I COMMERCIANTI STANCHI

Amadeusbart Ancora a proposito non tanto e non solo di Mozart, quanto dell’ascolto musicale. Perché? Perché, a mio avviso, la musica e molta parte della filosofia e della massmediologia che la riguardano sono un’ottima cartina di tornasole per capire cosa sta succedendo (o meglio: ri-succedendo) nella definizione generale di cultura e di approccio alla medesima.

Capire, per esempio,  se qualcosa è mutato rispetto ad anni abbastanza recenti: dove acquistava un senso profondo l’esplorazione contemporanea di diverse esperienze estetiche (di diversi network, viene da dire) e ne perdeva, invece, la separazione dei prodotti culturali in elevati e no, in educativi e no (e, per quanto riguardava la musica, perdeva di senso anche la differenziazione adorniana fra ascoltatori esperti e commercianti stanchi). Capire, insomma,  se, a dispetto di potenzialità enormi (la Rete) stiano invece prendendo forza i neo con dell’estetica.

Certo, non è obbligatorio occuparsene: è possibilissimo ascoltare musica e leggere libri infischiandosene della teoria. Però, da queste parti, la curiosità resta: anche per mettere a fuoco che ruolo possono avere, e come dovrebbero agire in tutto questo, i cosiddetti lit-blog.

Pazientate e leggetevi, invece, il lit-musical-blob del giorno.

1912

La musica in scatolette come il tonno e le sardine…. Tanti centimetri quadrati di musica l’una…

Carlo Dossi Note azzurre

1962

il jazz va criticato nel momento in cui questa moda eterna, organizzata e moltiplicata da individui interessati, crede di potersi porre come moderna, magari come avanguardia

T.W.Adorno, Introduzione alla sociologia della musica

1982

Pochi capivano il jazz, troppe cravatte sbagliate.

Paolo Conte, Sotto le stelle del jazz


1991

"L’arte è un commercio che nobilita se stesso e il consumatore, dando più di quanto non sia pagata … Mozart compose per denaro, cosa che E. M. Forster non fu obbligato a fare: la scarsa produzione di quest’ultimo si addice a un ‘rentier’, mentre la capacità creativa di Mozart si confà sia a un artigiano serio sia al lavoratore costretto a guadagnarsi il pane".

Anthony Burgess, The wolf gang

2004

Lisa: Oh lord, why did you give such transcendent talent to such an undeserving fool?
Bart: Because you are uuug-leeey.

The simpsons, Margical Mistery Tour

91 pensieri su “I COMMERCIANTI STANCHI

  1. “e, per quanto riguardava la musica, perdeva di senso anche la differenziazione adorniana fra ascoltatori esperti e commercianti stanchi. […]Certo, non è obbligatorio occuparsene: è possibilissimo ascoltare musica e leggere libri infischiandosene della teoria”
    Cara Loredana,
    ti rispondo con le parole di un mio autore:
    «…Perché “all’inizio fu la Parola”: asserzione biblica che trova riscontro nelle più remote cosmogonie: “In principio la Parola procreò il Padre”. “Parola” intesa eminentemente come “grido”, “suono primordiale”, “mistica sillaba cantata” e quindi, essenzialmente, “musica”. ‘“All’inizio fu Musica”. E da questo immane urlo risonante nasce il Cosmo: così Marius Schneider, nei suoi studi sulle protociviltà e sull’idea comparata di “creazione”, nelle diverse tradizioni e mitologie. Ci piace soffermarci su quest’immagine d’una preesistente sonora oscurità, tutta percorsa da vibrazioni embrionali, e dal grido che d’un tratto scaturisce nella prima aurora del mondo: un grido come un’unica nota immobile e trattenuta, che nel suo stesso echeggiare genera materia. Così come ci seduce quell’altra immagine, desunta dalle culture vediche, indù e persiane, di una primordiale lotta tra dèi e demoni, volta al definitivo possesso di questo potentissimo “sacrifìcio sonoro”. Tutta la successiva evoluzione dell’idea di musica, del resto, appare improntata da una sostanziale dualità di forze contrapposte: il bene e il male, la luce e l’ombra, la vita e la morte. Un’armonia sublime, secondo i pitagorici, si sprigionava dal moto delle sfere celesti. Cupi, inquietanti rimbombi, per converso, uscivano dal tamburo che lo sciamano percuoteva, dialogando col mondo dei morti. E ancora luce evocava il placido fiume del canto gregoriano, suprema forma di orazione e tramite tra Cielo e Terra. In tempi più vicini a noi, Tolstoj, nel suo breve romanzo La sonata a Kreutzer, fa dire al protagonista: “La musica in genere è cosa tremenda. Che cos’è? Non lo capisco. Che cos’è la musica? Che cosa fa? E perché fa quello che fa? Dicono che la musica elevi lo spirito. Sciocchezze, non è vero! Esercita una grande influenza… però non eleva lo spirito di certo. Non eleva né umilia lo spirito, lo eccita, piuttosto. Come dire? La musica mi mette in condizione di dimenticare me stesso, la mia situazione reale, e mi trasporta in una situazione che non è la mia: sotto l’influsso della musica mi par di sentire ciò che in realtà non sento, di capire ciò che non capisco, di potere ciò che non posso… Essa, subito, con immediatezza, mi trasporta nello stato d’animo in cui si trovava chi la compose. Mi fondo spiritualmente con lui e assieme a lui, passo da una dimensione all’altra, e perché io lo faccia, davvero non lo so… È questo il motivo per cui la musica eccita soltanto… Per questo, a volte, ha un effetto così spaventoso, così terribile… “. Allo stesso modo, già Sören Kierkegaard, nell’analizzare il mozartiano Don Giovanni, ravvisava in quella musica un carattere “demoniaco” e su tale presupposto scattava il raffronto tra Don Giovanni e Faust. Il primo a incarnare il demoniaco determinato come sensualità. Il secondo, invece, emblema del demoniaco inteso come spiritualità. Ed ecco, cent’anni dopo, Thomas Mann riprendere le fila di un discorso così incandescente, e votarsi alla sagace riedificazione di un ambiente intessuto in gran parte di elementi autobiografici, dove collocherà e farà muovere gli archetipi della favola eterna. Il Doktor Faustus, nelle vesti di Adrian Leverkühn. E Satana. E la musica. Certo, la musica: quale oggetto dell’accordo tra i due, quale scellerata intesa “per il tempo e per l’eternità”: ventiquattro anni di prodigiosa attività creatrice in cambio della dannazione eterna. In pagine di sapiente esposizione, dove il contributo del musicologo Adorno dovette essere determinante, Mann illustra le opere che il suo tragico eroe sviluppò nel sortilegio di quei ventiquattro anni: e come una ventata di gelo metafisico sembra promanare da quella serie di cinque note: si-mi-la-do-la bemolle, ripetutamente citate quale figura chiave, frase simbolica ricorrente e variamente elaborata nell’invenzione musicale dell’immaginario Maestro. Si-mi-la-do-la bemolle… E il brivido cresce, trasforma l’innocente motivo in formula esoterica, e di qui s’estende a intaccarne tutti i possibili sviluppi e variazioni, a realizzare, nella grande musica che ne scaturirà, quell’ideale connubio tra “massima beatitudine e massimo orrore”, quella compenetrazione ormai inscindibile tra “cori angelici” e “infernali risate”.»
    Poi, uno può anche infischiarsene della teoria…
    Ciao,
    Robi Forno

  2. E a commento mio della tua “provocazione” ti chiedo come si possa essere insensibili dinanzi all’arte, se poi questa è la musica, linguaggio universale, se poi questa è di Mozart? Leggo di arte di consumo, con Mozart che suonava per soldi: vorrei ricordare che fino alla metà del XIX secolo tutta l’arte era eseguita su commissione, Michelangelo, Guercino, Caravaggio, Panini…Noto una punta di acredine nei confronti di Mozart: invidia della sua Genialità? O arte della denigrazione?
    Un saluto
    Robi

  3. Per Giovanni Vitali, ne approfitto ché finalmente ho per le mani un giornalista musicale :-), dicevo, ne aprofitto per chiedere un consiglio per gli acquisti: esiste un libro che aiuti un quasi totale ignorante a comporre una discografia di musica classica?
    grazie in anticipo

  4. robi forno, se fosse invidia della genialità sarebbe una cosa meravigliosa, da farci un brindisi, (una forma di grande intelligenza), ma chi crede che la genialità non esista non può neppure invidiarla, può solo ignorarla, forse, al massimo, denigrarla, ma soprattutto può farsi un videogioco, non per divertimento, ma alla facciaccia di Mozart che, meschinello, non innovò un tubo … katodico;-).
    geo

  5. Lucio, in Francia un libro è un libro anche se è disegnato. Non te l’ho mai detto che il sapientino ha passato un po’ di infanzia a Servon?

  6. Comincio dalla fine.
    @Per Andrea: un libro incantevole per immaginare una discografia è “Casa sonora” di Gino Negri, uscito per Studio Tesi. Non è nuovissimo (1982), ma è costruito proprio seguendo le stanze di una casa. Solo che in ogni ambiente, invece dei quadri, ci sono dischi (Lp, all’epoca) di musica classica. Oltretutto è di piacevolissima lettura.
    @Robi. La citazione di Kierkegaard su Don Giovanni è quanto mai gradita. Quanto all’acredine, non credo sia diretta verso Mozart 🙂
    @Giovanni: sul compositore eversivo ci sarà occasione di tornare. Nel frattempo, ho scoperto il tuo blog…
    @Michele. Se dovessi fare un reportage sui luoghi mozartiani, e se avessi un budget adeguato, proverei a rifare Morike, “Mozart in viaggio verso Praga”…Anzi, se te lo fanno fare fammi un fischio 🙂

  7. cara Loredana, io il reportage (nel senso di viaggio) l’ho già fatto. Sono stato a Salisburgo, Vienna e Praga. L’aggancio tra Mozart e il concetto di “tutto il mondo è paese” (qualcosa di simile a “così fan tutte”, per capirsi…) mi serve per il reportage (nel senso del pezzo in cui racconto il viaggio. Volevo, e vorrei, qualcosa di un po’ meno banale del così fan tutte di cui sopra, tutto qui.
    OT
    quando ricapiti nelle Marche? Io ci sono per tutte le vacanze di Natale…
    grazie, saluti e baci
    M

  8. Mica facile, Michele 🙂 adesso comunque ci penso (mi viene in mente l’aria del catalogo, ma forse non calza troppo).
    Per le Marche, conto di esserci proprio tra Natale e Capodanno.
    Abbracci

  9. @Barbieri
    Consiglio per l’acquisto:Gli immortali. Come comporre una discoteca di musica classica, di Giorgio Pestelli, Einaudi, 2004.
    @Lipperini
    Te l’avevo detto: il demone blogger si è impossessato di me.

  10. Noto che la discussione si è fatta interessante. Di passaggio, sia per Girolamo che per Alberto e Mariano: Benjamin soffre, suo malgrado (perché era di una chiarezza illuminante) di una mancata comprensione piuttosto comica. Il concetto di perdita dell’aura, lo slegarsi dell’opera dal concetto di “hic et nunc” sono una vera rivoluzione. Che si dichiari apertamente o meno il debito intellettuale nei confronti di Benjamin, si devono riconoscere alcuni fatti banali: su fotografia e cinema non ha sbagliato una virgola o quasi, e la teoria è applicabile a tutte le forme d’arte che sono apparse (o si sono semplicemente evolute) nel corso del dopoguerra. Spesso c’è una distanza temporale notevole tra l’affermazione di una “modalità artistica” e la sua iscrizione all’albo inesistente delle arti, ma Benjamin ha sicuramente facilitato il processo, privando ANCHE il concetto di arte di un’ennesima aura, quella della solennità.
    Giacché, mi pare, tutti conoscono Benjamin, posso chiedere cosa ve ne pare delle conclusioni: la politicizzazione dell’arte?
    (penso che nessuno possa mettere in dubbio che, se l’estetizzazione della politica fu un fenomeno fascista, il discorso resta attuale, perché l’estetizzazione di aria fritta e qualunquismo è un discorso pienamente di destra, con ampio e dichiarato riferimento ai controrestauratori del piffero)

  11. @ Ivan
    “La vecchia affermazione, sulla quale era parso facile sorridere, essere il capitalismo necessario nemico dell’arte, va così interpretata: la poesia appartiene necessariamente ad un ordine di valori analogo a quello cui l’ordinamento capitalistico fa sistematico, organizzato ed inevitabile impedimento”
    Franco Fortini, Verifica dei poteri
    La politicizzazione dell’arte, nel senso indicato da Benjamin, è tutta in questa frase di Fortini: politico è mostrare relazioni tra cose e cose, e tra cose e parole, difformi da quelle che ci vengono presentate come “naturali” o “oggettive”. La tessera di partito dell’artista è secondaria, checché ne pensino gli zdanovisti: Dalì è sovversivo più di Guttuso.
    L’estetizzazione della politica non “fu”: “è” un discorso fascista, soprattutto nella forma dell’estetizzazione della violenza (“a cercar la bella morte”, cantavano i Balilla di Salò).
    La chiudo qui, sennò finisco che scrivo un altro libro su Benjamin.
    PS: non ho capito (dico davvero) il riferimento ai controrestauratori, perché non capisco (di nuovo, davvero) chi, o cosa, sono i controrestauratori.

  12. “PS: non ho capito (dico davvero) il riferimento ai controrestauratori, perché non capisco (di nuovo, davvero) chi, o cosa, sono i controrestauratori.”
    Non è importante, ho incluso il riferimento per evitare le ciarle sulle allusioni velate, ma non si tratta di una forma di pensiero che valga la pena di essere tenuta in considerazione.
    “politico è mostrare relazioni tra cose e cose, e tra cose e parole, difformi da quelle che ci vengono presentate come “naturali” o “oggettive”.
    Perfetto. Chiedevo per un motivo: il concetto di politicizzazione dell’arte è assolutamente attuale, indipendentemente dal contesto storico in cui è stato “formulato” (per la verità, esisteva già, ma non accompagnato da una tale chiarezza).
    Aggiungo, a “naturali e oggettive” che l’arte che si limiti alla descrizione del mondo, l’impossibile arte senza opinione, o non è arte o non mi interessa. Le relazioni tra cose vanno mostrate perché siano sottoposte a critica (o almeno a verifica), perché lo “stato di cose” non debba essere dichiarato giusto in nome di un naturalismo d’accatto: lo stato di cose va contestato.

  13. Grazie, Lucio. Io e la padrona di casa parliamo di Marche perché, nonostante in passato qualcuno abbia ben pensato di darci dei compagni di merende, in realtà non ci si conosce di persona e, visto che entrambi passiamo parte delle vacanze nelle Marche (io sono di Ancona, altro che Fano…), potrebbe essere l’occasione buona per fare merenda assieme. Magari col ciauscolo e un po’ di verdicchio (o Rosso Conero). Se sei in zona sei invitato, ovviamente…
    M

  14. Ovvio che sì. Io sto nelle cosiddette “Marche sporche”, però, quelle che confinano con l’Umbria: dobbiamo solo decidere dove festeggiare 🙂

  15. @ geo
    Non ha innovato un tubo … intanto siamo qui a discutere di lui.
    @ivan
    Grazie, sono solo un piccolo editore ( di qualità?) utopista e illuso di poter fare cultura.
    Ciao a tutti
    Robi Forno

  16. @ Ivan
    volevo solo dire che non capivo se i “controrestauratori” sono quelli che si oppongono alla restaurazione, o quelli che si oppongono ai discorsi sulla restaurazione. Ma è vero che anch’io ogni tanto faccio allusioni o accenni che potrei esplicitare meglio.
    PS: trovare dei benjaminiani disseminati nel web è un po’ come trovare le pagliuzze passando a contrappelo il manto della storia, fa sempre piacere.

  17. @ Girolamo: mi riferivo a coloro che si oppongono alla restaurazione di cui hanno teorizzato l’esistenza (per fare umorismo in stile “Adorno”, mi sorge anche il dubbio che l’abbiano teorizzata in modo tale da potervisi opporre mimando una rivoluzione, per darsi da soli quell’investitura intellettuale che non poteva arrivare da altri): Carla Benedetti, Tiziano Scarpa, Antonio Moresco, qualche altro che sposerà la causa. Si tratta, a tutti gli effetti, di un argomento ridicolo, almeno finché gli spettri restano nell’ombra. Al limite, ciò che più infastidisce è l’appropriazione di Adorno e della scuola di Francoforte: presi per pappagalli da far cantare a proprio comodo. Per come la vedo io, e dopo la lettura di qualche saggio che non si regge in piedi, lo stesso gesto di usurpazione intellettuale è stato compiuto nei confronti (ai danni…) di Pasolini, che ha subito una spremitura memorabile in alcune delle pagine più stupide e inconsistenti che abbia mai letto.
    Come dicevo prima, credo che siano questioni su cui non valga la pena di sprecar fiato, almeno fino al momento in cui non si toccherà qualche altro colmo di ridicolo.
    Sui benjaminiani: devo tristemente confermare ciò che dici (mi resta la presunzione di poter dire che molti facciano uso degli argomenti di Benjamin senza saperlo, ormai)

  18. Avevo un sospetto in merito, Loredana, se non altro per la tua insistenza sul valore politico della letteratura: ma di solito se parlo di Benjamin assisto a splendide crisi di narcolessia:)
    risvolto divertente: bene, ti chiameranno carbonara (o etichetta equivalente, la solita complottista), Catara non è certamente possibile, ma saranno costretti ad attribuirti un’ideologia. Che bel guaio…

  19. ivan, guarda che non è per cospirazione che non sopporto la carbonara: è l’uovo crudo che mi uccide.
    tengo a precisare che questo non è un discorso infarcito di simboli massonici, a parte l’occhio nel triangolo irradiante.
    e comunque, sappi che quando la tenutaria di ‘sto bazar parla del genio mozartiano, in realtà sta propagandando concetti illuminati vecchi di due secoli. ebbene sì, Lipperini è succube di Weishaupt.

  20. Lippa parla del genio mozartiano, sì, ma dicendo che l’ha ritrovato dentro la scatola del Dixan, dentro lo sparatutto masterizzato da Ale C, dentro il telecomando della tv con la custodia Meliconi, dentro il suo Scarabeo che le serve per fottere il traffico, dentro il Gamboi, dentro il barattolo della Nutella, dentro l’isola dei famosi, dentro la famiglia Osbourne…
    Io sarei anche propenso a crederle, perché la cosa in fondo mi affascina, ma mi occorre qualche particolare: in cosa tutto quello che c’è sopra è Mozart?
    Nel frattempo siamo riusciti a parlare, in un topic dominato dai Simpson e ispirato all’alto = basso, di Adorno, Benjamin, la Scuola di Francoforte, Pasolini, la Repubblica di Salò, Fortini, il Capitalismo, Marius Schneider, Sören Kierkegaard, la Wirklichkeit… mancano lo spazio a 23 dimensioni e il catalogo degli uccelli di Messiaen per fare un gabinetto delle meraviglie 🙂

  21. No no, Lucio, ci ho provato a registrare un blog ma non ci starei dietro. Davvero.
    Poi mi hanno ventilato la possibilità di un blog a tre ma anche quello mi fa infilare la testa nella sabbia.

  22. Hello users from loredanalipperini.blog.kataweb.it !!! Help to me pls!
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