I BOMBI E LA TORCIA DI MALLARME': UNA RIFLESSIONE DI ORSO TOSCO

Le nuove abitudini. Il tg delle 19 da ascoltare in silenzio sul divano. Il viaggio verso via Asiago ogni giorno più corto. La radio ogni giorno più vuota. Infilarsi la mascherina se qualcuno entra nella tua stanza. Faticare a leggere, persino io. Affrontare con oscuri terrori i miei dolori reumatici che, puntuali a ogni marzo, fanno dolere schiena e braccia. Avere gli incubi. Mandare al diavolo gli incubi. Mandare al diavolo me stessa. Fare il caffè e uscire in giardino.
Questa, veramente, è una vecchia abitudine, è la piccola grazia delle giornate che cominciano a essere tiepide, è controllare la lavanda e il rosmarino, mandare un bacio alla piccola tomba delle pogone (i miei amati draghi, scomparsi in rapida sequenza un anno fa) dove si arrampica la rosa selvatica.  Fra poco si apriranno i fiorellini bianchi delle fragole, qualcuno è già schiuso. E forse i fiori di vetro, così li chiamano, sono sopravvissuti.
Avere un giardino, guardare i gatti che saltano tra il disordine voluto di foglie e frasche, perché più è disordinato più sembra vero, secondo me, è il mio piccolo, grandissimo privilegio di questi giorni. Occupa non solo le mani (mai avrei pensato di riuscire a togliere da sola le valanghe di calcinacci lasciate in eredità dai famigerati ponteggi condominiali) ma fa pensare che le cose vanno avanti, comunque. E’ uno strano senso di riconciliazione.
Non sono la sola a pensarla così: ieri mi ha mandato un messaggio Orso Tosco, scrittore e poeta, e dal momento che il messaggio era bellissimo gli ho chiesto il permesso di pubblicarlo. Eccolo qui (andiamo avanti, avanti, avanti):
“Credo sia comune, tra le persone poco coraggiose come me, finire per trovare speranza dove invece i coraggiosi cadono vittime della disperazione: nella fase terminale delle cose, nella fine. A lungo ho creduto che questa mia attitudine, meschina, derivasse da un ragionamento sciocco e familiare, simile a certe abitudini insensate – il mio terno sulla ruota nazionale che non esce mai, il piacere insulso dell’avere ragione senza insegnare nulla a chi ha torto, la salvaguardia ottusa di posizioni già compromesse definitivamente – e che si basasse sull’idea che la fine coincidesse con la possibilità di fuga ( immancabilmente e irragionevolmente ripenso al Barone di Münchhausen che cavalca una palla di cannone).
Ma con gli anni ho cambiato idea a riguardo. Credo che la mia assurda tendenza a cercare speranza nella fine delle cose sia dovuta alla convinzione che proprio l’aspetto terminale delle faccende umane conferisca loro una maggiore lucidità- nulla è lucido come l’allucinazione, nulla- e che questa chiarezza, feroce, spietata, in apparenza indifferente, possa essere utile per leggere la realtà con maggiore precisione, trovandovi quegli aspetti e quelle traiettorie che in altri momenti finirebbero per sfuggirci, inglobati, ingolfati dalle certezze che normalmente possiamo concederci.
Vicino a dove vivo stanno costruendo un campetto da calcio, e adesso i lavori sono fermi. Lungo i bordi scavati per far spazio al campo da gioco sono cresciute delle piante di borragine, e questa mattina notavo come i fiori delle piante fossero visitati da un numero altissimo di bombi e api, stessa cosa per i fiori del rosmarino. Normalmente quelle api e quei bombi non starebbero lì, spaventati dal via vai degli operai. E allora, sempre per via del mio vizio meschino, mi sono chiesto: è possibile che questa nostra immane paralisi, per molti altri animali, coincida con una grande illusione? E sarà possibile, una volta superata la fase emergenziali, provare a far coincidere le cicatrici di questo periodo con l’illusione delle bestie che per un attimo hanno sperato in una tregua? Non è soltanto una questione economica e ecologica, si tratta di una questione di economia ed ecologia psichica. Purtroppo non ho grandi mezzi intellettuali a disposizione, ma là fuori siete in tanti a possedere strumenti solidi e affilati, e mi auguro che sappiate metterli a disposizione. Sono più essenziali che mai, vanno messi a disposizione adesso. Egoisticamente mi auguro in aggiunta che questo momento, tra le altre cose molto più importanti, sappia insegnarmi a trovare speranza altrove, o almeno non soltanto, nella fine delle cose. E che che si trovi la forza per accompagnarci l’un l’altra, con amore e fermezza, verso una condizione migliore. Come per la donna di Mallarmé è tempo di “Di versar rubini al dubbio che scuoia/ Come una torcia tutelare e in gioia”.

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