Oggi Chiara Palazzolo avrebbe compiuto 61 anni, se il suo tempo non si fosse fermato il 6 agosto del 2012. Non sembra che siano passati dieci anni, non per chi continua a volerle bene e a rileggere ostinatamente i suoi libri, che avrebbero potuti essere molti di più. Quanti ne avrebbe scritti, mi chiedo, in dieci anni? Forse cinque, perché Chiara non era una scrittrice da un romanzo l’anno. O forse, invece, avrebbe avuto tante di quelle cose da dire che avrebbe accelerato il ritmo. E di cosa avrebbe parlato? Metto in fila questo tempo: la sparatoria alla Sandy Hook di Newtown, le dimissioni di un Papa, la strage in mare a Lampedusa, il pilota suicida in Provenza, la decadenza e la nuova ascesa di Berlusconi, gli attentati a Parigi, l’assassinio di Giulio Regeni, il terremoto in Centro Italia, la pandemia, la guerra. Chissà quale tratto della nostra mutazione avrebbe messo a fuoco, lei che nei suoi sopramorti della trilogia di Mirta-Luna aveva raccontato la rabbia degli anni Zero, come mi raccontò:
“Sospesi tra la vita e la morte – intrappolati nella panic room, se vogliamo – i sopramorti sviluppano rabbia, è ovvio. Cos’altro gli resta? Non saranno mai più vivi, non gusteranno la dolcezza di una giornata ventilata, né il calore di un bicchiere di vino. Non sentono né caldo né freddo, non avvertono i sapori, non riescono neanche a piangere. Vivono una perfetta non-vita: senza malattie, senza invecchiamento, senza morte. Una non-vita asettica e gelida, che devono animare di emozioni estreme per riuscire a “tornare” in vita, seppure per pochi attimi: pensiamo alla ferocia delle loro cacce ai viventi, ai pericolosi passatempi di Gatto Machesi, alle sfide perverse di Luna, alle amare vendette di Sara, al cinismo ironico e disperato di Max, forse il personaggio più lucido e autentico dell’intera trilogia. La rabbia dei sopramorti è la rabbia del diverso. Ed è una rabbia senza fine e senza sfogo, come l’odio di tutti gli esclusi.”
Sarebbe stato bello leggerla ancora. Sarebbe stato bello festeggiare il suo compleanno andando a mangiare, come spesso facevamo, una pizza spessa e ben condita a piazza Barberini e fumare la sigaretta del dopo cena guardando la città. La rileggo, e vi segnalo anche l’omaggio che Salvo Sequenzia le dedica su Letteratitudine. E’ comunque bello ritrovarla nelle pagine che ancora sono disponibili, sperando che lo siano sempre di più.
Sì manca la voce di Chiara Palazzolo. Che ci ricorda quanto sia falsa l’idea che le voci andate via saranno rimpiazzate da altre voci. No. Sono venute e verranno altre voci, ma questo non toglie un grammo al peso della sua assenza.