INTERLUDIO CON PREOCCUPAZIONE: VARGAS LLOSA E LE RAGAZZE CATTIVE.

Mettetela come volete, ma la questione centrale resta quella dell’incapacità dei media di informare correttamente: ne discende, o comunque rimane come concausa, l’incapacità dei lettori di approfondire a loro volta. Ed è una faccenda grave, gravissima, perché tocca il nostro essere nel mondo, la nostra curiosità, il desiderio di capire quello stesso mondo che sembra a portata di mano, e non lo è.
Ho già accennato ieri sera su Facebook alla vicenda. Accade questo: il premio Nobel per la letteratura, Mario Vargas Llosa, che non si sottrae alle polemiche quando vanno incontro alla propria visione del mondo, interviene su una proposta, a cui arrivo fra un momento, di alcune attiviste che hanno stilato un “decalogo di idee” per una scuola femminista dove, al punto sette, si chiede di eliminare dalla scuola stessa, come letture obbligatorie, ” i libri scritti da autori sessisti e misogini”. Nel dettaglio:
“Pablo Neruda (Venti poesie d’amore e una canzone disperata), Arturo Pérez Reverte e Javier Marías (uno qualsiasi dei suoi libri)”.
Vargas Llosa parte in quarta con un’affermazione terribile senza citare la proposta, che non viene citata peraltro da nessun giornale (me la sono andata a cercare da sola, grazie) : “Il più risoluto nemico della letteratura è il femminismo” che pretende di depurarla da maschilismo e immoralità. Precisa subito dopo che, ehi, non intende tutto il femminismo, ma solo le frange radicali (quali?) e, dice ancora, fra loro, quegli “ampi settori” (ampi quanto?) che appoggiano questa offensiva antiletteraria e anticulturale.
Ullallà, penso leggendo l’articolo, è impazzito Vargas Llosa? A quale femminismo si riferisce? E perché più avanti cita la rinuncia di Gallimard a pubblicare in un unico volume dal titolo Écrits polemiques i tre pamphlet Bagatelle per un massacro, La scuola dei cadaveri e La bella rogna? In quel caso, oltre all’opposizione dello stesso Céline, in vita,  alla ristampa, c’era stata la protesta della comunità ebraica francese e dello stesso governo. Non delle femministe.
E Lolita? Che c’entra, mi sono chiesta, Lolita? Sono andata a fare qualche ulteriore ricerca. In effetti c’è un articolo del Mundo, del 26 gennaio scorso, dove si parla di Lolitafobia a causa del #meToo (eh?), rilanciato dal Foglio, e dove si scopre che alcune scrittrici e studiose (alcune, non un esercito) vorrebbero censurare Nabokov. Ammettiamo che sia così (anche se Laura Frexias dice che non ha mai parlato di proibizione ma di lettura critica).
Ammettiamolo in toto. E diciamo, serenamente, che è una solenne fesseria. La censura non serve a niente: o meglio, censurare significa temere di non essere abbastanza forti per difendere le proprie idee. Togliere la parola “negro” da Huckleberry Finn è una solenne fesseria: e non lo propongono le femministe ma il signor Alan Gribben, professore di inglese alla Auburn University di Montgomery, in Alabama,che ha curato una nuova edizione del romanzo di Twain in cui la parola “nigger” (negro) è sostituita dalla parola “slave” (schiavo). Così come è stata una solenne fesseria, negli anni Ottanta, proporre di esiliare dal canone letterario  Conrad e Melville perché nelle loro opere non ci sono abbastanza donne o perché vi si proiettano atteggiamenti colonialisti.
Su questo Vargas Llosa pare avere ragione: la letteratura ha un’altra funzione. E, sì, esistono alcune persone (non mi pare proprio che si possa parlare di movimenti imponenti) che ne vorrebbero una versione linda e purificata (e dunque tremenda). Così come esistono persone che vorrebbero riconsiderare l’opera di Derek Walcott alla luce delle polemiche sulle molestie sessuali).
Non ha senso. Le opere vanno semmai contestualizzate, mai censurate, mai proibite, mai adornate di una fascetta con su scritto “pericolo”. Cambiare il finale della Carmen è inutile: spiegare cosa abbia portato prima Prosper Mérimée e poi Bizet a immaginarla è necessario. E arrivo a dire che persino opere non letterariamente valide e portatrici di un pensiero che considero avverso devono circolare: cinque anni fa mi sono opposta alla richiesta di censura, sempre in Spagna, del libro di Costanza Miriano, Sposati e sii sottomessa. Non si proibisce: si contrasta, semmai.
Ora, prima che un certo blog femminista che distribuisce patentini o altre e altri  sparino titoloni sulla mia perdizione, la mia misoginia e il mio tradimento della causa femminista, alcune semplici considerazioni:
1- Vargas Llosa ha torto marcio, e ha compiuto un consapevole e fortemente condannabile gesto di mestare nel torbido quando accusa il femminismo di essere contro la letteratura. Nonostante la precisazione successiva: un Nobel per la letteratura deve conoscere l’uso delle parole e la loro potenza. Le ha usate malissimo. E ancor peggio nel prosieguo, mettendo tutto nello stesso calderone.
2- I media hanno torto marcio nell’aver rinunciato a contestualizzare l’articolo.
3- Le femministe che hanno scritto il decalogo hanno torto marcio nell’aver proposto l’eliminazione dei tre autori in questione. Anche se avessero motivato la scelta, cosa che non hanno fatto, avrebbero torto lo stesso. Una cosa è contestualizzare, una cosa è proibire. Punto.
4 – Le stesse femministe non hanno affatto torto, invece, quando propongono di formare chi insegna sulla storia del femminismo, e quando chiedono di introdurre lo studio di scrittrici e pensatrici. Atwood, Munro, Woolf, e molte altre (hanno parecchio torto, se posso, quando scrivono in modo errato i loro nomi: denota fretta e mancanza di rispetto). Hanno ugualmente ragione quando chiedono di integrare la storia della scienza e dell’arte con le idee, le opere, le scoperte, di donne fin qui invisibili. Hanno ragione quando chiedono di insegnare educazione sessuale. Hanno torto quando chiedono di proibire il calcio. Bel pasticcio.
5 – Abbiamo torto marcio noi tutti e tutte che ci siamo sollevati e sollevate senza informarci a fondo. Il decalogo poteva essere un ottimo spunto per riflettere sulla scuola. Un premio Nobel, le autrici stesse del decalogo, i media e anche noi nei social lo abbiamo banalizzato. Da una parte “Vargas Llosa imbecille”, dall’altra “le solite assatanate”. Non serve a niente. O meglio, serve solo a dare dei femminismi un’immagine esagitata che non corrisponde al reale. La letteratura, per me che sono femminista, e per migliaia, milioni di femministe, è una chiave per capire il reale. Anche quello che non ci piace. E ci dà piacere, anche quando racconta anime che non comprendiamo e che ci sono lontanissime. Di questo abbiamo bisogno, nelle nostre vite, non di liste censorie, né di scrittori che parlano di ciò che non conoscono.

4 pensieri su “INTERLUDIO CON PREOCCUPAZIONE: VARGAS LLOSA E LE RAGAZZE CATTIVE.

  1. Impeccabile ( e chiarissimo, cosa che di ‘sti tempi, con tutti gli straw man costruiti per sminuire con condiscendenza discorsi complessi, è più che mai necessaria). Grazie.

  2. grazie loredana, meglio di così non si poteva dire. ma a quanti fa comodo fomentare polemiche pretestuose per gettare fango su movimenti che, con grande fatica e in mezzo a qualche esagerazione, danno voce alle donne e ad altri gruppi storicamente non dominanti? (vedi #metoo, ma anche #blacklivesmatter qui negli usa)

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