UNA STORIA DEL 2000, UNA DEL 2021: I CERCATORI DI MOSTRI

5 maggio 2000, pomeriggio. Un bambino romano di quattro anni cade dal balcone della sua abitazione, al quarto piano. Morirà dopo qualche giorno. Episodio tristissimo, che strazia chiunque: ma che viene modificato e trasformato spietatamente in campagna anticartoni animati dai quotidiani, in totale disprezzo al diritto alla riservatezza e alla pietà di una famiglia colpita da un orrore di quelle dimensioni, e il cui dolore viene scavalcato da esperti e associazioni di genitori pur di ottenere tre righe in cronaca. Perché tutti i quotidiani attribuiscono all’emulazione dei Pokémon la causa dell’accaduto.
Il titolo più frequente, infatti, è il volo legato all’imitazione del cartone. Senza nessun riscontro se non le dichiarazioni di un amico di famiglia che conferma la passione del piccolo per i Pokémon, e dichiarazioni con molti condizionali da parte degli investigatori.
Eppure. Un grande neuropsichiatra come Giovanni Bollea viene tirato per la giacchetta fino a dichiarare: “ci vorrebbe una legge che proibisca ai bambini al di sotto di sei anni di età di essere lasciati soli davanti a un televisore”. Una legge, lasciati soli: segnatevelo. Anche perché la sventurata mamma non lo aveva lasciato solo, non era fuggita in discoteca, ma si era girata di spalle per caricare la lavatrice, come miliardi di genitori hanno fatto, fanno e faranno. Girare le spalle, caricare la lavatrice, o starnutire.  Fa niente, colpa sua, e colpa dei Pokémon. Tutti i quotidiani hanno titoli quasi identici: Vola dal balcone per imitare i Pokémon, Giù dal balcone, come i Pokémon. Seguono box con questo titolo: Violenza under 10: quei terribili pupazzetti volanti che scatenano l’aggressività. Basta poco e si scatena la compagnia di giro: il Moige, la più mediatica tra le associazioni di genitori, senatori di AN , psicologi volontari (si chiamava Help me, l’associazione ed era molto attiva, sui media) invitano a segnalare, censurare,eccetera.
Vennero, e vengono ancora, bruttissimi pensieri rileggendo oggi quelle insensatezze astute, che nei contenuti non sono così dissimili da quelle di oggi, e che miravano, all’epoca, a conquistare una visibilità effimera sulle spalle da chi era colpito da una tragedia. Formulavano giudizi senza conoscere, come l’allora presidentessa del Coordinamento genitori democratici, Angela Nava Mambretti, che dichiarò: “Un bimbo che si lancia dal terrazzo credendo di poter imitare i Pokémon è un bimbo che non sa, che è stato lasciato solo, a cui nessuno ha insegnato la grammatica dell’infanzia, come direbbe Rodari”.
Ma il povero Rodari avrebbe avuto e avrebbe ben altro da dire, specie sulla lobbistica della dichiarazione compunta, viva soltanto perché qualcuno ha i suoi numeri di telefono per commissionare dichiarazioni del tenore desiderato. Il povero Rodari era quello che difese per primo i cartoni animati giapponesi (Goldrake e Mazinga) che interpellanze parlamentari (di sinistrissima) chiedevano di cancellare perché pericolosi e diseducativi. E peccato che nessuno si sia preso la briga di spulciare gli archivi, e di verificare come, negli anni, i tragici voli dei bambini siano stati attribuiti a tutti i loro eroi: da Superman a Peter Pan.
Gennaio, 2021. Avete capito dove sto andando a parare, naturalmente. A un altro episodio tristissimo, la morte per asfissia di una bambina, e al comportamento, identico ma peggiorato, dei media. Come scrive Fabio Chiusi su Valigia blu, della sfida mortale cui la bambina avrebbe aderito, su TikTok non c’è traccia. Ma il Garante della Privacy ““ha disposto nei confronti di TikTok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica” (misura riassunta dal Garante stesso, con un titolo clickbait, in “dispone il blocco del social”). Sulla base di cosa? Beh, proprio dei “recenti articoli di stampa”.
Non sto difendendo TikTok, mi sembra evidente: non ho idea, e nessuno credo la abbia al momento, di come sono andate le cose. Ma, come scriveva all’era dei Pokémon Tommaso Pellizzari sul Corriere della Sera, “Che cosa pensereste di uno storico che metta a confronto la vita di un uomo del 1850 con quella di uno del 1920 senza tener conto della rivoluzione industriale? Esatto, che non sa fare il suo lavoro. E che cosa pensereste, quindi, di quelli che mettono a confronto i giovani degli anni Cinquanta o degli anni Settanta con quelli degli anni Ottanta e Novanta senza tenere conto di televisione, computer e videogame?”.Quello che voglio dire è che è insensato cercare ogni volta di attribuire la colpa a un cartone animato, a un videogioco, o a un social. A volte le cose accadono. Quelle terribili, accadono, e non c’è colpa. Questo è quello che non accettiamo. Questa è la via di tenebra che esiste nelle vite umane. Chi ne è colpito, comprensibilmente, cerca una causa, una qualunque. Ma chi osserva, e racconta, dovrebbe rispetto, e appunto pietà, a chi soffre. Non avveniva allora. Continua a non avvenire.

5 pensieri su “UNA STORIA DEL 2000, UNA DEL 2021: I CERCATORI DI MOSTRI

  1. Concordo. E ringrazio di tante cose brutte a cui le mie figlie sono scampate, prima di diventare grandi, anche se non sono state sotto una campana di vetro. Alcune non le abbiamo scampate, ma erano rimediabili, non si moriva, insomma, e le abbiamo affrontate, e continuiamo a farlo.

  2. “lobbistica della dichiarazione compunta, viva soltanto perché qualcuno ha i suoi numeri di telefono per commissionare dichiarazioni del tenore desiderato.”
    quanta esattezza in questa frase.

  3. Tristemente leggo di un altro caso a Bari. Un altro bambino. Riporto alcuni virgolettati della stampa: «Al momento non abbiamo elementi che colleghino questo episodio a giochi online, ma sicuramente c’è un problema con questi giochi che stanno circolando, da tempo ormai». Lo dichiara all’Ansa il procuratore minorile di Bari Ferruccio De Salvatore, interpellato sul caso del bambino.
    E ancora: «Fino a questo momento non ci sono evidenze che questo fatto sia legato a un gioco», ribadisce il procuratore il quale, però, riflette sul fatto che «questi giochi, prima il Blue whale, poi Momo e adesso Tik Tok, possono essere molto rischiosi.
    Tra l’altro facendo confusione. A me Tik Tok non è mai piaciuto per personalissime discrasie, però è disarmante come si butti qualsiasi discorso sensato in vacca, e ce ne sarebbe da parlare dei giovani e dei giovanissimi, di come sono ignorati e strumentalizzati e sono quelli che stanno soffrendo di più per le nostre colpe soprattutto in questo frangente pandemico.

  4. E’ normale che un caso del genere interroghi chiunque su come educare come comportarsi con i bambini gli adolescenti e come anche, perchè no, regolarsi con nuovi, mezzi nuovi media e social. Pensavo per es. che alcuni prodotti che si tengono in casa hanno sopra delle scritte: pericolo, tossico, altamente tossico, tenere lontano dalla portata dei bambini, alcuni hanno dei tappi che ne impediscono accesso ai più piccoli. Possono uccidere. Gli smartphone che oggettivamente danno l’accesso a contenuti potenzialmente molto pericolosi dovrebbero gestiti nei confronti dei più piccoli con altrettanta attenzione. Fino almeno ai 13 anni nessun ragazzo dovrebbe possedere uno smartphone profilo social etc. E questo al di la di casi estremi come quelli di questi giorni.
    ciao,k.

  5. Vi invito a rivedere un film ultra-disturbante, insopportabile nella sua dichiarata misoginia, soprattutto il suo indimenticabile incipit: “AntiChrist” di Lars Von Trier. Chi ha avuto la forza di vederlo, ricorda come comincia e come finisce? Ecco: c’è raccontato tutto quel che accade inconsciamente in casi come quelli citati da Loredana… Dopo questa visione ho compreso il perché di certi linciaggi sociali.

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