LA STRADA (CHE SENZA FINE CORRE) E IL TRENINO

Quanto dura la vita di un libro? Poco, lo sappiamo, a meno di casi circoscritti e felici (e non sempre fortuiti, va detto). Poco e non potrebbe che essere così, la memoria è labile e i libri sono tanti e bisogna accettare che sia così. Eppure, la vita editoriale di un libro non coincide con la sua vita, diciamo così, sentimentale. Arrivo al punto.
Sette anni fa ho scritto un libro a cui tengo molto, Questo trenino a molla che si chiama il cuore. Per me è stato un testo importante: un ibrido, certo, un po’ narrativo e un po’ d’inchiesta sulla Quadrilatero, un po’ memoir un po’ incursione leggendaria nelle Marche del mito. Importante perché in quella scrittura ho sperimentato un linguaggio che poi è rimasto mio, importante perché è il testo dove racconto la storia del mio eteronimo, Lara Manni: insomma, è il libro spartiacque tra una stagione saggistica (e segretamente anche narrativa) e quella attuale. E importante, evidentemente, per la mia terra.
Bene, nonostante il tempo trascorso ieri ho ricevuto una mail. Chiamerò S. la persona che me l’ha inviata, e che mi ha dato il permesso di pubblicarla, e che ha illuminato la mia giornata, e mi ha fatto capire che in fondo scrivere non è mai inutile.
“la vorrei ringraziare per le emozioni che mi ha regalato con il libro “Quel trenino a molla che si chiama il cuore”.
Sono originaria di Montegranaro e ho iniziato a studiare Medicina a Perugia nel 2002 e quando lo comunicavo ai miei amici, vicini, conoscenti…la risposta era sempre quella: “Perugia è bella, però … la strada…”.
Eh sì … LA STRADA, LA MIA STRADA…
Quella che ho percorso per sei anni almeno quattro volte al mese in autobus che all’inizio si chiamava “Freccia dell’Appennino”, un appellativo poetico direi. E quei paesaggi li ricordo tutti, quella visuale dal finestrino dell’autobus che permetteva di guardare dall’alto quelle curve tanto temute ma che cullavano i miei sogni, le mie speranze, le mie paure. E credo non solo le mie ma di tutti i miei sconosciuti compagni di viaggio metà abruzzesi o marchigiani e metà perugini.
Poi terminata l’università ho proseguito con la specializzazione sempre a Perugia e in quei successivi 5 anni LA STRADA ho continuato a percorrerla sempre quelle quattro volte al mese di media guidando la mia prima auto, una Lancia Y bianca, senza paura delle curve o del pericolo neve nei mesi invernali…perchè era la mia strada. Talvolta ho viaggiato con una mia cara amica e collega di Porto Sant’Elpidio…e ci piaceva fermarci per la pausa caffè in un piccolo bar-forno tra Muccia e Colfiorito. Quando tornavamo da Perugia verso casa l’accento della barista e di sua mamma spesso seduta in uno dei tavolini del locale ci offriva il bentornate nella nostra terra, il sapore dei biscotti era quello di casa nostra e si potevano sfogliare quotidiani locali. Potevo risintonizzarmi su casa mia. E poi casualmente questa mia amica mi ha regalato il suo libro. La prima volta che ho percorso LA STRADA con il mio futuro marito ci siamo fermati a pranzare a La Botteguccia di Colfiorito… cosi da consentirgli di conoscere il sapore dei piatti e l’odore della cucina dei miei nonni e la lentezza … delle cose preziose.
Ho lasciato Perugia ad agosto 2016, con il mio primo bimbo nel pancione per trasferirmi in provincia di Ancona, percorrendo la neo-inaugurata da Renzi … Perugia-Fabriano, una strada non mia che mi ha condotto verso una nuova fase della vita, senza troppa nostalgia, perchè non ho ripercorso quella che ero … il paesaggio e lo sguardo erano completamente nuovi.
La Civitanova-Foligno l’hanno inaugurata quando avevo già terminato la mia vita perugina e da allora la strada nuova Civitanova- Foligno l’ho percorsa soltanto un paio di volte per necessità (per visite mediche e per una rimpatriata). La strada nuova percorsa soltanto come un tragitto breve e necessario per appuntamenti previsti, come una superstrada qualsiasi in cui la finalità è non perdere tempo.
LA STRADA VECCHIA mi ha costretto a fermarmi, a pensare, ad assecondare ognuna di quelle curve…sono cresciuta nella STRADA VECCHIA.
Grazie ancora per le emozioni che mi ha regalato e per la nostalgia che ho provato. Io e la mia amica ci siamo ripromesse appena possibile di tornare a Perugia percorrendo LA NOSTRA STRADA. Non vedo l’ora”.

2 pensieri su “LA STRADA (CHE SENZA FINE CORRE) E IL TRENINO

  1. Non vorrei fare la Cassandra della situazione, ma se davvero S. e la sua amica torneranno a percorrere LA STRADA, sarà bene che si preparino a uno scenario degno dell’omonima opera di McCarthy, ben lontana dall’idillio che a me, 54enne, rimanda alle gite anni 70 con i miei a bordo di una Simca azzurra con autoradio AM che prendeva la altrimenti inascoltabile Radio Montecarlo… Dalla costruzione della (comodissima, per carità) “variante alla Ss77” ho assistito alla distruzione pezzo per pezzo della vita nella vallata fino al colpo di grazia del terremoto e della diaspora susseguente. Il tuo libro è stato profetico e doloroso, come – temo- sarà il mio viaggio nella Vallescura che hai immaginato e che riconoscerò in tante località a me care, condannate a rivivere un lungo Dopoguerra dai contorni ancor più inquietanti.

  2. Belle parole 7 anni dopo. Meritatissime, per un libro che è affascinante proprio per l’attualità che si porta dietro! Quella “vecchia strada” è magnifica, e sarebbe da percorrere ogni volta che si vuole raggiungere un luogo attraverso un percorso suggestivo… peccato che invece di essere considerata una alternativa panoramica, abbia sofferto l’abbandono e davvero anche l’ostracismo di molti, ovvero delle amministrazioni e di tanti cittadini. Un abbandono colpevole, una risorsa turistica sprecata. I paesi più interessanti, ovvio, non possono trovarsi tutti ad una uscita della nuova 77. Attraversati dalla vecchia strada, che regala paesaggi magnifici, soffrono. Peccato, peccato mortale. E, ovvio, stupidità. Il libro aveva fatto la magia, anche per la strada vecchia…

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