IRONIE

Ironia/1.
Mi segnala Ekerot questa storia:
“ho scoperto stasera che c’è un’applicazione per iphone in cui sono tipizzate e categorizzate le donne. E cosa fa l’applicazione? Ti aiuta a rimorchiarle. E’ una studentessa? E’ una casalinga? E’ una donna in carriera? Portala a mangiare qui, portala a ballare di là, falle vedere questi film, dille così e dille colà. Qualche associazione  ha fatto un richiamo alla Pepsi (autrice dell’ideona). Risposta? Non avete colto il lato ironico”.
(Nota: la controparte maschile è nella tipizzazione dei figaccioni di cui si parlava qualche post fa).
Ironia/2.
C’è una campagna pubblicitaria visibile da qualche settimana. Più che insultante, è davvero triste: sembra uscita da un sogno frustrato, e non dalla mente di un creativo. La trovate qui.  A corollario, metto un altro link: è quello del giurì della pubblicità. Usatelo, quando lo ritenete necessario. E già che ci siete, due righe alle aziende che promuovono certe campagne non guastano mai.
Ironia/3.
In realtà c’è poco di ironico. E’ una riflessione che facevo e condividevo ieri con alcune amiche. Sono rimasta, come molti italiani, basita dal servizio-pestaggio di Mattino 5. Però, girando per il web, il linciaggio della giovane Annalisa Spinoso, autrice del servizio medesimo, mi ha lasciato l’amaro in bocca.  Diffusione di email e numero di telefono, insulti di ogni sorta.
Bene, la ragazza si è fatta evidentemente esecutrice di un killeraggio mediatico di cui altri sono i mandanti, e di cui il suo caposervizio e direttore sono i diretti responsabili. La ragazza può aver pensato che compiacere i medesimi le avrebbe fruttato la conferma del suo contratto a tempo determinato. Non lo so: non sono nella sua testa.
Ma mi ha fatto impressione leggere quelli che, quando era studentessa, dichiarava come modelli giornalistici: le Iene e Striscia la notizia.
Allora, bisogna ragionare su questo. Lapidare serve a poco:  se non si recupera l’etica che ad una generazione è stata praticamente negata, di giornalisti e creativi che se ne infischiano di ogni risvolto valoriale, ce ne saranno milioni. Anche in altre categorie, peraltro.

14 pensieri su “IRONIE

  1. Secondo me, si dovrebbe pensare ad uno scrub antironia e lanciare una grande campagna pubblicitaria. L’accusa sarà che siamo troppo pesanti, anche se, per come viene usata oggi, la parola ironia sembra derivare sempre più dal termine inglese ‘iron’, ferro, e come tale viene usata.
    Riguardo al filmato sulle stranezze del giudice, ne sono rimasta talmente shoccata che non ho voluto approfondire andando in giro per il web. In mente mi sono rimaste due voci: quella del premier che qualche giorno prima annunciava ‘ne vedremo delle belle su quel giudice’ e la voce della giornalista (?) che commentava con candida ‘ironia’ quelle belle da vedere.
    Non ho fatto linciaggi, né pubblici né privati né interiori, ma al di là della questione etica mi sono chiesta come si potesse mandare in onda e commentare tanta inconsistenza. Dal punto di vista giornalistico, dico. Dov’era la notiziabilità del fatto che una persona, benché giudice, camminasse nervosamente avanti e indietro aspettando che aprisse la bottega del suo barbiere? o che fumasse e – udite udite – indossasse calzini turchesi?
    I suoi maestri non sarebbero scesi a tanto, non da un punto di vista morale, ma proprio da un punto di vista di ‘notizia’, che in questo caso neppure striscia, proprio non c’è.
    Da un punto di vista morale poi vanno presi in considerazione i modelli, certo, e la responsabilità etica di chi li diffonde o di chi non li ostacola.
    Però non vorrei che ‘il modello’ diventasse un alibi, proprio quell’alibi che con l’ironia sono diventati il gatto e la volpe della morale postmoderna, e che in base al ‘modello’ ognuno si sentisse deresponsabilizzato rispetto a ciò che fa.
    Perché non tutti le giovani e i giovani giornalisti si sarebbero comportati così, io immagino. Come non tutti i giornalisti anziani, che hanno avuto modelli più sani, sono dei galantuomini.

  2. Ma vogliamo dire che la pubblicità dei jeans in oggetto fa schifo?
    L’applicazione dell’IPhone, in confronto, sembra un colpo di genio.
    Qui l’ironia non c’entra nulla. Fa proprio schifo. Ma non nel senso dello “schifo etico” (sarebbe anche troppa grazia). Proprio nel fatto che è brutta, banale, incomprensibile, scontata. L’ironia è una cosa seria, mica quella roba lì.
    Sul killeraggio mediatico dico solo che ho paura. Parlo sul serio. Non so che insulti abbia ricevuto Annalisa Spinoso, e da questo punto di vista solidarizzo con lei. Ma quel servizio era una porcheria. Se la giornalista se ne rende conto mi fa paura anche lei. Se non se ne rende conto forse ancora di più.

  3. Lapidare serve a poco e ad un’intera generazione e’ stata negata un’etica, sono pienamente d’accordo. Ma c’e’ qualcosa di piu’. La suddivisione degli incarichi port anche ad una diminuzione delle responsabilita’ individuali, ma non le esclude totalmente. La giovane donna in questione non sara’ stata il mandante del servizio, ma, non opponendosi si e’resa complice di un fatto molto grave, del quale dovrebbe predersi la responsabilita’. Insieme a lei dovrbbero farlo anche le altre persone che hanno collaborato affinche’ venisse messo in onda: il cameraman, colui che ne ha fatto il montaggio, eccetera. Anche queste persone hanno la loro parte di responsabilita’ ed avrebbero dovuto tirarsi indietro se non avessero voluto rendersi complici.
    Per quanto riguardal’iPhone e i jeans, sonotrovate banali e volgari, poco da dire.

  4. Faccia capire, Lipperini, il linciaggio della Spinoso è brutto perché è femmina? perché non ha ancora trent’anni? perché con un contratto a tempo determinato è ricattabile ? Non sarebbe ora di smetterla con queste diminuzioni? donna, precaria, giovane… rispetto alla vagonate di merda che stanno sommergendo il paese è ora di pretendere schiena dritta e responsabilità individuale… fanno mica tutti i giornalisti sa? provi anche con l’impresa di pulizie, se occorre, o il laureato con un lavoro modesto ci va bene solo se è negro?

  5. Non sto assolvendo Annalisa Spinoso. Sto dicendo semplicemente, derlin, che prendersela con lei ed esclusivamente con lei non ha senso. Non c’entra il suo genere sessuale, c’entrano – sono noiosa – i modelli. Se non agiamo sui modelli, chiedere la testa di una singola persona serve soltanto a chiudere un caso, forse. E gli altri?

  6. Oh beh Derlin è un tantino esagerato, e io concordo con te sulla questione dei modelli, ma mica semo insalatiere, eh! Ci sarà pure una qualche responsabilità nella ricezione dei modelli. Non ci ho un amico uno con contratto a tempo indeterminato, questo non fa scegliere ai miei amici di fare quello che ha fatto l’Annalisa. Certo che il linciaggio è stato brutto, e concordo. Ma ciò non toglie. Ragionar molto di modelli è saggio e utile e va bene. Ma l’acquiescenza specie da parte di una che deve avere avuto le sue occasioni di riflessione considerando che cerca di fare la giornalista, è un segno anche individuale, se no non ci sono più responsabilità individuali. Nel subire modelli, ma anche nel proporli.
    E sempre per la questione dei modelli. A me le iene non dispiace, ha qualcosa di creativo davvero, e dei guizzi di ingegno che secondo me sanno far presa. Però ecco, sentire una iena benchè adorabile rampognare sul giornalismo, per poi scoprire che prima di fare la iena aveva fatto la tesi di laurea in storia su Togliatti… fa pensare eh.

  7. Il servizio di canale 5 e Brachino è molto grave, se sentite il sonoro e guardate di sfuggita le immagini, vi rendete conto che il giudizio morale e la diffamazione funzionano benissimo anche senza immagini. Dato che al mattino chi guarda la Tv fa spesso qualcos’altro, ma ascolta, quel commento è una colonna sonora che veicola affermazioni ben precise cui lo spettatore non sfugge: e se gli sembra strano, avrà sempre il dubbio di non aver visto tutto e bene…
    Il Tg5 della mattina, il giorno dopo la manifestazione per la libertà di stampa a Roma, non ha fatto alcun accenno di nessun tipo. L’ha semplicemente ignorata!

  8. La prima cosa da dire è che diffondere dati sensibili della “giornalista” colpevole di quel servizio è da condannare a prescindere dalla gravità del suo operato. La lapidazione non è mai una risposta, come dice Loredana bisogna agire sui modelli.
    Però a questo punto si pone il problema della definizione di cosa è un modello. La Spinoso evidentemente ne ha avuti di pessimi, ma non può diventare lei stessa il modello negativo di ciò che un/una giornalista non dovrebbe fare?
    Il rischio secondo me è che evitando di considerare le responsabilità individuali si finisca per rendere astratto il discorso teorico.

  9. la giornalista – per quanto precaria e donna – va accusata, giudicata, condannata e possibilmente anche punita. il suo mestiere – che è anche il mio e quello di molti commentatori qui, e della stessa Lipperini – prevede delle regole, un codice etico, e norme, valori, esperienze, sedimentate nel tempo. I modelli ci sono non solo per fare cose sbagliate. Ma anche per fare quelle giuste. Perciò non ci sono scuse. «Ho solo obbedito agli ordini, non avevo scelta» è l’argomento utilizzato anche dai criminali di guerra, come Priebke. E a Priebke risposero, giustamente, che un’alternativa l’aveva anche lui: suicidarsi. Sempre meglio che ucciderne gratuitamente qualcun altro che non ha fatto la tua scelta.

  10. ho una domanda incasinata per Loredana e per tutti. forse arriva a collimare con l’importanza dei modelli. passerò per l’insulto di b a B nella trasmissione “Porta a Niente” e per le pubblicità inciampando sovente.
    l’insulto di Berlusconi a Bindi era veramente un insulto?
    la sua era una battuta, perché nessuno pensa che Bindi sia più bella che intelligente, a meno da non essere così poco intelligente che… e allora non era una battuta. problema sociale: noi qualifichiamo e quantifichiamo sempre: come sei bello\a ( comprensibile o accettabile ), quanto sei bello\a, sei più bello\a ( sarebbe da smetterla ), stesso gioco con l’intelligenza. infatti per noi è offensivo dire a chiunque se o quanto è brutto proprio perché lo è, piuttosto che perché non lo è ( su l’ultimo “che” ci andava l’accento? ). mi ricordo a scuola di quanto si confondeva rendimento, impegno, studio e intelligenza.
    comunque io ho ascoltato Berlusconi in diretta mentre si pronunciava e non ho riso neanche per una frazione di secondo, ho solo pensato “che vergogna”, ma alcuni miei conoscenti e amici hanno trovato la battuta divertente, poi magari pensano che berlusconi sia un buffone, ma di sicuro pensano che la Bindi sia un cesso. questo è un enorme problema sociale: anche mia madre di qualsiasi elemento che compare in tv commenta aspetto fisico, processo di invecchiamento ecc.
    pubblicità:
    io sinceramente non riesco a leggere i sottotesti e il linguaggio di una pubblicità. le guardo se capita e finisce lì. sono andato a vedere le tre foto di quest’ultima della meltinpot e non ho pensato nulla. cioè, alcuni spot mi possono far ridere, annoiare, stufare ecc. ma sono reazioni emotive non riflessioni. Odifreddi paragonò la pubblicità alla cacca, io mi sa che dovrei essere d’accordo. Però visto che bisogna farla direte voi che almeno sia fatta con criterio? dunque per farla bene bisogna nutrirsi bene. con buoni modelli. ma alla fine, una società che ritiene legale la pubblicità non è in parte idiota?
    la Spinoso confonde satira e giornalismo, da prima che realizzasse il servizio, urge rimedio.
    spero di non avere offeso, urtato o infastidito nessuno

  11. Paperinoromone, non hai offeso nessuno, figurati. La questione dei modelli, secondo me, deve partire dal loro riconoscimento: ed è proprio questo il lavoro che occorre fare.
    Marco: assolutamente sì. Punizione professionale, certo: non linciaggio personale che è altra cosa.

  12. Un giornalista noto e antipatico (che non nomino) sostiene che tutto sia cominciato quando Paolo Guzzanti, inviato da “La Stampa” a Darwin per intervistare il “dottor morte” (medico che praticava una specie di eutanasia) descrisse la città parlando di sabbia rossa, deserto, clima torrido, canguri pericolosi (Darwin è sul mare, ha la latitudine di Zanzibar e gli animali pericolosi del posto sono i coccodrilli) e, dopo le lettere indignate degli emigrati australiani che leggono “La Stampa”, giustificò tutto come abbaglio dovuto all’aria particolare del posto, e nel terzo pezzo dall’Australia raccontò della conferenza stampa del dottor Morte vista in Tv da Camberra (che è come stare a Lisbona e guardare in Tv una conferenza stampa a Oslo): il punto di non ritorno sarebbe nel fatto che l’ha fatta franca. Ed anzi, anni dopo, è diventato vicedirettore de “Il Giornale”. Gli articoli in questione si possono reperire nell’archivio de “La Stampa”, e Guzzanti di tanto in tanto ritira fuori quella sua “intervista.”
    Oppure, quando Magdi Allam pubblicò un libro just-in-time su Saddam Hussein, e Valerio Evangelisti (in una serie di articoli intitolati “Il Pinocchio d’Egitto” su Carmilla) scoprì e denunciò il plagio di un libretto francese da parte del “noto esperto in questioni arabe”: anche lui l’ha fatta franca, ed è diventato vice-direttore del “Corriere della Sera”.
    Se passano questi modelli, Feltri, Belpietro, Farina, Giordano seguono a ruota, Striscia & Iene diventano modelli.
    Hai ragione da vendere, Loredana: è dall’etica del mestiere che bisogna ripartire. Come diceva Lella Costa (citando Calvino in “Precise parole”), velocità, leggerezza e trasparenza senza l’esattezza producono il linguaggio di Jago.

  13. Certo che no al linciaggio personale, anche se a leggerlo così, uno fa un salto. E ci mancherebbe pure.
    E però sembra diventata la cosa più normale: rispondere linciaggio a linciaggio, che è poi l’estremizzazione di una cosa che viene da lontano: criticare qualcuno usandone lo stesso linguaggio.
    Ieri lo ricordava Lagioia, presentando a Fahrenheit il suo ultimo libro ‘Riportando tutto a casa’. Parlando degli anni ’80, ricordava come Drive in e trasmissioni simili fossero stata apprezzate entusiasticamente pure dalla sinistra (il Manifesto, per esempio) che ne individuava l’aspetto eversivo e critico verso certi modelli.
    La Gioia commentava, in modo sacrosanto: ma non si possono criticare i modelli usandone lo stesso linguaggio.
    Su questo Antonio Pascale ha scritto un saggio, secondo me fondamentale, ne ‘Il corpo e il sangue d’Italia’, che però pare passato del tutto inosservato, stando almeno a quello che si sente e si vede in giro.

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