FINALMENTE

Finalmente, sì. E’ quello che ho detto questa mattina a Radio Capital, commentando questa dichiarazione di Livia Turco, come da take Ansa:
“Le ragazze oggi sono bombardate da messaggi distorti in cui la bellezza si misura in etti, in certe fatture del corpo e in una determinata disponibilità sessuale. Devono liberarsi dalla schiavitù degli stereotipi che vedo ritornare e non disperdere ciò che è stato conquistato in passato”. Il ministro della Salute, Livia Turco, al convegno ‘Cibo Amico’ promosso a Torino dal Banco alimentare del Piemonte e rivolto agli studenti delle scuole superiori, ha lanciato un allarme contro il modello di bellezza ‘da velina’ che ritiene sia ormai dilagante.
“Le donne della mia generazione e di quella prima hanno dovuto liberarsi dagli stereotipi legati all’identificazione in un ruolo. Ho l’impressione che oggi sia peggio di allora e che questa battaglia la dovrete fare anche voi”, ha detto dal palco alle giovani studentesse.
“Il diritto più importante per le donne – ha proseguito il ministro – è quello di essere se stesse. Invece vedo che oggi ci sono modelli culturali che ripropongono lo stereotipo della femminilità basata sulla mercificazione del corpo femminile e sulla banalizzazione della libertà sessuale”. Il ministro ha invitato le giovani a essere consapevoli che “la bellezza è nell’avere fiducia in sè, scoprire i propri talenti, potersi sperimentare e riproporre anche i valori che sono propri dell’esperienza delle donne”.
Turco, a questo proposito, ha precisato: “Non vorrei che queste giovani donne dovessero rinunciare all’esperienza della maternità. Nella società di oggi non c’è nessuna immagine del valore della madre e della bellezza del crescere un figlio”. Si sta perdendo, ha concluso il ministro, l’idea che “dalla maternità scaturiscono valori propri del genere femminile, ad esempio il valore della cura”.

Sull’ultimo punto, però, sono in disaccordo: l’immagine della maternità è diffusa in modo esattamente speculare a quella seduttiva. Anzi: in pubblicità, per esempio, stanno tornando le bambine-adulte che sognano soltanto  di essere madri. Anche se in modo obiettivamente angoscioso.
Però, ribadisco: è un bene che si cominci a ragionare di modelli e di immaginario dopo anni di silenzio sull’argomento. E’ qui che si è preparata la strada a quel che ora sta avvenendo sul piano politico.
Nel frattempo: leggetevi senza esitazione l’ultimo Buran (sul cibo, peraltro) ; io torno a leggere con avidità il secondo episodio della saga di Matsuyama Kaze.

8 pensieri su “FINALMENTE

  1. Grazie della segnalazione, signora Lipperini.
    Vorrei aggiungere che Buràn non fa ingrassare.
    Eventualmente, stampato e portato a letto, potrebbe essere usato come sistema per il controllo consapevole delle nascite, ma non è un metodo molto sicuro.

  2. Concordo pienamente con la tua osservazione sull’ultimo punto del discorso di Livia Turco. Basta con quest’assioma della maternità come orgine dei valori del femminile…e quali poi…la solita solfa della cura…
    a me, madre, atipica, qs materno perennemente accudente (con tutti i danni che poi lascia dietro sè) ha STU-FA-TO, vorrei nuove riflessioni in cui ritrovarmi, vorrei sentir parlare di più di materno che educa, che accompagna, che libera,non solo che cura come la mamma chioccia…
    Sto bisogno delle donne di rifugiarsi nel ruolo materno…:( lo trovo passivo aggressivo spesso oltretutto…
    Non a caso ho molto amato il tuo libro e l’ampiezza di spunti che offre.

  3. Sono d’accordo con tutto. Forse su l’ultimo punto vorrei ragionare un po’ di più. In qualche cosa mi sento in sintonia colla TUrco. Ma non so bene dove. So’ antica:) Ma è vero che si ha un po’ la sensazione, anche come gesti politici, che la maternità felice sia appannaggio dei cavernicoli e noi progressiste femmine invece abbiamo meno modelli sani in proposito. e in effetti nun solo nun ci avemo i modelli sani ma manco l’asili nido.

  4. “valori propri del genere femminile, ad esempio il valore della cura”
    la cura è un valore, diventa disvalore quando si fa imposizione e si delega a un solo individuo nell’ambito di un gruppo
    non è per via della cura che per secoli non si è avuto spazio per altre attivita umane (senza genere)?

  5. Stamane sono riuscita a sentire parte dell’intervista e quindi la tua voce, che non conoscevo.
    Anch’io sull’ultimo punto della Turco dissento e condivido le osservazioni di Betta. Aggiungo solo una cosa perchè mi è successa l’altro giorno. Si parlava di differnze culturali e femminili. Una del gruppo ha quasi fatto su una mistica dell’utero della procreazione ecc…facendo discendere il differente ‘sguardo’ (approccio) femminile da ciò. Sarà che non ho figli e non li ho cercati, ma mi sembrava una visione ‘costretta’. Chi come me non ha voluto seguire quella strada o non ha neanche avuto la possibilità fisica di provarci che è? una donna a metà?
    Quando non rientriamo nel modello velina a etti o a raggi x e decidiamo di essere come ci pare cercano ancora una volta di stanarci, con la 194/altro e di confinarci in qualche altro stazzo. Queste due tendenze mi sembrano terribili. Non si tratta solo di ricominciare le lotte (ben vengano anche per l’intera realtà, non solo per la dimensione ‘femminile’), ma di cominciare a chiedere ai maschi (non modello Ferrara, per quelli bisogna invocare una pioggia mirata di grossi meteoriti) cosa hanno perso o stanno perdendo in questa dicotomia assoluta tra generi che forse non è mai morta, ma che adesso si vuole ricreare al peggio. Certo non è compito nostro, ci devono pensare da soli, ma bisogna tenere presente che se noi donne siamo sottoposte a certi trattamenti i maschi bambini ed adulti ne subiscono altri, speculari e tremendi. Dico questo perchè oggi mi ha colpito la notizia di un ragazzino che voleva fare il ballerino e che è stato picchiato da altri due coetanei che, evidentemente, vedevano nella cosa un attentato al maschile di cui doveva farsi portatore. O semplicemnte detestavano l’idea che la danza sia una delle eperienze più belle e liberatorie.
    Come se una qualsiasi arte potesse attentare alla fossilizzizzazione dei modelli. Mi piacerebbe aprofondire anche questa cosa: la pratica delle arti come via di liberazione, ma mi rendo conto di andare fuori tema 🙂 resta il ragazzino picchiato dai bulli. Cosa cavolo è/non è cambiato per loro?
    Forse è tutto scritto nel tuo libro, ma confesso di non averlo ancora letto, la mia copia è diventata un regalo di Natale dell’ultimo momento. Provvederò a ricomprarlo.

  6. I media mainstream propongono solo due tipi donna: Velina, e Incinta.
    Nel gossip poi si realizza la suprema sintesi: la Velina Incinta.
    Ma Livia Turco finge di non saperlo perché dopo il colpo dato al cerchio, con la critica dello stereotipo puttanesco, deve darne uno anche alla botte, con l’ elogio dello stereotipo mammesco, che contenta i teodem.
    Puro ma-anchismo veltroniano: “Il nostro modello femminile è Hillary Clinton, ma anche Ilary Totti”.

  7. Ieri sera mia figlia – 4 anni – guardandosi allo specchio mi ha detto – testuale – ho le tette troppo piccole e la pancia troppo grossa…
    Torno a leggere il suo libro, signora Lipperini, e l’aspetto a Ferrara.

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