IL QUARTO ESCLUSO DI CUI ABBIAMO BISOGNO

Dicotomia. Dividere in due parti, due e solo due. Tertium non datur. Ma i logici sanno che esiste il terzo escluso. Perfino, può essercene un quarto:
I tre moschettieri formano una trinità del tutto particolare e Dumas giustifica il numero tre con un riferimento chiaro e consapevole alla realtà del tempo. I moschettieri possono essere solo tre, né uno di più, né uno di meno, perché rappresentano le tre classi della società francese […], uno è sacerdote, il secondo soldato e il terzo bourgeois.[…] Questa è la semplice struttura del romanzo. D’Artagnan, il quarto moschettiere, non previsto nell’ordine sociale, personifica il passato integro e il grande futuro della nazione. E’ lui che formula il giuramento “Tous pour un, un pour tous” (fine del capitolo IX), un giuramento che si può considerare un pezzo di filosofia della storia.
La citazione viene da un saggio del 1998, decisamente ambizioso e meravigliosamente astratto (uno di quei libri in cui si affonda con piacere, non a caso, matematico). Si chiamava D’Artagnan, il quarto escluso, uscì per Feltrinelli nel 1998, lo scrisse un filosofo tedesco, Reinhard Brandt. Il sottotitolo fornisce la misura dell’ambizione di cui sopra: “Su un principio d’ordine della storia culturale europea 1,2,3/4″. Ovvero, in parole per forza di cosa povere, Brandt sosteneva che nei miti, nelle religioni, nella letteratura occidentali (ma non solo), ricorre la struttura del tre più uno: dove uno, due, tre sono elementi fra loro omogenei, mentre il quattro, l’estraneo, quello che a volte si oppone addirittura ai primi tre, serve però a definirli. Per usare le parole di Francesca Rigotti:” L’idea di Brandt è che sia presente nella cultura europea una modalità di riduzione della complessità che la contrae a una triade (Athos, Portos, Aramis), al quale si aggiunge una quarta posizione (D’Artagnan) che incide come unità dei tre elementi, oppure come momento di riflessione o di superamento e simili”.
Esempi sparsi: oltre al romanzo di Dumas, la religione cristiana con la triade divina cui si aggiunge o si oppone un indispensabile quarto che è creatore e positivo (la vergine) o distruttore e malvagio (il diavolo). Ma si toccavano, nel saggio, anche Platone e Marx.
E’ un libro che non ho mai dimenticato, e di cui parlai con l’autore in una lontana e scintillante puntata di Lampi su Radiotre in cui, insieme a Brandt, sciorinavano sequenze numeriche e teorie filosofiche Piergiorgio Odifreddi e Paolo Fabbri. Oggi invoco il quarto escluso, o quanto meno un terzo escluso, dal momento che sembra impossibile uscire da uno e due. O uno o due. Qualunque sia l’argomento della discussione (i vaccini, gli e le  influencer, i femminismi, Natalia Aspesi, le ciambelle al cioccolato) non si esce dalla contrapposizione: se non sei contro i vaccini, sei a favore, e devi essere necessariamente pro o contro Fedez, e via così a seconda della questione che si affronta al momento. Il che funziona su un social, non funziona per pensiero, ragione, ma anche per il Noûs, qualunque sia il significato che diamo alla parola (intelletto, esperienza, anima). Ci deve essere sempre un terzo o un quarto escluso da prendere in considerazione: anche perché, in una contrapposizione uno a uno non si produce dubbio, non si producono varianti. Non si produce un bel niente. Ed è quello che ci sta succedendo: con tutte le giustificazioni possibili (quindici mesi di situazione inenarrabile), sarebbe ora di piantarla, tutti noi, tutti.

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