Domenica, mentre raggiungevo la libreria Tuba, al Pigneto, ho visto su un muro la scritta “Rivoltati ora, non nella tomba”. Provo a ripartire da questa frase per un’ulteriore riflessione su quello che, almeno secondo me, non è un fenomeno spicciolo.
La vicenda degli insultatori di Bersani – questo il tema, almeno iniziale – viene oggi discussa sui quotidiani (qui trovate un articolo di Stefano Bartezzaghi, per esempio), e con ogni probabilità verrà dimenticata come è avvenuto per il caso di Caterina Simonsen, la studentessa di veterinaria, come per Laura Boldrini e Cécile Kyenge e così via. Eppure, merita approfondimento: e non, lo ripeto per la centomillesima volta visto che anche ieri il fraintendimento c’è stato, per la necessità di porre filtri al web, ma per capire cosa accade.
Primo punto. In molti, ieri e oggi, hanno citato l’esperimento di Radio Radicale, che qui era stato ricordato all’inizio del maggio 2013 proprio in seguito al “caso Boldrini” in un post che in parte si ritrova in Morti di fama, peraltro: quell’episodio dimostra che, quando si toglie un filtro, lo sfogo “di pancia” è quasi automatico. E dimostra anche un’altra banalissima verità: l’odio fa audience. Radio Radicale concorse al Premio Italia per quella “radio parolaccia”, a dispetto delle molte altre bellissime iniziative che la caratterizzavano, così come i blog del periodo pionieristico divenivano visitatissimi appena scoppiava una polemica e così come i siti dei quotidiani o le bacheche dei medesimi vantano oggi un bel traffico se gli odiatori possono darsi convegno nello spazio commenti. Basta saperlo.
Secondo punto. Riguarda la mancanza di consapevolezza di chi scrive in rete, e che è sinceramente convinto che il proprio parere, urlato o meno, sia letto soltanto dalle persone a lui/lei più vicine, dunque da un numero relativamente esiguo e per questo, si ritiene, assolutorio. Insulto perché so di trovarmi tra affini. Ora, l’idea della rete come enorme contenitore di nicchie o meglio ancora di monadi che non comunicano fra loro è, sempre a mio parere, vacillante: poteva valere prima dei social network, ma non oggi. Chiunque, su Facebook e Twitter, legge chiunque. E non si tratta di incapacità a gestire la privacy da parte degli utenti: molti di quelli che augurano morte e distruzione al primo che capita a tiro sono sinceramente convinti di parlare a se stessi e a pochi altri. Da dove viene questa mancanza di presa sul reale-del-virtuale? Scarsa alfabetizzazione digitale? Scarsa alfabetizzazione-punto? Oppure disgregazione, parcellizzazione, ritorno di ogni possibile discorso alla parola “io”, onnipotenza? Non lo so, e non penso sia facilissimo capirlo.
Terzo punto. Il termine che ho incontrato più spesso fra chi racconta gli odiatori e prende distanza da loro (a volte fuori tempo massimo) è “imbecilli”. Ancora una volta, non credo sia così semplice. Incrociamo i punti di vista. Il sentimento che incontro più spesso fra gli odiatori, oltre alla perenne e ormai ineliminabile collera verso la “casta” è il disprezzo verso i “saputelli” o “colti”, che per il fatto di esser tali con la casta medesima sono giocoforza collusi. E questo è uno dei punti da meditare bene: perché il disprezzo verso i cosiddetti intellettuali non è faccenda nuova, ha attraversato quasi tre decenni in varie forme e canali, ed è diventato ancora più profondo. Colpa di chi? In parte, certo, anche di un modo di concepire il lavoro intellettuale come distaccato dal sociale e dal quotidiano. In parte, di un “frame” (su, era tanto che non scrivevo questa parola) da cui non ci si libera perchè non viene affrontato. E questo è un grossissimo guaio.
Quarto e ultimo punto. Che è quello che ci riporta alla frase scritta sul muro del Pigneto. Chi pensa di rivoltarsi attraverso il web è preda di una terribile illusione, se per web si intende l’uso del medesimo come sfogatoio, come “ora ve le canto io”. E’ verissimo quanto commentava Adrianaaaa ieri, sul fatto che la rabbia cresce in un paese infelice, povero, immobile, dove per lavorare devi accettare condizioni da schiavo. Quella rabbia (lo scriveva poche settimane fa Marco Revelli a proposito dei “forconi”) non va minimizzata nè liquidata. Ma anche chi la esprime deve sapere che una tastiera non basta, che neanche una manifestazione di piazza basta, che il lavoro è lungo, difficile e lento.
Chiudo riprendendo le parole di un vecchio post, di oltre quattro anni fa. Più che un post, è una citazione. Tanto per esercitare la memoria, e anche la rivolta.
Il 20 agosto 1799 Eleonora Pimentel Fonseca sale sul patibolo. Enzo Striano, in uno splendido libro che si chiama Il resto di niente, la immagina mentre, con il cappio al collo, guarda le facce sghignazzanti intorno al palco e mormora, in latino, Forsan et haec olim meminisse juvabit (”Forse un giorno servirà ricordare tutto questo”).
Ma non ci crede.
Scrive Striano: “Di lì a poco, finita la festa si sparpaglieranno in mille direzioni. Sulla sabbia della Marinella, verso Santa Lucia, a Toledo… Domani avranno già scordato quanto succede adesso: ora però si stanno divertendo, innocenti e crudeli come infanzia”.
“il lavoro intellettuale come distaccato dal sociale e dal quotidiano”, ecco, partiamo da questo.
Ricordo che chiesi a una scrittrice se una delle cause del nazismo fosse la povertà culturale di uno stato appena uscito da una guerra. Lei rispose che a Monaco, Vienna, Berlino la cultura era viva, c’erano intellettuali, c’erano artisti e spirava aria di progresso, di modernità. Questo mi fece riflettere, nella mia ingenuità credevo che il nazismo si fosse affermato in un popolo privo di persone pensanti, un popolo interamente composto da “imbecilli”.
Invece le vignette che raffiguravano ebrei dal grosso naso che insidiavano bimbe ariane, l’odio per una Francia che umiliava e comandava erano tollerati e financo “fomentati” da persone intelligenti, colte. Poi, certo, c’erano molti che odiavano perchè capaci solo di quello, c’erano persone violente, che presto avrebbero indossato camice brune.
Scoppiarono anche rivolte, una rivoluzione fallì, perchè essa può essere vincente solo se appoggiata da una classe forte e coesa, come accadde in francia con la rivoluzione della borghesia. Alla fine arrivò l’uomo forte, sostenuto dalla classe al potere. Le folle non furono un problema, è facile, se si possiedono i media, dominarle e indirizzarle verso obbiettivi condivisi da chi sta al potere.
Oggi ci sono parecchie similitudini qui in italia. Certo, qui si respira molte volte più l’aria di una commedia che di una tragedia, l’odio per una Germania che ci domina e per extracomunitari che ci invadono non si traducono ancora in un sentimento diffuso e incanalato da un solo partito, e forse mai lo saranno. Ma, ancora una volta, le persone colte, non tutte ma quasi, stanno a guardare con aria di sufficienza dalla cima di un monte le miserie dell’ imbecillità della folla, pensando che coincida con l’imbecillità degli individui che la compongono. Poi ci sono anche quelli che oltre al pensare si occupano del fare, ma non illudiamoci che siano tutti dalla stessa parte, che molti di questi si trovano bene nella loro collusione con i potenti e altri desiderano un uomo forte e un partito unico e nazionalista.
Cha fare? Io inizierei da un cambio di prospettiva, di visuale, invece di pensare al destino dell’ uomo inizierei a pensare al destino della donna, al genere all’ interno della classe.
Ma questo cosa ha a che fare con gli odiatori negli spazi dei commenti?
Questo deve essere un punto di partenza per una narrazione che contrasti quella della folla, quella che sempre più si riunisce su piazze virtuali e che sempre meglio può essere controllata grazie alla conoscenza delle abitudini dei singoli componenti. Certo, ci possono essere altre possibili narrazioni, ma oggi, secondo me, quella che parte dai generi è la più rivoluzionaria.
la mancanza di presa sul reale del virtuale è effetto della mancanza di riscontro. Che l’insulto lo si pensi e basta o lo si scriva pure cambia poco per la persona. Ma se c’è uno spazio lasciato a sé in cui nessuno modera e segue la discussione poi chi scrive non ha nessun riscontro e può credere di parlare a nessuno, cosa che in effetti è.
Provo a dire la mia: a mio avviso se si fosse passati subito dall’avvio di Internet al sistema dei social network, le persone sarebbero molto più guardinghe a scrivere con nome e cognome, mentre avendo avuto l’esperienza dell’anonimato e dell’impunità si viene come trascinati nel fiume in piena. Salvo poi sbattere il naso sulle conseguenze, nel caso di Caterina Simonsen c’è un’infermiera triestina che rischia minimo un richiamo professionale per aver violato il codice deontologico.
Sicuramente la struttura di Facebook è fatta in modo da lasciarti l’illusione di poter controllare quello che inserisci e che non venga visto da altri, salvo poi dileggiare il “fesso” che si è fatto beccare con dei post idioti dal datore di lavoro.
Mi dicono che Google ha un sistema più semplice e meno ingannevole da usare, mentre WhatsApp è la piattaforma perfetta per gli stalker perché i contatti cancellati dalla tua rubrica riescono ancora a vedere quando sei online e a contattarti.
Secondo me non abbiamo ancora toccato il fondo, con WhatsApp ne vedremo delle belle…
Esercizio: un tizio scrive un articolo di satira sul proprio blog a proposito dei troll pagati da potenti lobby http://www.francescolanza.net/un-troll-pentito-svela-come-la-ka-ta-paga-i-provocatori-online
L’articolo viene condiviso in ogni dove passando per vero fino ad approdare deformato a testate giornalistiche, unito ad un video riguardante il Pd http://www.imolaoggi.it/2013/11/11/video-invasione-di-troll-di-partito-e-il-pd-ne-cerca-altri-100/
Il senatore Crimi lo linka due giorni fa parlando degli insulti a Bersani frutto del Gombloddo troll piddì https://www.facebook.com/vitoclaudiocrimi/posts/579655842114760
Giobix, l’esercizio è meraviglioso (e, ahi, quanto indicativo) 🙂
già, la cosa divertente è che sia stato mantenuto correttamente il nome dell’autore in tutti i passaggi deformanti successivi 😀 e in caso sparisca l’ultimo link c’è già lo screen a futura memoria (dicevamo che in rete rimane tutto e non si sa dove va a finire?) https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1434133480152225&set=a.1396715040560736.1073741828.100006667603190&type=1&theater
c’è un fatto però, oltre il finto articolo di Lanza: che il Pd i cosiddetti volontari h24 per l’web li recluta veramente… niente di male, eh. solo per dire che non è soltanto uno scherzo
Sì, ma il video è di youdem, e parla di volontari che invece del classico banchetto coi volantini usano il web. Il povero Lanza aveva iniziato a intervenire sui vari siti tentando di spiegare come nasceva l’articolo e i risultati sono stati tragicomici come spiega qui: http://www.francescolanza.net/2014/01/la-storia-del-troll-pentito-ha-rotto-le-palle.html
Inventi una cosa e scopri che non è più tua.
Vorrei solo chiarire un punto. Quando dico che siamo un paese barbaro, non voglio giustificare l’apatia rabbiosa degli anti casta da tastiera. Eravamo un paese barbaro anche ai tempi della guerra partigiana, eppure quella guerra l’abbiamo fatta e vinta. E come poteva essere diversamente, visto che venivamo da vent’anni di fascismo?
Oggi come può essere diversamente, visto che veniamo da trent’anni di cultura dell’individualismo, dell’arrivismo e del consumo, dalle cannonate ai barconi dei rifugiati in fuga dalla miseria, dai lager per chi manca di un foglio di carta, dall’infiltrazione sistematica del fondamentalismo cattolico in scuole, ospedali e università, dall’idea che i contratti di lavoro schifosi e la disoccupazione ce li ha chi se li merita? E ancora, come può essere diversamente visto che chi portava avanti in teoria un’idea diversa di società si è servito della speranza delle persone per i propri interessi?
Il mezzo, certo, da voce ai peggiori impulsi, fornisce un surrogato di esperienza politica e di socialità e in questo blog se n’è parlato molto meglio di quanto potrei fare io. Una vasta parte della società al momento ha perso qualunque anticorpo contro le idee più reazionarie e pericolose, ed è così anche grazie alla rete, che quelle idee (grazie alle strizzatine d’occhio di siti come quello del Fatto) le rende straordinariamente appetibili, occultando il loro essere disumane, rendendole un qualcosa di astratto, il cui significato tangibile è sconosciuto, o non merita di essere conosciuto. In un contesto di spaventoso impoverimento collettivo come quello in cui viviamo, le idee reazionarie si vendono come il pane, e quindi vengono vendute, belle impacchettate e disponibili h24 in qualunque supermercato dell’indignazione della rete.
Ma sia chiaro, per me le persone che rispondono a quel tipo di parole d’ordine (quelle stesse che hanno portato in piazza i forconi, ovvero sovranità nazionale, famiglia, patria e via dicendo), togliendo dal conto i ragazzini e qualcun* che si è trovato lì davvero per mancanza di altro, sono avversari. Sono persone che quando votano lo fanno seguendo appunto quelle parole d’ordine, che hanno un’idea di società terrificante e la propagandano ai quattro venti. Lo sappiamo, da quelle parti pullula di maschilisti, no-choice, razzisti e via dicendo. E’ inutile spremersi le meningi su queste persone, vanno contrastate e basta. Ma come le si contrasta, quando il frame, appunto, è tutto dalla loro parte, perché i luoghi in cui agiscono (persino quando sono luoghi fisici, piazze o blocchi stradali) sono costruiti a tavolino per vendere quelle idee spaventose?
Secondo me, innanzitutto, parlando a chi a quelle idee non abbocca, e ci sono tante persone che ancora qualche anticorpo ce l’hanno. Sempre di meno, ma ci sono. Si è perso fin troppo tempo facendo i puristi dell’antagonismo, allontanando quelli che si ritenevano troppo poco “radicali” e che invece erano solo persone dotate di spirito critico, respingendole per cavalcare la folla all’ennesimo “assedio” o magari all’ennesima tornata elettorale. Dando loro, e quindi dandoci, strumenti di analisi e storie che ci permettano di sopravvivere alla sconfitta che questo periodo storico rappresenta, e di superarla, di vedere oltre, con onestà, con voglia di liberazione, anche con un po’ di utopismo, perché no, se ci fa sentire vivi. Sperando che le necessità della vita – quelle della ricerca di un futuro dignitoso – non ci sparpaglino per il mondo in modo irrimediabile.
non c’è altra via che interloquire con queste persone,capire dov’è il guasto e come eventualmente si può riparare.Un po come fa,ma con un diverso grado di innocenza,il Redford dell”uomo che sussurrava ai cavalli,quando cerca di stilare una prima diagnosi e di aprire un canale privilegiato di comunicazione tirando un sassolino di fiume al quadrupede ferito e rabbioso
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@Adrianaaaa
Condivido tutto quello che scrivi e lo scrivi in modo limpido ed equilibrato.
Apprezzo molto il post, anche se non sono del tutto convinto dal secondo punto: giustamente molti utenti dei social network pensano di essere ascoltati solo dai propri contatti, da qui è facile pensare che questa cerchia di contatti la pensi allo stesso suo modo e che rappresenti il mondo, anzi sia “il mondo”.
Penso però che anche il mondo dei social network sia fatto di nicchie, non separate a comportamenti stagni, ma pur sempre nicchie: “tane” in cui rifugiarsi e in cui ritrovare i propri simili.
Apprezzo ancora di più quanto detto da Adrianaaaa, ma sono meno salomonico sul cosa (non) fare con chi era in quelle manifestazioni.
Chiarisco: avevo già scritto sull’argomento “forconi” qui
http://letterecaffe.blogspot.com/2013/12/forconiciucci-e-vuoti-di-rappresentanza.html
dicendo che non bisognava classificare quanto accaduto semplicemente come manifestazioni di pochi ultras e fascistelli amplificate dai media, ma come qualcosa organizzato da persone che avevano degli interessi specifici (es. padroncini) spalleggiati da chi approfitta e cavalca l’onda di questi eventi per avere risonanza mediatica. Ed eccoci qua, nella rete, con una mare di utenti che partecipano alla propagazione della (falsa) notizia al ritmo del solito mantra “crisi-rivoluzione-casta”.
Sono convinto che quanto sta succedendo (non sono ma anche col caso “forconi”) dimostri, se ce ne fosse bisogno, che dove c’è vuoto di rappresentanza, il populismo attecchisca facilmente.
Sono d’accordo con Adrianaaaa nel dire che certe persone ci siano nemiche e che lo siano perché cresciuti in un contesto di analfabetismo politico prima ancora che culturale.
Ma in mezzo a quelle manifestazioni c’erano persone che non c’entrano nulla coi forconi: io ero a Roma e posso dire che diverse persone hanno manifestato indipendentemente dall’evento forconi e purtroppo le loro ragioni sono andate perse. Un esempio, su tutti, è il presidio permanente di fronte alla stazione metro Piramide: persone che hanno passato per strada le feste, mentre quelli dei forconi erano al calduccio e torneranno a fine mese.
Non vorrei quindi che parlando solo con chi non abbocca a quelle idee (che, come dice Adrianaaaa, sono sempre meno) e cercando di evitare sia chi ci è sicuramente nemico sia chi non ci ha ascoltato perché non siamo abbastanza radicali, ci si riduca a parlare solo fra di noi: finiremo anche noi in quelle monadi virtuali del post iniziale; perderemo la capacità di dialogare con gli altri, di affilare le nostre “armi”; appariremo colti&spocchiosi (come veniva ricordato nel terzo punto del post originale).
[Scusate, nel commento non mi ero firmato 😉 ]
Leggo solo ora anche se ero al corrente sul fatto accaduto a Bersani. Squallido. Purtropp si creata una mentalità ottusa e indifferente. Per questo sono facili anche le improvvise esplosioni di odio irrazionale,di “parolaccia” facile. Siamo in una Democrazia più a parole che di pensiero. E,anche la rete lo dimostra,a parte i siti di nicchia o di amici che conoscendosi continuano un discorso chiaro solo a loro stessi. Bianca 2007.