Nel 2009, Murakami Haruki ricevette il Jerusalem Prize. Subito prima, aveva ricevuto un appello del Palestine Forum Japan, dove gli si chiedeva di rivolgere la sua attenzione “ai palestinesi, a cui viene negata la libertà e la dignità di esseri umani”, e lo si pregava di considerare d il valore propagandistico che il premio avrebbe per Israele”.
Murakami andò, ma a modo suo. “Mi sono chiesto: visitare Israele è la cosa giusta da fare? Sosterrò una delle due parti? Ci ho pensato un po’. E ho deciso di venire. Come la maggior parte dei romanzieri, mi piace fare esattamente l’opposto di ciò che mi viene detto. È nella mia natura di romanziere. I romanzieri non possono fidarsi di nulla che non abbiano visto con i propri occhi o toccato con le proprie mani. Quindi ho scelto di vedere. Ho scelto di parlare qui piuttosto che tacere.”
Ma nel suo discorso di accettazione ha detto: “Se c’è un muro alto e duro e un uovo che si rompe contro di esso, non importa quanto sia giusto il muro o quanto sia sbagliato l’uovo, io starò dalla parte dell’uovo. Qualcun altro dovrà decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; sarà forse il tempo a farlo, o la storia. Ma se ci fosse un romanziere che, per qualsivoglia ragione, scrivesse stando dalla parte del muro, che valore avrebbero le sue opere?” E ancora: “Siamo tutti fragili uova. Non abbiamo alcuna speranza contro il muro: è troppo alto, troppo buio, troppo freddo. Per combatterlo, dobbiamo unire le nostre anime per trovare calore e forza”.
Ecco, le parole di Murakami dovrebbero risuonare oggi, alla vigilia di #gazalastday (qui tutto quello che serve sapere). E’ ancora difficilissimo farlo: c’è davvero un muro, alto e duro, davanti a noi. Per quanto mi riguarda, è bastato un commento di solidarietà alla Taverna Santa Chiara di Napoli (che si è rivelata una tappa di un percorso mediatico molto violento, come denunciato da Donne in nero Bari) per finire nelle pubbliche liste di proscrizione di una scrittrice peraltro molto brava e molto attenta alle parole: che però, come molti e molte, vede soltanto una parte della storia e dei fatti. Serve che io dica che quanto è avvenuto il 7 ottobre è atroce? Non dovrebbe servire, ma lo dico : è atroce, orribile. Ma serve ancor di più che io dica che quello che è avvenuto dopo e sta avvenendo ora a Gaza dovrebbe essere rifiutato da ogni essere umano che si trova, ora, a guardare da lontano quel muro alto, buio e freddo e le decine di migliaia di morti che si susseguono giorno dopo giorno. Qui una parte della lectio magistralis che Paola Caridi ha tenuto a Udine, per saperne di più.
Se anche chi scrive per mestiere espone al pubblico ludibrio e chiama nei fatti all’attacco contro chi esprime un semplice, veloce parere solidale, siamo in tempi oscuri: lo sapevamo, ma non dobbiamo permettere che l’oscurità si addensi ancora di più.
“Between a high, solid wall and an egg that breaks against it, I will always stand on the side of the egg.”