GLI INFLUENCER DEL LIBRO

Chi promuove i libri? Davvero il web è la terra promessa per editori e autori o è il luogo dove l'”uno vale uno” rischia di confondere le acque e di trasformare i lettori in autori che spesso non leggono altro che se stessi?
Domande fin qui senza risposta. Ma alcune risposte per quanto riguarda i market movers del libro sono rintracciabili nel rapporto sulla promozione della lettura in Italia curato dal Forum del libro e presentato ieri pomeriggio. Per esempio:
“Esemplare è il caso di Che tempo che fa. Un passaggio nella trasmissione condotta da Fabio Fazio può decretare il successo di un libro. Ancora più forte l’effetto quando in quella o altre trasmissioni interviene Roberto Saviano. Grazie ai suoi consigli di lettura – e a quella che potremmo definire quasi un’aura – sono entrati in classifica la poetessa polacca Szymborska (pochi istanti dopo la lettura dei versi già centinaia di persone si collegavano al sito di Amazon e di Ibs per ordinare i suoi libri…), il romanziere russo Salamov (70 mila copie, dalle 80 nell’anno precedente al passaggio in tv). I consigli di Saviano fanno sentire i loro effetti anche attraverso la sua rubrica sul settimanale “L’Espresso”: ha fatto ad esempio raddoppiare le vendite di Falene di Eugenio Baroncelli. Il libro di Massimo Gramellini Fai bei sogni dopo il passaggio del suo autore da Fazio ha venduto 50mila copie in una settimana. Fenomeni paragonabili alle 110 mila copie vendute da La verità vi prego sull’amore del poeta inglese Auden dopo il grande successo del film “Quattro matrimoni e un funerale” in cui veniva letta una poesia di quella raccolta. Forse il paragone più calzante è col celebre Oprah Winfrey Book Club, nato nel ’96 e chiuso nel 2011, dove un libro discusso in quella trasmissione conosceva una crescita nelle vendite del 300%”.
E ancora:
“Analizziamo, per chiarire meglio questo concetto, il caso del Premio Strega, che è senz’altro uno dei più influenti e importanti premi letterari italiani: esso sembra far vendere molte più copie di quanto non accada con altri riconoscimenti e ciò vale in genere per tutti e cinque i libri finalisti. Ciò può essere, ed è dovuto a diversi motivi, quali: la partecipazione di autori ed editori autorevoli; lo svolgimento della finale all’inizio dell’estate (momento nel quale molti decidono quali libri acquistare per le proprie letture estive); la fascetta apposta sulla copertina del libro che lo indica come vincitore del premio in questione (catturando l’attenzione di quanti entrano in libreria o, semplicemente, si soffermano a guardarne la vetrina); il fatto che la premiazione generi sovente delle querelle, che si ritrovano anche sui più importanti titoli della carta stampata, insieme a commenti e recensioni e – per finire – la trasmissione in diretta televisiva sulla prima rete Rai della finale stessa.
Possiamo fare alcuni esempi del “traino” sulle vendite per alcuni libri vincitori o finalisti del Premio Strega. I casi più eclatanti sono quelli di Margaret Mazzantini, che vinse nel 2002 con Non ti muovere (pubblicato da Mondadori, 30.000 copie vendute prima di vincere lo Strega in luglio, arrivò poi a 400.000 copie già in settembre), e di Paolo Giordano, vincitore nel 2008 con La solitudine dei numeri primi (il romanzo, uscito a gennaio dello stesso anno per i tipi di Mondadori, aveva venduto 120.000 copie fino a primi giorni di luglio, al momento dell’assegnazione del premio; con un balzo a 600.000 copie già a fine luglio, raggiunse il milione entro l’anno). Se si considera che nella narrativa italiana si considera un risultato accettabile il raggiungimento delle 10.000 copie vendute, è da notare che un libro destinato a un successo di mercato più limitato (come Stabat mater di Tiziano Scarpa, pubblicato da Einaudi e premiato nel 2009) incrementa di almeno 20-30.000 copie il suo risultato commerciale e si attesta pur sempre oltre le 50.000, mentre vincitori di medio successo, come Melania Mazzucco (con Vita, per Rizzoli, nel 2003) e Sandro Veronesi (con Caos calmo, per Bompiani, nel 2006) sono arrivati comunque a 500.000 copie”.
C’è un’altro fenomeno, naturalmente, ed è quello che ha sconvolto le classifiche italiane nello scorso week end: il libro a novantanove centesimi. Che è vicenda tutta da analizzare, perchè 400.000 copie (di classici) in una settimana vogliono dire parecchio.

18 pensieri su “GLI INFLUENCER DEL LIBRO

  1. Peccato che i titoli dei libri a novantanove centesimi della Newton sono titoli presenti nella libreria di chiunque 😀
    Quindi non ne ho approfittato…
    Da che mondo è mondo, ogni riconoscimento viene dato ad un libro che si vuole mettere sotto la lente di ingrandimento – appunto perché è risaputo che il traino dato da certe vittorie e nomine porta poi vendite – e non ad uno che lo merita.
    Anche se teoricamente i premi li dovrebbero vincere i meritevoli, perché perché realizzati bene, e non ci sarebbero dubbi: vende perché ha vinto il premio taldeitali o perché è un bel libro?
    Non si sa ancora se è nata prima la gallina o l’uovo e vorremo risolvere il dilemma sul quale il mercato basa tutte le sue mosse?

  2. io penso che le recensioni senza cuore,ovvero quelle sostenute da un testimonial che non crede in quello che sta promuovendo,o perlomeno sta ricamandoci sopra un po troppo,avvelenino l’animo del recensore e il lettore cascato nella rete,e si ritorcono contro gli orizzonti letterari dell’autore creando falsi miti e aspettative da eludere puntualmente.Purtroppo credo che quello di ben parlare del libro di qualcuno senza nemmeno crederci troppo sia un fenomeno inestricabile all’interno di favori condivisi o di un’amicizia male interpretata,che non fa prigionieri

  3. Diciamo che i canali di promozione citati sono quelli più potenti per attivare il meccanismo del passaparola. Uno molto tradizionale (lo Strega che ogni anno suscita le solite polemiche su palesi strategie di marketing delle grandi case editrici e presunte influenze sulla giuria a scapito della qualità, questioni di lobby presunte o meno insomma) ma che negli anni passati è stato un marchio di qualità visti i romanzi premiati e che esercita comunque ancora oggi un discorso di garanzia: diciamo più sui lettori poco forti (giusto evidenziare il periodo pre ferie estive). Un festival di Sanremo su carta, una tradizione che rimane.
    Il canale Fazio-Saviano è garanzia di vendita: persone apprezzate da molti, criticate da molti meno, hanno il giusto appeal e un modo comunque poco stucchevole di presentare la cultura: Fazio col sorriso e la fascia di “prima serata”, Saviano con l’originalità e la visibilità dell’Espresso. Diciamo che comunque hanno un’audience “culturale” di base molto ampia.
    Il web? Il web ha potenzialità molto più ampie per i possibili infiniti collegamenti con i possibili lettori, ma di contro ha il difetto di avere una sovrapposizione di tematiche troppo rapida, di scardinare l’elemento attrattivo nel giro di poche ore. Irrompe sempre qualcosa di nuovo che distoglie e non è sempre e per forza un altro libro, ma un evento o una nuova argomentazione. Parliamo quindi di rapporto tra tempo di permanenza e quantità dei discorsi: la scansione dei tempi televisivi (rapidi anch’essi, ma comunque focalizzati solo su certe tematiche) o di quelli dello Strega (annuale e incentrato sull’oggetto libro) viaggiano ad altre velocità, si crea un’attesa, se ne parla nei giorni successivi.
    Poi, ripeto: si tratta di audience che già esiste ed è incanalata. Lo Strega ha la fascetta (come il Campiello, il Grinzane, ecc.), la televisione ha i suoi fedeli utenti. Ho parlato di cultura di base: quella più semplice da capire, quella più pret a porter, quella spesso trendy. Quella da supermarket, con quello che c’è da comprare in bella vista e quello che si potrebbe comprare negli scaffali bassi o nemmeno presente. Il web è un mega mercato senza scaffali: quello che vuoi te lo devi cercare tra migliaia di di oggetti (letterari e non) sparpagliati in terra. Magari con certi libri messi un po’ più sopra di altri, grazie al principio di merito di Google: tnati click o tanti soldini.

  4. calasso domenica a libri come diceva che siamo un popolo di ottimi lettori, e citava come esempio il fatto che solo in italia e in nessun’altra parte del mondo un libro di poesie (quello della szymborska edito da adelphi e sponsorizzato da saviano a che tempo che fa) è mai arrivato primo in classifica. a me è parsa una stronzata colossale.

  5. Nessuno ha fatto una indagine sulla composizione, le motivazioni, del pubblico di lettori che comprano i libri promossi dai media (o dai premi) di cui si sta parlando? O come dovrebbe essere il popolo dei lettori ‘ideali’ – immaginando che le centinaia di migliaia di copie vendute riguardino ovviamente, certi libri e non altri (cioè non quelli comprati ‘per moda’)?
    Penso che i grandi numeri si raggiungano (anche) con titoli che, oltrepassato un certo numero di copie, si vendono perché: regalare un libro fa fino. Non si vuole regalare un ‘classico’ che l’altro potrebbe già avere. Non si sa cosa scegliere, perchè non si legge abbastanza. Con un testo recente famoso si va sul sicuro, e poi si può sempre chiedere ‘tu che ne pensi!?’. Chi ha delle passioni si vede regalare o si compra tutta la manualistica, ma anche tanti best sellers i cui titoli sembrano fatti apposta. Poi qualcuno sinceramente pensa che ci si possa appassionare a un genere attraverso un libro reso famoso mediaticamente – meglio di niente (la poesia per esempio).
    Mi chiedo, quanti dei libri che hanno venduto le famose centinaia di migliaia di copie, sono stati letti, apprezzati, o hanno messo un seme glorioso e duraturo nella mente dei loro compratori (ammesso che sia questo ciò che si vuole).

  6. La cosa che francamente non capisco dei libri a 99.00 centesimi è per quale motivo vengano messi nella stessa classifica di quelli che costano venti, trenta, persino quaranta euro. Non sono comparabili. Andrebbe quanto meno studiata una classifica a parte, specifica, come un tempo si faceva coi “tascabili”.

  7. L’assalto ai classici a prezzi stracciati vuol dire (credo) che c’è tanta voglia di leggere libri buoni e che siamo alla frutta. Il mio borsellino sta sanguinando.

  8. … Ricordando che i classici (quando non sono italiani) vanno tradotti. E che se un libro (classico o novità) costa 99cent o anche 9euro, da qualche parte spesso c’è stato un bel taglio drastico a qualcosa. Tutto quanto per dire che, anche se il borsellino piange (e, personalmente, l’ebook mi consente di tenerlo vivo) il costo basso del libro è raramente sinonimo di situazione fortunata.

  9. Se leggo bene fra le righe, muori dalla voglia di presenziare anche tu alla Messa di Don Fazio della Domenica sera, così magari incrementi le vendite delle tue opere.
    P.S. Quanto costa in media a una casa editrice il passaggio di un autore a “Che tempo che fa”?

  10. Oh, l’hater del martedì sera mi mancava 🙂 Gentile Mauro Forner o come ti chiami davvero, da dove deduci che io muoio dalla voglia di fare qualsiasi cosa lo sai solo tu. Ho, come detto, riportato due passi del rapporto sui market movers. Da dove, spiacente, mancano i riferimenti alle tariffe, ammesso che ci siano (e non credo). Il trolling, invece, è gratis, vero? 🙂

  11. Il costo basso del libro non è sinonimo di situazione fortunata ma almeno qualcuno, che non si può permettere altrimenti, leggerà qualcosa, tagliata o tradotta male che sia. Poi ci saranno altri che acquisteranno libri integri e tradotti alla perfezione.

  12. Non è automatico che un costo basso di un libro voglia dire situazione sfortunata: dove sta scritto? Semplicemente siccome gli editori non traducono i classici una volta all’anno pagando una volta all’anno nuovi traduttori, può anche voler dire che una traduzione fatta dieci anni prima (per la quale il traduttore è già stato pagato: quanto non lo so, ma non mi sembra il caso in questo contesto di sollevare polveroni sui traduttori) viene riproposta a prezzo speciale, considerando che l’e-book non ha costi di stampa.
    Se trovo “La montagna incantata” tradotta da Ervino Pocar negli anni ’30 a 1 euro non è che stanno schiavizzando gratis il cadavere di Pocar. Per fare un esempio.
    Sul fatto che 400mila persone abbiano preso i classici a un euro vuol dire che non è esattamente come i catastrofisti che godono nell’annunciare catastrofi dicono: ossia che non ci sono lettori, oddio il mondo va a scatafascio e cose del genere.
    I lettori ci sono, esistono, anche se quasi non fa piacere ammetterlo, e Calasso ha ragione. E Ferrero, proprio da Fazio, disse che in Italia i lettori forti sono più forti che in altri paesi: oddio, una notizia positiva! Come facciamo ora? 🙂

  13. In effetti, pochi giorni fa ho preso Moby Dick nella traduzione di Pavese, edizioni Adelphi, a 3.99 euro. Il quale Pavese, se non ricordo male, era però uno dei tanti che si approfittavano alla grande di Lucia Rodocanachi.

  14. @Pier: perfettamente d’accordo nel caso di riedizioni di traduzioni già uscite.
    Ma è l’unico caso.
    E non mi sto riferendo all’ebook che (purtroppo) ha pochissimo mercato, ma al cartaceo. Un cartaceo a 0.99 è un problema, anche un romanzo a 9.99 è (quasi sempre) un problema. Basta pensare all’industria editoriale, al lavoro che bisogna fare su un romanzo perché esca. E sto parlando di roba che migliora la qualità dell’oggetto libro e del contenuto dell’oggetto libro. Se contieni i costi così tanto, da qualche parte tagli e nella quasi totalità dei casi si vede. E parecchio.

  15. @Patrick
    Sì scusa dal mio commento si pensava fossi riferito solo agli e-book, mi sono espresso male.
    Sì, conosco l’industria editoriale in quanto ci lavoro, ma dico anche che un’iniziativa del genere penso sia estemporanea (anche per farsi pubblicità e marketing, che male c’è) e non sostenibile permanentemente.
    Io non penso che sia un problema, in questi termini: più che altro mi sembra che ci sia un’impostazione mentale (non parlo di te, ma in generale) per cui ci si lamenti che non va bene niente, e appena uno fa qualcosa (tipo abbassare prezzi in tempi di crisi) si dice che non va bene neanche quello. Insomma, vedo troppo disfattismo in giro, negatività aprioristica, pessimismo ideologico.
    A me interessa solo che 400mila persone abbiano comprato dei libri classici, e dunque spesso di qualità.
    E ci lamentiamo che si leggono e vendono solo best-seller e cose mediocri: e non va bene ora se si leggono classici.
    E ci lamentiamo che i libri costano, e ora non abbiamo soldi: e non va bene che li vendano a 0,99 centesimi.
    E ci lamentiamo che non esistono lettori: e ne appaiono 400mila all’improvviso e non ci si spiega perché.
    Insomma, complimenti all’editore per l’iniziativa, e un po’ di bicchieri mezzi pieni penso possano vedersi. Poi, ognuno è libero di catastrofare quanto vuole 🙂
    Forse ci vorrebbe più equilibrio, e un libro del genere non farebbe male:
    http://www.lastampa.it/2013/03/09/societa/viviamo-nel-migliore-dei-mondi-altro-che-violenza-il-mondo-non-e-mai-stato-cosi-buono-y5871yGsW0hgdsf8AYXieL/pagina.html

  16. @Pier: sull’argomento classici e i numeri del loro acquisto sono perfettamente d’accordo, però ti faccio un esempio. personale, se vuoi. circa un anno fa per vari motivi mi sono comprato una certa quantità di classici in ebook. esisteva, preciso, la corrispondente edizione cartacea. costavano poco, pochissimo, mi piaceva l’idea di averli sull’iPad quando vado in giro e li ho presi. non erano ripubblicazioni di vecchie traduzioni, ma traduzioni ex novo. la maggior parte li ho buttati.
    Non sono affatto uno a cui non va mai bene niente, anzi.
    Lotto, anche nel mio piccolo, perchè i miei libri non costino delle cifre indecenti e credo che per anni, quando le cose andavano bene, si sia approfittato delle vendite alte per gonfiare il prezzo d’acquisto anche oltre il lecito, dato dall’andamento di mercato.
    Ma credo anche – e parlo delle novità, non dei classici – che un taglio drastico del prezzo del libro implica taglio di costi. E mi preoccupa molto, visto la qualità di quello che esce, perchè taglio di costi vuol dire troppo spesso taglio di editing se non di editor, taglio di anticipi e di diritti, taglio nella confezione del libro (che ti rimane in mano).
    Tutte questioni che (parlo da lettore, questa volta) mi pare si vedano bene nei libri che escono.
    Detto questo, sul numero dei lettori, e senza essere catastrofista, genere che cerco di non frequentare nel mondo reale, sono più scettico.
    Basta parlare con un editore italiano, per esempio, e uno tedesco o inglese.
    Vorrei sbagliarmi, in questo caso.

  17. @Patrick
    Il discorso sul disfattismo era generico, non intendevo te in particolare ma partivo da questo spunto che mi pare paradigmatico.
    Non nego che esistano libri di scarsa qualità dovuta a tagli di costi, ma non mi pronuncio su questi a 99 cent perché non ne ho ancora letti, anche se ho sentito pareri di lettori positivi. Ma tant’è.
    Sul fatto che si siano gonfiati i prezzi quando le cose andavano bene (ma quando mai sono andate bene? da quando sono nato sento sempre che vanno male e che siamo in crisi e che non ci sono lettori et. etc. 🙂 di solito si dice che le cose andavano bene quando però sono passate, mai sul momento) non sono ugualmente tanto d’accordo, anche perché i prezzi dei libri in Italia, sia ora che anni fa, restano comunque al di sotto della media rispetto a altri paesi europei, come la Francia per esempio. L’ha detto anche Mauri relativamente a questo “avvenimento” dei 99 cent.
    E di come spesso la lamentela sia congenita al mondo letterario, a prescindere dalle condizioni del momento storico di effettiva difficoltà o meno, ce ne possiamo rendere conto leggendo questo libretto, che se qualche lettore non ha letto mi permetto di consigliare: prende mezzora:
    http://www.sellerio.it/it/catalogo/Dieci-Domande-Sui-Libri/Lottman/1019

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