LA GUERRA DI PHILIP

“La guerra che stiamo combattendo non è contro questo o quel partito, questa o quella bandiera, i nostri genitori o qualcuno in particolare: è contro la stupidità. E la stupidità non va sottovalutata. Il poeta Schiller, le cui grandi parole sulla Gioia sono state musicate da Beethoven nella Nona Sinfonia, conosceva l’enorme ruolo che la stupidità ricopre nelle cose degli uomini: ‘Contro la stupidità, diceva, gli stessi dei combattono invano'”.
Parole dello scrittore Philip Pullman, che cadono a proposito nella discussione sui beni comuni: nel caso, le biblioteche. Da mesi, l’autore di Queste oscure materie è in prima linea contro la chiusura delle medesime, insieme a Zadie Smith e Alan Bennett. Dieci giorni fa, nonostante  il ricorso all’ Alta Corte, sei biblioteche del comune londinese di Brent hanno chiuso. Tra queste, quella di Cricklewood, inaugurata nel 1900 da Mark Twain. Una decisione che Pullman ha definito “un capolavoro che dovrebbe essere citato in tutte le antologie di idiozia politica da qui all’eternità”.
Così, ha rilanciato, pochi giorni fa, davanti ai bibliotecari stessi, chiamandoli alla guerra, perchè le  biblioteche sono in prima fila nella medesima, contro coloro che cercano di rendere i libri (“secondi solo alla ruota nelle invenzioni umane”) meno accessibili: “é esattamente quello che stanno facendo con queste chiusure: oh, non intenzionalmente, perchè – fatte salve le eccezioni – poche persone sono intenzionalmente stupide. Ma questi sono gli effetti”.
Non che le biblioteche italiane siano messe meglio: ed è importante quanto è stato fatto nelle scorse settimane dai TQ e da quanti hanno aderito a Carta batte forbice. E’ importante quanto faranno, venerdì, Michela Murgia e gli scrittori sardi che interverranno a Sassari in favore delle librerie indipendenti.
Eppure, un fondo di malinconia resta. Un po’ perchè mancano i nomi da mega-seller, mi sembra, che si spendano in tutte le tribune disponibili allo stesso modo di Pullman. Un po’ perché le iniziative italiane restano, mediaticamente, in sordina: anche in rete, temo. Pullman, Smith e Bennett hanno coinvolto migliaia e migliaia di navigatori nelle loro battaglie. E le nostre?

37 pensieri su “LA GUERRA DI PHILIP

  1. qualche anno fa mi divertivo a far parte dei “passalibristi” di fahrenheit e lessi una polemica imbastita da chi sosteneva che il “passalibrismo” inseriva nella gente l’idea blasfema che si potesse leggere libri gratis.
    qualcuno rispose che esistevano posti e luoghi di perdizione che si chiamavano “biblioteche”.

  2. Sì, certo, Barbara. Sono due piani differenti e due iniziative (Carta batte forbice e Sassari) diverse. Però, quello su cui riflettevo è la mancanza degli equivalenti italiani di Pullman che impiegano il loro tempo a battagliare.
    Letteredalucca: ricordo 🙂

  3. In Italia c’è una situazione storica radicata di non conoscenza e di non frequentazione delle biblioteche – anche delle librerie, ma per motivi diversi (tranne quello di fondo, cioè una scarsa cultura diffusa). Per le le biblioteche il problema è che da noi storicamente sono sempre state di conservazione, e quindi destinate essenzialmente agli studiosi. Quelle di pubblica lettura, diffuse capillarmente, sono di nascita recente, sull’impronta del mondo anglosassone.
    Sono stata libraria e sono tuttora bibliotecaria: mi è capitato di sentirmi chiedere in libreria “Ma voi prestate i libri, vero?”, e in biblioteca “Quanto costano i libri?” – neanche tanto tempo fa.
    Le biblioteche sono in Italia spesso sconosciute e non considerate all’interno delle stesse istituzioni cui sono organiche.

  4. Loredana, scusami, ma qui – a volte e non per tua responsabilità – domande semplici diventano oggetto di polemiche infinite, come se la domanda celasse una provocazione volontaria. Fine OT. Concordo con Roberta – le biblioteche pubbliche di stampo anglosassone sono di recente diffusione mentre siamo più abituati a quelle di conservazioni. Anche queste ultime non se la passano benissimo in quanto a finanziamenti. Per questo motivo – forse – è più difficile creare intorno alle biblioteche di lettura lo stesso interesse mostrato dal buon Pullman. Se non ricordo male nelle vecchie case del popolo – tra Ottocento e primi decenni del Novecento – esisteva sempre una piccola biblioteca e da qualche parte dovrei avere una foto (forse si trova anche sul web) di una scritta apposta su una casa del popolo in Romagna: “Se incontri un povero, dagli cinque soldi: tre perché si compri il pane e due perché si compri un libro”.

  5. È almeno dagli anni Settanta che i bibliotecari si sono battuti (o che io ho raccolto storie e racconti) in favore delle biblioteche di pubblica lettura, e molti splendidi esperimenti sono nati grazie al coraggio e all’incoscienza di tante persone che credevano in un altro modello di cultura e di società.
    In un certo senso è da poco, rispetto a paesi più civili, in altri sensi non direi. Ma questa rivoluzione ha coinvolto poca gente, non ha attecchito. Ci sarebbero ancora racconti da raccogliere e seminare, persone ed esperienze da raccontare.
    Chiusura pop: Buffy l’ammazzavampiri ha per ‘Osservatore’ il bibliotecario Giles. George Lucas mette al cuore del Tempio Jedi una versione futura di biblioteca dove sono custodite le preziose memorie dell’Ordine Jedi. E potrei continuare.

  6. Senza arrivare a Glen Cooper però – 🙂
    Ecco, in questo momento non mi vengono in mente biblioteche o bibliotecari importanti in narrazioni italiane che abbiano scosso l’immaginario collettivo. Aiutatemi a ricordare.
    L’eccezione è forse Il nome della rosa, ma fra quelle pagine non si respira proprio la stessa aria di famglia di Buffy o di Starwars…

  7. Esiste un luogo dove puoi visionare dei libri, le riviste (tantissime, si anche quella che hai visto l’altro giorno in edicola), i quotidiani?
    Posso guardarli, sfogliarli, prendere appunti…
    Ci sono anche cd musicali, dvd con film anche recenti, che posso consultare direttamente o con una semplice richiesta e in assoluta tranquillità?
    Nooo, puoi anche prenderli a prestito per giorni, settimane, anche mesi interi?
    Interessante, quanto costa tutto questo?
    Interessante va bene, però non voglio spendere molto…
    Che dici? Gratis?
    Dov’è il trucco? Mi arriverà a casa il conto da pagare, magari entro trenta giorni e con interessi.
    Magari sarò obbligato a comprare una bibita, sarà il classico “ingresso con consumazione”?
    E’ completamente gratis! Ma dai, non può essere!
    Si chiama Biblioteca, questo luogo “mitico”?
    Sì, ne ho sentito parlare, ero un po’ distratto, non ci sono mai andato: se fosse tutto vero non pensi che ci andrei ogni giorno?
    Se fosse veramente gratis perché la gente non si accalca, non sta in fila?
    Hai mai visto le code al supermercato per quell’assaggio di cioccolato?
    Un pezzettino, è vero ma è gratis, ti regalano pure un pezzo di pane con cui mangiarlo, figurati.
    Perché lì no? Non è possibile, ci deve essere un trucco.
    Dicono che è “cultura”, che è gratis perché ha un “valore sociale”.
    Mah, valore sociale: ci hanno ammazzato la gente con il valore sociale, figurati se mi regalano qualcosa!
    Sarebbe veramente stupido tutto ciò, se fosse vero.
    Ci deve essere sicuramente un inganno, una trappola nascosta.
    Volete per caso sostenere che ci sono così tanti stupidi in giro che, pur sapendo, non si approfittano di tutto questo?

  8. Su Buffy non so, ma per il resto quasi tutte le citazioni che si possono fare sono essenzialmente sulla bilbioteca come “teca” – cioè memoria, conservazione: funzione importantissima, siamo d’accordo, ma forse in questo momento è altro su cui si vuole puntare. E in questo senso non è facile trovare esempi, che pongano le biblioteche nella quotidianità, per sviluppare un comune sentire, la percezione di un bene comune. Al momento mi viene in mente solo la pubblicità della Golia con due ragazzi che si inseguono in una biblioteca.

  9. Roberta, secondo me il concetto che passa è quello di, perdonami l’anglicismo, biblioteca come luogo di empowerment. Quello che c’è in biblioteca, libri e persone, ti danno qualcosa che fuori non c’è e che ti aiuta a proseguire nel tuo cammino.
    Ovviamente, nel campo del fantastico il passo dall’empowerment al libro magico è tropo breve: ma se fin da bambini le biblio-teche facessero parte del nostro immaginario non come posto che puzza di naftalina ma come luogo dove si scoprono tesori, sarebbe più facile avere la curiosità di entrarci.
    Posso dire che nelle biblioteche per ragazzi che ho avuto l’occasione di frequentare ‘A kind of magic’ la senti nell’aria, e i bambini se la portano a casa assieme ai libri che prendono in prestito. Nonostante i tagli ai fondi e le esternalizzazioni dei servizi, una volta fatto il primo passo verso la biblioteca, qualcosa scatta.
    Per questo dico è che non sarebbe male se le biblioteche entrassero a far parte del nostro immaginario, non solo attraverso le produzioni straniere, che fanno riferimento a un altrove qui irrealizzabile…

  10. (e aggiungo, che mi sembra che ci sia un “buco” culturale piuttosto lungo da riempire, nella storia della nostra letteratura. Ma forse è solo cattiva memoria mia, che pur significherà qualcosa. Vi prego, smentitemi e ricordatemi libri italiani dove la biblioteca dà empowerment ai protagonisti…)

  11. Mega seller? Quali? Quelli che vanno nella libreria nuova, nuova o nei megastore perché così vendono di più e perché fa tendenza? Quelli a cui interessa solo arrivare in classifica? Quelli che lasciano che il marketing pazzesco di case editrici potenti racconti ogni fandonia pur di raggiungere il proprio obiettivo? E perché un megaseller dovrebbe spendersi per una piccola libreria che non ha la forza di fare sconti e che non prende i loro libri in centinaia di copie come invece fanno i megastore? Perché?

  12. Paolo S… anche a me non viene in mente alcun italiano! Sob-) solo un racconto di Stefano Benni (autore che, per inciso, non è tra i miei diletti) dove una libreria si ribellava al nuovo proprietario (particolarmente carogna) e lo mandava al creatore.

  13. D’accordo con Paolo S. Funziona quando li prendi da piccoli, non è un caso… e poi la forza (la magia) ti accompagna 😉
    Forse nelle biblioteche pubbliche, e in particolare ovviamente con i bambini, è forte il discorso – e la necessità – dell’intermediazione, che è invece in crisi nelle biblioteche accademiche e analoghe (lì si parla da tempo di disintermediazione, con l’online accedi da solo/a). Il valore aggiunto … dovrebbero essere soprattutto i bibliotecari e le bibliotecarie. Ma di questi tempi è sempre più difficile semplicemente esserci…

  14. Per mia grande fortuna, dalle mie parte le biblioteche pullulano, e ho sempre trovato estremamente naturale recarmi tra quegli scaffali in cerca di libri.
    Recentemente è però accaduto che io mi sia dovuta munire di lettore e-book, dato che è sempre più complesso trovare certi titoli nella decina di bilbioteche di fiducia, e i prezzi dei libri non mi consentono di fare diversamente.
    Pur consapevole da tempo dei problemi che riguardano le piccole librerie, non avevo ancora davvero ritenuto concreto il rischio di non avere più biblioteche (o di averne…però troppo “sfornite”).
    Non ci si può proprio mai sentire al sicuro, eh?

  15. Grazie per la dritta, Giovanna! Oltre al discorso di “prenderli da piccoli” ci sarebbe da non lasciarseli sfuggire da più grandicelli… anch per questo, insisto, è un problema che le biblioteche siano marginali (assenti no, ora lo sappiamo) nell’immaginario, soprattutto per quanto detto sopra.
    Ah, ecco una piccola storia di entusiasmo e biblioteche: Gabriele Vacis e Teatro Settimo sono cresciuti come grupo teatrale proprio all’ombra di della biblioteca di Settimo Torinese. Erano i primissimi anni Ottanta, e a partir dalla biblioteca il Laboratorio Teatro Settimo mise in piedi proprio due spettacoli di teatro per ragazzi. Qualcuno ricorda se c’erano bibliotecari, in Kanner puro e Citrosodina? Io ricordo solo l’entusiasmo con cui Vacis parla della bibliotecaria di Settimo…

  16. “Fahrenheit 451” è sempre d’attualità. Poi c’è il bibliotecario de “Il nome della rosa” e tutto finisce ancora in un incendio. Non sembra però che le bibloteche italiane corrano questo pericolo, semmai sono le librerie che spesso scompaiono e attecchiscono difficilmente nelle perierie. Gli inglesi non sono nuovi ai tagli drastici nella spesa pubblica, però hanno anche le librerie ambulanti sui pullman. Da noi hanno tagliato nella scuola ma si sono dimenticati per fortuna delle biblioteche, alcune peraltro tra le più antiche.
    Comunque non userei la parola stupidità nella battaglia a favore dei libri. O è un luogo comune che gli stupidi non leggano e gli intelligenti sì o dietro quella parola ci sono problemi, frustrazioni o complessi che si accentuano invece d’essre affrontati e ottengono il risultato d’allontanare ancor di più dalla lettura.

  17. Le Biblioteche ci sono, funzionano, sono frequentatissime e protagoniste animatrici di molte iniziative. Libri, audiolibri, dvd e cd, oltre a giornali e riviste. Sono organizzate in sistemi bibliotecari (tipo UOL); se un libro non c’è si prenota e nel giro di 3 giorni è a disposizione. Il loro funzionamento è spesso garantito fa una fitta rete di volontari, che si alternano in turni (2/a ore settimanali) e grazie ai quali sono attivi, nelle scuole (dalle materne ai licei) banchetti di prestito. Anche nei comuni più piccoli (centro-centro destra- centro sinistra o altro) la biblioteca è riconosciuta sempre più come un servizio irrinunciabile, che oltre il prestito dei libri soddisfa esigenze diverse; dalla lettura dei giornali (anziani) a internet. Erve, un paesino alle falde del Resegone con 750 abitanti, la piccola biblioteca civica conta sulle pagina fb 3500 amici …ed è una pagina godibile e informata. Nelle biblioteche si organizzano anche le presentazioni dei libri…ma questa è forse l’unica nota dolente …

  18. Miriam, sì: ci sono. Ma NON funzionano come potrebbero e vorrebbero. Se puoi, leggi i link di Carta batte forbice e l’appello dell’Aib.
    Ps. Non ho capito la battuta sulle presentazioni dei libri.

  19. avevo letto 🙂 Da noi le biblioteche si aprono anche di sera e pure alla domenica grazie ai volontari e al servizio civile.
    Le presentazioni sono sempre una scommessa: hanno successo quelle degli autori locali o abbastanza conosciuti come Adriano Petta che due anni fa con Ipazia fece il pienone.

  20. Però purtroppo Miriam non ovunque le bilbioteche funzionano così bene, io spesso devo mandare mia madre o cercare su internet perchè gli orari di apertura sono piuttosto ridotti, e per chi lavora è davvero difficile. Di inziative quali presentazioni o simili nemmeno s ene parla.

  21. … e poi, scusate: lungi da me non apprezzare i volontari del SCN, gli studenti borsisti, gli stagisti e quant’altro: ci sono, spesso sono motivati e bravi, li utilizziamo. Ma: occuparsi di biblioteche non è una cosa che si improvvisi, non può farlo chiunque da un giorno all’altro. Le biblioteche aperte grazie a queste figure (volontari e altro) soddisfano solo una delle esigenze del pubblico: quella di avere una sala lettura, e i libri. Ma una biblioteca è anche altro, ci sono servizi che personale improvvisato non è in grado di fornire.
    Questo è uno dei nodi più difficili da superare, in questo paese (complice anche l’assenza di un percorso formativo dedicato, a differenza di quasi ovunque).

  22. Roberta, oltre alle ottime motivazione da te esposte c’è da dire che il volontario/stagista/studente è tanto utile soprattutto perché si risparmia lo stipendio di un professionista.

  23. Roberta : i volontari aiutano i bibliotecari assunti dal comune attraverso un concorso, e di solito sono regolarmente laureati 🙂
    Giulia: i libri si prenotano in internet e comodamente dalla propria abitazione. Se questo servizio non c’è, cercate di promuoverlo, non costa nulla
    Barbara: concordo sullo stipendio del professionista, infatti è solo nelle piccolissime biblioteche che non esiste alcun dipendente; nel mio comune (15.000 ab) le dipendenti sono 4, i volontari aprono solo alla sera, ma l’utenza è pochissima per non dire nulla e infatti le serate si sono ridotte a una 🙂

  24. Appello firmato e diffuso ad amici e parenti!!senza biblioteca impazzisco!!! quando la mia chiude per la pausa estiva vado in crisi di astinenza, non è solo per i libri, è l’atmosfera…girare tra gli scaffali, chiacchierare con le bibliotecarie, sfogliare il libro degli ultimi acquisti, lasciare un titolo sulla lista dei desideri, fermarmi alla bacheca delle iniziative e poi via la rampa di scale e ributtarmi nella mia vita piena di energie!!!firmate fatelo per la mia salute=^-^=

  25. Evidentemente non mi sono spiegata bene, o forse alcune cose non si sanno a sufficienza. Non esiste in Italia un percorso formativo che crei la figura professionale del bibliotecario (anche se esistono corsi di laurea, ad esempio, in “conservazione dei beni culturali”, e scuole di specializzazione).
    Si utilizzano borsisti, stagisti e volontari perchè non si sostituisce chi va in pensione, e si risparmia sugli stipendi.
    Non è vero che certi servizi non costano nulla: costano, ci vuole personale, competenze, e lavoro. Sostanzialmente, non c’è progettualità, non c’è interesse a valorizzare questo settore e questo servizio: quello che esiste, è dovuto all’entusiasmo, alla capacità e all’impegno di chi lavora sul territorio, spesso a dispetto di chi lo governa e dovrebbe fornire mezzi e strumenti. Come diceva Loredana, quello che si osserva nel proprio piccolo mondo non sempre corrisponde al tutto. E il tutto, mi dispiace tantissimo dirlo, è spesso piuttosto desolante, anche se ci sono, meno male, parecchie eccezioni.

  26. Ma infatti li prenoto via internet, come scritto…però poi qualcuno li deve pur andare a prendere i libri se voglio leggerli (di norma la mamma, che lavora di sera) 🙂

  27. Perché gli autori, contravvenendo anche alle proibizioni delle loro case editrici, non iniziano ad andare a fare i loro tour di presentazione non da fabio fazio ma nelle più piccole biblioteche dove si è cittadini e non consumatori?

  28. Perché gli editori non pagano le trasferte né si può chiedere di farlo alle biblioteche. E gli autori non hanno uno stipendio ma vivono di anticipi editoriali e di diritti d’autore – i più fortunati. Non sono cattivi, devono solo arrivare a fine mese come gli altri: quindi un viaggio, più un albergo anche scamuffo, più un pasto vanno nel calderone delle spese.

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