Facciamo un esercizio di memoria. Facciamolo prima di attribuire la vittoria delle destre in Italia e non solo ai vestiti di Ellie Schlein o alle mancate alleanze elettorali. Facciamolo provando, per una volta, a interrogarci su cosa ci è accaduto (e non è accaduto solo a noi) negli ultimi quindici anni. Facciamolo chiedendoci come sia possibile che “fare rete”, considerarsi parte di una moltitudine, non riesca o riesca occasionalmente e male.
Nel 2008 Aldo Bonomi si chiede: “”Come è stato possibile che chi sapeva tutto della fabbrica, della catena di montaggio, del rapporto fabbrica-territorio negli anni Settanta e Ottanta, a un certo punto si sia trovato completamente spiazzato di fronte al cambiamento?”.
Il problema è che molti intellettuali sono stati e sono distaccati. Ripensate un momento alla coesione di ampi gruppi di scrittori e scrittrici sotto il governo Berlusconi. Guardate all’oggi. Non aggiungo molto perché ci tornerò.
A chiosa, le parole di Marco Revelli,di nove anni fa. Parlava, allora, dei “forconi”, che abbiamo già dimenticato (così come abbiamo dimenticato che la rabbia cresce in un paese infelice, povero, immobile): “sarebbe una sciagura – peggio, un delitto – regalare ai centurioni delle destre sociali il monopolio della comunicazione con questo mondo e la possibilità di quotarne i (cattivi) sentimenti alla propria borsa. Un ennesimo errore. Forse l’ultimo”.
Speriamo di no.
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