Ogni tanto mi intestardisco a parlare di narrazione, che sembra una parola così obsoleta, così politica anni zero, altri tempi, altri ritmi, altra Italia. Eppure, narrazione è ancora la parola che preferisco. E’ grazie a una narrazione, apparentemente frammentata ma sapientemente preparata, che molti italiani si sentono in diritto di scrivere cose spaventose, e rivendicarlo come gesto di libertà, ed è da qui che discende, anche, l’attuale politica. E’ grazie a una narrazione durata anni, paziente, studiata, accortissima, fatta di dettagli privati leziosi e di cannonate contro i femminismi, che Costanza Miriano ha radunato attorno a sé un popolo intero di oltranzisti religiosi (il consigliere comunale a Verona Andrea Bacciga, quello del saluto fascista alle donne di Non Una di Meno, ha usato le parole di Miriano per la famosa mozione “pro vita”).
E, no, non esiste al momento una narrazione altrettanto efficace. Nonostante gli sforzi di tanti, fra cui scrittori e scrittrici che amo e di cui mi sento sorella, non emerge. Certo ci vorrà tempo. Certo ci vorranno parole diverse di quelle usate invano nel ventennio berlusconiano, laddove Berlusconi era l’elefante nel salotto, e tutto si riferiva a lui, e nessuna aggregazione, da quell’essere contro, è divenuta pro.
Temo che valga anche per i femminismi. Oggi è la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, e io vorrei che le bambine e le ragazze trovassero quelle parole, parole nuove, parole per descrivere e non per reiterare qualcosa che non sentono proprio. Quando una ragazza dice che non si può, oggi, ragionare in termini di genere, avverto le parole che ho usato con tanta certezza avvizzirmi fra la labbra. Colpa mia, penso, e colpa di chi le svuotate di significato, replicate senza cercarne di nuove, le ha disseminate in migliaia di convegni, iniziative scolastiche, libri. Ecco, i libri. Continuo a pensare che è dai libri che possano venire narrazioni nuove, care bambine e ragazze. laughter is possible laughter is possible laughter is possible, una risata è possibile, scrive Shirley Jackson nel suo ultimo diario. Cerchiamola. Anzi, cercatela, voi per prime.
“Voi giovani non apprezzate quello che avete, diceva. Non sapete quante ne abbiamo passate, solo per portarvi a dove siete. Guarda tuo marito che affetta le carote. Non sai quante vite di donne, quanti corpi di donne, ci sono voluti per arrivare sin qui?Vorrei riaverla qui. Vorrei riavere tutto com’era. Ma non serve volere”.
Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella