GRAZIELLA DE PALO E I DEPISTAGGI: UNA PRECISAZIONE SU ELIO CIOLINI

Torno su Graziella De Palo. Lo faccio perché un ascoltatore di Radio3 mi chiede conto del perché non ho citato nel podcast la vicenda della riunione così come è riportata – ahinoi – nella pagina Wikipedia di Graziella, sulla base di wikileaks italian. Una riunione, come si legge, dove Graziella sarebbe entrata per caso vedendo ciò che non doveva vedere.
Uno degli infiniti depistaggi, di cui avevo parlato ne L’arrivo di Saturno. Qui:

“Nella primavera del 1982 muore Edera Corrà e viene avanti dall’ombra  Elio Ciolini.

Elio Ciolini è come Han Van Meegeren, come Dennis l’illusionista. Ma è molto peggio di loro.

Elio Ciolini ha una brutta faccia anonima. Sa tutto, dice, della strage di Bologna. E più avanti, nella primavera del 1992, saprà tutto delle bombe di Cosa nostra. E’ vicino a Gelli. E’ vicino a Stefano Delle Chiaie. Sa tutto di tutto. Di ogni segreto e mistero.
Abracadabra.
Tu immaginalo, questo truffatore detenuto a Champ-Dollon, in Svizzera, come Han van Meegeren era recluso in Olanda. Che non riceve visite – o forse sì – e scrive al console italiano un memorandum su Bologna. Ha la quinta elementare, ma non importa, lui sa. Chi è stato? Lui lo sa. Un’organizzazione terroristica che si chiama OT, collegata alla P2, nelle mani di Giulio Andreotti, Gianni Agnelli, Roberto Calvi, Attilio Monti, Licio Gelli, Angelo Rizzoli, Umberto Ortolani.

Ah, ecco, Bologna.

Un’idea di Gelli per distrarre l’opinione pubblicata dalla scalata finanziaria all’ENI. Matto, sì. E no. Perché sa di una cosa vera:  il Conto protezione,  il tesoro del Partito socialista presso l’Union Banques Suisses di Lugano, n. 633369, il Conto su cui transitano anche i soldi dell’ENI diretti al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e tangenti varie. Se ne parlava a bassa voce nei corridoi del potere italiano, e la sua presunta esistenza  avrebbe potuto condizionare l’andamento della politica italiana nel decennio che precedette Tangentopoli. Un conto sul quale, nel 1989, stavano indagando Carla Del Ponte e Giovanni Falcone, proprio al tempo dell’attentato all’Addaura. Oh, e poi Ciolini farà la sua profezia, dirà che verranno uccisi, Falcone e Borsellino.

Inoltre, Ciolini dice la sua sul “caso”. Italo e Graziella volevano intervistare in Libano un grosso personaggio della Resistenza palestinese e fissarono con lui un appuntamento. Si presentarono nella sua abitazione all’ora fissata e furono introdotti in un salone dove era in corso una riunione. Ciolini fa i nomi dei partecipanti, inserendo quello del ministro De Michelis, e precisa che la riunione era stata organizzata per discutere di traffico di armi. Da quel momento, dice il falsario, i due giornalisti italiani furono ritenuti pericolosi perché avevano riconosciuto alcuni dei presenti alla riunione.

Il giudice Armati non gli crede, lo incrimina per calunnia”.

Allora, Elio Ciolini è uno degli oscurissimi personaggi che entrano in questa storia. Un suo ritratto si deve ad Antonella Beccaria, qui  Soprattutto, Antonella Beccaria ne ha parlato in un libro, che si intitola proprio Il faccendiere ed è uscito per il Saggiatore:
“Fingere di sapere. Mescolare il falso al vero. Far correre gli investigatori per due continenti, dall’Europa all’America Latina, alla ricerca di riscontri. E poi ritrattare, sostenere che era tutto falso. O quasi, accampando presunte minacce e non rivelandone gli autori. Rimanere nell’ombra, artefice misterioso del depistaggio della strage di Bologna. E nell’ombra plasmare trent’anni di misteri d’Italia, fatti di massoni, servizi segreti, banche svizzere, giudici raggirati e politici in odor di mafia. È Elio Ciolini il depistatore. Di lui circola un’unica fotografia e la fuggevole ripresa di un volto immediatamente coperto. È il 26 novembre 1981 quando Ciolini comincia a parlare. Si trova in Svizzera, detenuto nel carcere di Champ-Dollon per truffa. Si sta comprando la libertà, ma non solo. Invoca come mandante della strage del 2 agosto 1980 la sconosciuta Loggia Riservata, i cui adepti altro non sono che la crème della P2, e ne snocciola i nomi. Fra i più pesanti: Gelli, Andreotti, Ortolani, Rizzoli. Movente: distrarre l’attenzione delle autorità da un’operazione di acquisto in massa di azioni Eni, condotta in pieno scandalo Eni-Petronim. La fase organizzativa sarebbe stata affidata a Stefano Delle Chiaie, il fondatore della neofascista Avanguardia Nazionale espatriato in Argentina. È abile, Elio Ciolini, sa mescolare organizzazioni false e sospettati veri, fantomatiche operazioni in seno a scandali reali. Ed essere sempre presente: alle riservatissime riunioni massoniche di Montecarlo come agli incontri logistici a Buenos Aires. Non male per un sedicente infermiere, imprenditore, operatore finanziario, uomo dell’intelligence francese come del Sismi, un faccendiere divenuto collaboratore di giustizia, pare anche dietro notevole compenso. Si rivelerà tutta un’invenzione, lo ammetterà lui stesso e verrà condannato per calunnia e falso aggravato. Dodici anni dopo la bomba alla stazione di Bologna, Ciolini conferma la sua vocazione (o la necessità?) a essere un protagonista dei momenti più bui della storia italiana, e diventa l’anello di congiunzione con la trattativa Stato-mafia. Accade quando dal carcere «predice» i delitti eccellenti della Sicilia del 1992, gli omicidi di Salvo Lima, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle loro scorte, che innescano la crisi politica da cui nasce una nuova strategia della tensione. E ancora oggi non si arresta la «carriera» di un personaggio che non si è dimostrato affatto riservato. Anzi, ha parlato così tanto e su così tanti argomenti da essersi attirato l’etichetta di «pataccaro», una specie di burattino manovrato da figure rimaste senza nome. Antonella Beccaria ripercorre le sue gesta, consulta quarant’anni di carte giudiziarie, intervista giudici, carabinieri, testimoni che scelgono di rimanere nell’anonimato, e traccia, in un’inchiesta sbalorditiva, il profilo di un uomo incredibile, una macchietta in apparenza, un criminale nei fatti, che ha tessuto una spy story italiana, che di romanzesco non ha nulla e che di reale ha un centinaio di vittime in attesa di giustizia.”

Allora, Elio Ciolini era (ed è) un avvelenatore di pozzi. La vicenda di Graziella De Palo e Italo Toni è già immensamente complessa, infiltrata da menzogne e falsari (Edera Corrà che si registrò a suo nome a Beirut e che disse di averne riconosciuto il corpo, Ciolini, per non parlare degli infiniti depistaggi compiuti dai servizi segreti). Confondere ulteriormente le acque, come ancora si sta facendo, significa distogliere l’attenzione dal focus. Che è quello che ho scritto nel romanzo, apertamente:

“Fu l’emiro Faruk Abillamah a confessare ad Armati che Italo e Graziella vennero sequestrati per “una segnalazione errata”. Erano spie, fu detto. E quella segnalazione, appunto, partì probabilmente da Nemer Hammad. E di quella segnalazione non poteva non sapere Giovannone. Anzi, è possibile che sia stato Giovannone a farla. Ma Giovannone è morto, come Santovito, e al massimo si potrà ammettere che i servizi abbiano coperto “un incidente di percorso” per non creare problemi. Che problemi vuoi che siano, una ragazza morta e il suo ex fidanzato?”

Quindi, anche se la storia è enormemente complessa, qui si è provato e si prova a tener la barra dritta. Per quel che serve.
Abracadabra.

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