ESPULSIONI

Su Carmilla c’è un intervento di Telefono viola sul Ritalin: da leggere subito.
Su  Repubblica, versione cartacea, una breve notizia di cronaca informa che in una scuola elementare della provincia di Cremona i genitori si rifiutano di mandare i propri figli in classe a causa di un compagno con “disturbi comportamentali”.
Riflettevo ieri sera, con un’amica, che la parte davvero, profondamente “arrabbiata” del libro è proprio quella dove racconto alcune storie che riguardano l’espulsione, nelle classi elementari,  dell’elemento di disturbo (spesso con la complicità delle insegnanti), nell’ossessionante tentativo adulto di spianare la strada al figlio/a necessariamente perfetto/a. Avviene continuamente: ne troverete notizia qui, me ne hanno parlato i magistrati con cui mi sono incontrata mentre scrivevo. E ho anche visto con i miei occhi, purtroppo.
Ho l’impressione che  “la società un po’ di merda” di cui parla oggi Luciana Castellina cominci da qui. E che le tentazioni espulsive degli adulti non risparmino il mondo dei piccoli: anzi.

14 pensieri su “ESPULSIONI

  1. L’altro giorno sul Corriere si parlava del crollo della presenza dei genitori ai consigli di istituto o come si chiamano loro (talmente irrilevanti che a pochi anni dal liceo nemmeno mi ricordo come si chiamano…). Nell’articolo si diceva che era dovuto principalmente agli scarsi poteri di tali consigli e agli impegni dei genitori, che pertanto non ritengono più utile partecipare.
    Ma alla luce di questi comportamenti penso che a venir meno sia proprio la solidarietà tra famiglie, tra genitori, l’importante è mandare avanti il proprio figlio e basta, non c’è la consapevolezza che la maturazione di un ragazzo passa spesso e volentieri per quella della classe

  2. Mah sinceramente a me pare che si proceda per eccessi.
    Ho letto l’articolo di Carmilla, ed è interessante. Ma mi pare che si sposti troppo l’accento sulla sponda opposta, con il desiderio di aiutare i bambini sicuramente, ma anche con il santo desiderio di salvare noi da qualsiasi stigmatizzazione. Ah vogliamo essere liberi noi di stare male, liberi di essere imperfetti, liberi al costo di imporre costi troppo alti.
    Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività è un’invenzione recente. Ma cari miei, anche il manuale diagnostico e statistico è un’invenzione recente, e per altro questa è una delle poche diagnosi riferite all’età evolutiva. Manca un manuale diagnostico per l’infanzia. E magari qualcuno mi viene a dire che no! l’infanzia è la terra della gioia nostra e della verginità non è abbisogna affatto! Io trovo questa prospettiva egoista.
    Il problema non è nella categoria diagnostica, che ha una sua ragion d’essere, ma nella sua applicazione strafalciona. E che è applicata strafalcionamente a qualsiasi ragazzino discolo, in base alla scarsa soglia di tolleranza della discoleria odierna. E’ un correlato della ristrutturazione della famiglia. Ma quando ci si riferisce a questo disturbo, non ci si riferisce a un bimbo discolo, ma a un bimbo che per questioni di ordine neurofisiologico non riesce a gestire il suo pensiero anticipatorio, non riesce a coordinarsi con i pari men che mai con la scuola. Entra in un circuito perverso che poi, come sottolinei giustamente tu, è maleficamente rinforzato da genitori e insegnanti stronzi.
    Ma queste cose, non si risolvono demonizzando la psichiatria infantile, o la farmacologia. Ma prendendola sul serio, e prendendo sul serio il ruolo collettivo di una cultura che deve proteggere e aiutare la sua prole, per avviare interventi più strutturati nelle scuole. Se non che, io ho provato a presentare un progetto psicologico destinato agli insegnanti delle scuole medie e superiori, aaaaaaaaaaaaah che entusiasmo….

  3. Giusto ieri una collega mi raccontava di beghe di condominio dove coppie giovani con figlio piccolo si lamentano di coppie giovani con figlio piccolo per il casino (del tutto fisiologico e in orari “non protetti”, per altro) del pargolo altrui. Con interventi di polizia & avvocati! Questo per dire a che punto siamo con la solidarietà…
    A dire «un po’» Luciana Castellina tradisce un ottimismo quasi commovente.

  4. tutto sacrosanto;
    però conosco qualcuno la cui figlia è tornata a casa da scuola con un braccio rotto perché picchiata in maniera incontrollata da un ragazzino iperattivo;
    forse, più che l’espulsione dell’iperattivo, serve la solidarietà fra famiglie per chiedere con forza maggiori investimenti e presenze di sostegno agli insegnanti;
    chissà…

  5. Zauberei,
    condivido pienamente quanto dici riguardo al fatto che l’autoassoluzione dei genitori non è la migliore delle prospettive di osservazione possibili sui bambini e non deve essere l’unica, gli approcci integrati (e integranti!) sarebbero una gran cosa.
    Quanto alla ragion d’essere delle categorie diagnostiche potremmo interrogarci a lungo, ma io escludo che esse nascano dall’amore disinteressato della scienza psichiatrica per il genere umano in ogni suo singolo individuo. Pronto a scommetterci.

  6. Paolo S concordissimo, e normalmente ste categorie diagnostiche, in specie per gli psicodinamici sono sotanzialmente una iattura anzichenò. Potrei scrivere anch’io vagonate di righe. Però poi quando ci stai dentro, capisci che – aldilà delle intenzioni di chi sta dietro al DSM – senza generalizzare, perchè la stronzaggine è una categoria umana, le professioni molto meno – tra operatori del settore sono l’unico modo per capirsi. E fare poi delle cose utili.

  7. “Pensiamo che la dipendenza da un farmaco “somministrato dallo STATO”, contro la libera scelta della persona e in questo caso dei genitori, sia da combattere senza mezzi termini.”
    Un farmaco somministrato dallo STATO? Come, con l’imbuto? Ma di che si sta parlando?
    “Organizziamo la disobbedienza alla psichiatria del controllo sociale.”
    La psichiatria del controllo sociale nel Paese di Basaglia? Ma di che si sta parlando?
    “il Ritalin è funzionale solo alla scuola-azienda!”
    La ‘scuola azienda’? L’eccellente scuola elementare pubblica italiana? Ma di che si sta parlando?
    ———-
    Io penso che qualsiasi posizione, anche la più sacrosanta, diventa incomprensibile quando si sostiene con argomenti surreali, con linguaggio iperbolico, parlando contro qualcosa che non c’è, con l’intenzione di spacciare facile ideologia (es: i disturbi del comportamento sono causati dal capitalismo) piuttosto che risolvere un problema.

  8. i bambini iperattivi sono una leggenda metropolitana,come gli zingari che rubano e rapiscono.Se vogliamo imparare a stare al mondo dobbiamo cominciare a non assecondare gli stregoni che credono di avere le bacchette magiche e non conoscono l’indulgenza(se non quella verso se stessi)

  9. io sono rimasta sconvolta, qualche giorno fa, leggendo un post di un’italiana che vive in America e lavora in un asilo. Parlava di una bambina insopportabile di tre anni che rischiava, per il suo comportamento indisciplinato, la sospensione dalla scuola. Scritta questa frase come se fosse una cosa “normale” una sospensione a quell’età. Seguiva il resoconto di una sua vittoria nell’approccio con la bambina e un coro di commenti: i bambini non li sopporto (che lo posso capire) e: quanto sei stata brava (e questo lo capisco pure, è uno dei ruoli dei commentatori dei blog) e nessuno, nessuno che si sia stupito della faccenda della sospensione.
    Quando rimango sconvolta da qualcosa, evito di commentare. Mi piace pensare che anche altri che hanno letto quel pezzo, abbiano fatto come me.

  10. Quando leggevo su disinformazione.it di questa cosa del ritalin in america molto tempo fa (prendendola un po’ con le pinze, perchè il sito in questione a volte esagera un pochetto), mi dicevo “Ma quanto sono coglioni sti americani, in Italia una roba del genere non succederebbe!”
    Ecco qua.
    E’ agghiacciante.
    E’ come se fossi al lavoro e mi chiedessero “schiacci i tasti della tastiera velocemente?” “Tieni gli occhi fissi sul video?” “rispondi a due telefonate contemporaneamente?”. Ecco hai la sindrome del lavoro, dobbiamo curarti con la ketamina.
    Assurdo, mi fa veramente paura questa cosa. Gli psicologi/psichiatri possono far diventare malattia qualsiasi cosa.
    Il problema è che prima l’iperattività era insita dell’essere bambino, ora è una patologia.
    Così come prima se un bambino tornava a casa con un bernoccolo, erano cose che succedevano fra bambini, adesso si chiama l’avvocato.
    L’una cosa che ci importa è andare contro al prossimo e se si ricavano due ghelli vuol dire che ne è valsa la pena.
    Stiamo dando tutti di matto.

  11. Le mie amiche hanno tutte bambini piccoli. L’anno scorso una di loro ha passato le pene dell’inferno per il giudizio delle maestre della materna: bambino iperattivo che impedisce il regolare svolgimento delle attività. La costringevano a portare il bimbo mezz’ora dopo l’orario, e riprenderlo mezz’ora prima dell’uscita. Ogni giorno c’era un problema e la causa era il figlio (di 3 anni e mezzo). Quasi convinta di avere un bambino “difficile” lo ha portato da un neuropsichiatra che allibito (era sano il neuropsichiatra, una volta tanto) le ha consigliato di cambiare classe. Così ha fatto. E il nuovo anno è inziato in una nuova classe. Nessun problema, di nessun genere. Ora la storiella è semplice ma a lei resta la rabbia addosso. Quelle maestre chi sono? Come sono state formate? Chi le supervisiona? Che autorevolezza hanno? E quale creatività per superare gli ostacoli di inserimento (perché di questo credo si trattasse) che i bambini possono incontrare. Quel tuo capitolo Loredana, è fondamentale. L’intolleranza degli adulti, soprattutto se i figli degli altri non rientrano nei modelli accomodanti che la nostra società impone, ma anche se gli altri genitori non rispondono a quei modelli (regalie, etc… questo è un momento dell’anno delirante) è il vero grande male. E la beceraggine di chi forma i nostri bambini volendo costringerli in quei modelli, è veramente colpevole. Non sono mai i bambini ad avere colpe, anche se purtroppo, spesso imitano e sfogano la violenza e la frustrazione dei genitori.
    Elisabetta

  12. Specificità. Mia sorella, maestra elementare, mi racconta da anni di bambini difficili che sono davvero difficili, afflitti anche da mamme iperprotettive che rifiutano di ammettere che esiste un problema. Non conoscendo la storia specifica di Cremona non ho un’opinione, mi limito a considerare che potrei essere uno di quei genitori, o non esserlo, a seconda dei casi.

  13. Bambini che hanno bisogno di sfogarsi perché a casa possono stare solo imbalsamati (guai sporcare o rompere): e ti credo che a scuola sono iperattivi.
    Maestre innamorate dei loro obiettivi educativi con classi, genitori e direttori che rispondono al 95% bene alla loro proposta educativa: e ti credo che preferiscono non avere i bambini turbolenti tra i piedi.
    Genitori ossessionati dall’immagine che devono proiettare: e ti credo che sono manipolativi con bambini, insegnanti e quant’altro (Sto invecchiando. Non avrei detto manipolativi, poco fa ma str****).
    Genitori con difficoltà a integrarsi in gruppi-classe dove gli altri genitori sono ossessionati dall’immagine che devono proiettare. E ti credo che possono reagire male!
    Nell’esempio di Elisabetta, il neuropsichiatra infantile è l’unico capace di ascoltare i bisogni di chi ha di fronte, e – toh! – propone persino una soluzione di elementare buonsenso. Da uno così, mi farei pure prescrivere psicofarmaci
    🙂

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