IL MIETITORE: COME DISCOLPARSI

Capitolo due. Seguitemi, dunque, per un piccolo viaggio nel tempo che riguarda, di nuovo, bambini, adolescenti, social, morti terribili, suicidi. Media, soprattutto. Media.
Nel 1976 i i Blue Öyster Cult pubblicano l’album Agents of Fortune. Dentro c’è (Don’t Fear) The Reaper , che costa loro l’accusa di aver istigato gli adolescenti al suicidio.  I musicisti hanno sempre sostenuto che il brano  trattava di amore eterno e, sì, della finitezza degli umani. Ma non di patti suicidi, in nessun modo.
Valentine is done
Here but now they’re gone
Romeo and Juliet
Are together in eternity
(Romeo and Juliet)
40, 000 men and women every day
(Like Romeo and Juliet)
40, 000 men and women every day
(Redefine happiness)
Another 40, 000 coming every day
(We can be like they are)
Come on baby
(Don’t fear the reaper)

Nel 1774 Wolfgang Goethe pubblica I dolori del giovane Werther. Fu un successo, specie presso i giovani, che indossavano gli stessi abiti del protagonista e, a volte, ne seguivano la sorte: si ipotizzano duemila suicidi da parte di lettori del romanzo negli anni successivi alla sua uscita. Di qui, il nome di Effetto Werther. A quanto sembra, accadde la stessa cosa nel 1802, in Italia, quando uscì Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. Qualcuno ricorda che a Los Angeles i suicidi crebbero del 40% dopo la morte di Marilyn Monroe.
In Germania, nel 1981, venne mandato in onda un serial televisivo, Death of a student, che raccontava la storia di un giovane studente morto suicida buttandosi sotto un treno. Dopo la trasmissione della serie  ci fu un incremento di suicidi commessi con la medesima modalità. L’aumento è stato del 175% nella popolazione maschile al di sotto dei 30 anni e del 167% fra le donne. Per le donne al di sopra dei 30 anni e per gli uomini al di sopra dei 40 non si registrò nessun incremento significativo.
Nel mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i morti per suicidio sono oltre 800 mila ogni anno. Il suicidio è la seconda causa di morte tra le persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni.
Nel tempo, i primi blog, e poi ASKfm e poi tutti i sistemi di messaggistica relativi al  famigerato Blue Whale, e infine ThisCrush sono stati accusati di indurre gli adolescenti al suicidio veicolando e incrementando il cyberbullismo. Per non parlare dei videogiochi.
2012. Strage di Sandy Hook.
Se molti  hanno indicato nell’estrema facilità del reperire armi negli Stati Uniti la causa prima di quanto avvenuto, molti altri hanno puntato il dito sull’immaginario violento (e ancora una volta i videogiochi e i film sono stati chiamati in causa). Joe Lansdale, invece, ha scritto lucidamente questo:
“Ci risiamo. Ecco un’altra sparatoria di massa, forse la peggiore della storia americana per il numero di bambini uccisi. Che tristezza dover ammettere che questo è ormai un fatto ricorrente, che “la nave è salpata” e avanza a vele spiegate, e cioè che da qui non si torna più indietro: il fenomeno è destinato a dilagare. Abitiamo in un Paese, l’America, che ha il culto delle armi. Anni fa la legge imponeva almeno dei freni: limitava il tipo e la quantità di munizioni. Poi è caduta anche quella tenue barriera. I massacri ora si ripetono con maggiore frequenza, come gli interrogativi del “di chi è la colpa?”, e “che cosa si può fare?”. Una parte di responsabilità va assegnata alla società consumistica, al desiderio disperato di possedere cose di nessun valore, e all’incapacità di alcuni nell’affrontare lo smacco quando non riescono ad ottenere quel che desiderano a tutti i costi. Ma è anche la debolezza di una società guidata dalla ricerca della fama, nella quale si celebrano personaggi che nulla hanno fatto per meritarsi tanto nome. È un mondo dove bastano Facebook e YouTube per mettersi in risalto. E dove nemmeno una piccola comunità come quella di Newtown è più isolata da quando Internet e la tv hanno abbattuto ogni confine. Ma è anche colpa dei fabbricanti di armi, che inondano il mercato di fucili e pistole con caricatori che permettono di scaricare decine e centinaia di colpi, anziché riservarli alla Difesa e alla polizia. È vero: le armi, da sé, non uccidono. È l’uomo, lui solo, a sparare. Però, se non regoliamo il mercato, senza dubbio lo agevoliamo”.
Ora, non ho le competenze per giudicare dal punto di vista psicologico, ma solo quelle per esprimere il mio dissenso verso la compagine di giro degli psicologi, che spesso e volentieri dichiarano su casi che non conoscono, e non dovrebbero, secondo me: ma so che ogni volta che si tratta questa terribile e delicatissima questione si tende ad accusare i mezzi in sé più che le persone che li usano. Non so se i cyberbulli sarebbero diversi se non vedessero e leggessero tanti adulti bulli sui social: forse no, perché il bullismo è sempre esistito, così come purtroppo sono sempre esistite le tendenze suicidarie fra i giovani. Però penso che sarebbe un passo importante, quello di guardare a se stessi prima di accusare un sito, una app, un nonsocosa, che pure faranno la loro sporca parte: ma se, in giro, meno signori e signore ultratrentenni, ultraquarantenni, e via crescendo, si trattenessero dall’augurare morte e stupro ogni tre commenti, forse, e sottolineo di nuovo quel forse, le cose potrebbero andare diversamente.E, forse, se invece di crescere figlie e figli allenandoli alla super-competizione, forse, se si tracciasse un futuro ai ragazzi e alle ragazze (forse, forse, forse: ci sono cose che non si riparano così facilmente), se si desse loro speranza e non, ogni giorno, palate della nostra plumbea tristezza, si potrebbe pur pensare a spezzare la famigerata ruota che gira da secoli.
Infine, concludo citando di nuovo Valigia blu: in questi giorni, come è scritto in questo ottimo articolo di Claudia Torrisi, la Carta di Treviso viene costantemente violata nel riferire dei due tristissimi casi della bambina di Palermo e del bambino di Bari. Ci si aspetterebbe una reazione. Forse invano.

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