IPPOLITA, FOUCAULT E FACEBOOK

Ippolita è un collettivo che si occupa di social media. E’ bene conoscerli e leggere i loro libri, per chi i social frequenta (e anche per chi non li frequenta. Un’occasione giusta, per i romani, è quella di oggi: alle 18, presentano il loro (importantissimo) “Nell’acquario di Facebook. La resistibile ascesa dell’anarco-capitalismo” al Caffè letterario della Casa Internazionale delle Donne in Via San Francesco di Sales 1A Roma. Siateci. Per capire di cosa si parla, Ippolita mi ha mandato un testo, che pubblico con molto piacere.
Social media Junkie
Facebook non è affatto gratuito, questo ormai lo sanno anche i sassi.
Nessun social media è gratis.
Quello che forse non viene afferrato è che cosa sia e quanto valga l’oggetto di scambio di questa nuova e croccante formula del capitale. Ci troviamo a barattare oro massiccio con specchietti e vetri colorati.
La maggior parte delle persone che conosciamo e che stanno su Facebook ritiene semplicemente di poter cedere gran parte delle proprie chiacchiere online (più o meno intellettuali) per le quali tutto sommato non sentono una grande affezione.
Si tratta per l’appunto di chiacchiere, non di scritti che prevedano una codifica formale e sulla quale esercitare una responsabilità concreta.
Eppure le nostre inutili ciance quotidiane costituiscono nel mondo dei social network il codice dei nostri legami sociali.
Dare accesso a questo codice (in modo assoluto, libero, senza limitazioni di spazio, irrevocabile, perpetuo e gratuito) significa non avere inteso, o fingere di non voler capire, che cosa sia l’estensione del bio-potere foucaultiano alla società delle megamacchine digitali. Immersi nella società della prestazione non siamo disposti a riconoscere il tratto dispotico del social media. Verremmo tacciati di bigottismo e arretratezza. Alla meglio e con grande sforzo di snobismo. Ci fa comodo dunque pensare che la tecnologia sia neutra e che l’obiettivo di Facebook sia essenzialmente illuminista e operiamo così un’accettazione routinaria dello status quo.
Frattanto nella stanza dei bottoni è all’opera la trasparenza radicale, il sistema con il quale veniamo indotti al massimo dell’esposizione personale e il cui limite estremo è la pornografia emotiva. Questa accecante luminosità fa da contrasto al completo occultamento del sistema tecnico e del dispositivo economico.
La trasparenza totale, propagandata come stile di vita, è una trasparenza del nulla poiché chi è responsabile del servizio si sottrae ad un confronto leale. La trasparenza vale per la massa, non per i sistemi di potere. L’ingegneria sociale sottesa alla piattaforma rimarrà dissimulata, negata, materia per la tecnocrazia dei Big Data.
Il soggetto di prestazione immerso in un mondo privo di conflitto dove tutto è possibile -yes we can- è un soggetto perennemente stressato, in bilico sulla depressione.
Il vitalismo del tecno entusiasmo è inteso in termini di produzione e consumo, non ha alcun potere trasformativo, se non quello ovvio di una migliore adesione al sistema. Stiamo diventando social media junkie (drogati di social media).

34 pensieri su “IPPOLITA, FOUCAULT E FACEBOOK

  1. Gradita segnalazione, come sai mi interessano molto le “dinamiche” della rete. 🙂
    E riguardo ai social vale il detto: “Se non capisci cosa ti stanno vendendo allora vuol dire che la merce sei tu”. 😉

  2. Parole sante, ma sottrarsi è difficile.
    Personalmente – per ora – resisto a FB e Twitter ma credo che obiettivamente, almeno dal punto di vista economico, mi sto facendo del male.
    Per quanto riguarda “le dinamiche della Rete”, citate qui sopra, mi sa che oggi non differiscano poi tanto dalle dinamiche praticate in tutti gli altri campi: il Potere cerca di fotterci appena può in tutti i modi, punto. Mi pare l’unica dinamica in atto, quindi di dinamico non c’è nulla, c’è solo la tristezza della staticità perpetua della sopraffazione.
    Ciao.

  3. “Il soggetto di prestazione immerso in un mondo privo di conflitto dove tutto è possibile -yes we can- è un soggetto perennemente stressato, in bilico sulla depressione”
    Ecco, ma esattamente, di chi stanno parlando?
    @ Amfortas
    perché dici che resisti a FB? Se ti va ti iscrivi, se non ti va non ti iscrivi.

  4. Mi sto affezionando a Twitter mentre frequento pochissimo FB, ma sono consapevole che cammino su un terreno fragile per me e ben solido per i padroni del vapore. Qual è la scelta? Accettare il rischio di consegnarci con i nostri contenuti (la nostra storia, la nostra vita, i nostri prodotti intellettuali, i nostri gusti, quando non addirittura la nostra intimità psicologica) per usi legati sempre al padrone denaro o restare fuori da una evoluzione comunicativa di cui ancora non sappiamo se potrà avere qualche esito positivo? Io non ho la risposta.

  5. Io devo dire che per mia ignoranza mi sono perduto dopo “bio-potere foucaultiano alla società delle megamacchine digitali”. Se qualcuno potesse illuminarmi sui concetti espressi dopo gliene sarei grato.
    Ormai FB è parte della mia vita, come lo sono stati i Forum prima, e probabilmente qualche altra diavoleria lo sarà in futuro. E’ un posto poco raccomandabile, gestito da persone ancor meno raccomandabili, ma… ci siamo dentro praticamente tutti.

  6. Per un momento ho creduto che i servizi su internet fossero gratuiti: avevo vent’anni É ingenuo continuare a crederci dopo il primo mese di utilizzo. Oltre a fb abbiamo twitter, google, istagramm etc. etc.
    Tutti vivono e si arricchiscono sfruttando commercialmente quanto diciamo, il tutto si traduce in specifiche per nuovi prodotti e pubblicità e questa pubblicità la paghiamo noi sul prezzo dei prodotti.
    Dunque, per farla semplice: noi stessi paghiamo le nostre informazioni personali sui prezzi dei beni e servizi che acquistiamo. In cambio di servizi digitali del tutto superflui ma ormai pervasivi. Se ci pensate bene la stessa cosa accade, che so, con le droghe: la cocaina è un bene superfluo, sino a quando non inizi ad usarla, e pervasivo.
    Siamo dei polli in batteria a pochi passi dal girarrosto ma, contrariamente ai polli, non siamo pianamente consapevoli di quello che ci accade.

  7. @ +°: dico resisto perché indubbiamente i social network hanno il grande pregio di veicolare contenuti a un numero enorme di persone e, nel mio caso, privarsi a priori di lettori o contatti è controproducente. Se fosse solo una questione di piace o non piace non avrei dubbi, sarei per il no sic et simpliceter perché io meno gente vedo e conosco meglio sto.
    Ciao.

  8. @ marina pierani
    a me stupisce che parli di rischio e non mi piacciono i toni generali con cui praticamente tutti i commentatori si stanno esprimendo. Mi diresti, te lo chiedo senza voler provocare, cosa immagini ti possa succedere, in concreto, consegnando come dici, i tuoi contenuti?
    siamo anche drogati di plurale maiestatico

  9. @+°
    “cosa immagini ti possa succedere, in concreto, consegnando come dici, i tuoi contenuti?” –> il “problema” è proprio quello: non lo possiamo ancora sapere, l’utilizzo che si farà dei nostri dati. Se uno ti ferma in mezzo alla strada e ti chiede di annotare la tua vita e le tue idee, anche politiche, non ti viene spontaneo chiedergli a cosa gli servono? Se non ti risponde, che fai?
    Ti faccio un esempio fantasioso, sicuramente estremo: tra 5 anni ci sarà una legge che obbligherà il Ministero dell’Interno a registrare la vita di ognuno su FB; verrà bandito un concorso per assunzione di un posto qualsiasi in Parlamento (tipo commesso). Sei disoccupato con famiglia e fai domanda. Una volta, per cazzeggio e sfogo, tu hai scritto su FB che se entri in Parlamento metti fuoco a tutti e ammazzi tutti: dopo anni, questa cosa risulta nero su bianco, l’avevi anche dimenticata; uno dei requisiti per partecipare è l’assoluti rispetto nei confronti dell’Istituzione, e non aver mai dato segno di odio/avversione nei suoi confronti; vieni escluso.
    Ora, è chiaramente fantascienza, una voluta esagerazione: ma come facciamo a sapere cosa ci sarà tra 10 anni? Spesso la realtà sovrasta pure la fantasia.
    Nel 1930 nessuno, penso, immaginava le leggi razziali di quasi dieci anni dopo.
    Mettere nero su bianco la propria vita è un qualcosa di delicato.
    Detto ciò, io non ho FB né Twitter, non mi interessano e non ne sento la mancanza, e non critico neanche chi li utilizza! 🙂

  10. Proprio da Ippolita, copio e incollo:
    “Nella visione di Huxley la tecnologia viene usata per massimizzare il piacere, inteso come ciclo di consumo continuo. Nel mondo del consumismo fordista di Huxley buttare è meglio che aggiustare e i cittadini non hanno alcun interesse a pensare in maniera autonoma e critica, dal momento che i loro desideri sono soddisfatti prima ancora di essere espressi. Ben inteso, i desideri non sono uguali per tutti, perché vige un rigido sistema di caste, dagli Alfa agli Epsilon, generati dal controllo eugenetico; esistono consumatori di diverse categorie, predeterminate al consumo di beni specifici. In tutti però il desiderio viene spento attraverso l’eccesso, con l’imposizione di un sistema compulsivo: la promiscuità sessuale viene incoraggiata, i vincoli familiari sono considerati pornografici perché privilegiati, i rapporti sociali sono organizzati in maniera totalmente trasparente, tanto che le donne devono portare una cintura anticoncezionale che segnala la loro disponibilità sessuale immediata. Ognuno deve dichiarare la propria identità in maniera non ambigua per essere a completa disposizione, bene di consumo fra altri beni di consumo.”
    http://www.ippolita.net/it/libro/orwell-huxley-e-il-modello-sino-americano
    A prescindere dall’essere d’accordo o meno, il libro di Ippolita andrebbe letto perché fornisce ulteriori mezzi di interpretazione.

  11. @ Pier
    Ma il tuo scenario non ha a che fare con facebook o con i social, rimanda all’uso dei nostri dati pubblici ( già oggi le aziende sfruttano questa possibilità di controllo, ma è sempre un fatto di privacy ) e a ciò che può o non può fare uno Stato. La carta d’identità c’è da un pezzo. Sono le persone che agiscono in maniera pubblica e si dànno, ognuno in maniera diversa, più o meno consapevole, indipendentemente dai social.
    Mentre nell’articolo si prefigura una situazione in cui sta succedendo qualcosa di grosso, si parla di tecnocrazia, di dispotismo dei social, si tirano in ballo presunti entusiasti e finalità illuministiche ( ma di chi si parla? è possibile avere maggior concretezza? ), quando la maggior parte delle persone sta semplicemente su FB, non sta barattando alcunché, e non perché è un ingranaggio inconsapevole, ma perché non c’è niente da sapere di più di quello che si può sapere con tutte le analisi possibili.

  12. Faccina, magari leggiti il libro, facciamo così? Invochi maggiore concretezza e non fai neanche la fatica di cliccare sul link e di verificare che il libro è scaricabile gratuitamente? Capisco il piacere di battibeccare a prescindere, ma c’è un limite.

  13. @+°
    “la maggior parte delle persone sta semplicemente su FB, non sta barattando alcunché, e non perché è un ingranaggio inconsapevole, ma perché non c’è niente da sapere di più di quello che si può sapere con tutte le analisi possibili.”
    – Già qui FB ottiene un risultato: convincere le persone che “non si sta barattando nulla”. Ti ricordo che FB è quotata in Borsa, il suo fine è il business: e le dinamiche economico-finanziarie su cui si basa sono ignorate da tutte noi “persone comuni”, o “profane”: per cui dire che non si sta barattando nulla, conoscendo poco o nulla dell’azienda a cui diamo i dati, mi pare alquanto superficiale 🙂
    Son contento che tu abbia questa certezza, e non farò nulla per farti cambiare idea.
    Noto solo che appena si tenta di avere una visione critica e non apologetica dei social-network, quasi di riflesso ci sono reazioni avverse, e sempre comunque poco argomentate e riduttive: sembra quasi di toccare la squadra del cuore a un tifoso! (cito di nuovo Ippolita: “Immersi nella società della prestazione non siamo disposti a riconoscere il tratto dispotico del social media. Verremmo tacciati di bigottismo e arretratezza. Alla meglio e con grande sforzo di snobismo.”)

  14. Un intervento critico (nel senso che segnala diversi pro, ma anche qualche contro) di Benedetto Vecchi sul lavoro di Ippolita, qui. Vedi mai a leggere i libri, invece di polemizzare a prescindere, cosa si riesce a dire 🙂

  15. @ Pier ( poi torno a leggere il libro )
    No, ecco, la dinamica in atto è che tu non mi consideri una persona, ma una tendenza, e mi metti fra gli apologeti, o comunque fra quelli che reagiscono quasi istintivamente. Io non ho tirato in ballo né bigottismo né arretratezza. Non sono tifoso di FB. Non sono stato convinto. Sono ben contento di leggere analisi e critiche, però a me pare di leggere anche un di più, che non mi piace, tutto qua.

  16. @+°
    Lungi da me considerarti una tendenza! Me ne scuso nel caso l’avessi intesa così.
    Ovviamente l’estratto di Ippolita e la mia riflessione erano generiche, non riferite a te: ma non nego che da te prendevo spunto.
    Dico così perché – che tu ci creda o no – i tuoi commenti e la tua reazione sono tali e quali a quelle che mi capita di dover affrontare in dibattiti del genere da altre persone: anche le argomentazioni sono le stesse (“non si baratta nulla”, etc.). Non so cosa tu intenda con “un di più, che non ti piace”, ma a me spaventa un po’ questo “conformismo” sul tema.
    Io non ti conosco come persona per cui non esprimo pareri su di te, ma basandomi solo sulle tue risposte posso dire di averci letto l’approccio un po’ “leggero”, data anche la tua richiesta di “concretezza”. Ci sono tanti studi sul “problema”, per cui la “concretezza” non manca: non so se apprezzi Evgeny Morozov, ma nei suoi articoli per esempio si trovano tante riflessioni concrete.

  17. cito dal libro, paragrafo “L’era della distrattenzione democratica”.
    «Stare online a chiacchierare con gli amici», «pubblicare foto, testi, video, ecc. e scambiarli con la community», «stare connessi, al passo con i tempi, partecipare al mondo online!». In una parola, l’imperativo è «condividi!». Forse la più grande bufala mai architettata, e con straordinario successo di pubblico, considerati i numeri. E le chat? Le mail? I blog? Le mailing list? I forum di discussione? Il p2p? Il VOIP? Non bastavano già per condividere? No, perché in ossequio alla legge della crescita illimitata, propagandata dal turbo-capitalismo californiano, di più, più grande (o più piccolo ma più potente), più rapido, è sempre meglio. Tutti noi siamo afflitti ma al tempo stesso entusiasti seguaci di questa ideologia contemporanea. Il nostro nuovo telefono cellulare è più potente del nostro vecchio computer, il nostro nuovo computer portatile è più capiente del vecchio server della nostra azienda, la nostra nuova email può inviare allegati più grandi di tutte le mail che abbiamo mai inviato finora, la nostra nuova macchina fotografica ha una risoluzione superiore a quella visualizzabile sul nostro vecchio televisore!
    Con Facebook, l’ideologia del «tutto e subito, ma più veloce» è entrata in una nuova fase dalle tinte religiose. La promessa salvatrice è: «condividi e sarai felice».
    il di più è la caricatura delle persone, e questo continuo “siamo”. è il tono à la Matrix ( il film ). Può benissimo essere un mio problema e stop. Grazie per il link e per lo spunto su Morozov

  18. cito dal libro.
    “Ma come vedremo è davvero arduo mettere in pratica politiche adeguate nell’epoca della distrattenzione globale, in cui tutti sono talmente indaffarati a chattare, scattare, postare, messaggiare, twittare da non aver più tempo e nemmeno le capacità per coltivare relazioni significative.”
    “Non ha senso denunciare semplicemente l’ingerenza nella socialità contemporanea dei social media, come se fosse tutta colpa di Facebook se la gente non si parla più dal vivo, senza scavare un poco più a fondo; soprattutto se si considera il fatto che sono spesso le persone stesse a richiedere a gran voce tale ingerenza e a renderla possibile.”
    “Gli «amici» di Facebook, almeno formalmente, sono individui accomunati dal fatto che amano le stesse cose.”
    Tre errori di analisi evidenti. siamo ancora capaci di coltivare relazioni significative, la gente si parla dal vivo né più né meno di prima, gli amici di FB non sono accomunati dal fatto che amano le stesse cose

  19. Dopo aver letto il post e il pungente e saggio commento di Val stamattina ho letto su una rivista un articolo dedicato alle possibili novità tecnologiche che il 2013 potrebbe portarci, riguarda diversi settori della discipline e della ricerca, quello che vi riporto è uno stralcio del paragrafo “Media”.
    Al di là dei cospicui guadagni immediati dei social network qui si prospetta un utilizzo maggiore dei nostri dati.
    “Benvenuti nell’era del multimedia percettivo. I televisori, i computer e i monitor nei negozi ci osservano sempre di più, così come noi osserviamo loro. Potrebbero catalizzare il passaggio dal multimedia di massa al multimedia personalizzato. Emittenti, sviluppatori di giochi e società tecnologiche sognano da tempo di sapere chi li osserva, al fine di realizzare contenuti ad hoc per ogni singolo spettatore. Ma il multimedia percettivo va ben oltre il gioco. In due anni East Japan Water Business ha installato circa 500 distributori automatici intelligenti capaci di riconoscere, tramite sensori, l’età e il sesso del cliente e suggerire le bibite più appropriate.[…] Il principale ostacolo al multimedia percettivo sarà la privacy. Tuttavia secondo i sostenitori se i produttori sapranno dimostrare l’utilità della condivisione dei dati, riusciranno a convincere il pubblico.”
    Insomma le nostre ciance quotidiane vendute a produttori di settori vari valgono oro. In un mondo in cui la condivisione e l’esposizione pubblica della propria vita è placidamente accettata l’idea di avere prodotti e servizi sempre più personalizzati e unici non può non solleticare l’ego e il narcisismo di molti che saranno ben disposti a rinunciare, ulteriormente e felicemente, alla propria privacy.

  20. @+°
    Non sai cosa può succedere scrivendo la propria vita su FB? Hai visto che cosa è successo a quella ragazza che ha parlato male del suo ex-datore di lavoro? Gli ha dovuto dare tremila euro. Senza contare gli avvocati che vanno a scovare gli adulteri, possibili datori di lavoro che vanno a guardare i profili… ecc. ecc.
    Purtroppo molte persone non ne fanno un uso intelligente, compresi quelli che annunciano allegramente che saranno in vacanza per un certo periodo, quindi con la casa vuota e accessibile ai ladri.

  21. Non so Loredana, non mi cazziare – ma io non apprezzo la sintassi di questo stralcio la dicotomia noi puaretti scemi versus er quarto potere di turno – anche se sono certa ci devono essere molti dati interessanti, o forse lo spero.
    E’ il mio un problema di impostazione più che di contenuti, perchè non ho mai pensato che FB fosse gratis, appunto oramai lo sanno anche i sassi, e si capiscie che di mezzo c’è l’uso del privato narrato. Non so – se dici un giorno quanto è bello il micio tuo in uno status due ore dopo arriva accanto l’esortazia a guardare e amare la paginetta del cibo per gatti. E certo hanno ragione quelli che dicono che un bel giorno FB può diventare la bancadati di qualcuno che usa le tue scemenze – ma anche no – contro di te.
    Tuttavia – ugualmente, un po’ come per l’argomento sulla medicalizzazione della maternità – sono sempre perplessa davanti all’opposizione popolo beota versus sistema cattivo – tecnoturbo ciccio formaggio etc. Come in realtà sono anche di quelle che ha detto, foucoult l’è bello – ma anche no. La compartecipazione al sistema con i suoi vantaggi e le sue trappole è secondo me sempre vissuta a diversi livelli e sempre con maggiore consapevolezza di quel che certe teorie e approcci vorrebbero far credere. Il prezzo, come per esempio nel mio caso ma credo davvero nel caso di molti – sicuramente dell’utenza tipo di un volume del genere – lo si paga volentieri e scientemente, perchè in base a una serie di variabili costi benefici, per cui il beneficio supera il costo. In generale mi piacerebbe di più che certe singole questioni fossero indagate nel dettaglio, riconoscendo dove esistono poteri selezionati che abusano eticamente del sistema condiviso e dove invece questo non accade. Ma questo tipo di approccio dovrebbe nascere da una prospettiva diversa, che ha una posizione diversa rispetto ai sistemi che intende osservare.

  22. Sono molto sensibile alle manipolazioni occulte, però: “nascondi questa inserzione/è contro le mie opinioni”, io non gli do tregua, tranne i rarissimi casi che non mi disturbano. E anche se il gestore occulto di fb registra il fatto che la cosa “x” non mi disturba, per me quale potrà essere il contraccolpo materiale? Già ne devo temere e scansare molti altri, di motivi perturbativi e minatori della mia esistenza, e prossimi, e assai consistenti, per dovermi preoccupare anche di tali remote evenienze. Certo poi che ognuno/a fa una selezione, o dovrebbe farla, dei fatti suoi che vuole esibire, ma questo sta, o dovrebbe stare, all’intelligenza individuale. Per quanto mi riguarda mi sono esposta ben più pericolosamente 😀 al di fuori di fb per dover temere il Grande Fratello: devo dire, e ne approfitto per un appello accorato, e per un sondaggio d’opinione, che mi disturba molto di più essere soggetta all’onnipresente e ineludibile colonna sonora delle stazioni delle metro, a base di tontonamenti pubblicitari, informazioni selezionate e musiche eterodecise, che ci vengono inflitte quotidie. Ecco, quello mi ricorda uno scenario da Farenheit 451, nel senso del romanzo.

  23. @zauberei
    Ma il discorso non è considerare il popolo come un beota: si parla solo di “profani” e “tecnici”. Poi certo, a noi piace pensare – per non rischiare colpi all’autostima – che siamo consapevoli di tutto quello che facciamo e che usiamo consapevolmente tutto quello che abbiamo; ma non è così! E non vuol dire essere beoti, ma essere umani!
    La maggior parte delle persone è inconsapevole dei meccanismi dietro alle tecniche di comunicazione di massa, ma non per beozia: solo perché non è interessata e vive bene ugualmente.
    Chi invece si interessa sa che esiste il marketing, la programmazione neuro-linguistica, lo stimolo visivo che arriva prima di quello razionale e che spinge all’acquisto, l’ingegneria sociale, neuroni di von Economo etc. etc. etc.
    Nei supermercati abbiamo l’impressione di scegliere liberamente cosa acquistare: alcuni lo fanno, molti altri no perché molti acquisti sono spinti dalla disposizione particolare degli scaffali e da altre tecniche che esistono, si studiano e insegnano e di cui il profano non sa nulla.
    Per i social network è uguale: solo che non si commerciano prodotti, ma la propria vita.
    Poi non dico che bisogna andare a vivere nella giungla, è una scemenza.
    Ma ammettere che siamo molto più pecorili di quanto possiamo ammettere a noi stessi non è un delitto!

  24. C’è qualcosa nel modo in cui ciò qui è detto, esattamente come quando si parla di marketing, che tende all’apocalittico e anche alla presunzione di idiozia. Non contesto la qualità delle informazioni – anche se ho i miei scetticismi sulla psicologia selvaggia, finalizzata allo scopo scandalistico. E devo dire, che come ho trovato un po’ grossolana la critica del marketing in contesti sofisticati la stessa impressione ho qui: perchè i mezzi in questioni vengono sempre disaminati con grande precisione, mentre l’utenza viene massificata in un solo modello sociale psicologico e cognitivo.

  25. Sul tono apocalittico possiamo essere d’accordo, neanche a me fa impazzire: ma dal lordo mi tengo il netto.
    Su utenza=massa, anche se politicamente scorretto, è un fatto: per quanto differenti possano essere le persone (ognuno pensa di essere unico), in certe cose ci comportiamo quasi tutti allo stesso modo. Certo, tu magari no, ma per 10 come te ce ne sono 1000 che invece sì, si comportano allo stesso modo in determinati contesti: e al marketing interessa la maggioranza, non la minoranza. Se no il marketing stesso non avrebbe certo successo.
    Come spieghi allora le mode, i movimenti di massa che durano 6 mesi, i successi mondiali di prodotti/artisti (spesso al di là del loro valore obiettivo: Sfumature di grigio), il boom della Mac, etc. etc… ?
    Con l’equazione utenza media=massa=unico modello psico-sociale: sarà orribile dirlo, ma non raccontiamoci favole: è così!
    L’utenza media non VIENE massificata, E’ massa.

  26. Ma non credo proprio per niente che sia così – perchè le decodificazioni dei messaggi che vengono processate sono molto diverse non solo per soggetti, ma per gruppi sociali. E questo vale anche per i prodotti di largo consumo. Poi credo che semplicemente, unico modello psicosociale è una cosa che qualsiasi psicologo sociale negherebbe, perdonami. Sono clichet della cultura apocalittica, un modello mentale applicato ai più diversi ambiti l’apocalisse dei cattivoni dell’industria farmaceutica, l’apocalisse del mercato. Poi oh ognuno ci ha diritto al suo pensiero e alla sua opinione.

  27. Credo che negarne l’esistenza sia un pochino azzardato, ma appunto ognuno ha il suo pensiero.
    Le dittature, il nazismo ne è l’archetipo, si nutrono della massa.
    I gruppi sociali di cui parli sono “piccole masse”: per cui il processo di “individuazione del target” è lo stesso.
    Con modello unico non si intende che ne esiste solo uno, ma che a seconda dei contesti spazio-temporali si tende alla creazione di un modello, seppur estemporaneo. Poi sparisce, e se ne crea un altro.
    Il concetto di massa esiste da ben prima dei cattivoni dell’industria farmaceutica e dell’apocalisse del mercato: semplicemente i cattivoni lo utilizzano, non l’hanno mica creato.
    “Massa e potere” di Canetti, per dirne uno, è del 1960, ma l’ha concepito decenni prima.
    “Il mondo nuovo” di Huxley è degli anni ’30.
    Goebbels propagandava per la “massa”.

  28. Si capisco cosa dici, ma non sono ugualmente d’accordo – non sono scientificamente d’accordo. Perchè per me rimane un costrutto utile, ma insufficiente oggi se abbandonato a se stesso.

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