FUOCHI

Leggete con molta attenzione queste parole di Giuseppe D’Avanzo.

Questa domenica crudele e brutale in cui è precipitata l’Italia, da Bergamo a Roma, poteva non avere come canovaccio principale la violenza che affligge il mondo del calcio ma, più coerentemente, il caso, la probabilità, l’errore. Il caso che incrocia l’auto della polizia stradale con il convoglio di tifosi. La probabilità che il proiettile raggiunga, da settanta metri, il collo di “Gabbo” Sandri che dormiva. L’errore, il doppio errore “tecnico” del poliziotto che non comprende che cosa è accaduto dall’altra parte della strada e, convinto di essere alle prese con un delitto ben più grave di una scazzottata, troppo emotivamente, troppo affrettatamente spara.

Per lunghe ore, questa ricostruzione – che non allevia la tragicità dell’insensata morte di Gabriele Sandri – non è saltata fuori. In un imbarazzato silenzio, è stata eclissata. Chi doveva svelarla – la questura di Arezzo, il Viminale – ha taciuto e – tacendo – ha gonfiato l’attesa, la rabbia, la frustrazione delle migliaia di ultras che si preparavano a raggiungere in quelle ore gli stadi, sciogliendola poi con una cosmesi dei fatti che si è rivelata un abbaglio grossolano che, a sua volta, ne ha provocato un altro ancor più doloroso. E’ stato detto che l’agente della polizia stradale è intervenuto per sedare una rissa tra i tifosi e, nel farlo, ha sparato in aria un colpo di pistola (“introvabile l’ogiva”) che “accidentalmente”, “forse per un rimbalzo”, ha ucciso Sandri.
Consapevole che non di calcio si trattava, ma del tragico deficit professionale di un agente lungo un’autostrada, il Viminale non ha ritenuto di dover fermare le partite muovendo l’ennesimo passo falso di un’infelice domenica. Il racconto contraffatto è stato accreditato di ora in ora senza correzioni. Rilanciato e amplificato dalle dirette televisive, dalle radio degli ultras, dai blog delle tifoserie, ha acceso come una fiamma in quella polveriera che sono i rapporti tra le forze dell’ordine e l’area più violenta degli stadi, prima e soprattutto dopo la morte dell’ispettore Filippo Raciti a Catania.

Non solo condivido, ma espongo qui miei timori. In questo paese si ragiona sempre più per focolai d’odio: e invece di disinnescarli, si fomentano. Vorrei essere come il Cardinal Martini, “pessimista nel realismo” e “ottimista nella speranza”, ma la seconda parte, ora come ora, non mi viene troppo bene.
Ps. Comunicazione di servizio. Irene Biemmi è la bravissima ricercatrice cui si deve una ricerca che per me è stata preziosa: Sessi e sessimo nei testi scolastici. La rappresentazione dei generi nei libri di lettura delle elementari, pubblicata nel quaderno n.29 Consiglio Regionale della Toscana. Mi ha appena inviato una mail dove annuncia che la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze sta organizzando un Master in “Politiche educative, diritti delle donne e pari opportunità”. Domande di ammissione in scadenza agli inizi di dicembre: qui tutte le informazioni.
Inoltre. Altre discussioni su razzismo e ginocidio: Andrea Bajani su Nazione Indiana; Gianni Biondillo, sullo stesso blog. Quindi: su Carmilla, Leonardo Colombati, e prima ancora Giuseppe Genna, e lo sfogo di Sandrone.

17 pensieri su “FUOCHI

  1. Impeccabile l’analisi di D’Avanzo. Credo manchi un particolare non trascurabile che chiunque ha avuto modo di notare fin dalle prime notizie televisive: il tentativo immediato di gettare discredito sulla figura di Sandri, descrivendolo come già noto per precedenti penali…
    Mi son subito venute in mente le parole del dirigente di polizia sul luogo
    della morte di Giuliani, all’indirizzo di un manifestante: “l’hai ucciso tu, bastardo!”, o i tentativi di far passare Aldrovandi per un criminale.
    Curioso poi che, ormai in tarda serata, i comunicati del viminale e del prefetto di Arezzo insistessero, quasi ossessivamente, sulle parole
    “senza reticenze”
    … quando si dice la coda di paglia.
    Provino allora a non averne a cominciare dalle circostanze che hanno portato alla morte di Bianzini, morto a Perugia in carcere, reo di aver coltivato piante di canapa…

  2. il pezzo di biondillo su nazione indiana mi è molto piaciuto ma lo scrivo qua perché di là c’è una discussione un po’ accesa con qualche vena di stupidità…

  3. Aggiungiamo che solo 24 ore dopo l’omicidio di Arezzo si è finalmente avuta una versione (non ancora uficiale) di quel che è successo? Per un’intera giornata dalla polizia filtravano ipotesi di versione, come se qualcuno provasse a vedere che succedeva a dire “tentativo di rapina”, “tragico errore”, ecc.
    Il fatto è che, da Genova in poi, c’è un senso di impunità che attraversa le forze dell’ordine: come se l’impunità goduta si fosse riversata sui comportamenti successivi
    Genova è stata un laboratorio, e gli esperimenti continuano, evidentemente…

  4. Io ci vedo due cose distinte. L’omicidio da parte di un poliziotto, uno dei tanti, da Carlo Giuliani ai molti che non si fermano a un alt ecc.
    Dall’altra parte, una guerriglia urbana diffusa sul territorio che, seppur innescata dall’episodio precedente, non la vedo strettamente collegata. Piuttosto, mi sembra (il primo episodio) un pretesto per la rivolta. E la rivolta, il perchè c’è stata, dovrebbe suscitare preoccupazione perchè reclama un discorso serio sul malessere, su questi processi identatari finalizzati alla violenza da parte delle fasce più giovani di cittadini. Lo smarrimento che viviamo tutti, può portare a situazioni come queste. Condivido lo smarrimento, non questa soluzione, ovviamente. Il fatto è che questa soluzione è, viceversa, abbastanza condivisa.

  5. L’errore più grossolano che si può commettere è inserire Giuliani nel discorso sui tragici fattacci di ieri.
    Passare da un incidente (o un’imperizia o un’ingenuità o un omicidio colposo) all’autodifesa del poliziotto che ha sparato a Giuliani durante una guerra in-civile (di tutte le parti partecipanti) è uno snodo che mi sfugge, anche per accreditare una presunta impunità delle forze dell’ordine. Pretesto, come suggerisce tR.

  6. caro mario, parlare di ingenuità quando un professionista preposto, addestrato e pagato per proteggere l’ordine pubblico spara da un autogrill all’altro (avete idea di quante altre macchine che transitavano avrebbe potuto colpire?) per non si sa quale motivo , mi pare riduttivo; chi va in giro armato non può permettersi ingenuità.
    per quanto riguarda il paragone con genova, la guerra civile di cui parli era l’attacco ingiustificato ad un corteo AUTORIZZATO (cosa che i media mainstream dimenticano sempre di dire) che si è dovuto difendere, per nn dire che giuliani nn rappresentava un pericolo per quella camionetta, trovandosi a diversi metri e , nn dimentichiamo, che l’estintore era stato tirato dalla camionetta stessa verso i manifestanti.

  7. Damiano, l’ingenuità era una delle possibili da me citate, tra le altre.
    Volevo sottolineare, e non mi pare poco, la difformità dei due fatti.
    Talmente lontani che solo con il telescopio puntato sul malcostume (presunto) delle forze dell’ordine si riesce a vedere qualcosa.
    Brunella aggiunge però che non ne verremo mai a capo: ecco, forse l’unica comunanza. E vale per la Sgrena, Raciti et alia.

  8. Caro Damiano scusami ma il tuo commento mi sembra un po’ (troppo) parziale. Mi rammenta un articolo di “Liberazione” dove si sosteneva che Giuliani aveva alzato l’estintore solo per proteggersi dalla pistola puntata dal carabiniere.
    Ora, che ognuno voglia vedere i fatti non per quel che sono ma secondo quel che gli detta la propria personale visione del mondo è notorio e comprensibile, ma arrivare a dire che il povero Giuliani non rappresentava un pericolo per chi stava nella camionetta, beh, tu lo sai con certezza, bravo, e magari sospetto anch’io che non avesse intenzioni omicide, ma quelli in preda al panico dentro la camionetta in quel momento che ne potevano sapere ?
    A chi va in giro armato purtroppo quell’ingenuità capita: le pistole sono pericolosissime, muoiono molte persone uccise da colleghi o familiari.

  9. Per Biondillo e Ilse: i rumeni si chiaman così da Rumènia, arcaico per Romania, quindi romeno è più attuale, somiglianza con rom a parte.

  10. @ Nautilo
    premetto: la fonte di quello che dico è il materiale documentario proveniente dai fascicoli della magistratura di Genova: video e fotografie a comprovare perizie tecniche facilmente reperibili in rete, a partire dalla “Pillola Rossa”, la contro-inchiesta di Lello Voce (basta mettere questi termini su Google).
    1. Carlo Giuliani era, secondo la perizia dell’arma dei carabinieri, a 3.5 metri dalla camionetta; secondo la perizia della famiglia a 4.5: tra Giuliani e la camionetta ci poteva passare un’altra camionetta, lo si può verificare in proprio con un minimo di Power Point partendo dalle foto che riprendono lateralmente la scena. Carlo sembra sotto la camionetta per effetto dello schiacciamento d’immagine prodotto dall’obiettivo del fotografo. Quindi non rappresentava una minaccia per chi era all’interno del defender.
    2. Carlo Giuliani raccoglie l’estintore (che era stato gettato dall’interno della camionetta contro i manifestanti) da terra già guardando la pistola che sta puntando un altro manifestante in fuga, un manifestante con la maglia rossa. Questi oltrepassa Giuliani e sparisce dalla scena, Carlo continua a fissare camionetta e porta l’estintore all’altezza della faccia, non sopra la testa. Anch’io ho l’impressione che istintivamente voglia coprirsi la faccia, in ogni caso si comporta come uno che voglia parare un colpo, non come uno che voglia sferrarlo. La postura di Carlo (cioè la curvatura della schiena) indica che ha sollevato l’estintore da terra senza guardare in basso (fai una prova, vedrai che la postura cambia se fai quel gesto guardando in basso oppure davanti).
    3. La mano armata di pistola smette di seguire i movimenti del ragazzo con la maglietta rossa e punta su carlo. Carlo ha l’estintore davanti alla faccia e fissa la pistola. Placanica mente quando dichiara che Giuliani si è avventato contro la camionetta con l’estintore sollevato in alto, le immagini dimostrano che rimane fermo a una distanza dalla quale non può offendere gli occupanti del defender, senza, ripeto, sollevare l’estintore in una posizione utile al lancio.
    Questi dati sono ammessi persino dalla perizia di parte dei carabinieri
    Ma anche ammettendo che persino su questo ci sia da discutere: non dovrebbe bastare per hiedere una commissione d’inchiesta che accerti come realmente sono andate le cose? E se persino una commissione d’inchiesta, che non manda in galera nessuno, in una situazione nell aquale nessuno tra i carabinieri e poliziotti andrà in galera, viene negata, come non trarne l’impressione di un’impunità generalizzata?

  11. Ciao Girolamo !
    Queste cose non le sapevo, sembrano fatti e non impressioni, cercherò di documentarmi, per ora ti dico: intanto non volevo vedere le cose dal punto di vista di quel che faceva effettivamente Giuliani (poveraccio, lo sapeva lui solo) ma da quel che percepivano quelli nella camionetta. Camionetta che obiettivamente “era in trappola”, assalita da tutte le parti e con gente dentro che aveva perso la testa. Placanica ha detto che non capiva perchè Giuliani, sotto la minaccia d’una pistola, non scappasse. Chissà pure se l’ha vista.
    Da come racconti te (e Liberazione) sembra che lui, vista la pistola, abbia sollevato l’estintore per ripararsi. Se permetti, un estintore non sembra particolarmente adatto come scudo, lo è di più come proiettile. In ogni modo, raccogliendo l’estintore da terra non sembra plausibile che Giuliani volesse servirsene per proteggersi, più facile per ributtarlo contro chi lo aveva scagliato.
    Ora ti rivelerò un segreto: nel ’67 a Pisa ho partecipato anch’io a una zuffa con la polizia e devo dire che il loro comportamento era tale che anche la persona più civile poteva trasformarsi in un incazzato nero; è quel che ricordai quando venne fuori la personalità di Giuliani, che tutto era fuorchè un violento e un cattivo.
    Ma la violenza spesso cieca e irragionevole della polizia, nonchè il clima di guerriglia, può indurre anche persone pacifiche ma con senso della giustizia a esplosioni di rabbia incontrollata.
    Le sequenze che abbiamo visto di Genova, con più agenti a rincorrere coi manganelli qualche donna inoffensiva, lo illustrano chiaramente.
    Dico tutto ciò per spiegare che chissà, forse al posto di Giuliani avremmo reagito nello stesso modo, e cioè aggredendo, com’io credo facesse.
    Però anche dentro la camionetta c’eran ragazzi fuori di sè, e le armi sono una grossa tentazione.
    Guarda sull’autostrada, altro che ingenuità come credevo, sembra che l’agente abbia sparato mirando, se lo vuoi più scemo (o criminale) di così..
    Insomma, caro Girolamo, siamo lost in the flood.
    Per la commissione d’inchiesta: dovrebbe accertare le responsabilità politiche, non mi sembra che un governo che si regge su tre voti possa ingaggiare una prova di forza di questo tipo.
    L’impunità generalizzata ? Non ho mai visto aliquote consistenti di forze dell’ordine perseguite in nessun paese, per varie ragioni ch’è troppo lungo discutere.
    Comunque, come ho detto una cazzata poco fa su quello dell’autogrill, posso dirla ora, non siamo mai immuni.
    Ciao carissimo.

  12. Tornando all’oggetto del post, ancora una volta stupisce, fa rabbia e indigna la morte di un ragazzo ancora ad opera di un poliziotto. Ribadirlo credo non sia mai ridondante, nè inutile. I fatti sono accaduti in una situazione contingente che non era di guerriglia urbana, quindi, riconducibile ad un clima in cui lucidità e preparazione professionale di un rappresentante delle forze dell’ordine dovevano tenere sotto controllo gli avvenimenti. Fallito anche il tentativo di tenere sotto controllo la notizia. Pillole di gas compresso che sfiatano dal cervello dei proprietari tramite i colpi secchi di una pistola e finiscono nel sangue, riciclato nelle notizie flash dei primi momenti. Che orginano poi non una, ma più “guerriglie urbane” o “reazioni squadristiche”, come media non preferiscono. Vorrei sapere, vorrei tanto sapere quanti siano i fascicoli disciplinari aperti dagli ispettori di polizia nei confronti dei loro stessi colleghi che da rappresentanti dell’ordine hanno mutato in rappresentanti del disordine. Quanti procedimenti chiusi e quante condanne subite dai poliziotti stessi ad opera delle loro commissioni disciplinari interne. Rispetto all’organico, la percentuale si avvicinerà a quella – alta – dei condannati in via definitiva che siedono in parlamento?

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