IN AGENDA

Una mail (ricevuta stamattina) : “Ci permettiamo di segnalare che su “L’Indice dei Libri del Mese”, Ottobre 2008, XXV, 10, pp. 6-7, (attualmente in edicola e in libreria) si puo’ leggere “Colei che non amava le donne”, un articolo impietoso di Nicla Vassallo su Simone de Beauvoir, di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita”.
Non mi stupisco. Appena possibile posto l’articolo.
Un link: Roberto Saviano a Fahrenheit, ieri.
Una chiacchierata telefonica con un’amica, sempre ieri, a proposito dell’autobiografismo letterario, specie italiano. Lei lo difendeva, io continuavo a definirlo sleale. Ciò detto, sono proprio curiosa di leggere quel che scrive Francesco Piccolo.
Uno spettacolo: Scandalo quotidiano di un normale morire, tratto dal libro Lavorare uccide di Marco Rovelli (qui uno dei brani che Rovelli medesimo canterà).
Un libro: ancora da aprire. Questo.
(Non dite che non vi penso)

37 pensieri su “IN AGENDA

  1. Postalo l’articolo sulla de Beauvoir che deve essere interessante! Rimanda a quanto una certa cultura abbia travisato le femministe francesi. Anche se, in qualche cosa “il non amare le donne” ci entrava. C’è un problema sempre con questo modi di dire all’altra – tu sei così non perchè TU ti narri così ma perchè così ti narra L’UOMO. E’ un po’ vero, ma secondo me un po’ no. E benchè io ami il Secondo Sesso, in certe parti mi entusiasta in altre lo trovo un po’ irritante – come sempre la strada che cerca la parità con la scotomizzazione della differenza.
    Tu sei così perchè ti narra lui così – è vero, ma vorrei evitare che il rischio sia che io debba essere invece per forza uguale a lui.

  2. D’accordo con te sull’avversione all’autobiografismo (non direi tanto sleale, ma limitante sul piano artistico e quindi poco interessante).
    Detto questo,
    1) basta l’uso della prima persona a rendere un libro autobiografico? Perché allora vorrei avvertire che Bret Easton Ellis è a piede libero, nonostante quel che combinava il suo (evidente?) alter-ego Patrick Bateman.
    2) Il libro di Piccolo io l’ho trovato un’opera di straordinario coraggio, nonché grande maturità letteraria.

  3. Zauberei, posto domani!
    Roberto: ovviamente no. Non basta in nessun modo.Libri tutt’altro che autobiografici sono stati scritti in prima persona. Per autobiografismo intendo: ingombrante presenza del proprio ego e della propria esperienza reale, non mediate, non lavorate, non volte a favore della narrazione.
    Quanto al libro di Piccolo, come detto, non l’ho ancora letto.

  4. Interessante il libro di Piccolo, ma (lo dico da osservatore trentenne) sembra appartenere alla generazione precedente, per quanto rigurada la centralità del sesso. Legerò.
    Sul fatto di contenere multiple anime (E dire che Faust si lamentava perché ne aveva due!), invece, sto meditando parecchio in questi tempi. Aprofitto e chiedo qui: se qualcuno ha saggi di letteratura o psicologia, o romanzi da suggerire, ben venga!

  5. Roberto Sa. che Gomorra ha insegnato la lingua del disprezzo per ogni camorrie e che questa lingua camorra ogni tanto lo maledice. Come Calibano.
    Raberto Sa. che questo è folle. Ma oggi, lo voglio scrivere pure io che questo è folle, senza pensarmelo sempre e solo nella mia testa. Io, che non sono agitator di popolo, ma esprimo desideri, vorrei che lo scrivessero tutti. dovunque.
    che è folle minacciare, Roberto Sa.

  6. Oh! Cara Loredana,
    come ti narravo giorni fa…
    non ne posso più di intellettuali che insistono a portar su carta le loro trombate extraconiugali, per altro, se ci raffiguriamo i soggetti, più che di erotismo qui si parla di l’horror.
    Basta con le esperienze di un singolo porcellino che diventano esperienze dell’Uomo in quanto maschio. Ci tengo a precisare che lo stesso discorso vale per la Donna in quanto femmina. Ma ultimamente gli scrittori italici, e anche una bella fetta di statunitensi, stanno esagerando.
    A chi frega se tradiscono le consorti, fidanzate a amanti, con altre consorti, fidanzate e amanti. Ma, soprattutto, a chi frega delle loro conseguenti seghe psicologiche, ma come, il coito gli non basta?
    Ragazzi invece di immaginarlo, scriverlo, il sesso, fatelo!
    Magari la smetterete di ammorbarci con le visioni horror delle vostre fantasie sessuali e dei vostri viscerali sensi di colpa che, magicamente, diventano la vera essenza del maschio e del romanzo.
    Se una persona ha una vita sessuale promiscua e pensa che questa sia nella natura del suo essere, generalmente se la gode e se la mette su carta, diventa un capolavoro… se si chiama Henry Miller.

  7. Alessandra, non ti capisco.
    Parli di intellettuali che scrivono ecc ecc: vorresti che fossero non-intellettuali a parlare di sesso? Ce ne sono eccome, tra l’altro: l’ultimo libro di Valeria Marini ha anche il famoso inserto chiuso, poi c’è Rita Rusic, che raccoglie in volume la sua serializzazione su Chi, c’è la tedesca delle zone umide di cui si parla sul Corriere di oggi (solo casualmente mi vengono in mente donne, ma ci sono anche un mucchio di uomini), e… devo continuare? Perché non mi sembrano arrivati a risultati così brillanti.
    Poi, riguardo alle esperienze di un singolo porcellino che diventano le esperienze dell’Uomo: sì, tanto quanto le memorie in n volumi di un pazzo francese coi baffetti sono assurte a simbolo della Memoria di ogni essere umano, nonostante per fortuna non tutti gli esseri umani si mettano a scrivere cose del genere. Nessun confronto naturalmente, però il principio dovrebbe essere valido per tutti.
    “Ragazzi invece di immaginarlo, scriverlo, il sesso, fatelo!”, dici.
    Sai che non riesco a immaginare una dichiarazione più antiletteraria di questa? Invece che leggere (o scrivere) stupidi libri, vivete!, sembri dire.
    Ma tu mi dirai che non intendi affatto dire questo.
    E io lo so, certo.
    Però so anche che tutta questa antipatia ce l’hai perché qui c’è un libro che parla di sesso, e la cosa ti dà fastidio.
    E quello che ti dà ancora più fastidio è l’idea di Francesco Piccolo nudo, col cazzo in tiro, che si scopa una-due-tre-mille sue amiche.
    Ma, permettimi, è questa visione a esulare dallo specifico estetico della letteratura e da ciò – emozioni, suggestioni, idee – che noi richiediamo ad essa, astraendo dal personale/contingente dell’autore.

  8. Una cosa è descrivere le tue scopate, per esempio nel romanzo “Funcking Love”, è affermare: questo è quello che fanno e pensano gli Uomini.
    Una cosa è descrivere, minuziosamente il tuo divorzio, è dire. Queste sono le lacerazioni che provano gli uomi.
    Facciamo che magari anche no!
    Non è la descrizione del sesso, che ormai non scandalizza più nessuno, ma la presunzione che delle pippe, presentate senza pudore, personali diventino universali.
    Tutti gli uomini o tutte le donne sono così è lo dico io, partendo dalla mia piccola esperienza, dal mio intenso vissuto, usando il sesso per illustralo.
    È questo il meccanismo che non trovo interessante.
    Dire tutti gli uomini sono fondamentalmente poligami perché è nella mia natura dunque è nella natura dell’uomo e ora vi racconto dettagliatamente perché, mi annoia prima di iniziare il libro.
    Faccio sesso con uomini, donne e animali è nella mia natura, mi diverto e ora vi racconto perché, questo potrebbe interessarmi.
    Anche Irvine Welsh per illustrare la sua generazione, nel romanzo “Sesso”, ha usato la fissazione sessuale, ma ha raccontato una storia di un gruppo di uomini, dando al lettore la facoltà di riconoscersi.

  9. Mi pare di seguirti di più.
    Ma mi pare anche che tu, pur senza far titoli o nomi, accomuni un po’ troppo il libro di Covacich a quello di Piccolo, quando le due opere hanno esiti molto diversi.
    In realtà, il romanzo di Piccolo non dice “tutti gli uomini sono poligami”: sarebbe una tesi, non un romanzo. E’ un romanzo e basta, invece. Poi la tematica può non interessare, ma da qui a dire che non interessa perché il lettore non ci si può riconoscere, perché siamo stufi di intellettuali che si piangono addosso le sventure dei relativi matrimoni eccetera, credo ce ne corra.
    Ma poi, Alessandra, se un libro a uno lo annoia ancor prima di iniziarlo, dov’è il problema? Mi pare anzi la situazione ideale, perlomeno rispetto alla delusione: semplicemente non lo compra e non lo legge. No? 🙂

  10. condivido in pieno quanto scritto da Alessandra C.Il libro di PIccolo, già apriori, non lo leggerei MAI.Mi è bastato quello di Covacich.
    Visto che si è citato B.E.Ellis, tentano la strada intrapresa da Ellis in Lunarpark.Peccato che là siamo proprio in un latro pianeta

  11. Giustappunto, io non ho letto ma voglio leggere, cercando anche di vincere le diffidenze del caso.
    Quel che posso dire è che non ho trovato di gusto sopraffino intervenire, come si verifica dai post precedenti, nella polemica sulla prostituzione facendo (sia pure con discrezione) un riassunto del libro medesimo, almeno da quanto capisco.
    Posso anche dire che, in assoluto e senza entrare nei casi specifici, non si vede perchè occorra essere indulgenti con lo scrittore dall’ego ipertrofico nel momento in cui non si è indulgenti con le scrittrici che non vedono più in là delle proprie lenzuola.
    A me quel tipo di narrativa non interessa: uso con circospezione la parola letteratura. Per riuscire a fare della propria esistenza (senza mascherarla, senza renderla, appunto, funzionale) un’opera letteraria, bisogna avere uno strepitoso talento.
    Ma strepitoso sul serio.

  12. Mi dispiace deluderti, Roberto, ma la tesi illustrata da Piccolo in persona in un intervista su, non ricordo bene se Vanity Fair o Marie Claire di questo mese, era proprio la propensione naturale del maschio a essere poligamo.
    E alla trita domanda: “Il romanzo è autobiografico?”, la risposta è stata, il protagonista ha la mia età, come me ha una figlia…
    Per quanto riguarda il caso Covacich gli posso dare la stessa importanza letteraria del caso Valeria Marini, entrambi raccontano i loro strazi che, presumo, essere molto interessanti.

  13. Nel senso, Roberto, che la gran parte dei miei coetanei (cioè i trent’enni) mi sembra meno ossessionata dal sesso rispetto alla generazione di Piccolo, a spanne e discorsi discorsi.
    Ovvero, che il voler trovare una risposta a “chi sono” nel sesso non ci pare plausibile. A testimone illustre di quest’idea chiamo Mario Desiati e il suo protagonista Veleno (da Il paese delle spose infelici), per cui è chiaro il fallimento di una prospettiva “sessuocentrica” di ricerca della felicità, identità o quant’altro (anche se il sesso ha una parte rilevante nel romanzo, non è connesso alla felicità, che passa attraverso sensazioni distinte, per quanto collegate alla sessualità).
    Alessandra: yes. Se sono gli affari di Piccolo, anche a me non interessa. Ma se “Maschio” è un personaggio sussunto dalla sua generazione, forsse vale la pena di raccontare e leggere. Non mi aspetto Roth (che suppongo non ti sia piaciuto, dato che questo è), ma non mi aspetto neanche una furbata einaudiana del tipo: “qui Piccolo strizza l’occhio a Everyman”.

  14. Siamo arrivati al punto in cui vedo chiaramente le ragioni che opponete alla lettura del libro (almeno Alessandra, dato che Loredana si ripromette di dargli una chance); e, illustrate e legittime come sono, non mi ci posso opporre a mia volta.
    Tuttavia, si tratta sempre di ragioni preventive, di pre-giudizi e, come tali, deboli rispetto al valore di una disamina completa, a lettura fatta. Del resto, non vedo perché sprecar tempo a leggere una cosa che non si vuol leggere (cfr “non l’ho letto e non mi piace”).
    Almeno per quanto mi riguarda è un dato: contrariamente al romanzo di Covacich – la cui lettura ho dovuto interrompere anzitempo – ho riscontrato quello di Piccolo possedere qualità letterarie in grado di destare emozioni complesse e profonde che ritengo inusuali, o quantomeno non frequenti, nella narrativa italiana contemporanea.

  15. Well, Roberto, ho chiamato Mario a testimone di un moto dell’anima a mio giudizio comune a una generazione. Non stavo emettendo giudizi di valore o attestati di merito letterario.

  16. Loredana: oh no. E’ un giudizio, senza pre-.
    Paolo: non solo non ritengo Desiati testimone di alcunché se non di sé stesso e di un modo di muoversi nell’editoria che non mi è (come minimo) congeniale, ma il fatto che tu dia dell'”illustre” a gente come lui, gente la cui “appariscenza” sopravanza di gran lunga il talento, e il cui lavoro ha ancora tutto – ma proprio tutto – da dimostrare, questo fatto mi preoccupa alquanto.
    Per il resto, io non credo sia troppo sano ragionare in termini di generazione.
    Tra l’altro è lo stesso Desiati, che lavora a Nuovi Argomenti, a inserirsi da sè in un solco molto ben conosciuto, e non certo di rottura.

  17. No, no, un momento. Dentro Nuovi Argomenti io ho trovato ottimi testi: e lo sottolineo sapendo che parecchi, qui (e Roberto in primis) conoscono bene il mio restar fuori dai circoli di ogni sorta.
    Leggerò il libro di Piccolo e vi dirò: augurandomi che non sia stato scritto per amor di polemica, però.

  18. mi pare che qui la discussione si sia arenata sulle idiosincrasie personali dei vari dialoganti per questo o quello scrittore. chi non perdona a Piccolo nulla, tantomeno il suo aspetto fisico, come se fosse rilevante perché parla di sesso (Anais Nin non era bellissima, ma avercene di autobiografismi come i suoi). E Desiati per carità, e Giordano non sia mai, e Covacich ci sta sulle palle a tutti perché vuole fare i soldi parlando delle corna che ha messo a sua moglie.
    non so. mi pare tutto troppo riduttivo. e mi pare pure che l’antipatia che vedo riscuotere da questo tipo di narrativa nasca spesso dal vederla come un’ipocrita autoassoluzione dei propri (dell’autore) peccati veri o immaginati. non si vuole dunque permettere una catarsi letteraria a quell’autore porcone né al suo coetaneo lettore altrettanto porcone.
    per quanto mi riguarda sarò pure banale ma secondo me tutto si può fare in letteratura, purché lo si faccia bene. adoro Lunar Park di Ellis come pure Troppi Paradisi di Siti, che mi sembrano libri assai simili nel mescolare con sapienza reale e immaginato. cocktail perfetti perché il barman sa il mestiere suo. in altri casi il barman non è all’altezza, tutto qui, e pertanto la malinconica crisi del maschio quarantenne che si scopre erotomane ci fa sbadigliare. magari però se quella stessa crisi me la racconta Tom Robbins (tanto per citare un grande autore che qui non c’entra nulla) allora me la godo.
    il riferimento in negativo comunque non è né per Piccolo né per Covacich dei quali non ho letto gli ultimi libri.

  19. Ok, riformulo l’argomento e ritiro il testimone.
    Per i trentenni (indipendentemente dal fatto che siano stati o meno così raccontati da un qualche testimone letterario inattaccabile da accuse, per altro scorporabili dall’argomentazione squisitamente sociologica che intendevo sollevare) difficilmente la sessualità è vissuta come il momento centrale e fondativo della ricerca di sé, come illustrato dal libro di Piccolo. Libro che, come ho già detto, mi sembra interessante in quanto propone una prospettiva che mi sembra tipica di una generazione diversa per quanto non lontana anagraficamente dalla mia.
    Discutendo di valore letterario posso anche essere d’accordo sul fatto di non attribuire importanza assoluta alle generazioni (e posso tranquillamente immaginare Hemingway e Virgilio che bevono Mojito nel paradiso degli scrittori prendendo per il culo, chessò, Pietro Citati), eppure ritengo che l’analisi dei temi presenti nelle opere di letteratura possa aiutare a comprendere le differenze tra generazioni, anche apparentemente vicine.
    Mi scuso se l’esempio ha infastidito Roberto, per motivi — ribadisco — del tutto estranei all’argomento che intendevo trattare. Chiedo anzi a Roberto di illuminarmi, con un esempio o un controesempio letterario a lui gradito di scrittore o scrittrice trentenni (su cui eviterò di polemizzare quanto al valore letterario, perché non questo è il mio intento in questa sede) confermando o smentendo quanto ho supposto, forse in modo azzardato.

  20. Paolo, ho l’età di Piccolo e per me la sessualità è tutto tranne che il momento centrale e fondativo della ricerca di sé. Lo sono stati molto di più i pannolini e i mestieri di casa, per capirci.

  21. Paolo, non devi scusarti di nulla.
    Sai? Non ho alcun esempio con cui illuminarti.
    La letteratura – lo penso ancora – non si fa per generazioni.
    Tuttavia a trent’anni, io credo, si è in balia della troppa esperienza ancora da fare (almeno oggi, magari non ai tempi di Musil o Mann) per considerarsi scrittori a titolo pieno e, conseguentemente, esempio di/per alcunché.

  22. Gianni, lo scenario peggiore me lo suggerisce Guglielmo: che i molti non-porci della mia generazione (che scrivano o meno) fra una decina d’anni si ridurranno a tali, senza opera di Circe. E che fra 10 anni, Desiati ci raconterà del disastro del suo matrimonio a causa delle sue scopate extraconiugali.
    Questioni di età dell’uomo, ma come le trovi scritte in osteria, non nell’Ars Poetica di Orazio.
    Per quanto riguarda casa e pannolini: registro con piacere quanto dici!
    Roberto, qualche esempio banalissimo: Catullo fu un giovanissimo di cui si potrebbe dire che non aveva capito niente della vita (immagino che moltissimi dei suoi contemporanei lo pensassero), eppure ci lasciò ottima poesia. Dolores O’Riordan appena ventenne carica di una forza enorme i testi delle sue canzoni. D’accordo, il romanzo è un’altra arte, ma non sarei così categorico come tu affermi… si può essere esemplari per l’immaturità personale ma avere un’ottima penna, o viceversa. Ma non è certo l’età o la qualità dell’esordio a segnare per sempre la tua via di scrittore!
    Ultima, poi chiudo: Tom Wolfe non funziona proprio in Io sono Charlotte Simmons… sarà un caso, dato che qui è un anzianotto che prova a parlare da adolescente? La letteratura non si fa per generazioni, ma le generazioni devono trovare il loro posto nella letteratura.

  23. interessante il punto di vista di alessandra c, che pare condiviso da loredana. i libri autobiografici di piccolo e di covacich sono equiparabili alle confessioni di valeria marini perché il protagonista ha la stessa età dell’autore e gli somiglia molto. anche il protagonista della recherche, o del viaggio al termine della notte, o della cognizione del dolore, o di quasi tutti i grandi capolavori della letteratura, somiglia molto al loro autore, ergo sono schifezze. che misera idea della letteratura avete.

  24. Errore, Sergio. Su Piccolo, ribadisco per la quarta volta di non aver letto il libro. Per quanto riguarda Covacich, confermo il mio sgradimento.
    Mi sembra anche di aver detto, e Alessandra anche, che per trasformare l’autobiografia in letteratura occorre un talento immenso.
    Punto.

  25. “anche il protagonista (…) di quasi tutti i grandi capolavori della letteratura somiglia molto al loro autore”
    Questa, Garufi, mi scusi ma è una generalizzazione indebita e anche un po’ fessa. Dica “molti”, ma non “quasi tutti”, perché è falso.

  26. cara loredana, mettiamola così: alessandra c ha scritto una fesseria sesquipedale, e cioè:
    “alla trita domanda: “Il romanzo è autobiografico?”, la risposta è stata, il protagonista ha la mia età, come me ha una figlia…Per quanto riguarda il caso Covacich gli posso dare la stessa importanza letteraria del caso Valeria Marini, entrambi raccontano i loro strazi”; e poi l’ha integrata con un truismo, e cioè che “per trasfomare l’autobiografia in letteratura occorre un talento immenso”, perché per scrivere qualsiasi cosa che sia degno di chiamarsi letteratura occorre un talento immenso. punto e virgola.

  27. Aggiunta al truismo: “in modo particolare per quanto riguarda l’autobiografia, in specie quel tipo di autobiografia che verte sulle crisi coniugali dell’io narrante”. Chiusa la parentesi.

  28. Evidentemente è una mia pecca, faccio sempre troppe battutacce che mascherano le mie buone intenzioni.
    Non ho niente contro i due autori citati e non ho nulla contro i romanzi autobiografici o quelli che partono da esperienze personali.
    Ho amato moltissimo i pensieri espressi nel “Il dolore” di Marguerite Duras, adoro DeLillo quando descrive minuziosamente una partita baseball e la usa come metafora per la società americana, ma lo adoro anche quando in un flusso costante di pensieri descrive lo strazio della perdita in “Body Art”.
    Questi romanzi sono versioni soggettive e personalissime, della vecchiaia, del lutto, della società.
    Personali che grazie all’autore diventano, senza partire da premesse universali, ampiamente condivise.
    Mi spingo un po’ più in la.
    La moglie di J.G. Ballard si chiamava come la protagonista del romanzo “Crash”, che l’autore scrisse dopo la morte della consorte in un incidente stradale.
    “Crash” gronda sesso e, neanche tanto in sottofondo, narra una storia, a dir poco, personale, ma non lo metterei sullo stesso piano dei romanzi citati perché le premesse sono diverse.
    Le premesse sono: scrivo una storia che è anche la mia esperienza ma non parto dalla mia esperienza per scrivere una storia universale, di abbandono, adulterio ecc… ecc…
    Un’ultima riflessione, personale, sulla quale voglio essere molto chiara.
    Non penso che il divorzio di uno scrittore sia più interessante di quello di una starlet, più o meno famosa, credo piuttosto che per leggere certi tipi di confessioni, nei quali i sentimenti sono esposti visceralmente, bisogna possedere una buona dose di voyerismo.
    Indipendentemente dalla qualità di scrittura, questo tipo di espressione artistica mi infastidisce. Se proprio devo addentrarmi nella ginecologia, sessuale e dei sentimenti, preferisco guardarmi un bel porno di Robert Black.
    Artisticamente parlando, almeno lì, si va giù spessi.

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