HAZBIN HOTEL E LA LIBERTA’ CREATIVA

Parlare di una serie televisiva, questo dovrebbe essere ormai chiaro, non significa sconfinare nel territorio dell’evasione: non sto facendo un torto alla pila di libri che mi minaccia dal tavolo, e che affronto pian piano, anzi. Forse, invece, contribuisce a discutere di narrazione e della voce e dell’estetica con cui si narra.
Abusiamo del termine creatività, questo è noto. Ma se volessimo sintetizzare al massimo il discorso su creatività e Internet, potremmo dire che a un primo periodo selvaggio ed entusiasta dove, che so, Andrea Zingoni creava (erano gli anni Novanta!) Gino il Pollo, è seguito un lungo momento in cui si creava, e si crea tuttora,  per avere successo e soldi eccetera. Tutto molto schematico, me ne rendo conto, perché avere successo non è (sempre) il Male, a meno che non ci si adegui ai modelli che si ritiene vengano apprezzati da grande pubblico. E qui, come immaginate, il discorso riguarda – eccome – la letteratura.
Ma a volte capita di imbattersi in qualcosa di nuovo e di apparentemente folle, e di dirsi “toh, non tutto è perduto”: parlo di Hazbin Hotel di Vivienne Medrano (è su Amazon Prime: che però si è interessata alla serie dopo aver visto l’episodio pilota sul canale YouTube di Medrano). Medrano, o Vivziepop, ha trentadue anni, è un’animatrice e regista americana. E la sua serie è nuova, divertente, dissacrante: intanto, è una serie animata (per adulti, parolacce e situazioni politicamente scorrette sono presenti in gran numero), ma è anche un musical a puntate. Che, a parer mio, prende il meglio dei predecessori (penso a South Park) e sbeffeggia la Disney in modo assai intelligente.
La storia: siamo all’Inferno, dove regna, da reggente, Charlotte “Charlie” Morningstar, figlia di Lucifero e di Lilith, laddove il primo è un visionario sognatore oppresso dalle regole del Cielo e la seconda colei che ha detto ad Adamo che non avrebbe accettato sottomissione alcuna. Charlie è ugualmente sognatrice, canta come una principessa Disney e desidera creare un luogo dove le anime dannate possano redimersi e raggiungere il Paradiso, anche per sfuggire al ciclico sterminio che gli angeli più fondamentalisti, capeggiati proprio dal Primo Uomo, organizzano per evitare il sovraffollamento degli inferi, con l’accordo del vertice celeste, o di parte di esso. Dunque crea l’Hazbin Hotel (si suppone che Hazbin stia per Has Been, insomma Coloro che sono stati, insomma ancora i morti che però sono destinati a morire ulteriormente e per sempre a ogni incursione militare degli angeli).
Con lei un gruppo di disperati che condividono, più o meno, il suo sogno (sì, è una famiglia queer, in effetti): Vaggie, la compagna di Charlie, Angel Dust, pornodivo e tossicodipendente, Husk, classico barista da film di Bogart con un segreto nascosto, Nifty, piccola e folle cameriera sadomasochista. Si aggiungerà Sir Pentious, ovviamente un serpente, su cui altro non dire. E, soprattutto, Alastor. Che è un demone. Anzi, il Demone della Radio, tanto che quando si arrabbia gli occhi diventano due manopole. Alastor è potente, sconfigge regolarmente i demoni della televisione, dei social e di youporn, ma, come tutti i grandi personaggi, ha un’ambiguità di cui si tace (ma la frase “la radio non muore mai” la accarezzo come un tesoro).
Ma è poco: perché ogni episodio, ballato e cantato come nelle migliori tradizioni del musical, è un piccolo capolavoro di, sì, creatività e ironia.
Che, naturalmente, ha attirato l’attenzione dell’Associazione degli Esorcisti. Non scherzo. Per gli esorcisti italiani, “la serie per la sua rappresentazione dell’Inferno, per la sua visione impietosita dei demoni e della loro sorte (descritta come ingiusta)  può favorire una distorta concezione del peccato e incoraggiare una normalizzazione dell’occultismo, aumentando il rischio che le persone, in particolare i giovani, si avvicinino a pratiche magiche, cerchino di interagire con entità maligne fino a aderire a una visione satanista della realtà”. Non fate loro leggere un vecchio manga come Angel Sanctuary, sia mai.
Beh, e la letteratura cosa c’entra?
C’entra nel modo in cui non si gettano a mare, in questo caso, i modelli estetici del passato ma si sanno utilizzare in maniera completamente nuova, gradita da un pubblico almeno generazionalmente trasversale: io ne farei tesoro, ma vedete voi.

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