha avuto un po’ di problemi di messa in onda), se vuoi possiamo parlare pure di Friends dove Ross ha un’ex moglie lesbica e Chandler un padre transessuale il tutto raccontato con la leggerezza (che non è superficialità) tipica di quel telefilm, in Italia qualche tempo fa fece scalpore una fiction di prima serata con Lino Banfi alle prese con una figlia lesbica, comunque i film che ho citato sono tre opere in cui recitano attori molto popolari (anche se Felicity Huffmann è più nota in USA che da noi) e che hanno avuto candidature all’Oscar..comunque non voglio aprire una discussione su cosa è cultura di massa e cosa no. Quello che ci tengo a dire è che io sarò liberal, ma in me non c’è alcun ottimismo, anzi, ho detto che le fiction, e l’arte in generale non libera (forse può liberare chi la fa, ma anche là non sono sicuro), sono le persone che devono decidere di liberarsi da sè da certi pregiudizi e certe paure.

  35. @ Paolo1984
    Beh… il riferimento alla fiction con Banfi è a dir poco imbarazzante…
    Comunque l’ho detto in un precedente intervento: “pluralismo di argomenti” (per cui si affrontano anche temi un tempo considerati tabù; il programma di cui si sta parlando lo fa) non significa “pluralismo di prospettive”. E’ tutta qui la faccenda.

  36. Innanzitutto Salve. Ti(Vi) leggo spesso anche se mi astengo dal commentare.
    Concordo con l’indignazione di Amedeo.
    Trovo assurdo che nel 2011 si debbano “pesare” le persone attraverso il filtro della classificazione: quello è omosessuale, quello è etero, quell’altro è di sinistra, quello ancora di destra(e si potrebbe andare avanti all’infinito tra religioni, etnie, gusti di gelati).
    Trovo che prescindere dalle azioni, pensieri, sentimenti di un essere umano sia stupido oltre che limitante, è che la dialettica della contrapposizione forzata a cui vogliono farci abituare sia la principale causa di tutto. O sei con me o sei contro. Il bianco non è il nero.
    peccato che nel mezzo ci siano tante altre sfumature.
    Saluti, Maurizio.

  37. “@ Paolo1984
    Beh… il riferimento alla fiction con Banfi è a dir poco imbarazzante…”
    Vabbè ora passerò per uno “stracultista”…manco l’ho vista in realtà, ho solo letto le polemiche che fece Paola Binetti perchè a suo dire una fiction di prima serata non poteva parlare di omosessualità in toni leggeri e “tranquillizzanti” dato che lei evidentemente la considera una malattia
    Comunque gli altri esempi che ho fatto mi pare che affrontino il tema da prospettive diverse, certo meno becere rispetto a quelle del programma televisivo.
    Poi certo si può dire che già all’americano medio degli Oscar non gliene frega nulla (magari vede Hollywood come un’accozzaglia di liberal sinistroidi) e figuriamoci all’italiano.
    Comunque ribadisco che il problema più che sullo schermo (sì, sta anche là o almeno in certi programmi di certi schermi) è in noi.

  38. Che belle le parole del padre di Amedeo. Che bella persona.
    La televisione non ci rappresenta. Questa farsa continua non siamo noi.
    Siamo caduti in basso, stiamo toccando il fondo. Povero Stivale, pieno di gente che guarda ‘sta televisione, che va a mangiare la pizza il sabato, che telefona col cellulare nuovo dentro la macchina nuova, che va in palestra tre volte alla settimana per mantenersi bella, che lavora otto ore per essere pagata una miseria, che fa finta che tutto vada bene quando stiamo andando a scatafascio.
    Quand’è che ci sveglieremo?

  39. Sono mamma di un gay, ma perchè specificare? Sono mamma di un ragazzo meraviglioso e sono orgogliosa di avere un figlio così. Lui rappresenta il mio più grande successo. Quando i figli hanno fiducia in te hai raggiunto l’obiettivo. Tutto il resto sono chiacchere.

  40. A me però sfugge la questione di fondo.
    Il padre è dispiaciuto e accasciato perché scopre che il figlio è gay. D’accordo, nel senso che se è così, è così punto e basta, e ognuno può dispiacersi di quel che gli pare. Ma una volta che il padre è rimasto dispiaciuto, che cosa cambia? Cosa c’entra il fatto che la moglie lo ha informato o no? Se il figlio è gay lo è anche se il padre non lo sa, mi sembra. O anche se il padre lo sa. E se il figlio è maggiorenne va a vivere con chi gli pare, punto.
    Insomma, buona parte della trasmissione era impostata su cose che non c’entravano un accidente col tema principale, che era la separazione per colpa, chiesta per motivi che si giustificano solo con un eccessivo ricorso all’alcool, mi sembra.
    Si può fare una trasmissione sul dispiacere di un genitore nello scoprire che la prole è gay (o sulla serenità con cui tale fatto è accolto) ma non vedo il collegamento con un tribunale o una separazione dal coniuge.
    Prima di dare addosso al padre, che alla fine ha espresso le sue opinioni, il problema mi sembra l’impostazione della trasmissione, che procede con un filo logico davvero strano.

  41. @ Murasaki, mi spiace ma devo contestarti un pò di cose.
    1) Non sono mica così d’accordo che “ognuno può dispiacersi di quel che gli pare”, sai?! Un genitore – se vogliamo parlare di ruoli, ma il discorso vale per ogni generica persona – non dovrebbe dispiacersi se a suo figlio o a sua figlia piacciono persone dello stesso sesso, se magari vogliono anche costruire insieme una famiglia. E se se ne dispiace – e ahimè, devo ammettere, se se ne sente legittimato! – è proprio perchè la cultura italiana, la capacità critica e di messa in discussione del nostro paese è pari a zero. Molte altre nazioni misurano un grado di accettazione e integrazione – e riconoscimento legale! – delle coppie omosessuali solo perchè hanno rivisto culturalmente il ruolo e l’immagine del maschile e del femminile, processo che in Italia è a dir poco arretrato. Quindi: mi spiace, ma se a me piacciono i maschi nessuno ha il diritto di dispiacersene.
    2)Ne consegue che: no, non credo sia utile a nessuno organizzare una trasmissione “sul dispiacere di un genitore” che scopre l’omosessualità di un figlio o una figlia. Invece di parlare di dispiacere, delusione, vergogna dei genitori, come se fossero una reazione naturale e prevedibile, si potrebbero organizzare incontri, dibattiti, confronti e quant’altro tra genitori in difficoltà e altri che, al contrario, vivono serenamente l’omosessualità dei figli. Questo sì che sarebbe costruttivo!
    3)Come hai notato tu, l’assurdità della puntata è proprio tutta lì: chiedere legalmente ad un tribunale un risarcimento per vedersi taciuta l’omosessualità di un figlio. Il padre avrebbe chiesto questo risarcimento se la madre gli avesse taciuto un eventuale fidanzamento annuale tra suo figlio e una ragazza? MMh, credo proprio di no.

  42. Scusate se non leggo i commenti, probabilmente dico una cosa già scritta da molti qui: complimenti calorosi al papà (quello vero, non quello televisivo) per la tenerezza e bellezza delle sue parole al figlio ventiduenne.

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