FARE NOTIZIA

Da Articolo 37, copio, incollo, rifletto.
“Siamo il 37,7% degli iscritti all’Inpgi, ma il 46,9% dei disoccupati, in poche siamo direttori (20,27%), inviati (24,65%), vice direttori (15,65%), pochissime quelle hanno la qualifica di cineoperatori (0,52%), lavoriamo soprattutto nelle emittenti radiotelevisive locali e negli uffici stampa.
Questi sono soltanto alcuni dei numeri che disegnano il mondo dell’informazione nel nostro Paese così come emerge da una rilevazione (qui per leggerla tutta) di Lucia Visca e Donatella D’Alfonso, presidente e coordinatrice nazionale del Comitato Pari Opportunità della Federazione Nazionale della Stampa Italia, sulla base dei dati Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti.
E’ una lettura di genere del giornalismo italiano che mi riguarda come lavoratrice (lavoro nell’ufficio stampa di una Pubblica Amministrazione), ma anche come donna (i casi Busi e Ferrario sono diventati i più famosi quanto a discriminazioni di genere nel mondo del giornalismo, ma ci sono tante altre storie come la testimonianza che ho raccontato in questo post).
Lo studio di Visca e D’Alfonso mi offre lo spunto per segnalare altre indagini sul tema donne e informazione.
I dati del Global Media Monitoring Project 2010, un progetto internazionale di monitoraggio delle rappresentazioni di gender nell’informazione, ci restituiscono un altro spaccato dell’informazione italiana, dove – riprendendo quanto pubblicato da Donne Manager – “a far notizia sono gli uomini per l’81% (ben 748 su 926 soggetti registrati) e solo per il 19% le donne, percentuale in crescita per altro rispetto al 2005 quando la presenza femminile si attestava al 14%. Ma quali sono le notizie che riguardano le donne? I dati parlano chiaro: sono soprattutto news su Criminalità-Violenza, Scienza-Salute (22%) e Arti, Media, Vip, Sport (21%) ad includere le donne, contro percentuali più basse per le notizie sull’Economia (13%) e la Politica (15%). Il principale canale che riserva maggior spazio alle donne resta la tv con il 22%, seguito dalla stampa (19%) e dalla radio (14%). Nei media monitorati durante la giornata del 10 novembre 2009, ¼ delle 178 donne di cui si è registrata la presenza sono vittime. Relativamente al ruolo delle donne nelle notizie, i dati offrono un quadro poco incoraggiante: esse rappresentano infatti il 57% della gente comune e solo nel 14% dei casi compaiono nell’autorevole ruolo dell’esperto. Molte sono le donne reporter, soprattutto in tv, con una presenza del 52%, ma le notizie trattate dalle giornaliste riguardano per il 73% Arti, Media, Vip, Sport, per il 62% Scienza- Salute e in misura minore Economia (38%) e Politica (26%). Diversa è inoltre la sensibilità delle giornaliste verso l’universo femminile rispetto ai colleghi maschi: oltre il 60% delle reporter mettono al centro delle notizie le donne più di quanto non fanno i colleghi maschi”.
E poi ancora la ricerca curata da Enrico Finzi di Astra Ricerche e uscita su New Tabloid, la rivista dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, in un numero quasi completamente dedicato al tema pari opportunità e informazione: “la televisione propone quasi solo donne giovani, belle, attraenti ma rende le donne stesse più ansiose e infelici, peggiora l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale. Non meno crudo il ritratto della pubblicità che non aiuta gli uomini a capire come sono davvero le donne, non parla quasi mai dei veri problemi, delle difficoltà quotidiane delle donne e presenta le donne quasi solo come oggetto di interesse sessuale. (…) Sono invece i quotidiani a essere leader nel descrivere le donne come sono davvero, illustrando il valore e le capacità delle donne e aiutandole spesso a fare scelte informate e consapevoli nella vita e nei consumi“.”

4 pensieri su “FARE NOTIZIA

  1. Dati interessanti – meriterebbero un’elaborazione, ci penso. Mi sembra importante comunque che nella stampa si cominci a prendere coscienza di questo problema anche tra le file del giornalismo. Mi piacerebbe vedere articoli in proposito sui nostri quotidiani. Cioè magari ci saranno anche stati – ma mi sa non a mazzi.

  2. Aggiungo un paio di numeri (sulla Svezia) che ho scoperto l’8 marzo. La differenza di stipendio fra uomini è donne è in continua discesa, oggi qui è al 6%. In alcuni settori, tipo il pubblico impiego, è inferiore all’1%. E la parola d’ordine è una sola: continuare, sino all’annullamento delle differenze.

  3. Sul fronte della disoccupazione, la maggioranza è ancora maschile con il 53,1 % contro il 46,9 %.
    Auspico che la percentuale decresca ancora e che la disoccupazione maschile raggiunga almeno il 60%.
    Gli uomini, essendo notoriamente più fragili emotivamente, meno adattabili e con una intelligenza poco elastica, resistono meno alla disoccupazione. Un aumento del tasso dei suicidi tra i maschi
    renderebbe più semplice livellare questi dati verso una percentuale meno discriminatoria.
    Naturalmente ci si riferisce ai ceti meno abbienti e meno istruiti.
    Nell’ambito dei grandi redditi è più facile recuperare il divario senza spargimenti di sangue
    Ma c’è ancora un po’ di strada da fare…

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