FARABUTTATE

9 maggio 1933. Eugenio Montale a Lucia Rodocanachi:
“Vittorini deve consegnare fra non molto la traduzione del St.Mawr di Lawrence a Mondadori, con l’appendice di un’altra novella. In tutto 300 pagine, delle quali ha fatto 150; altre 150,  tutte di St.Mawr, restano da farsi e il tempo stringe. Acceteresti di farlo tu, solo letteralmente, a tamburo battente? Vittorini ti manderebbe il libro e alcune delle parti già fatte sia per darti modo di anticipare alcune caratteristiche del suo “stile” (!) nel pezzo che farai tu, sia perché tu corregga qualche strafalcione che gli sarà certo sfuggito (…). Per questo lavoro Vittorini ti darebbe solo 500 lire (da riceversi presto: fra un paio di mesi), dato che lo pagano ancora poco, ma in seguito ti darebbe (se faranno altri lavori, come Mondadori vuole) anche 1000, cioé più della metà. Naturalmente l’accordo dovrà restare segreto”.
24 maggio 1935, Elio Vittorni a Lucia Rodocanachi, dopo la pubblicazione del Serpente piumato, di cui Lucia traduce circa 300 pagine su 400:
“Anche questo secondo libro è venuto fuori come mio solo, per inerzia, perché non sono stato  capace di avvertire, come desideravo, che c’era lei in collaborazione”.
E, dopo averle sollecitato le versioni di Wintry Peacock, Samson and Delilah, Primrose Path, Tickets please, The ghost in the rose garden, aggiunge:
“Faccia presto, per piacere…Sento che c’è quasi una punta di sfruttamento, in questo, da parte mia. E mi consolo al pensiero che anch’io sono sfruttato da parte dell’editore e di tanti”.
Carlo Emilio Gadda a Lucia Rodocanachi:
“Credo mi affideranno la traduzione di The way of all flesh di Butler, potremmo fare il lavoro ” in collaborazione”? Mi mandi s’il vous plait una pagina manoscritta con la trama o per meglio dire schema: – p.es. X sposa Y e divorzia da Z, ecc.- affinché possa parlarne con l’editore senza fare qualche brutta figura. Potrebbe “prepararmi” all’incontro con l’editore anche su J.W.Dunne, The New Immortality e Lancelot Hogben, Science for the Citizen?”.
Eugenio Montale a Lucia Rodocanachi:
“Dimmi se potrai tradurre Green Mansions di Hudson: non mi occorre una traduzione accurata ma completa, in modo che la mia revisione possa essere solo stilistico formale…Dimmi che effetto ti fa l’Hudson, se è degno della fama- e non parlare a nessuno”.
Eugenio Montale a Lucia Rodocanachi:
“Tradurresti un libro inglese con Zampa? Però come firma…illustre figura lui solo”.
Camillo Sbarbaro a Lucia Rodocanachi (sulla traduzione di À rebours di Hysmans che  le propone):
“Ma acqua in bocca, perché il nome del traduttore sarà il mio. Farabuttate…”

N.B. Queste e altre farabuttate provengono da un libro prezioso, Testamenti di Giuseppe Marcenaro, che vi consiglio caldamente. Non solo perché racconta, in assoluto, un’idea della letteratura che sta svanendo. Ma perché racconta anche quella parte che non è svanita affatto. L’idea della traduttrice fantasma, o négresse inconnue, come Montale definiva Lucia, è ancora presente, e forse più presente che mai, a prescindere dal genere sessuale di appartenenza. Squisitamente femminile, invece, l’idea dell’amica e sostenitrice del genio, pronta a sacrificare il proprio talento in favore di quello altrui:   vicenda dura a morire. Come molte farabuttate, del resto.

16 pensieri su “FARABUTTATE

  1. Veramente una cosa indegna, dati i nomi coinvolti poi passati alla storia come Numi tutelari delle patrie lettere. Poi un giorno o l’altro qualcuno dovrà raccontare anche delle farabuttate di oggi, di come anche autori di successo vengono “revisionati” per una manciata di euro da parte di artigiani destinati a restare anonimi.

  2. “Sento che c’è quasi una punta di sfruttamento, in questo, da parte mia. E mi consolo al pensiero che anch’io sono sfruttato da parte dell’editore e di tanti”.
    In queste parole c’è tutto quello che io odio. Grazie per averle riportate, saranno un esempio da utilizzare e un motivo in più per continuare, con le mie misere forze, la lotta.

  3. L’eterno destino del lavoratore intellettuale: compiere sforzi a volte sovrumani ed essere sfruttato e misconosciuto. Vita di merda.
    Gli eroi hanno sempre avuto una vita di merda, il sacrificio è insito nel ruolo, ma almeno vengono ripagati con la fama. L’eroe delle lettere ha solo la vita di merda.

  4. Nelle riedizioni odierne di tutti questi libri, le case editrici dovrebbero sempre aggiungere una nota per precisare che il traduttore “ufficiale” non corrisponde a quello effettivo e specificare il nome di quest’ultimo. Anche per un’ovvia questione di correttezza nei confronti del lettore. Penso che, anche legalmente, sia possibile, ma mi pare che pochi editori lo facciano.

  5. Beh sì, meglio leggerle le farabuttate, con le precise parole e i toni usati dai suoi amici scrittori… Vabbè che erano tutti ‘amici’, ma che nessuno si sia posto il problema rimane indice di una sensibilità e considerazione a livello molto scarso. Sicuramente sia verso la scrittrice che verso la donna. Sono d’accordo con Salvatore Talia, almeno oggi si potrebbe rimediare…

  6. Penso che fama denaro siano oggi più che mai l’aspirazione prioritaria di parecchie persone , ma non è da escludere che qualcuno ne abbia altre, di aspirazioni. magari c’è pure chi considera la notorietà una sciagura. chissà cosa ne pensava la Rodocanachi, forse macari avrebbe detto quanta frustrazione sprecata
    Ciao,k.

  7. Sono Flavio Cogo, l’autore citato. Nel capitolo “L’inizio della collaborazione con Mondadori e il ruolo di Lucia Rodocanachi” è condensata tutta la storia del complesso rapporto tra Vittorini e Rodocanachi. Vittorini si rivolse a lei tramite Montale per far fronte alle numerosi traduzioni commissionate da Mondadori, che interferivano con la sua attività di pubblicista e narratore. Sostanzialmente, oltre a chiederle pareri, Vittorini utilizzava le sue traduzioni (solitamente stralci di capitoli o intere novelle) per stravolgerle e farle sue. Mentre citò la collaborazione di Cinelli per le traduzioni di Poe, mai segnalò nei crediti Rodocanachi, trattata (mi cito) “come una subalterna a cui non si riconosce pari dignità, e a cui viene affidato un ruolo di mera esecutrice di ordini”.

  8. Comunque le grandi traduzioni di Vittorini di romanzi e racconti americani (Faulkner, Saroyan, Steinbeck, Fante, Caldwell) non devono nulla alla Rodocanachi, mentre la traduttrice fantasma collaborò attivamente alle traduzioni “alimentari” per la collana Omnibus di Mondadori e per le traduzioni di racconti pubblicati su rivista. Generalmente usava la “prima stesura” della Rodocanachi (come nel caso della famosa versione di Heaven’s My Destination di Wilder) per poi muoversi in autonomia. Resta il fatto che Vittorini in ogni suo ricordo autobiografico e in ogni sua intervista ricordò ogni suo collaboratore ma mai Lucia Rodocanachi.

  9. Solo una punta di sfruttamento, eh? Ma dovete morire. E meno male che il tempo è galantuomo, e che ci sono i testamenti, e chi li pubblica.

  10. Una “puntona” di sfruttamento direi! Nel caso della Rodocanachi allo sfruttamento non riconosciuto di chi fa “il lavoro sporco” (primi sfogli archivistici, segnalazioni di edizioni estere o di traduzioni già edite “da consultare”, correzione di bozze, prime versioni di massima [traduzioni “scolastiche” per intenderci], con promesse di lavoro editoriale raramente o mai mantenute) aggiungiamo la spontanea misoginia che alligna da sempre nel mondo letterario. Il rapporto di Vittorini con Rodocanachi era quello diretto di un datore di lavoro col proprio dipendente, mentre quello quello degli altri scrittori era più subdolo e ricattatorio di stampo più letterario. Per un quadro completo segnalo Lucia Rodocanachi le carte la vita, a cura di F. Contorbia, Società Editrice Fiorentina, Firenze, 2006.

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