FACCIAMO A CAPIRCI

Facciamo a capirci.
Leggo di un sondaggio del mensile Psycologies (su quale campione?) secondo il quale nel settore dell’occupazione femminile spirerebbe un cauto ottimismo. Quanto meno nei toni in cui si dà conto del sondaggio medesimo.
Poi ripesco questo articolo. E soprattutto questi dati (Istat).
Il che non significa che io voglia vedere il bicchiere mezzo vuoto a tutti i costi, attenzione: significa soltanto che non si può fingere che la questione dell’occupazione femminile (gravissima nel nostro paese) sia sul punto di essere risolta.
Facciamo a capirci. Due.
Oliviero Toscani, oggi, tuona contro la commissione di valutazione dei cartelloni pubblicitari istituita presso alcuni comuni italiani, tra cui quello di Roma.
Bene, il personaggio si esprime spesso a colpi di solenni idiozie. Ma questa volta non me la sento di dargli torto. Per me, non è con la censura che si ottiene qualcosa: non censurerei la bevanda energetica ai fiori di guaranà che si chiama proprio come i genitali femminili. Non censurerei un bel niente.
Ma cercherei di costringere ideatori, produttori, pubblicitari a cambiare rotta: boicottandoli. Neanche una gonnellina della Relish, non un sorso di Guiness, e via così.
Personalmente, sono convinta che la censura sia inutile, oltre che deprecabile:  la consapevolezza dei consumatori, e la messa in ridicolo dei presunti creativi, sono armi ben più efficaci.
Facciamo a capirci. Tre.
Perchè il punto è ragionare su quel che abbiamo davanti. E, possibilmente, parlarne. Una delle reazioni che mi hanno più colpito  durante la recente presentazione del libro presso il Liceo Croce di Roma, è stata quella di un ragazzo. Perchè dopo una chiacchierata su quanto siano assolutamente non rappresentativi certi stereotipi maschili, finalmente è sbottato con uno “Step è un minchione”, che rappresenta un punto di partenza mica da poco.

29 pensieri su “FACCIAMO A CAPIRCI

  1. Eh, Loredana. Il boicottaggio è una linea teoricamente ottima, che funziona però quando è praticato da una massa critica. Che ha preso coscienza del problema e agisce di conseguenza.
    Quando vedrò una massa critica e cosciente in Italia? Forse quando in pensione…

  2. Non sono cosí sicura che basti boicottare e discutere e spiegare i messaggi che queste pubblicitá vogliono far passare.
    Sono sempre piú convinta che non si tratti di censura ma di scelte che deve fare chi gestisce la cosa pubblica: soprattutto quando si tratta di spazi pubblici, accessibili a tutti. C’é sempre un altro piano sul quale discutere: ma il dubbio é che si parli tra di noi di cose delle quali siamo giá convinti, autoreferenziali come sempre e il messaggio alla fine non arriva dove deve arrivare. Ci sono cose giuste e cose sbagliate, cose belle e cose orribili, opportunitá espressive e insulti alla nostra intelligenza. Mettiamolo in chiaro. Con un po’ piú di coraggio.

  3. Dunque vado a punti.
    1. Psychologies è un problema, che possiamo mettere insieme a Meluzzi (Meluzzi se chiama ve?) Risè e la psicologia spicciola da mass media, una iattura che oscura metodoligie serie, professionalità seria. Non riesco a scaricare il tuo link ma comunque, colleghi mi hanno tutti detto peste e corna di codesta pubblicazione – poi per sicurezza sono andata sul sito della rivista. No comment. Imbarazzante.Ma scarseggiano in italia le pubblicazioni serie a larga divulgazione su temi psicologici, invero anche scientifici – non è Focus manchi di baggiante. Insomma diffido a priori. Mi fido invece di Istat – moderatamente per dei limiti intrinseci che ha la rilevazione, ma di cui gli stessi ricercatori Istat sono consapevoli. C’è da dire che quando almeno io ho partecipato a una sessione di indagine sulle forze lavoro, era evidentissimo che non si riusciva a rilevare correttamente il lavoro nero – cioè tutte le forme di contratto irregolari o di assenza di contratto, il che tendeva ad amplificare i dati di disoccupazione. Istat si presenta per le sue rilevazioni come agente dello stato, a cui corre l’obbligo di rispondere pena una multa. Si teme che dichiarando il lavoro nero si metta a repentaglio il proprio datore di lavoro e quindi se stessi. Ecco, era un esempio.
    2. Sulla censura io mi sto rilevando talebana e quoto sia Paolo che Luisella. Penso che ci siano dei temi che storicamente sono considerati minacciosi per la democrazia, dei gruppi sociali che in nome di quella democrazia vanno difesi, perchè la loro garanzia è la garanzia di tutti, e altri a cui questa garanzia non è riconosciuta. L’istigazione a delinquere è reato. La discriminazione è reato. Questi reati proteggono la libertà delle azioni lecite e non lesive, nella misura in cui io desidero una democrazia e non un’anarchia. E per me la democrazia deve avere dei mezzi giuridici con cui proteggere se stessa, e la sua – mi rendo conto – delicata paradossalità.

  4. Io quoto Loredana, anche se il problema della censura è spinoso. Abbiamo davanti agli occhi tanti di quegli eccessi pubblicitari, con le donne trattate come lacerti un tanto all’etto, che verrebbe da diventare davvero talebani. E però… censurare significa aprire la porta a derive difficilmente ipotizzabili. E allora? Stiamo attenti, la complessità del problema è tale da non permettere facili ricette. Il boicottaggio, è vero, è anch’esso un’arma spuntata, in presenza di un consumo diffuso. Il vero punto della questione è quello di cercare, a mio modesto parere, una mediazione – certo difficile ma sempre possibile – tra coscienza e consumo. Vale a dire, cercare, come fa Loredana ad esempio, di allertare e sensibilizzare il più possibile sulla questione. Parlarne, scriverne, creare dei gruppi di discussione, insomma far circolare un pensiero “altro e alto”. Non credo ci siano altre alternative, se vogliamo ancora che la parola libertà abbia un senso pieno.

  5. @lipperini. E’ molto facile dire boicottare, cosa che funzionerebbe se effettivamente esistesse quest’impulso al boicottaggio. Ora, non sarà certo con una pressione mass-mediale o con dei ragionamenti sul disvalore di certa pubblicità, ammesso che sia producibile, che si potrà persuadere la gente a certi boicottaggi.
    Il processo in atto è irreversibile a meno che:
    1) si prenda coscienza che la fissazione agli oggetti è la matrice logica della nevrosi. E’ superfluo precisare quale sia la civiltà che ne soffre maggiormente e non ci si libera da ciò se non liberandosi dalle relazione oggettuali tanto amate da modelli psicoanalitici dominanti e introiettati nel senso comune in ogni angolo della Civiltà del Capitale – ormai non più solo Occidentale ma Globalizzato
    2) Il punto primo è superabile se venisse scoperta ( e non dico riscoperta) la pratica dell’intimità e della vicinanza interpersonale e la lingua della vicinanza adeguata – che si riferiscono a una terapia sociale ricostruttiva dell’essere che deve partire dallo scoprire o riscoprire il ruolo dionisioco dell’esserci nel mondo e nel venire nel mondo in una relazione d’intimità che con il mondo deve essere continuata e non frantumato e falsamente ricompensato dall’adultero e illusorio gioco delle relazioni oggettuali. Infatti, oggi, tutti i disordini psichici possono essere visti come deformazione della partecipazione o si potrebbe dire della malattie dei media. Il mio discorso per chi volesse approfondire si rifà ai lavori dell’antropologo e teorico dei Media Thomas Macho, ancora ma per poco non tradotto in Italia.

  6. Caro lumina, a parte il fatto della colossale contraddizione esistente fra il suo nick e i suoi post, dove anzichè illuminare le menti si cerca di rendere più oscuri possibili i concetti espressi, a parte il fatto che vedo ha preso gusto ad autoinviarsi complimenti (spero per lei in modo autoironico) a firma franco, questa sua teoria: ” si prenda coscienza che la fissazione agli oggetti è la matrice logica della nevrosi” significa nè più nè meno che l’umanità tutta è preda di nevrosi, perchè dalle Alpi alle Piramidi e dagli Appennini alle Ande TUTTI son fissati sugli oggetti.
    Pur non avendo fatto il militare ho girato il mondo, e ho visto la stessa fame di accaparrarsi “cose” presso qualunque popolo. Paradossalmente siamo un poco più vaccinati noi abitanti dei paesi ricchi di quanto non lo siano le masse dei diseredati del terzo mondo, pronti a impazzire per un qualunque gadget che sappia di tecnologico o di occidentale.
    D’altra parte è storia vecchia: gli indigeni li conquistavi con specchietti e perline.
    L’umanità vuole tutta le stesse identiche cose e con la stessa intensità, nè si capisce perchè dovrebbe essere altrimenti.
    Se questo vuol dire che il genere umano è malato può darsi, ma se ne siamo malati tutti non più di nevrosi si può parlare, ma di normale condizione umana.
    In attesa di scoprire “la pratica dell’intimità e della vicinanza interpersonale” (ma com’è che in migliaia d’anni non l’abbiamo ancora scoperta?) rassegnamoci al nostro avido e arido consumismo, finchè le risorse dela Terra ce lo consentiranno.

  7. Gentile Nautilus, che alle 7 e 54pm per esigenza di ritmo circadiano deve espellere l’eccesso di bile che contiene, tanto per precisare, sebbene non ce ne sia bisogno, dato che non avevo per nulla replicato all’osservazione di alcuni giorni fa non sentendo l’esigenza di dovere spiegare per filo e per segno cos’è accaduto (dettagliarlo avrebbe quasi quasi fatto credere che io c’entrassi mentre non c’entro niente e neanche ora spiegherò ciò che sarebbe semplice spiegare, anche perché lei sembra più interessato a riversare la bile, ritirando fuori qualcosa che è altrove e passato, e qui fuori argomento, piuttosto che ascoltare eventualmente se ci sono spiegazioni plausibili – continui pure a credere quello che le pare con la certezza di un giudice che prima di aver ascoltato l’imputato ha già deciso come sono andati i fatti – è questa la razionalità che piace oggi), mi spiace ma io non sono Franco (ma può continuare da solo e/o in compagnia satellitare a speculare e fare tutti i ragionamenti del caso su questa questione più pertinente ai suoi ritrmi circadiani di produzione epatica che del contesto del post – per soddisfare la sua bile in quanto io sono tranquillo e con la coscienza a posto) e mi firmo sempre come luminamenti, nick di cui non comprende l’accezione goliadirca.
    D’altra parte da quando Aristotile formulò il principio di non-contraddizione lei si stupisce di così poco se incontra nel mondo contraddizioni? o le preme – nuovamente – non tanto parlare della contraddizione, ma della libertà di scelta dei nick? E’ poca roba la sua affermazione e stia attento che le “immersioni” con il suo nick non la facciano affogare nelle sue amate relazioni oggettuali.
    Peccato che io abbia dovuto sprecare un intero post stamattina per argomenti che lei mi ha sollecitato e che non c’entravano nulla con quanto io avevo postato.
    Rispondo quindi succintamente (per quanto il tema lo consente) alla sua domanda su come mai non abbiamo scoperto la pratica dell’intimità. Ma mi sembra evidente, lei ne ha dato una versione minimalista estremamente esemplificativa. Potrei finire e sarebbe la risposta adeguata che lei si merita, ma siccome non sono interessato ai personalismi comunicativi parlo del tema con la dovuta distanza che è necessaria per non confondere bile e cervello.
    Il fatto di avere girato il mondo e aver osservato che ovunque accada la conquista degli oggetti (che è cosa diversa dalle molteplici modalità di relazioni oggettuali – ci mancherebbe che un indigeno non si meravigliasse alla vista di uno sconosciuto specchio, che è cosa diversa dal “tipo” di legame che si crea o si può creare con uno specchio) questo smentisce innanzitutto che lei abbia girato il mondo, dato che l’antropologia dice molte cose diverse dalle sue e differentemente diversificate. Inoltre il mondo ha una storia temporale e ogni tempo ha a sua volta avuto le sue differenze nel merito della questione. Inoltre esiste ab origine un problema di psicogenesi delle relazioni oggettuali e di irruzione nel mondo, cioè di nascita carnale, che attende altri investimenti libidinali e nuovi modi di educare (nel senso più filologico possibile) e nuove modalità di lettura della matrice biolopolitica e delle soluzioni istituzionali che danno risposta ai disagi estatici del vivere associato (che trovano poi forme sì contradditorie, paradossali e autodistruttive). L’estasi e l’aperto (che non è questa la sede per esaminarli fenomenologicamente data la complessità e vastità dell’argomento) aprono uno spiraglio, non sono più un tabù e vanno sdoganati e neanche pensati consolatoriamente e trionfalisticamente.
    Dalle posizioni di Agamben a quelle di Alain Touraine ci sarebbe tanto da raccolgiere, per fare un esempio.
    Questo non significa ovviamente essere “contro” gli oggetti e la società della produzione. E’ la tipologia della relazione che andrebbe esaminata, e che è stata già esaminata da molti.
    Oggi si affacciano al mondo nuove pratiche di rielaborazione della nascita, dello stare al mondo, delle riscoperta profonda della neotenia.
    Raccontarle sarebbe necessario, e questo a mio modo di vedere dovrebbe essere l’urgenza che può pervenire ai fini auspicati nel post e non solo questo come fine ( e non pensare invece che semplici risposte reattive, tipo boicottaggio possano essere praticate come frutto di un lavoro sociale di persuasione e credibilità, quando la coazione alle relazioni oggettuali è confinata in un territorio psichico che sfugge alle razionalizzazioni).
    Il villaggio globale è oggi il luogo del mostruoso che ti chiama e l’entrata non designa più molto probabilmente l’entrata nella sfera intima divina, ma l’uscita in uno stato di provvisorietà estatica.
    Oggi – si tratta di un oggi che ha un tempo lungo – tra quel tipo di entrata e quel tipo di uscita, abbiamo solo il mercato e la schiavitù intima dell’uomo alle relazioni oggettuali, la sua subordinazione a valori che indicano altro.
    Uscirne è possibile come dice Chomsky, se evitiamo la fissazione nevrotica di credere di sapere qualcosa della natura umana e dei suoi bisogni.

  8. “Il villaggio globale è oggi il luogo del mostruoso che ti chiama e l’entrata non designa più molto probabilmente l’entrata nella sfera intima divina, ma l’uscita in uno stato di provvisorietà estatica.” Questa è l’idea del n.301 di Martin Mystere, solo articolata meglio! E lo dico con felice meraviglia.

  9. (però poi penso a Uscite dal mondo di Zolla caro a Luminamenti, e allora forse non ho capito bene l’intervento riguardo a entrare/uscire e intimo divino/provvisorio estatico)

  10. Non so se il fatto che io non legga i post di Luminamenti sia una forma di boicottaggio, ma di fronte ai suoi post io questo impulso lo provo e lo seguo senza rimorsi, con l’appoggio autorevole di san Gerolamo, patrono dei critici letterari, che al grido si ‘se non vuoi essere letto, non devi essere lettò’ chiuse di scatto un libro dalla scrittura arzigogolata e lo gettò nel fuoco.
    Ma mentre Luminamenti mi aiuta da solo a boicottare i suoi post rendendoli inappetibili, come posso boicottare io e convincere a boicottare gli altri qualcosa che giudico da boicottare (secondo quali criteri, però?) se quella cosa invece fa di tutto per essere appetibile e contrastare con seduzioni appropriate il boicottaggio?
    Qui, secondo me, c’è il nodo, sempre posto e mai risolto, della democrazia: è il dibattito pubblico, il libero esame delle questioni a fondamento delle decisioni che riguardano la comunità. Dunque: chi ha argomenti razionali migliori dovrebbe vincere, ovvero con-vincere, persuadere.
    Questo è almeno il modellino astratto, la vulgata, a cui io però mi avvinghio con tutte le mie forze, essendo una con un cocciuto orientamento illuministico.
    E dunque ogni censura mi ripugna, perché comunque, per quanto giustificata in base alla delicata paradossalità della democrazia, è una forma di tutela autoritaria da parte di chi si considera difensore delle cose ‘oggettivamente’ buone, belle e giuste nei confronti di chi non avrebbe i criteri per decidere cosa ‘oggettivamente’ è buono, bello e giusto.
    La censura mina alle basi, e per diversi aspetti, il concetto stesso di democrazia, che però è minacciata anche, come notava Zauberei, da quelle cose che la censura vorrebbe rimuovere (e decidere però quanto sia oggettiva questa minaccia è arduo).
    Un paradosso da cui è difficile uscire, ci si sta dentro, ci si sta male, ci si sbatte contro.
    Con mille dubbi e contraddizioni, sono d’accordo con Loredana e Chiara, è una scommessa, però l’unica che mi sento di fare.

  11. voglio anche dire che il fatto che io non trovi appetibili i post di luminamenti potrebbe dipendere da deficit tutti a carico mio. lo metto in conto, ovviamente.

  12. sì, Valeria, il meccanismo è quello che definisci tu, ed ha un che di paradossale. Ma io distinguerei la censura che mi impedisce di raggiungere un oggetto (film, libro ecc ecc) da quella che impedisce a un oggetto di raggiungere chiunque! In un caso si impedisce di esercitare una volontà attiva, nell’altro si previene una fruizione non voluta e passiva.
    A questo si incrocia anche il delicato tema dell’ambiguità nella decodifica delle immagini, che abbiamo più volte ultimamente sollevato… questione spinosetta.

  13. la questione sicuramente è spinosa e molto ambigua, perchè in realtà se si impedisce a un oggetto di raggiungere chiunque, si impedisce a chiunque di poterne fruire, meglio: di decidere da solo se fruirne o no e se fruirne in modo critico o no, visto che qualcuno ha deciso per lui che lui queste capacità critiche non ce l’ha.
    sì, lo so, è spinoso, non se ne esce. è come rivoltarsi in un roveto.

  14. No Paolo l’uscita dal mondo di cui parlavo non è quella estatica nel senso contemplativo prospettata da Zolla nei suoi testi. Credo che quella prospettiva, quella di Zolla, non sia più percepibile che isolatamente, mentre io penso a mutazioni nella collettività, ma per parlarne qui occorrerebbe tempo e non vorrei togliere spazio visuale alle valerie di turno con quella idea ammuffita del dibattito pubblico, dello spazio democratico che senza una teoria del medium produce solo effetto rumore e solo rumore. E’ così ormai da tanto tanto tempo. E’ un fatto. Ma non ci si stanca di battere il martello lì dove non c’è più il chiodo. Contenti voi.

  15. Ok, allora avevo capito abbastanza, ero solo fuorviato dalla parola. Arigatou Luminamenti sensei. In realtà siamo tutti un po’ off topic in questi ultimi comment…

  16. caro luminamenti trovo la democrazia interessante e insostuibile proprio perchè il sapere può essere disammuffito e diffuso anche alle valerie di turno come me, sempre disposte ad imparare da chi sa insegnare (non per caso ho parlato di modellino e di vulgata, visto che mi stavo servendo di una ipersemplificazione).
    Se chi sa non sa insegnare oppure vuole tenere il suo sapere tutto per sè o sussurrarlo esotericamente ai suoi aristocratici pari, è evidente che non parliamo più di democrazia ma di un’altra cosa.

  17. Quoto molterrimo Paolo S con quella cosa della democrazia e della censura.
    Quto pure la Valeria per la propaganda “non filate i post di luminamenti” e caldeggio lei e altri a seguirla. Io applico questa cosa da un po’ e trovo che sia corretto anche nei confronti di Loredana, perchè alla fine lo scopo di Luminamenti è essenzialmente scazzare su se stesso e stornare l’attenzione dal post. Finisce sempre che si parla della non chiarezza, o dellaarroganza di Luminamenti, e qualche volta dellecazzate madornali che Luminamenti scrive, accuratamente dissimulate da citazioni. Pura ignoranza e tuttologia degna della mejo tradizione italica. Ma Luminamenti ha uno stile che tira fuori dagli interlocutori il peggio di loro stessi – li porta sul suo piano, gli titilla l’arroganza. Vuole una gara di arroganze. Non vuole parlare. non vuole dire niente. Io credo – e lo dico molto seriamente e questa volta anche affettuosamente – che con certi meccanismi tutto sommato anche negativi per se stessi, non si dovrebbe colludere.
    E

  18. Caro lumina! che ci creda o no ho letto la sua lettera sorridendo e non ho alcuna intenzione di intraprendere con lei la confutazione della mia bile circadiana. In quanto agli autoincensamenti: le credo sulla parola! Non di lei si tratta ma di un oscuro ammiratore che ha il suo stesso IP per il quale sono, lo ammetto, invidiosissimo.
    Ma si diceva della lettera: l’ho letta una volta sola (di più non ce la faccio) e così ci ho capito poco ma mi pare che ribadisca le idee già “sinteticamente” espresse nella precedente.
    Vede, io non ho la più pallida idea di chi siano Agamben e Tourane e so pochissimo pure sul famoso Chomsky.
    Eppure…sa una cosa? Mi fido più del mio cervello e del mio spirito d’osservazione. Certo, è un’eresia. Questi grandi intellettuali chissà quanto avran studiato, osservato, dedotto e sistematizzato, magari arrivo io che non so nulla e dico: son tutte cazzate!
    Sembra proprio un’eresia. Eppure…quando si tratta della natura umana…quanti hanno sbagliato! Eppure è lì sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni. Ma i filosofi, gli antropologi, i sociologi, gli psicologi, tutti i cultori di queste scienze inesatte non han potuto sottrarsi dal prendere terribili cantonate (insieme a felici intuizioni) quando si è trattato di capire i meccanismi del comportamento umano.
    Marx mica era scemo, mezza umanità gli è andata dietro, eppure non aveva capito una cosa semplicissima: il comunismo è buono per le formiche ma non per gli esseri umani. Ce n’è voluto per capirlo. Eppure, a conoscere un pochino gli uomini, è di un evidenza solare.
    Il dr. Spock non ha insegnato per anni che i bambini han bisogno di libertà assoluta? quando anche il più sprovveduto sa che han bisogno come dell’aria che respirano d’una guida autorevole.
    E Rousseau col mito del buon selvaggio? Faccio i primi esempi di stupidaggini famose che mi vengono in mente, ma ce ne sono millanta.
    Quindi figurarsi se in questo campo della natura umana mi fido di una serie di nomi buttati là da lei, caro lumina.
    Specie se le loro conclusioni sono all’opposto di quel che vedono i miei occhi. Io per le cose umane credo ai miei occhi, non a quel che mi viene raccontato, fosse pure da immensi intelletti.
    Che l’uomo sia un adoratore degli oggetti e del piacere di procurarseli è chiaro come il sole, son caduti due imperi potentissimi per non aver saputo soddisfare questo desiderio, o meglio uno è caduto e l’altro per non cadere si è trasformato radicalmente in modo da soddisfarlo.
    Se non vede queste semplici verità a che le servono Agamben e Tourane?
    Se poi dice che è male, le dò ragione, ma siam fatti accussì. O lei pretende che la natura umana cambi? Si accomodi, non è il primo.
    Saluti.

  19. Manco da una settimana, torno, e vi ritrovo che:
    a) rispondete a L*********;
    b) spiegate perché non rispondete a L*********;
    c) spiegate a L********* perché non gli rispondete
    d) in ogni caso parlate di L*********
    Ragazzi/e: è un eruditroll. Don’t feed the eruditroll.

  20. @ cara valeria non è la democrazia che disammuffisce il sapere, ma l’uso che si fa della democrazia. E nessuno men che mai io ha mai pensato che serva che sia un bene tenersi il sapere tutto per sé ed esotericamente.
    Non sono posizioni che mi hanno mai interessato se non in senso storiografico (spero che la parola storiografico non la ritenga esoterica, la trova in un qualunque vocabolario).
    Ps. la mia osservazione poi riguardava in maniera pertinente un concetto espresso dalla Lipperini sul boicottaggio e facevo notare, in base ad argomenti (discutibili e non dogmatici) e ragionamenti e indicazioni autoriali – che certo in un post su internet non possono essere esaustive né conclusive, né ultimative – che la pressione mediatica, cosa possibile da realizzare e che è possibile grazie al fatto che per fortuna ci troviamo in democrazia, risulta già inadeguata all’obiettivo che si vorrebbe raggiungere.
    Non è quindi la democrazia che non è adeguata e non va bene, ma l’introiezione che dentro la democrazia si è fatta per esempio delle relazioni oggettuali, ragion per cui ci sono forze nell’individuo moderno che gli impediscono pur con tutte le razionalizzazioni e le persuasioni illuministiche (sono anche io illuminista) del caso, di spingersi a realizzare il boicottaggio nel senso che era indicato nell’articolo e prospettavo succintamente altri angoli visuali per agire – democraticamente e non esotericamente (era il caso che lo precisassi? penso di no, va beh…) E vale come risposta anche per gli altri soliti multipli di due che mi contestano, lasciandomi in verità indifferente, preferisco occuparmi della questione e non delle singole persone che mi citano non avendo altro da fare mentre io evito i personalismi e le loro caratteriologie.

  21. WM1 , opinione per opinione, è l’«eruditroll» che nutre me! Sono infatti grato a Luminamenti per avermi fatto scoprire Thomas Macho (dal nome poteva sembrare un eroe del wrestling!) e per aver accostato prospettive e autori, a me noti solo in parte, per fornirmi ipotesi suggestive, anche se tutte da verificare. Avesse un blog tutto suo, lo seguirei con gran gusto…

  22. Wm1 ci hai ragione:) ,ma sei er bue che dice cornuto all’asino:) Considerando i tuoi precedendi eh:)
    e comunque questa cosa andava verbalizzata – anche se non so se avrà effetto.

  23. Caro Wuming 1, ben tornato.
    Per quanto ormai avvezza a diversi blog, forum e virtualità varie devo dire che non so resistere ai troll. E’ una mia debolezza.
    La questione della censura, comunque, rimane irrisolta. Io continuo a esprimermi per il no, anche se con molti dubbi, perplessità ed incertezze.
    Secondo me ci siamo troppo distratti, noi cosiddetti democratici di sinistra (o meglio, io mi definisco approssimativamente così, non so voi), la democrazia invece è un esercizio che richiede molta attenzione.

  24. @Paolo s. anche a me i trolli, tutti quelli in cui mi sono imbattuta e mi imbatto, hanno nutrito molto, anche per capire alcuni meccanismi comunicativi che non riguardano solo il web, ma la vita quotidiana.
    a me sembra che una dei loro obiettivi principali, consapevoli o no, è far slittare la discussione dal piano cominucativo a quello metacomunicativo, per cui si comincia a discutere non dell’oggetto iniziale, ma del modo in cui se ne discute.
    Meccanismo questo che segnala una comunicazione malata.
    Per agganciare tutto questo al topic iniziale mi viene da dire che in una democrazia sana non dovrebbe essere necessario intervenire continuamente sui modi della convivenza, sulle regole, su quello che è proprio e non è proprio della democrazia, ecc. ecc.
    Cosa che mi porta a concludere che il fatto stesso che il problema della censura si ponga è un sintomo di democrazia malata, quale che sia la soluzione che si pensa si possa dare al problema.

  25. Gentile Paolo S, la ringrazio e non avendo email sua per evitare di ri-postare qui, vorrei dirle che di Thomas Macho si sentirà presto parlare in Italia. Naturalmente non è che lui detenga o possesso della verità ma certamente offre nuove prospettive di studio e riflessione. Cmq in lingua italiana potrà trovare un suo saggio all’interno di un interessantissimo volume che raccoglie molte voci dell’antropologia che è Idee dell’antropologia della Bruno Mondadori un volumone di 1200 pagine che meritano, curato del brillante Remo Bodei. Un altro antropologo che merita attenzione è Rodney Needham che tra l’altro si è molto occupato di questioni dell’immagine e recentemente il caro e più noto Franco La Cecla ha pubblicato un testo molto interessante che è Surrogati di presenze che parla di media e con un intervento di Davide Sparti che ha scritto tra l’altro un bellissimo libro sull’etica del riconosciemento dal titolo L’importanza di essere umani, Feltrinelli

  26. Caro Wuone, non son d’accordo sul boicottaggio a lumina. Personalmente lo trovo divertente e (magari non sempre) mi piace leggere quello che scrive anche quando ne capisco la metà, sarà pure un eruditroll, però lo fa bene.
    “Il villaggio globale è il luogo del mostruoso che ti chiama” è memorabile, son d’accordo con Paolo, come son pure d’accordo col suo “forse non ho capito bene”. Ma va’?

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