Mi sia permessa un poco di veemenza. Negli ultimi giorni continuo a leggere analisi (chiamiamole così) da parte di filosofi, editorialisti, pensatori che si dimostrano saldi nell’argomentare e nell’esporre che la sinistra ha perso per colpa delle femministe. Non lo dicono proprio così, per un residuo di pudore: sostengono, codesti signori che si infilano nel primo pertugio disponibile per togliersi i macigni dai calzini, che la sinistra ha pensato troppo ai diritti civili, alle donne, alle persone LGBTI, a tutto ciò che secondo loro poco conta rispetto alle bollette e agli affitti e alla mancanza di lavoro. Come se le due cose fossero disgiunte. Come se battersi per un diritto ne escludesse un altro.
Ebbene, alla luce di quello che sta avvenendo in queste ore, con il varo di un decreto gravissimo che, guarda un po’, lede un diritto costituzionale (parlo del divieto di raduno, altro che rave), mi piacerebbe dire ai signori in questione (regolarmente maschi, bianchi, di mezza età e ben pasciuti, e che non mi sembra di aver mai sentito parlare, che so, dello sciopero dei lavoratori GKN – lo avete fatto, cari? E quando?- , o di aver detto “a” su Grafica Veneta, per citare due soli casi, due soli fra mille e mille) che magari la sinistra ha perso perché ha preparato a lungo il terreno a questa destra invece di opporvisi.
Spero di non annoiarvi con un secondo brano da Roma dal bordo. Che ci riporta indietro, capriolando fino al 2007 e alla storia di Giovanna Reggiani.
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