INTERLUDIO INTERROGATIVO: CINQUE DOMANDE

“Teniamo in serbo le nostre domande perché noi stessi ne abbiamo paura, poi ad un tratto è troppo tardi per porle. Vogliamo lasciare in pace l’interrogato, non vogliamo ferirlo profondamente perché vogliamo lasciare in pace noi stessi e non ferirci profondamente. Rimandiamo le domande decisive e facciamo senza posa domande ridicole, inutili e meschine, e quando facciamo le domande decisive è ormai troppo tardi”.
Così Thomas Bernhard, che in un’intervista aggiunse:
“Credo di non essermi ancora posto una domanda. E le domande cosiddette semplici si pongono da sole, non ho bisogno di pormele…”
La sensazione è che le domande stiano diminuendo. Ce ne facciamo di meno, le poniamo di meno. Oh, certo, ci sono le domande veloci, da social, quelle che magari potremmo risparmiarci con dieci minuti di ricerca in rete. Ci sono quelle degli intervistatori, che a volte alle domande non pensano proprio, e in luogo dell’interrogare propongono un’affermazione a cui non si può rispondere che sì o no o, al massimo, ehm.
Per questo vi invito a leggere questo articolo perfetto di Annamaria Testa su Internazionale, dove spiega a cosa serve porsi domande e rispondere alle domande stesse. E spiega anche perché per il Salone del Libro di Torino, quest’anno, abbiamo deciso di formulare cinque domande. A cui potete rispondere anche voi, peraltro (con una mail a 5domande.salto18@gmail.com). Le domande sono queste. Pensateci su.
Chi voglio essere?
La nostra identità è in continua costruzione. Nell’epoca del culto di sé, chi aspiriamo a essere? Che rapporto c’è oggi tra l’essere se stessi, il conoscere se stessi e il diventare se stessi?
Perché mi serve un nemico?
I confini ci proteggono oppure ci impediscono di incontrarci e cooperare? Come e perché li tracciamo? Abbiamo bisogno di costruirci un nemico per poter sperare di non averne?
A chi appartiene il mondo?
Tra cent’anni la nostra Terra potrebbe essere meno accogliente di oggi. La forbice tra ricchi e poveri si allarga. Il lavoro si trasforma e può ridursi. Milioni di persone sono costrette a lasciare la propria casa. Di chi è il mondo? Chi deve prendersene cura?
Dove mi portano spiritualità e scienza?
Scienza e religione hanno dato forma alla nostra storia e al nostro pensiero. Ma sono state usate anche come strumenti di oppressione. C’è oggi una promessa di cambiamento e di futuro nella spiritualità delle religioni, nel rigore delle scienze? O altrove?
Che cosa voglio dall’arte: libertà o rivoluzione?
La creazione artistica può bastare a se stessa? O deve porsi l’obiettivo di cambiare le cose? Libertà o rivoluzione: cos’è l’arte, e che cosa deve e può dare a tutti noi?

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