IL BUZZURRO SULL’AMACA, L’AGLIO, LA SCRITTURA: UN FRAMMENTO DI SHIRLEY JACKSON

Appunto, le liste. Faccenda da cui infine finisco ogni anno per sottrarmi, perché generano comunque malcontento e accuse di parzialità. E ogni volta che le acque si agitano in ambito letterario, mi piace tirar fuori Shirley Jackson, di cui è da poco in libreria “Un giorno come un altro” (Adelphi, traduzione di Simona Vinci). In una delle sue lezioni, “L’aglio nella narrativa”, Jackson affronta un discorso antipatico: non pensate abbastanza al lettore, sostiene. Ora, siamo abituati a dirci che se si pensa al lettore escono fuori libri facili facili, omogeneizzati al gusto corrente, semplici nella struttura e nella lingua. E in parte è verissimo, per carità. Però nessuno di noi scrive per sé. Dunque, ecco un modo per dirci le cose con franchezza, e almeno rifletterci su.

“La più grande minaccia per uno scrittore – qualsiasi scrittore, principiante o no – è senza dubbio il lettore. Il lettore, dopotutto, è una specie di partner silenzioso in questa faccenda della scrittura, e un’opera di narrativa, se non viene mai letta, è sicuramente incompleta. Il lettore, in realtà, è l’unico vero, implacabile nemico dello scrittore. Ha tutto dalla sua parte: in definitiva non deve far altro che chiudere gli occhi, e l’opera perderà ogni significato. Inoltre, rispetto a uno scrittore principiante, il lettore ha il vantaggio di non esserlo mai; prima di cominciare a leggere un racconto magari ha già letto tutto quello che va da Shakespeare a Jack Kerouac. Non importa se legge un manoscritto per fare un grande favore personale allo scrittore, se apre una rivista oppure – la cosa più generosa di tutte – va in libreria e sborsa una bella sommetta per un libro: il lettore è comunque un nemico da sconfiggere con ogni trucco sleale che lo scrittore riesca a escogitare.
Immaginate questo essere, questo zuccone, questo lettore sbadigliante e distratto, sdraiato comodamente su un’amaca con un bicchiere di tè freddo, cinque o sei romanzi leggeri e un paio di riviste accanto, un televisore portatile davanti, il sole che brilla pigramente e una sonnolenta bruma dorata che lo circonda. Ora chiedetegli di scegliere un racconto – un racconto scritto con fatica, rifinito, rivisto, limato e perfezionato con grande impegno – e di mettersi a leggerlo. I trucchi sleali sono il minimo: allo scrittore deve essere concesso qualsiasi espediente.
Ora, questo inqualificabile buzzurro sull’amaca potrebbe veramente essere un lettore serio; potrebbe essere del tutto intenzionato a leggere il racconto che ha in mano, ma per qualunque lettore è molto, molto più facile non leggere un racconto. Supponiamo che il primo paragrafo lo annoi, o che il titolo non gli sembri molto promettente, o che non gli piaccia il nome del protagonista. Supponiamo che un’illustrazione gli faccia pensare che si tratta di una storia d’amore.
O che abbia già letto un racconto su quell’argomento e non gli sia piaciuto. Naturalmente uno scrittore non può mettersi a cambiare i nomi dei suoi protagonisti, le trame dei suoi racconti, un’illustrazione o un titolo nella remota possibilità che una di queste cose possa dissuadere qualche lettore. Il compito dello scrittore è proprio avvincere il lettore: se il lettore non sopporta le storie d’amore, il compito dello scrittore sarà, né più né meno, quello di fargli leggere una storia d’amore e fargliela piacere. Usando ogni espediente possibile, lo scrittore deve catturare l’attenzione del lettore e trattenerla.
Ecco una delle maggiori insidie  per gli scrittori principianti o inesperti: troppo spesso le loro storie sono semplicemente poco interessanti. È facile rimanere intrappolati in un racconto che stiamo scrivendo, e supporre che l’interesse che proviamo per quella storia verrà automaticamente trasmesso al lettore.
Questo argomento è importantissimo per me, si dice lo scrittore, è un tema della massima importanza, e perciò anche il lettore lo troverà importante.
E il lettore, aprendo un occhio assonnato, pensa che il tizio che ha scritto quella storia era senz’altro molto infervorato; strano che leggendola sia così difficile rimanere svegli.
È inutile disquisire su cosa potrebbe attirare l’interesse del lettore; i direttori delle riviste possono raccontare infinite banalità su ciò che la gente vuole leggere, o su ciò che dovrebbe leggere, ma in ultima analisi qualunque racconto, pubblicato su qualunque rivista per qualunque tipo di lettore, non potrà mai essere interessante a meno che lo scrittore, usando tutti i suoi mezzi e la sua bravura, non si impegni con decisione a renderlo tale”.

(da Paranoia, Adelphi, traduzione di Silvia Pareschi)

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