GUARDARE LE BALENE, CANTARE, ANDARE AVANTI

Ci sono, da una parte, gli orrori del quotidiano, quelli a cui assistiamo con impotenza, e che pure non solo avevamo presagito, ma che avevamo già conosciuto. Incluso il carico residuale, che è cosa di cui non ci si può capacitare, e che pure, ricordiamolo, interessa alla metà di questo paese, e io vorrei capire le ragioni dell’altra metà, davvero, al di là di quello che pubblicano su un social.
Poi c’è la nostra tristezza, che ormai dura da molti anni. Riflettevo sul fatto che anche scagliarsi contro il ballo è un segno della tristezza del tempo, e certamente avrete ragione nel dire che ci sono cose molto più importanti, e che c’è poco da ballare.
Eppure, mi è tornato in mente qualcosa che mi è accaduto molti anni fa.
L’episodio è questo: eravamo a Imperia, il figlio bambino e io, da soli, per fare whalewatching, ovvero per imbarcarci e guardare balene e delfini (sì, li abbiamo visti). La sera prima siamo andati a mangiare un piatto di pasta in un ristorante del porto. Avevamo un tavolo all’aperto, era una primavera calda, c’era la luna piena e dietro di noi c’era la finestra della cucina. Il cuoco che spadellava i nostri spaghetti cantava: “Sono un cuoco contento, io cucino e canto”. Giuro. Gli spaghetti erano, in effetti, buonissimi.
Arrovellandomi sul perché stessi pensando, dopo 20 anni, al cuoco contento e canterino, credo di esserci infine arrivata. Mi mancano le persone che cantano. Mi mancano le persone felici di fare una cosa piccola come un piatto di spaghetti alle vongole, e di farla bene, non solo perché è il proprio lavoro, ma perché quel lavoro dà piacere. So benissimo che i tempi sono cambiati, e che non si può certo chiedere a un magazziniere di Amazon di cantare o di essere felice mentre inscatola. So che il nero è avanzato e sale dalle nostre caviglie. Eppure so anche che in circostanze analoghe e persino migliori di quelle del cuoco canterino preferiamo guardare i nostri piedi anneriti, ci dichiariamo risentiti, convinti che la nostra vita sia stata ammalorata da qualcuno che non siamo noi.
E questo, anche, è il motivo per cui stiamo qui a discutere, così spesso, di quisquilie e, invece di parlare di argomenti più seri, più ampi, anche più dolorosi se vogliamo. Oppure, quando possiamo, di cantare mentre scriviamo o cuciniamo gli spaghetti. Sognando di vedere una balena, la mattina dopo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto