L'ANGOSCIA PER L'EROSIONE: ENNESIMO TENTATIVO DI SUPERARE LE DIVISIONI

Ieri pomeriggio sono inciampata in una di quelle polemiche rituali da social network. Un’amica scrittrice citava Michel Foucault, un’altra scrittrice, assai lodata da molta critica, l’azzannava dicendole, più o meno, che una no vax non deve appropriarsi di Foucault. A parte il fatto che il povero Foucault viene tirato per la giacchetta un po’ da tutti, l’affermazione secondo la quale ci sono persone che arruolano Foucault tra i no-vax fa un po’ ridere, visto che Foucault viene arruolato in ogni fazione. Ma lasciando da parte Foucault, mi colpisce quel “no-vax”: la scrittrice mia amica non è mai stata no-vax. Semmai, esprime perplessità sulla gestione della pandemia fin dall’inizio. Si può essere d’accordo o meno, ovviamente, ma continuo a sbigottire per la necessità rivendicata anche da chi viene considerato o considerata nell’eletta schiera dei supercolti di semplificare. Di qua, di là.
E’ uscito questo articolo su Giap!. Al solito, richiede tempi lenti per la lettura. Fra le altre cose vi si dice:
“Angoscia per l’erosione, nel discorso pubblico e nelle pratiche, della minimale solidarietà fra umani. L’intreccio – solo in apparenza contraddittorio – della “punizione di branco” e del “tutti contro tutti” sembra salito di livello: si pensi all’idea, recentemente circolata, secondo cui è giusto che i non vaccinati paghino le terapie ospedaliere per Covid-19 e che dovrebbe suonare, a sinistra, come una bestemmia”.
Sono due antropologhe ad averlo scritto, Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni. Comunque la pensiate, in qualsiasi schiera vi collochiate, leggetelo. Ne abbiamo bisogno.
Quanto a me, so di dover specificare di essere in possesso di un greenpass e di un doppio vaccino. Mi immalinconisce la precisazione, ma lo faccio. E ricordo, anche se ricordare non si dovrebbe, cosa avveniva trenta e più anni fa, quando abitavo in un bilocale di Centocelle con le finestre affacciate su una grande palma un po’ spelacchiata, ed ero quasi sempre sola con un gatto birmano che si chiamava Ariele, perché il consorte era spessissimo in tournée e non c’erano ancora i bambini. E ho pensato: bene, cosa facevo invece di gironzolare  sui social prima di rimettermi a leggere? Perché la memoria è ben strana, e forse ha ragione Massimo Ammaniti quando dice che il cervello umano è fatto più per dimenticare che per ricordare. Però, a rifletterci bene, probabilmente ero seduta a un tavolo molto simile a quello che ho ora, con un disco di musica barocca sparato al massimo e un paio di libri davanti, a prendere appunti su qualcosa di inevitabilmente grandioso che progettavo, e a volte riuscivo a farlo, anche se non così grandioso come lo immaginavo, e a volte tutto si consumava là, nell’inseguire un’idea, nel tirarla giù su uno degli infiniti quadernetti che hanno attraversato danzando la mia vita, e a dimenticarla, forse, o abbandonarla.
Ci sono cose che non cambiano, voglio dire: cambiano i supporti, le consuetudini, la contrazione del tempo, ma non noi, non così tanto. Non lasciamo che le circostanze, sia pur eccezionali, distruggano ogni traccia di pietà, di comprensione, di comunità.

Un pensiero su “L'ANGOSCIA PER L'EROSIONE: ENNESIMO TENTATIVO DI SUPERARE LE DIVISIONI

  1. Da vaccinata, ecc. posso solo dirle grazie per queste riflessioni.
    Non ne posso più delle divisioni manichee, vorrei tanto poter ragionare
    e riflettere con gli altri senza avere l’ansia a tremila di essere fraintesa.
    Grazie ancora.

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