LA PAROLA GUERRA, LA PAROLA PACE E IL SENSO DELLE PAROLE STESSE

Una decina di anni fa un grande scrittore (non solo per ragazzi) come Philip Pullmann disse:
“La guerra che stiamo combattendo non è contro questo o quel partito, questa o quella bandiera, i nostri genitori o qualcuno in particolare: è contro la stupidità. E la stupidità non va sottovalutata. Il poeta Schiller, le cui grandi parole sulla Gioia sono state musicate da Beethoven nella Nona Sinfonia, conosceva l’enorme ruolo che la stupidità ricopre nelle cose degli uomini: ‘Contro la stupidità, diceva, gli stessi dei combattono invano’”.
In quel caso,  l’autore di Queste oscure materie si riferiva a una situazione ben precisa: quella delle biblioteche. Nonostante   il ricorso all’Alta Corte, sei biblioteche del comune londinese di Brent erano state costrette a chiudere. Tra queste, quella di Cricklewood, inaugurata nel 1900 da Mark Twain. Una decisione che Pullman definì “un capolavoro che dovrebbe essere citato in tutte le antologie di idiozia politica da qui all’eternità”. Allora, Pullmann incitò i bibliotecari, e gli scrittori, a battersi contro coloro che cercavano di rendere i libri (“secondi solo alla ruota nelle invenzioni umane”) meno accessibili: “é esattamente quello che stanno facendo con queste chiusure: oh, non intenzionalmente, perché – fatte salve le eccezioni – poche persone sono intenzionalmente stupide. Ma questi sono gli effetti”.
Oggi avverto quanto pesano quei dieci anni: non anagraficamente, intendo: ma quanto, giorno dopo giorno, le nostre parole sembrano svuotate di senso, così come le serie televisive che ci sembravano così belle e innovative e, almeno da ultimo, sembrano ripiegarsi sulla banalità e sulla ripetitività. Così come molti filoni letterari (se è letterario non è un filone, direte: invece, in un certo senso, è così). Così come le cose che diciamo e scriviamo.
Come la parola “pace”. In queste ore, mi piacerebbe che venisse risemantizzata, rinnovata, resa potente. E la vedo invece sbiadita come una vecchia polaroid, e ci resta persino difficile pronunciarla, dopo due anni in cui quella parola, pace, è stata contraddetta giorno dopo giorno, atto dopo atto, insulto dopo insulto.

La parola è questa: esiste la primavera,
la perfezione congiunta all’imperfetto
(Così Fortini: proviamoci)

Un pensiero su “LA PAROLA GUERRA, LA PAROLA PACE E IL SENSO DELLE PAROLE STESSE

  1. La pace sottende ad ogni realtà materiale e spirituale e sorregge anche la stupidità, come in un cammino in cui l’attesa non è prevista, è solo il presente ad essere, ancora immerso in passati e futuri umanizzati. Riflessi in schermi sempre più appariscenti, ho la sensazione di essere in un gelido cinema all’aperto. Ma la primavera arriva sempre tutti gli “anni” nonostante tutto. Non ci resta altro che goderci come si può la primavera! Cordialmente AL

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