IL CANTABILE DEL WEEK END

La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi, e quando sarà passata non ci sarà più nulla, soltanto io ci sarò.
La preghiera, o il mantra, o quel che volete, della Sorellanza Bene Gesserit in Dune di Frank Herbert (se non lo avete ancora letto, è il momento giusto, credo: la saga è lunga e vi terrà compagnia, credo) torna sempre utile, di questi tempi. Anche perché, non fosse chiaro in una circostanza in cui nulla è chiaro, anche i tempi saranno lunghi. Saranno lunghi, intanto, dentro di noi: non so voi, ma in questo momento l’idea di uscire, prendere la metropolitana o salire in macchina o addirittura osare un treno, mi sembra ora non la quotidianità di ieri ma uno strano sogno, stordente e irreale come le tappezzerie mutanti e le ombre proiettate dall’incensiere in Ligeia di Edgar Allan Poe. E no, non fumo oppio, solo tabacco.
Come provavo a scrivere ieri sera (su Facebook), moltissime cose non tornano perché, semplicemente, non le capiamo, o ci vengono raccontate in modo consolatorio dopo esserci state raccontate in modo terrorizzante. Non è questo il punto, o forse sì, ma quel che posso fare è soltanto una cosa. Procedere passo passo. Provare a non pensare che il futuro sarà tutto da reinventare, per me e i figli soprattutto: o meglio, pensarci per tasselli e per negazioni. Questo no, questo forse, dunque si potrebbe provare a. Ringraziare, per avere comunque cibo, gli spicci per comprarlo (spicci, sì), una casa ereditata dai miei genitori che amavano i giardini, e dunque avere un giardino, che di questi tempi è più di un lusso, due gatti che ignari di tutto fanno fusa perché siamo tutti qui.
Detto questo. Sopporto meno, e leggo che anche altri sono esasperati da questo, i buoni consigli. Approfitta di questo tempo per. Guarda in te stessa. Riscopriti. Trasforma le ombre in luce. Leggi. Non che non siano buoni, i benedetti consigli, ma è ovvio che non possono tener conto di persone che non possono permettersi di trasformare le ombre in alcunché: perché non hanno un lavoro, perché hanno perso il lavoro, perché vivono in tanti in una casa piccola, oppure perché ci vivono da soli col cane o col gatto e adesso gli dicono pure di mettere le scarpe al cane (al gatto beato chi ci riesce, figurarsi) e di disinfettare il gatto, oppure perché sono malati nel corpo o nella psiche, oppure perché hanno perso chi amavano, oppure tutto il resto.
Quel che può valere, in questi tempi, è solo il racconto di come si sta provando a procedere, non una lectio magistralis di come sopravvivere alla quarantena, alla paura, alla povertà. Tutto il resto, temo, serve a poco: o per lo meno è quel che penso io, che come tutti sbaglio, che come tutti ho paura, che come tutti provo a sopravvivere.
Buon week end.

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