SUPERNOVE E SALONI

Tempi veloci, tempi di impegni. Ma mentre le ore corrono, mi fermo per postarvi, come qualcuno mi ha chiesto, il breve discorso fatto una settimana fa in apertura della conferenza stampa del Salone del Libro. A proposito: il Salone sta arrivando. Prenotatevi. Siateci. Vediamoci.
Cosa accade quando si torna, così come il Salone, finalmente, sta tornando?
Cosa accade quando è di nuovo possibile vederci, toccarci, sorriderci, camminare fra i libri e fra coloro che i libri amano?
Accade che siamo diversi, ed è giusto così. Non sappiamo ancora quanto e come, non sappiamo neanche quali storie nasceranno da questa frattura che ci ha segnato, spaventato, riempito di dolore e di lutto, e tenuti lontani gli uni dagli altri.
Non abbiamo ancora le parole, e anche questo è giusto.
Perché abbiamo ancora paura, e siamo smarriti davanti a quella che sembra l’impossibilità di raccontare. “Troppi edifici sono crollati, troppe macerie si sono accumulate, insormontabili sono i sedimenti e le morene”, scriveva in Gli anelli di Saturno quel meraviglioso scrittore che fu Winfried Georg Sebald. Eppure raccontò. Come tutti hanno raccontato, anche dopo gli orrori, anche dopo le tenebre più fitte.
Saranno diverse, le storie che verranno, ma verranno. Perché ogni catastrofe, che lo vogliamo o no, porta un cambiamento. E i cambiamenti vanno sempre osservati, così come, dai tempi più lontani, gli uomini hanno osservato le stelle.
All’esplosione di una stella è dedicato il Salone del Libro 2021. Vita Supernova. Quando esplode, la supernova emette tanta energia quanto quella del Sole in tutta la sua durata.
Le storie, così come le conosciamo, nascono guardando le stelle. Pensate, molto prima di Dante, a Omero, e a quel passo indimenticabile del libro ottavo dell’Iliade.
Come le stelle in cielo, intorno alla luna lucente,
brillano ardendo, se l’aria è priva di venti;
si scoprono tutte le cime e gli alti promontori
e le valli; nel cielo s’è rotto l’etere immenso,
si vedono tutte le stelle; gioisce in cuore il pastore;
tanti così, fra le navi e lo Xanto scorrente,
lucevano i fuochi accesi dai Teucri davanti a Ilio.
E Dante non solo chiude le tre cantiche della Commedia citando le stelle (“e quindi uscimmo a riveder le stelle” , “puro e disposto a salire alle stelle”, “l’amor che move il sole e l’altre stelle”), ma nel canto primo del Purgatorio vede quattro stelle sconosciute, simbolo delle virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e si immalinconisce perché solo nel Paradiso Terrestre quelle stelle potevano essere viste:
I’ mi volsi a man destra, e puosi mente
a l’altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch’a la prima gente.
Goder pareva ’l ciel di lor fiammelle:
oh settentrïonal vedovo sito,
poi che privato se’ di mirar quelle!
Gli uomini e le donne hanno guardato le stelle, i poeti le hanno cantate. E qualcuno ha potuto vedere una stella che esplodeva, una supernova. Oltre duemila anni fa, un uomo che si chiamava Ipparco di Nicea vide, diceva, nascere una stella nella costellazione dello Scorpione, e capì che le stelle non erano fisse, ma si muovevano. E le raccontò in un catalogo stellare perduto, contandone quasi mille.
I primi osservatori chiamavano l’esplosione, e dunque la morte di una stella, con il nome di nascita.
Mille anni dopo Ipparco, il 30 aprile 1006, gli astronomi egiziani videro la supernova più brillante della storia del mondo e la raccontarono così: “E’ apparsa una nuova luna di oggetto simile a Venere nella costellazione australe del Lupo e i suoi raggi sulla Terra erano simili a quelli della Luna. Rimase visibile per quattro mesi per poi perdersi nel bagliore del Sole”.
Il 4 luglio 1054, gli astronomi cinesi e giapponesi videro una stella che brillava nella costellazione del Toro, e ne scrissero così: “Durante la notte è apparsa una nuova stella. Il suo splendore è prodigioso. Situata un po’ sotto la Luna, è luminosa quanto Venere. Quel mattino, dopo il levar del Sole, la stella è ancora visibile nell’azzurro del cielo. Questa stella ci apporta la promessa di raccolti abbondanti per numerosi anni a venire. Si accoglie con grandi premure la messaggera apportatrice di un oroscopo propizio e la si battezza «stella Ospite». La si osserva giorno e notte, la si disegna dappertutto, si fanno feste in suo onore, la si celebra degnamente. Nondimeno di giorno in giorno il suo splendore si attenua. Per un po’ di tempo non la si vede più se non di notte, come una stella comune. Vari mesi dopo non si riesce a scorgerla. La stella Ospite se ne va. La stella Ospite è partita”.
Oh, le videro in tanti, le supernove.
Le vide un astronomo danese che fu maestro di Keplero: si chiamava Tycho Brahe e nel 1566, a vent’anni, perse il naso in un duello dopo una lite con un nobile danese che verteva su chi avesse maggior talento matematico. Tycho Brahe perse e per il resto della sua vita portò una piastra d’oro in luogo del setto nasale. Ma il talento lo aveva. Sei anni dopo quel duello, vide che una stella molto luminosa era apparsa nella costellazione di Cassiopea. La chiamò Stella Nova. Era in realtà la supernova che oggi chiamiamo SN 1572. La descrisse così: “il suo splendore era molto superiore a quello offerto in quel momento dal pianeta Giove… rivaleggiava in fulgore con Venere all’epoca in cui essa si trova alla massima vicinanza. Era persino visibile in pieno giorno da chiunque godesse di buona vista”.
Molti le videro, e moltissimi, oggi, sanno come osservarle.
Ma quel che ci interessa è un’altra cosa.
Dopo l’esplosione di una stella, dicono, la bolla di gas creata dall’esplosione porta alla formazione di nuove stelle.
Dopo esserci stretti nei tempi oscuri, come diceva Tolkien nel Signore degli anelli, dove le stelle rappresentano la bellezza e per questo sono amate dagli elfi, si torna a camminare. Forse dovremmo provare, nel cammino, ad accompagnare la curiosità alla nostalgia. Forse dovremmo guardare avanti, alle stelle nuove, alla bellezza che verrà sapendo che quella che abbiamo avuto non la perderemo, anche se non dovesse essere più la stessa.
Ed è questo che abbiamo provato a fare, come sentirete. E’ questo che il Salone è negli ultimi anni: un gruppo che si stringe, è nato anzi stringendosi, e cerca di tenere con sé la bellezza del passato esplorando la bellezza del nuovo. Come la supernova, i resti della stella di ieri contengono già le stelle che nasceranno.
Infine, c’è un’altra cosa. Come sapete già, il manifesto del Salone è stato disegnato quest’anno da quella meravigliosa artista che è Elisa Seitzinger. Rappresenta Diana. La stella del mattino secondo Virgilio, e secondo i contemporanei di Dante. Diana, colei che padroneggiava la scienza segreta e il gioco degli elementi. Diana è la Dea che sopravvive nei culti sia pure cambiando nome ogni volta, che si chiami dunque Inanna, Ishtar, Ecate, Axieros, Kali, Iside.
Diana è la Signora del gioco. Custode della notte, degli irregolari, della bellezza, delle donne.
E dunque dei libri, anche.
E di tutti noi, anche.
Che il gioco sia pieno di bellezza, e di speranza, e che molte nuove stelle illuminino il cammino.

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