TORNARE ALLE PROPRIE OSSESSIONI: SU GRAZIELLA DE PALO

Sono tornata a scrivere di Graziella De Palo. Non ho mai pensato di aver finito di raccontare la sua storia con L’arrivo di Saturno: ci sono vicende che diventano ossessione, come la balena bianca per Ahab, come l’elettricità per Tesla. Graziella è la mia ossessione, per molti motivi.
In primo luogo, certo, perché è stata la migliore amica dell’adolescenza, e di quel tempo irripetibile, e anche terribile, tra i 14 e i 22 anni. Mi fermo a 22 perché da quel momento, più o meno, le nostre strade si sono divise: probabilmente sarebbe accaduto lo stesso, anche se Graziella non avesse incontrato Italo Toni e se io non avessi intrapreso la via dei libri e del teatro abbandonando quella della politica e del giornalismo d’inchiesta, per cui lei era molto più tagliata di me.
Però non è solo la perdita a ossessionarmi. Anche se continua a mordere l’irragionevole, insensata, sparizione dell’amica a 24 anni, un’età in cui ci si aspetta che il tempo davanti sia ancora lunghissimo, e non debba fermarsi davanti a una pistola o a quel che era chissà dove e chissà perché, in Libano, forse a Sidone, pochi giorni o poche ore dopo il 2 settembre 1980. E’ tutto quello che non si è fermato, tutto quello che non si è saputo e non si sa, dopo la morte di Graziella e Italo.
Per esempio.
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 33 e 45 anni, uccisi il 20 marzo 1994 sulla strada per Bosaso, in Somalia, sulla pista delle armi e delle navi che le trasportavano, di cui anche Graziella aveva scritto.
Mario Ferraro,  46 anni, agente del Sismi, esperto di traffico d’armi e terrorismo internazionale, lavorava sotto copertura all’Ufficio sicurezza interna controllando  il lavoro degli altri agenti segreti, specie quelli che hanno agito in Medio Oriente negli anni Ottanta.  Nel 1994 è in Somalia, e in quello stesso anno viene crivellata dai kalashnikov Ilaria Alpi. Ferraro viene ucciso il 16 luglio 1995,  in ascensore, incappucciato con una busta di plastica, portato in bagno per simulare il suicidio.
Natale De Grazia, capitano di fregata, 39 anni, morto il 13 dicembre 1995, probabilmente per avvelenamento. Indagava sulle navi dei veleni, navi che trasportavano rifiuti tossici e venivano affondate per smaltirli e per lucrare sul premio di assicurazione. Fu De Grazia, tra l’altro, a scoprire che nella casa di un faccendiere, Giorgio Comerio, indagato per smaltimento illecito di scorie radioattive, c’era la copia del certificato di morte di Ilaria Alpi. Armi e rifiuti tossici. Un accordo fra l’Italia e i paesi africani.

Se io fossi una giornalista d’inchiesta, avrei passato la mia vita a cercare, penso inutilmente, di sciogliere i nodi. Sono solo una narratrice. Posso raccontarli e basta. Verranno dimenticati, e ricomincerò a raccontarli in un’altra forma. E’ poco, ma è quel che posso.

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