Riporto integralmente il comunicato stampa di Human Right Watch.
Il governo italiano non sta prendendo le giuste misure atte a prevenire e perseguire la violenza razzista e xenofoba, afferma Human Rights Watch in un rapporto pubblicato oggi. Gli immigrati, gli italiani di origine straniera e i Rom sono stati vittime di brutali attacchi occorsi in Italia negli ultimi anni.
Il rapporto “L’intolleranza quotidiana: la violenza razzista e xenofoba in Italia” documenta in 81 pagine le mancanze dello Stato italiano nel prendere misure efficaci contro i crimini imputabili a odio discriminatorio. Sono rari i casi in cui l’aggravante razzista venga contestata nelle azioni penali per violenze, e le autorità italiane tendono a sminuire la portata del problema e non condannano con la necessaria forza gli attacchi. La inadeguata formazione delle forze dell’ordine e del personale giudiziario e la incompletezza della raccolta di dati aggravano la situazione. Allo stesso tempo, la retorica dei politici, le misure del governo e la cronaca mediatica collegano gli immigrati e i Rom alla criminalità e contribuiscono ad alimentare un clima di intolleranza.
“Il governo dedica molta più energia a incolpare i migranti e i Rom dei problemi che attanagliano l’Italia di quanto non faccia per fermare gli attacchi violenti contro di loro”, ha detto Judith Sunderland, ricercatrice senior per l’Europa occidentale di Human Rights Watch. “Le dichiarazioni allarmiste del governo su una invasione di ‘proporzioni bibliche’ dal Nord Africa è solo l’ultimo esempio di retorica irresponsabile. I funzionari dovrebbero proteggere i migranti e i Rom dalle aggressioni “.
In tutta Italia vi sono stati attacchi e violenze da parte di individui e bande contro immigrati, Rom e italiani di origine straniera, come le folle che hanno attaccato insediamenti rom a Napoli nel maggio 2008, quelle che hanno aggredito i lavoratori stagionali immigrati dall’Africa a Rosarno, in Calabria, nel gennaio 2010, o come il gruppo di almeno 15 uomini che ha attaccato un bar bengalese a Roma nel marzo 2010.
Le autorità hanno registrato 142 crimini imputabili a odio discriminatorio nei primi nove mesi del 2009, ma in un periodo pressappoco uguale esaminando le notizie pubblicate sulla stampa una organizzazione italiana anti-razzista ha registrato 398 di questi crimini, fra cui 186 aggressioni fisiche (18 delle quali hanno portato alla morte dell’aggredito).
Esempi di casi di attacchi individuali includono l’omicidio di Abdoul Guiebre, un italiano originario del Burkina Faso ucciso a sprangate in strada a Milano nel settembre 2008, dopo un piccolo furto in un bar; il brutale pestaggio di un uomo cinese mentre aspettava un autobus avvenuto a Roma nell’ottobre 2008, e l’attacco nel febbraio del 2009 subito da un cittadino indiano in una cittadina fuori Roma, in cui fu picchiato, cosparso di benzina e dato alle fiamme.
Human Rights Watch ha anche documentato preoccupanti casi di maltrattamento contro i Rom da parte delle forze dell’ordine, sia durante le operazioni di sfratto dei campi che nelle stazioni della Polizia di Stato o dei Carabinieri.
La legge italiana prevede delle pene detentive più severe per reati aggravati della motivazione razziale, ma questo strumento non si è ancora dimostrato all’altezza delle sue ambizioni, afferma Human Rights Watch. La cosiddetta Legge Mancino del 1993 è stata spesso interpretata dai pubblici ministeri e dai giudici come applicabile solo ai crimini unicamente motivati dall’odio razziale, lasciando che gravi crimini razzisti venissero perseguiti come se si trattasse di reati comuni. Il pubblico ministero del caso dell’uccisione di Abdoul Guiebre lo ha istruito come un crimine ordinario, per esempio, nonostante gli insulti razzisti scagliatigli contro dai suoi aggressori durante l’attacco. Inoltre, la Legge Mancino non contempla affatto i crimini motivati dall’odio verso l’orientamento sessuale e l’identità di genere delle vittime.
La violenza estrema nel gennaio 2010 a Rosarno, in Calabria, sofferta dai lavoratori stagionali africani che si videro scatenati contro raid e sparatorie partite da macchine in corsa, in tre giorni di violenza di bande che causarono l’ospedalizzazione di almeno 11 migranti con gravi ferite, non ha portato a processi e condanne per crimini motivati dall’aggravante razzista. Solo tre italiani sono stati processati e condannati in connessione con questa violenza, durante la quale anche residenti locali e agenti di polizia hanno subito lesioni, alcune delle quali causate da immigrati durante la loro sommossa in protesta contro gli attacchi subiti dalle folle locali.
Rappresentanti delle autorità italiane hanno ridotto al minimo la dimensione razzista della violenza di Rosarno, in linea con una tendenza generale a chiamare “rari” i crimini a sfondo razzista. Il Governo italiano non raccoglie o pubblica statistiche disaggregate su notizie di reato o di azioni penali intraprese su casi di violenza razzialmente motivati. Le autorità usano i numeri bassi di denunce e di azioni penali per sostenere che la violenza razzista è rara, ignorando l’impatto sui dati della reticenza a denunciarla e della mancanza delle autorità a identificarla correttamente.
“Il Governo italiano vuole far credere che la violenza razzista non accada quasi mai”, ha detto Sunderland. “Ma se sei un italiano appartenente a una minoranza etnica o Rom o un migrante, la verità è che essa è fin troppo comune. Riconoscere la portata del problema è una condizione necessaria per farvi fronte”.
Una conseguenza della mancanza delle autorità nel riconoscere questi crimini d’odio discriminatorio come un problema significativo è che il personale delle forze dell’ordine e i pubblici ministeri non ricevono una formazione specializzata e sistematica per l’individuazione, l’indagine e il perseguimento della violenza razzista.
I Rom, oggi la minoranza più vilipesa in Italia, sono particolarmente a rischio di abusi e maltrattamenti durante gli sfratti dai loro insediamenti e qualora si trovino sotto la custodia di poliziotti o carabinieri, ha riscontrato Human Rights Watch. Vedendo che gravi accuse di maltrattamenti subiti da parte di personale delle forze dell’ordine non vengono indagate, e che permane una virtuale impunità per le violenze scatenate da folle contro i loro campi, molti Rom hanno poca o punto fiducia nelle istituzioni pubbliche.
“Molte persone, soprattutto immigrati privi di documenti e Rom, hanno semplicemente troppa paura di andare alla polizia”, ha detto Sunderland. “Il governo deve fare molto di più per incoraggiare la segnalazione dei reati e ricostruire la fiducia tra queste comunità particolarmente vulnerabili”.
I discorsi politici e le notizie riportate dai media che collegano immigrati e Rom alla criminalità hanno alimentato una pericolosa intolleranza in un Paese che ha visto un aumento enorme dell’immigrazione negli ultimi 10 anni.
Dal 2008, il governo di Silvio Berlusconi, in coalizione con la Lega Nord, partito apertamente anti-immigrazione, ha emesso decreti di “emergenza” per spianare la strada a misure forti contro gli immigrati irregolari e i Rom, e ha passato una legge che rende l’ingresso senza documenti e il soggiorno in Italia reati punibili con una multa salata. Eletti di tutti gli schieramenti politici si sono impegnati in propaganda anti-immigrati e anti-Rom.
Il rapporto di Human Rights Watch contiene raccomandazioni concrete al Governo italiano volte a rafforzare la sua risposta alla violenza razzista e xenofoba, tra cui:
• La violenza razzista e xenofoba va condannata fino al più alto livello, con coerenza, continuità e forza.
• Il diritto penale va riformato per assicurare che la circostanza aggravante della motivazione razziale possa essere contestata anche in presenza di motivazioni miste, e per espandere l’elenco delle caratteristiche protette ai fini di includere, come minimo, l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
• Va reso obbligatoria la formazione del personale delle forze dell’ordine e i pubblici ministeri per individuare, investigare e perseguire penalmente i crimini motivati, in tutto o in parte, da pregiudizi razziali, etnici, o xenofobi.
• Statistiche esaustive sui crimini motivati dall’odio discriminatorio vanno raccolte e pubblicate periodicamente.
La legge mancino può essere usata in tutti questi casi ma non lo si fa. Duole dirlo ma temo non sia responsabilità del governo visto che – per fortuna – la magistratura è ancora indipendente. Così come non si denunciano ai sensi della mancino le campagne razziste dei giornali. Direttori di giornali, capo redattori non si sentono coinvolti e continuano a titolare “Rom ubriaco investe un pedone” dove il problema è l’ubriachezza non l’appartenenza etnica dell’autista. Non si può generalizzare tuttavia questo pare essere l’andazzo. Sempre per quanto riguarda i Rom – giornalisti, assessori comunali e ministro dell’Interno, sembrano ignorare che una quota parte dei Rom sono cittadini italiani. Il pregiudizio anti rom – come quello antisemita – sembra non avere mai fine. Duole ancora dirlo ma – dal dopo guerra ad oggi – non c’è stata una politica indirizzata all’integrazione dei cittadini italiani rom e le associazioni che se ne occupano (mi scuso per la generalizzazione) non hanno fatto un buon lavoro. E ora la parte più difficile 1. La costruzione di campi in zone già di per sé degradate non ha certo favorito integrazione e buone pratiche 2. Per demolire un pregiudizio ci vuole un lavoro culturale che non proceda a corrente alternata ma sia costante e coinvolga tutti 3. Si deve prendere atto che alcuni gruppi vivono di elemosina e piccoli furti. Il che, inevitabilmente, produce del disagio per chi accanto ai campi ci vive. 4. L’Italia non ha mai promosso politiche – come quelle americane – per la promozione attiva di chi appartiene a una minoranza nazionale. Non esistono borse di studio dedicate, quote per l’introduzione al lavoro ecc. Ci si affida a una generica carità “cristiana”. Non basta. Le stesse associazioni non denunciano ai sensi della mancino giornalisti e siti spacciatori di odio. La sinistra, a parte i bei proclami di principio (sempre di meno purtroppo) dove amministra o ha amministrato si è comportata esattamente come il centro destra.
condivido in pieno il discoro di barbara, e aggiungerei un punto 3bis: il trattamento riservato da molti rom ai loro bambini – sotto i nostri occhi – non predispone alla tolleranza e al rispetto per la loro ‘cultura’. Il pulmino dedicato al trasporto dei bambini dal campo rom alla nostra scuola elementare di quartiere (tempo pieno, mensa e tutto) andava e tornava spesso vuoto, perché i genitori non volevano mandare i figli, anche piccolissimi, a scuola. Questo non giustifica politiche sbagliate o incuria, ma forse stempera un po’ i bei proclami.
A me sembra che un po’ tutta la società italiana sia chiusa agli immigrati, anche di seconda/terza generazione. Guardo qui in Svezia alcuni personaggi “di rilievo” sotto i 40 anni: caporedattore DN (la Repubblica svedese) Peter Wolodarski, genitori polacchi, ministro delle pari opportunità Nyamko Sabuni nata nel Burundi, nazionale di calcio, gente come Ibrahimovic (entrambi i genitori ex Jugoslavia), regista di Videocracy Erik Gandini italo-svedese, segretario del partito socialdemocratico Ibrahim Baylan nato in Turchia, vincitore del Melodifestival, il Sanremo svedese Eric Saade (papà libanese). Insomma, non importa se si parli di cultura, politica, sport, musica, gli immigrati ed i loro figli riescono ad emergere.
In Italia si è fatto casino per Balotelli in nazionale…
Ancora sulle comunità rom. Nonostante gli studiosi si sgolino da più di un decennio alle amministrazioni comunali non è giunta voce che, tranne per una piccolissima minoranza, i rom non sono più nomadi ma stanziali. Tuttavia ogni minimo tentativo – ne ricordo una della Regione Lazio – di dare accesso all’edilizia pubblica muore. Nessuno vuole perdere voti dai propri elettori per una minoranza invisa. Le forze dell’ordine partecipano della cultura generale del paese – ergo è difficile siano meno razzisti dell’italiano/a medio. Sulla scolarizzazione il discorso è molto complesso e non sono in grado di riassumere gli studi in circolazione. Però – e sto parlando di Roma – poiché sempre i campi sono in zone degradate di per sé sarebbe cosa buona e giusta e anche utile attrezzare pulmini per portare tutti i bambini – rom e no – della zona a scuola. Questo credo distenderebbe un poco i rapporti. Poi bisogna considerare che nessuna famiglia vuole esporre i suoi figli alle aggressioni verbali e no dei razzisti. Come sono trattati i bambini rom nelle nostre scuole è vergognoso (sempre con i dovuti distinguo) e, confesso, neanche io manderei mio figlio/a in un posto dove so con certezza che sarà discriminato, insultato e isolato.
Mi metto in mezzo tra barbara 2 e diana aggiungendo che esiste un obbligo scolastico e quindi quando un bambino rom o meno non va scuola spetta agli operatori e alla legge garantire che ci vada, includendo in questo anche lo sforzo antidiscriminatorio della scuola. Perchè non è vero che l;a scuola in massa discrimini e in genere chi ci lavora si sforza, nei modi giusti o sbagliati che siano – parlo sempre genericamente – di accogliere i bambini. O non si capisce allora come questo valga per i rom e non per gli altri bambini di origine straniera che vanno a scuola in Italia. che il ulmino torni vuoto è un simbolo di fallimento di chi ha istituito quel pulmino. La volta dopo ci mandi gli assistenti sociali e la direzione didattica. Resta quindi giusto Human Right Watch: manca in italia la volontà politica dell’ integrazione anche se i mezzi e le leggi li abbiamo.
Io credo che “proteggere” gli immigrati e gli italiani di origine straniera dagli italiani sia solo una parte di quello che non è stato fatto e che si deve fare. Forse, e dico forse, se la popolazione italiana si sentisse a sua volta tutelata dalla criminalità e fosse aiutata nel difficile compito di convivere con culture diverse, il problema sarebbe di dimensioni ben più ragionevoli. Il fatto è che siamo indifesi, non solo contro i criminali stranieri ma anche contro quelli italiani, ma c’è meno tolleranza verso chi è ospitato. La rabbia cresce a dismisura quando si va a chiedere aiuto alla polizia e questi non possono che allargare le braccia e dire che finchè non accade qualcosa di “grave” loro non possono intervenire. Poi succede che ci si difende da soli, purtroppo. E il risultato non è mai dei migliori così come l’atteggiamento non è più circoscritto.
Premetto che quanto leggo discorsi che riguardano la “cultura” nei termini in cui se n’è parlato qui, o che tirano in ballo il fatto che sul nostro territorio c’è gente “ospitata” mi vengono i brividi. Ed è rabbrividendo che scrivo questo post.
A proposito dei Rom, ho una piccola esperienza da raccontare, che però trovo molto indicativa. M’è capitato di fare un tirocinio come educatrice, e di avere un rapporto abbastanza stretto con una famiglia Rom. I genitori avevano 28 e 27 anni e cinque figli, la più grande dei quali aveva quattordici anni. Erano venuti in Italia in cerca di lavoro, senza trovarlo, motivo per cui vivevano in una roulotte nel parcheggio di un capannone che ospitava un’associazione che, in teoria, si occupava di loro. In sette. I genitori dimostravano cinquant’anni, la madre era completamente deformata dai parti. Erano tutti analfabeti, tranne due dei bambini, che avevano già iniziato la scuola qui in Italia. La ragazzina più grande pur andando a scuola non riusciva a imparare a leggere e scrivere. Questo significa che non riuscivano a fare NULLA, non sapevano usare un cellulare nè leggere gli orari di ricevimento di un medico. La madre non voleva che la ragazzina più grande andasse a scuola perché – comprensibilmente – aveva bisogno di aiuto con i figli più piccoli. Il padre era alla continua ricerca di soldi che spuntavano fuori immaginatevi da dove. Con i figli erano due stronzi, su questo non ci piove, ma c’è anche da dire che è difficile guardare alla vita con tenerezza quando si comincia a partorire a 13 anni, si vive in un parcheggio che quando piove diventa un pantano in una roulotte insieme a cinque bambini che si ammalano di continuo a causa delle condizioni igieniche terribili (funghi, pidocchi, influenze continue ecc). La nonna (che se fate i conti aveva poco più di quarant’anni) morì di cancro nel periodo in cui io li frequentavo. Dubito che fosse riuscita a curarsi come si curerebbe una di noi. La ragazzina diceva che era morta perché era vecchia.
Ora, sulla questione razzismo io ho un’opinione piuttosto radicale. Penso che lo stato nazionale, basato sulla cittadinanza, sia intrinsecamente razzista, non possa farne a meno. Le sue leggi e le sue istituzioni plasmano una società razzista. Tuttavia, ci sono diversi gradi di discriminazione e di esclusione. La situazione dei Rom, in Italia, è il grado massimo che io conosca in un paese occidentale.
E a proposito della scuola: ricordo che un’educatrice ci raccontò che fino a qualche anno fa nelle scuole che lei frequentava si parlava di “integrazione” (concetto già di per sé problematico), mentre adesso si parla di “tolleranza”.
io sui rom non ho esperienze di conoscenza diretta, ma mi sono informato un po’ sul resto d’Europa e mi risulta che in Spagna la comunità gitana sia integrata e non ci siano tutti questi problemi di convivenza che si registrano in Italia che credo siano dovuti ad una pessima gestione politica dei soldi che la comunità europea stanzia per aiutare queste comunità a integrarsi (che sarà una parola problematica, ma in una società che è e sarà sempre più multietnica mi pare l’unica via).
Non che in Spagna sia tutto rose e fiori, ma non c’è neanche tutto questo odio verso la comunità rom che invece registriamo qui.
Invito chi conosce meglio e da vicino la realtà spagnola intervenisse per confermare o precisare ciò che ho detto
“Invito chi conosce meglio e da vicino la realtà spagnola a intervenire”. Scusate, devo rileggere meglio ciò che scrivo.
@ Adriana
No, lo stato nazione non è necessariamente fonte di razzismo e discriminazione. Dipende dallo Stato. Uno dei problemi italiani è che la cittadinanza è molto difficile da acquisire e non vige lo “ius solis” ossia la cittadinanza riconosciuta a chi nasce in uno stato indipendentemente da dove sono nati i suoi genitori. Per quanto riguarda i rom nessun governo di questo paese ha mai attuato una politica di integrazione di questi suoi cittadini – ribadisco moltissimi rom sono cittadini italiani.
@mammasterndam
Capisco cosa intendi e sono in parte d’accordo con te. Però il pregiudizio sui rom è antico quasi quanto quello antisemita e altrettanto difficile da sradicare. Ci sono istituti scolastici che non hanno alcun problema con i bambini “stranieri” ma entrano in crisi con la presenza dei rom. Non si può chiedere a una minoranza di farsi carico di sradicare un pregiudizio. Per dirti, è ancora diffusissima la favola che i rom rubino i bambini. Quindi questa vicenda è particolarmente complessa da gestire.
Come suggeriva Adriana anch’io ho notato la conversione dell’integrazione in tolleranza, una tolleranza in qualche caso piuttosto posticcia e ipocrita direi. Come se la tolleranza divenisse capacità di sopportare e non di comprendere e interagire.
il mio è un quartiere piccolo e multietnico, ci sono una scuola materna e una elementare frequentate da bambini di ogni colore, lingua e religione, eppure mi capita spesso di sentirmi dire “Io mio figlio non lo manderei mai in quella scuola ci sono troppi stranieri e rallentano tutta la classe”
purtroppo questi sono il genere di pensieri rallentano la società aperta e civile in cui mi piacerebbe vivere.
per quel che riguarda i Rom ho visto poco tempo fa un bellissimo documentario nel blog di Marina Terragni, il titolo era “Seminateci bene” e vale davvero la pena di vederlo, offre molti spunti di riflessione, prima di tutto sulla splendida umanità di alcune insegnanti che andrebbero clonate e sparpagliate per tutto il paese (paesini leghisti compresi) e viceversa su quanto siano inumane certe nostre amministrazioni.
in fine un piccolo aneddoto personale che mi fa ben sperare per il futuro, l’amica del cuore di mia nipote (4 anni) alla materna si chiama Jamira ed è di origine africana, il paese esatto non l’ abbiamo ancora capito perché l’unica volta che mia suocera ha indagato è finta così:
“Tesoro di alla zia da dove viene Jamira”
“Nonna insomma da dove vuoi che viene, viene dal pulmino no!!”
“No intendevo dire dove è nata”
“Non lo so, sarà nata dalla sua mamma come tutti”
“viene dal pulmino”!!!! Fantastica.
@barbara: lo ius solis è uno dei principi fondamentali della repubblica francese, eppure non mi sembra che lì i problemi d'”integrazione” non ci siano. Questo perché è precisamente l’idea di “integrazione” (assieme a molte altre cose, per carità) il problema, perché semplicizza una situazione che è molto complessa: in sostanza, dice che chiunque arrivi in un paese occidentale (guarda caso non si parla mai di integrazione, che ne so, degli europei che vanno a vivere a dubai) deve piano piano farsi assorbire in esso, mantenendo meno possibile le sue specificità linguistiche e culturali, affinché diventino niente più che una questione di folklore, da tirare fuori alle feste multietniche. Questo perché l’occidente ha REALMENTE paura dell’invasione islamica, anche se gli unici che ne parlano in questi termini sono i leghisti nostrani e un po’ di nazisti sparsi qua e la. Abbiamo davvero paura di perdere la nostra “cultura” e le nostre “tradizioni” a causa dell’arrivo di altri, per questo li integriamo. Non pensiamo mai che, viceversa, dovrebbe esserci un adattamento reciproco (un adattamento vero, non basta servire cous cous alle mense scolastiche), come nella storia è accaduto e accade di continuo. L’idea di “integrazione” cerca solo di mettere un freno a qualcosa che è inevitabile e che sta già accadendo, cioè il fatto che grandi masse di persone che si spostano mutano inevitabilmente in profondità i luoghi in cui arrivano.
Scusate, il commento qui sopra è mio.
Adriana credo che siamo d’accordo su tutto, solo ponendo l’accento su questioni diverse. Per me il diritto di cittadinanza è fondamentale a garanzia di tutti e tutte e penso anche che gli occidentali emigrati negli Emirati arabi abbiano i loro bravi problemi di integrazione. A titolo personale – ma se vuoi cambiamo termine – l’integrazione è un processo di reciproca modificazione delle culture, che non sono monadi ma non si può neanche fingere non esistano. Le culture si muovono, le persone cambiano, gli adattamenti sono lunghi – non si realizzano in dieci anni. E nei miei interventi mi ero concentrata molto sulla minoranza rom perché ha una storia molto peculiare e poco nota. Sono ottimista da un lato – credo che i cittadini provenienti da Stati di religione musulmana avranno sempre meno problemi mentre tra 5o anni rischiamo di discutere ancora se è vero o no che gli zingari rubano i bambini -))) Spero di essere stata chiara..
Il problema è che a livello di istituzioni, normative, programmi educativi ecc…l’integrazione non è quello che dici tu. Ed è qualcosa che riguarda gli stati nazionali, cioè un prodotto della storia europea. Pensa cosa accadrebbe se l’Emiro di Dubai ponesse il problema dell’integrazione degli stranieri provenienti, che ne so, dall’Italia, nel suo paese (e lì sono percentuali altissime della popolazione). Se gli facesse fare test di arabo, se costringesse i loro figli a frequentare scuole statali e via dicendo. Non per niente, non accade.
Sui Rom il discorso è particolare, hai ragione. E’ qualcosa di legato a pregiudizi radicatissimi, che le istituzioni – sottolineo questo punto – alimentano e rigenerano continuamente, un po’ attivamente (costruzione di campi schifosissimi, ostacoli al nomadismo e a chi vive d’elemosina ecc) e un po’, diciamo, in modo passivo (impossibilità di trovare lavoro se non si hanno titoli di studio, regolamentazione strettissima di qualunque attività, per cui se non si hanno una barcata di soldi è praticamente impossibile mettere su, ad esempio, un piccolo laboratorio artigianale). La situazione attualmente è talmente degradata (considera quanto in fretta possono sedimentarsi i problemi se c’è una nuova generazione ogni 13-14 anni) che non credo possa essere risollevata, almeno un minimo, senza investirci molte risorse. L’impegno degli insegnanti più illuminati e dei singoli cittadini, a mio avviso, non può proprio bastare. C’è la volontà di investire questi soldi? Inutile rispondere.
Adriana, sarà l’illuminista che è in me, tuttavia se l’Emiro del Dubai facesse quel che dici tu a me non mi parrebbe tanto strano. Vivere in un paese e non parlarne la lingua non è una bella cosa, è deprivante. Pure da turista provi a chiedere il caffè nella lingua del paese in cui ti trovi -)))
Sono d’accordo con barbara, secondo me è impensabile che un europeo che decide di vivere stabilmente a Dubai non ne assuma almeno un po’ la cultura a meno che non passi tutto il suo tempo esclusivamente con altri connazionali. Già il fatto di imparare la lingua del paese in cui hai deciso di vivere è una forma di integrazione.