LA BOTOLA E IL PRESTIGIO: A MARGINE DI COLONIA, SULLE DISCUSSIONI IN ATTO, CON UN PENSIERO A BOWIE

“Ogni numero di magia è composto da 3 parti o atti. La prima parte è chiamata “La Promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino, o un uomo. Vi mostra questo oggetto. Magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare se sia davvero reale, sia inalterato, normale. Ma ovviamente… è probabile che non lo sia. Il secondo atto è chiamato “La Svolta”. L’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ora voi state cercando il segreto… ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. Per questo ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo “Il Prestigio””
Era un gran film, The prestige di Christopher Nolan, tratto dal notevolissimo (e in Italia misconosciuto) romanzo di Christopher Priest. Non mi sembra che sia stato fra i più ricordati, nelle commemorazioni di ieri per la morte del nostro amato Davide Bowie. Che qui vestiva i panni di Nicola Tesla, che è personaggio a sua volta attrattivo per chi racconta storie (pensate a Lampi di Jean Echenoz ma, in un certo senso – anche se Tesla non vi appare – a Revival di Stephen King).  The prestige racconta una storia di illusionisti, ma anche questa è una mera apparenza: nei fatti, quel duello di magia adombra riflessioni su molti punti che sono tutt’altro che faccenda da maghi e non appartengono ai secoli passati, ma affrontano questioni come il doppio, la coscienza del doppio (simile a quella che viene indagata da Dick, o da Ishiguro in Non lasciarmi), e, appunto, il potere del prestigio.
Nella lunga discussione che, molti anni fa, appassionò i commentatori di questo blog, qualcuno disse: “nessuno si cura mai di quello che sta sotto la botola, tutti cercano il prestigio. E invece  lo straordinario è fatto di questo, di quello che sta sotto la botola. Anzi, del passaggio rischioso tra quello che sta sotto a quello che sta sopra, dalla svolta al prestigio”.
Ora, può apparire molto facile applicare quel meraviglioso meccanismo narrativo al nostro modo di essere oggi e soprattutto al nostro modo di vivere le discussioni: ma visto che è facile, facciamolo. Nessuno si cura di quello che sta sotto la botola. Le discussioni, e mi riferisco certamente a quella in corso, tuttora, su Colonia, non vengono agite e partecipate per reciproco arricchimento: la ricerca è rivolta al prestigio. Vogliamo essere ingannati: da un titolo di giornale, da un politico, da un o una giornalista sbrigativa. Ma, soprattutto, vogliamo che quel che gli altri dicono confermino quel che già pensiamo, e siano medicamento alle nostre paure.
Può funzionare, e anzi funziona. Non per sempre, però. Perché, come diceva Bowie-Tesla nel film, “un uomo va al di là di ciò che può afferrare” (e una donna va al di là di ciò che può afferrare, e così dovrebbe essere, auspicabilmente).
NB. Questo post è una risposta alle non poche polemiche suscitate da quanto ho scritto ieri. Dopo giorni in cui si sollecitavano “le femministe” a parlare, è stato accolto (da alcune e alcuni) come un tradimento – per di più “dispotico” – il fatto che le parole pronunciate non fossero quelle attese. Ogni pensiero è naturalmente criticabile: nei fatti, però, continuo a pensare che sia più importante cercare sotto la botola. E comunque rivedete il film, anche per ricordare Bowie.

6 pensieri su “LA BOTOLA E IL PRESTIGIO: A MARGINE DI COLONIA, SULLE DISCUSSIONI IN ATTO, CON UN PENSIERO A BOWIE

  1. Mi ricordo di un certo Platone e di una caverna… Ti sbagli cmq… ormai la massa il prestigio nemmeno lo vede… si accontenta di una promessa dopo l’altra… gli basta quella…

  2. E’ probabilmente il meccanismo che regge il famigerato storytelling nella accezione in cui siamo abituati a ritrovarlo da qualche tempo nei media.
    Tutti seduti intorno al fuoco sulla spiaggia a fine estate e qualcuno tira fuori una chitarra e a tutti gli altri basta cullarsi con l’idea che tutto sommato poca roba è + complicata di una maglietta fina e di una aria da bambina.
    Poi arriva settembre e tutti quei compiti da finire prima del primo giorno di scuola e la tv che è piena di qualche rimpasto e di qualche legge di stabilità e di qualche conflitto lontano e delle repliche di un telefilm tedesco dalla fotografia sbiadita che fa sembrare il video di Ashes to Ashes un messaggio dal futuro.

  3. Dichiararmi femminista in Italia è essere guardata come: “povera vecchia isterica post -rivoluzionaria fuori tempo massimo”. Invece noi donne abbiamo perso terreno nella vita di tutti i giorni, qui nel nostro paese, sul piano della parità. Le studentesse sono spesso più brillanti dei loro compagni maschi e per esempio nella Sanità, i prossimi medici saranno sopratutto donne.
    Per strada fino a dieci anni fa pochi erano i commenti, gli sguardi indesiderati sul corpo delle donne. Oggi avverto un nuovo maschilismo predatorio-valutativo. Si fa fatica a dare per scontato che una persona è una persona e una donna non soffre di alcuna minorità.
    Una delle cose che mi da gioia, anche se ormai collocata cinque anni fa, è stata la manifestazione “Se non ora, quando”. Io comunque vorrei che le ragazze in Italia capissero che femminismo è una parola che vuole significare autoconsapevolezza dei propri diritti, che non derivano da gentile concessione maschile.

  4. in ogni caso, anche senza considerare che è una vicenda avvolta da nebbie letterarie accaduta in una nazione dove le forze dell’ordine non sono famose per farsi mettere in mezzo, non bisogna scordarsi che perfino mille criminali che avrebbero agito all’unisono (con modalità da squadre speciali) e che provengono dalla stessa macro-area non rappresenterebbero altro che mille criminali, anche qualora fossero stati orchestrati da un’oscura regia

  5. …in ogni caso, anche senza considerare che è una vicenda avvolta da nebbie letterarie accaduta in una nazione dove le forze dell’ordine non sono famose per farsi mettere in mezzo, non bisogna scordarsi che perfino mille criminali che avrebbero agito all’unisono (con modalità da squadre speciali) e che provengono dalla stessa macro-area non rappresenterebbero altro che mille criminali, anche qualora fossero stati coordinati da un’oscura regia

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