“Tu qua’ Natale…Pasca e Ppifania!!!
T”o vvuo’ mettere ‘ncapo…’int’a cervella
che staje malato ancora e’ fantasia?…
‘A morte ‘o ssaje ched”e?…è una livella.
La poesia di Totò viene citata ieri, con non poco turbamento da parte della sottoscritta, da Carlo Verna, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Il ragionamento, in questo bell’articolo di Anna Masera, verteva sulla liceità di pubblicare foto, o filmati, di minori morti (per suicidio, o situazioni da accertare, come, ancora, nel caso della bambina di Palermo e del bambino di Bari), scaricandole dai social. La dichiarazione di Verna è, appunto, sconcertante:
“Quando sei morto, sei morto, il diritto di cronaca prevale anche sulla tutela dei minori. Come li tuteli una volta che sono morti? Andavano tutelati prima semmai. Da morti vale “la livella” di Totò”.
Per quel che può contare il parere di un’umile osservatrice come la sottoscritta, mille volte no. Il diritto alla tutela esiste anche da morti, soprattutto se minori. Se esiste un diritto all’oblio, esiste anche il diritto di non essere rappresentati. Per quale scopo, poi? Nello stesso articolo di Anna Masera interviene Andrea Malaguti, vicedirettore de La Stampa con responsabilità del sito Web:
“Far vedere chi erano le vittime di queste storie tragiche crea empatia, le umanizza, mostra al pubblico che erano esseri umani veri con la vita distrutta, purtroppo è così e noi dobbiamo raccontare le loro storie nella loro interezza anche per rendere loro giustizia e preservare il loro ricordo, siamo nell’era dell’immagine, molto più efficace di mille parole”.
No, ancora una volta, sempre secondo me. Le storie vanno raccontate, certo, ma con rispetto. I cacciatori di immagini sui social, suppongo, possono sempre dire che se una foto è stata pubblicata, è a disposizione di tutti. Credo che giuridicamente non faccia una grinza. Ma eticamente? Qui non è neanche questione di Carta di Treviso, in verità (anche se va evocata e aggiornata, come scritto nell’articolo). Chiamo in causa la questione morale. Chi muore perde ogni diritto? E coloro che lo amano anche? In nome di quale diritto non alla cronaca ma allo spettacolo le foto di una bambina che sorride o balla devono essere gettate in pasto all’ora di cena a mezzo paese?
E il nome di Maria Fresu
continua a scoppiare
all’ora dei pranzi
in ogni casseruola
in ogni pentola
in ogni boccone
in ogni
rutto − scoppiato e disseminato −
in milioni di
dimenticanze, di comi, bburp.
(Andrea Zanzotto: era sulla strage di Bologna, certo, ma vale sempre, vale anche qui)
Sarebbe interessante chiedere al Dott. Verna cosa c’entri la poesia di Totò con l’argomento in questione, perché francamente anche dopo la spiegazione di Loredana, non riesco a vederci il nesso.