JAPANESE PSYCHO

Se lo è chiesto il Guardian un annetto fa, ha riproposto la domanda Laura Pugno, più di recente, su Il Manifesto: «Perché al giorno d’oggi si traduce tanta letteratura giapponese? Forse perché la si considera particolarmente cool ? O perché le case editrici di Tokyo investono molti sforzi nella vendita dei diritti di traduzione? O infine perché la generazione di lettori occidentali cresciuta in mezzo a manga, Playstation e film con "Beat" Takeshi ha ormai l’età per apprezzare la letteratura contemporanea?».
Viene da rispondere la cosa più ovvia: c’è romanzo e romanzo. Personalmente, preferisco la lettura dell’opera omnia di Federico Moccia a Gridare amore dal centro del mondo. Mentre su Tokyo Soup di  Ryu Murakami mi trovo ad essere molto d’accordo con chi lo ha accostato ad American Psycho, con dovuti distinguo, e molto in disaccordo (ma ormai è un classico) col mio adorato Obi-Wan-La Porta quando afferma, su XL, ciò che segue: "L’autore, già regista di Tokyo Decadence, si impegna a farci affezionare al “mostro”, contro una “normalità” artificiale (acquari virtuali con pesci computerizzati…). Ma presentarlo come un eroe della resistenza, via, è davvero troppo".
Invece, è quel "troppo" che vale l’intero romanzo.

5 pensieri su “JAPANESE PSYCHO

  1. Io direi che Banana Yoshimoto ha finito di essere un caso e semplicemente si comincia a guardare con un interesse normale alla produzione giapponese. L’articolo di Pugno, anche interessante, mi sembra una tipica montatura giornalistica.

  2. Convido cio’ che dici: c’e’ romanzo e romanzo, anche in Giappone.
    Da appassionato della Yoshimoto e della cultura giapponese in generale, trovo che gli autori giapponesi che leggo esprimano bene quel mix di antiche tradizioni e innovazione, che e’ il Giappone (con tutti i contrasti, che ne seguono).
    Ma, ovviamente, non posso generalizzare.

  3. A me è piaciuto molto Serpenti e piercing di Hitomi Kanehara. Ma anche il romanzo da cui è stato tratto The ring, non mi ricordo l’autore.

  4. C’è romanzo e romanzo, ovvio, ma c’è anche chi decide cosa far leggere della narrativa straniera.
    A me (che pure ho una spiccata predilezione per l’Oriente) sembra che il Giappone sia un po’ troppo presente. Forse “montato”, forse semplicemente richiesto, ma comunque a discapito di romanzi altrettanto “romanzi” che vengono da altrove.

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