LA PARABOLA DEL LUNEDI'

A me riesce sempre difficile scrivere resoconti: sulla serata a Pordenone con Alessandro Baricco, posso dire solo poche cose. Primo, ma è scontato, mi sono divertita (e anche un po’ spaventata, davanti a mille-persone-mille). Secondo, credo e spero che dalla chiacchierata possano essere emersi spunti di riflessione (qui trovate una breve sintesi). Terzo, mi ha fatto un gran piacere rivedere vecchi amici e conoscere  commentatori fin qui non ancora visualizzati. Quarto: ieri mattina, filando in macchina verso Venezia, Anilda Ibrahimi mi ha raccontato una storia, e mi ha dato il permesso di raccontarla a mia volta qui.
La storia è questa: il fratello di Anilda lavora in una bottega artigianale dove si restaura ferro. Abilità divenuta rarissima, da quel che ho capito. Bene: qualche tempo fa arriva nella bottega un  indiano, e chiede al titolare di poter restare ad osservare il suo lavoro e la sua tecnica, per imparare. Anche dormendo per terra. Permesso accordato.
Resta otto mesi, poi riparte.
Passa qualche tempo, e il proprietario riceve un invito dall’India: è l’apprendista, che lo invita ad andarlo a trovare per vedere come ha messo a frutto gli insegnamenti ricevuti. Il nostro accetta, e parte con sua moglie: che si premura di portare con sè un borsone con indumenti e regali per la famiglia, che supponeva indigente, del loro ospite.
Ma quando arrivano, si trovano in una dimora più che sontuosa: vengono ricevuti da servitù in guanti bianchi e accolti nel lusso e nella raffinatezza. Perchè l’apprendista che dormiva in terra era, nel proprio paese, un ricco proprietario di fabbriche: che aveva voluto vivere, per otto mesi, nella miseria. Per imparare.
Che storia, vero? E’ quello che ho detto ad Anilda. E lei mi ha risposto: “é vera, ma è anche una parabola. Una parabola per scrittori”.
Cappello.

44 pensieri su “LA PARABOLA DEL LUNEDI'

  1. Bellissima storia. Senti Loredana, a proposito della tua serata a Pordenone con Baricco, volevo chiederti: ma il fatto che fossero in mille ad ascoltarti, anziché i soliti 50, per una come te che ha parlato spessissimo in pubblico, fa molta differenza, insomma è tutta un’altra emozione? Così, per saperlo, dato che io me la faccio addosso quando mi ascoltano in 5…

  2. Anche a me Fabio! 🙂
    Sergio, non è tanto la quantità, è la modalità: teatrone, luci sul palco e buio in sala (a me guardare negli occhi la platea aiuta molto), situazione in cui, forse, ci si attendevano domande più “easy” e spettacolari. E’ diverso: molto stimolante, intendiamoci. Ma anche alquanto terrorizzante…:)

  3. Confermo, serata molto preziosa. E storia molto molto indiana. Ma forse questa dovrebbe essere soprattutto una parabola per imprenditori…

  4. Confermo è una parabola per scrittori, ma da quale maestro possiamo andare noi apprendisti e dormire per mesi a terra, per apprendere l’arte? Ho la sensazione che i Maestri (quelli veri) siano tutti morti…

  5. Ok, io ti faccio il lit-colf (pogone comprese) però tu mi metti “a libri” (cioè in regola con i contributi ferie pagate e tredicesima). 🙂

  6. che bella storia! mi ha messo ko!
    E spero che ci becchiamo prima o poi!
    (secondo tentativo di commento… il primo è stramazzato negli inferi dell’antispam me sa)

  7. Ho letto il link:una dieta singolare quella delle pogone, non deve essere facile procacciare cibo per tali bestioline… ma non è che sei diventata una cacciatrice di grilli?

  8. Sergio, ma naturale…solo che dovrai cacciare anche i grilli (no, così rispondo anche ad Anna Luisa: ho scoperto che esistono negozi che spacciano grilli, venti centesimi l’uno. Solo che cantano nella loro gabbietta prima di finire nelle fauci delle pogone…e a me sembra di sentire il coro del Va pensiero e mi sento in orribile colpa…:)
    Fabio, ce l’ho fatta. Per fortuna avevo anche la borsa di stoffa di Pordenonelegge! 🙂

  9. La storia è piuttosto datata. Renato Pozzetto ne fece un film 25 anni fa. Scrivere qualcosa del genere significherebbe beccarsi una denuncia per plagio.

  10. Lo è!!! (per non parlare del costo delle camole)
    Carlo Cannella (o chiunque tu sia, visto che si preannuncia un’offensiva di commenti-con-pseudonimo): grazie per la saggezza. Ma qualcuno ha parlato di voler scrivere di questo? Possibile che la reazione, davanti ad una storia, sia sempre e comunque “quanto mi rende”? A proposito di parabole, eh.

  11. Ne aveva parlato Anna Luisa nel secondo commento, no? Per il “quanto mi rende” non ho capito. Sarò anche saggio ma poco veloce con il cervello.

  12. Una storia simile c’è anche in un libro di Brizzi, che ho letto anche se non ne valeva proprio la pena, tanto che non ricordo neanche il titolo: il libro sul viaggio attraverso il cammino di non ricordo chi. Solo che nel libro la storia aveva come protagonista un cinese che imparava a fare un oggetto e poi la rivendeva sul mercato italiano mandando in fallimento una fabbrica. Insomma, le storie girano….

  13. E poi, cosa vuol dire, nell’articolo di Repubblica “il dialogo-molto intellettuale- tra Baricco e Loredana Lipperini” ? perchè “molto intellettuale”? in negativo o in positivo? oppure l’autrice dell’articolo non sa proprio scrivere?

  14. Ovvio che dei mille in sala, 999 erano venuti per il figo Baricco e uno solo, forse il paggio Garufi in disguise, per Loredana dagli occhi rotanti.

  15. @Stefano Bon
    Tu dici che i maestri sono tutti morti. Mi pare proprio il modo peggiore di approcciare la cosa. Mica puoi imparare solo da Dostoevskij (e anche lì, il fatto che sia morto non toglie che ti può ancora insegnare). Non ci sono più grandi scrittori? Non è vero e comunque puoi imparare anche da scrittori un po’ meno che grandi, basta fare attenzione e non pensare di sapere già tutto, basta non partire dal presupposto che “non esistono più maestri in grado di insegnarMI”.
    Solo di recente ho imparato leggendo testi di Vikram Chandra (ecco un enorme scrittore non ancora morto), da Wu Ming, da Francesco Dimitri (che ha dieci anni meno di me, eppure credo di aver trovato il modo di imparare qualcosa pure da sto pischello).

  16. Oh, ero preoccupata. Il primo dei commentatori-anonimi annunciati dal Solito si è palesato. Comunque. E’ evidente che era così: ma quell’uno era il benvenuto.
    Guglielmo: quoto in pieno.

  17. Guglielmo è chiaro che ci sia da imparare da molti, la mia riflessione, pessimistica è vero, è che manchino dei veri e propri maestri, cioè coloro che indichino una strada, diano una scossa. Non è un problema solo della letteratura, vale per il cinema, la musica, la moda il design, senza tralasciare la politica che è zona da bruciare con napalm; poi è chiaro di artisti bravi ce ne sono. Una cosa Lipperini: dire di non considerare l’originalità un pregio mi pare un po’ esagerato, casomai non è l’unica, non la più importante, ma trovare ogni tanto qualcosa di originale non è male.

  18. Loredana, a questo punto io sono curiosa…! Hai conosciuto Fabioletterario? Ma dal vivo? Di persona? Almeno dicci com’è…! Sono curiosissima!!
    🙂 E a Fabio giro la stessa domanda su Loredana…

  19. La storia è bellissima, per grazia e forza sembra quasi essere uscita dai Veda. Sono convinto che persone straodinarie da cui poter imparare ne esistono eccome, vive o morte non importa, bisogna solo cercare e ascoltare. Grazie per le cose, le idee e le storie che metti in movimento, Loredana.

  20. la storia è bellissima, ma nessuno di voi, a cominciare da Anna Luisa vorrebbe viverne una simile. farne spunto per un racconto sì, farne letteratura sì, ma viverla no. la letteratura per voi ha una funzione consolatoria. ovvero: c’è del bello, grazie all’arte. w.

  21. Fare della vita un’opera d’arte… dio mio, c’è ancora qualcuno che riscalda nel padellino della retorica la peggio retorica dannunziana

  22. ma no, fare della vita un’opera d’arte lo stai dicendo tu, io non l’ho detto.
    io ho detto che l’opera d’arte per alcuni sostituisce la vita, in guisa consolatoria.
    ma non che la vita dovrebbe farsi opera d’arte, perché tal guisa non accada.
    il fatto è che l’opera d’arte autentica fa altro che raccontare raccontini edificanti.
    le bariccate, insomma. persino quello sui barbari e sulla mutazione è un racconto edificante. meglio davvero allora la vita come opera d’arte e la tensione che ciò comporta se altro non ci fosse.

  23. Io ho trovato il ragionamento di baricco a proposito dei barbari davvero di una lucidità accecante. non posso dire di essere un grande amante di baricco, ma quando mi trovo di fronte a un ragionamento semplice e illuminante non mi interessa granché da che pulpito provenga. la sua tesi, che lui, per portare un esempio, applica all’esperienzialità, sarebbe curiosa da applicare alla letteratura. ossia, come stanno mutando, (se lo stanno poi facendo) questi nuovi barbari, fautori di una nuova civiltà dedita al “moviementismo”, la letteratura della vecchia civiltà? Se i barbari sono per il gesto, la cui parabola incorpora, sulla sua sua superficie, molti input per rappresentare “qualcosa” (la cui cosa è una “cosa nuova” formata dai molti input superficiali, appunto) come potremmo diagrammarla in letteratura? questo ragionamento mi viene proprio anche dall’altro ragionamento proposto da wuming 1 sulla new italian epic. ecco, dopo aver sentito entrambi i ragionamenti, mi viene da affermare che la new italian epic sia proprio l’opposto di quello che la barbarie cerca, ossia la velocità. se i barbari si nutrono di stazioni passanti, mi pare che la letteratura presa in esame da wuming invece si poggi proprio su stazioni ben salde. insomma, la mia domanda è, possibile che nella letteratura ancora i barbari non siano riusciti ad attecchire? il romanzone storico, per dire, è l’opposto di quello che dovrebbe cercare un barbaro, che con sette parole, se ho capito bene, riuscirebbe a descrivere un’epoca. Il reportage letterario che va in profondità è l’opposto di quello che dovrebbe cercare un barbaro, che piuttosto si nutre di sporadiche “short news”. altri esempi spicci: il barbaro del plot se ne “dovrebbe” fregare. il barbaro se ne frega anche della veridicità della cosa stessa, perché mentre ti parla di una cosa, se segui quello che dice dopo, te ne sta dicendo un’altra. sto pensando ad alta voce. possibile che il barbaro operi, oggi, molto di più nella rete, dove per l’appunto fa della velocità e del nozionismo un caposaldo, mentre invece la letteratura sia ancora legata a un modo di pensare, stando a quanto dice baricco, sorpassato? penso inoltre a quando baricco porta l’esempio dei giovani d’oggi che a scuola si sento alieni, poi una volta tornati a casa si cambiano i panni ed entrano nel proprio velocissimo ruolo di barbari. ecco, non è un po’ quello che fanno anche gli scrittori, che nell’ufficialità si trovano a far fronte al rinocerontismo dellla nostra letteratura, mentre nella rete si possono muovere in maniera più agile, e proporre cose più sperimentali?

  24. A proposito di barbarie, ieri notte era il sonno che mi aveva intorpidito o l’effetto lisergico che mi produce Vespa o il ministro della PUBBLICA ISTRUZIONE ha detto: “abbiamo dovuto intervenire”?

  25. Ecco, il dialogo di sabato era per linguaggio e tono molto meno intellettuale e più concreto dell’intervento di Alessandro Ansuini (respect, Alessandro A., è solo per chiarire il tono a pessimesempio) ma i concetti che passavano erano tutto fuorché banali. Già il fatto che Baricco abbia detto “a chi mi chiede se sono pro o contro i barbari rispondo «rileggiti il libro, non è quello il punto»”, può far meritare l’etichetta di ‘intellettuale’ alla serata.
    A lato: la prima volta che noto che Baricco usa una gestualità e onomatopee quasi da crtone animato per punteggiare momenti topici del proprio discorso. Tosto.

  26. Anche a me il libro aveva posto parecchi interrogativi. Questo credo sia il lato ottimo del saggio. Mi pare che Baricco abbia anche specificato di non aver trovato la risposta a molte di queste domande.
    Per come la vedo io, al 23 settembre 2008, se questa mutazione è sempre stata presente nella storia dell’uomo, succederà che alcuni pensatori\intellettuali\artisti se ne accorgeranno e saranno in grado di interpretarla. Altri la negheranno, altri vorranno interpretarla ma senza risultati. E, un po’ darwinianamente, quelli esclusi pian piano se ne andranno.
    Mentre gli eletti avranno qualche anno, o qualche mese, di assoluta padronanza del campo. Ma durerà un attimo e qualcuno di loro si troverà ad avere i piedi palmati.
    Di solito, quelli che sentono e si sforzano di parlare alla propria epoca, e non a quella precedente, sono premiati dal tempo – miglior giudice. Ma anche lì, poiché credo vivamente nella necessità di divertirsi facendo il proprio lavoro o seguendo la propria passione, uno non si può costringere a parlare ai contemporanei o ai futuri. Non esiste il corso di addestramento al barbarismo.

  27. Concordo con gli ultimi giudizi: I Barbari è uno di quei libri che dovrebbero uscire sotto falso nome, perché molti (a partire da Giulio Ferroni) lo hanno stroncato solo per il nome dell’autore, senza leggerlo. È un libro che pone una valanga di problemi, e coglie con estrema lucidità una moltitudine di aspetti del mutamento in corso. Poi, certo, non dà soluzioni, può darsi che Baricco non abbia risposte alle domande che pone: ma porre le questioni non è il presupposto del pensiero critico? A volte è persino meglio leggere un libro che non dà risposte: costringe a pensarci su e a cercare di pensare con la propria testa.

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