IL CORPO E L’OSSESSIONE

“Carne dentro una specie di fragile collant”, scriveva David Foster Wallace sui corpi. “Sono tante le cose brutte nell’avere un corpo”…”citiamo solo brevemente il dolore, le ferite, i cattivi odori, la nausea, la vecchiaia, la gravità, la sepsi, la goffaggine, la malattia, i limiti – ogni singolo scisma tra i nostri desideri fisici e le nostre reali capacità”. (E’ in Roger Federer come esperienza religiosa).

Da ultimo mi interrogo su una delle molte ossessioni del nostro tempo. Intendiamoci, senza ossessioni probabilmente non si vive, e anche chi se ne crede immune ne coltiva qualcuna. Molti miei coetanei hanno decisamente strapazzato il corpo, in giovinezza, sottoponendolo a quegli schianti incoscienti dei vent’anni fatti di alcool e di sostanze e di notti insonni, che non sono – sorpresa – solo la caratteristica dei ventenni di oggi. La differenza è che era meno facile vederli, allora. La differenza è che se per caso ci accadeva qualcosa non avevamo sulle nostre tracce decine di cronisti pronti a setacciare i nostri profili social per verificare come ci vestiamo, cosa facciamo, chi frequentiamo (e questo dovrebbe come al solito darci da pensare, e non avviene).
Qualcuno, in quell’azzardo che è la giovinezza, si è fermato. Per overdose, per Aids, altro. Qualcuno è andato avanti incappando in quegli inciampi che la vita ti mette davanti anche se ti comporti nel migliore dei modi. Altri invecchiano cominciando a fare i conti con il corpo che non risponde, che duole in alcune sue parti, che da un momento all’altro ti impedisce di fare quello che facevi prima, e anche questo non è affatto nuovo. Ho visto zoppicare mio padre come ora zoppico io, ricordo il modo in cui mia nonna trascinava i piedi prima di curvarsi sullo stesso bastone che avrebbe usato poi mia madre. E’ nell’ordine delle cose.

Quello che mi turba, e che so farà inarcare qualche sopracciglio, è il disperato tentativo di controllare tutto. Ieri un mio contatto social è stato aggredito per aver ricordato i tempi dell’idrolitina: la polverina, ovvero, che si metteva nell’acqua per renderla frizzante e che certo non era benefica, come molto altro. Ed è giusto e sano e importante che, negli anni, ci si renda consapevoli di quanto alimenti e comportamenti possano essere dannosi per il nostro corpo, e che ci si metta in guardia contro le abitudni sbagliate.

Quello che mi turba è la violenza con cui si fa. Il controllo sociale, se vogliamo, sulle nostre vite, e lo stigma qualora i nostri comportamenti non siano virtuosi (ed è una delle rare occasioni in cui gli aggressori si dimostrano preoccupati per il servizio sanitario nazionale su cui i viziosi gravano, onestamente).

Il corpo è la nostra ossessione nel tempo in cui quel che contano sono i nostri corpi immateriali, opportunamente abbelliti e filtrati e con il giusto sfondo. Qualcosa suona male, dentro il fragile collant che mi contiene. E che, sì, maltratto, silenziosamente.

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