LAVORO CULTURALE, NON SBRODEGHEZZI

Bisogna essere lucidi, più lucidi che mai, noi che si prende parola pubblica. Bisogna contare fino a mille. Bisogna pensare e ripensare e rileggere prima di scrivere qualcosa. Anche piccola. Anche un tweet. Bisogna sforzarsi di andare oltre la paura, e oltre gli automatismi. Bisogna evitare gli sbrodeghezzi di cui scriveva Natalia Ginzburg.
Vi confesso che oltre alla situazione oggettiva mi spaventa moltissimo quello che leggo in giro. I toni. I distinguo. Censurare Dostoevskij (come è accaduto a Paolo Nori: l’articolo qui) no (e ci mancherebbe), ma vediamo cosa succede con uno scrittore russo contemporaneo: questo sento dire, qua e là. Non è così che funziona con i libri, o non dovrebbe, mai e poi mai.
Sulla forza dei libri, rileggete cosa scriveva Azar Nafisi ne La repubblica dell’immaginazione:

“Nelle società democratiche, per esprimere i nostri pregiudizi non usiamo i metodi barbari dei regimi autocratici; troviamo metodi nuovi e perniciosi. Lo scopo dell’istruzione è impartire la conoscenza, e la conoscenza non è solo eretica ma anche imprevedibile, e spesso scomoda. Fermiamoci a immaginare che cosa vorrebbe dire censurare dai nostri libri di testo tutti gli aspetti scomodi. Se non riusciamo a guardare al passato così com’è, potremo mai sperare di insegnare la storia?
«La delicatezza – una delicatezza triste, triste e falsa» scrisse Twain all’amico William Dean Howells «sottrae alla letteratura le due cose più belle che possiede: i racconti di famiglia e le storie oscene». Twain voleva scioccarci, farci sentire a disagio, scrollarci dalla nostra pigra acquiescenza. E voleva emozionarci. «Non dite che la vecchia gridò» suggerì. «Portatela in scena e fatela gridare». La cosa che ci disturba, di Huck Finn, è che sentiamo fin troppo bene il grido, e forse non è quello che avevamo in mente quando ci siamo messi a leggere le avventure di un ragazzino che discende il Mississippi.”

Per quanto riguarda, invece, il clima che ci sommerge, ora dopo ora, leggete i Wu Ming, qui:

“Bisogna veramente ricostruire, ripartire dall’ABC, recuperare tutta la storia di chi si oppose a eserciti e guerre, di chi sabotò, di chi disertò, delle lotte per il disarmo nucleare, per l’obiezione, per il diritto a dire «signornò».

È un compito urgente, e al tempo stesso di lunga durata. È urgente intraprenderlo, ben sapendo che oggi, mentre la guerra è l’invisibile ovunque, questo è il lavoro culturale più difficile.”

 

4 pensieri su “LAVORO CULTURALE, NON SBRODEGHEZZI

  1. …che poi è una comunissima parola triestina, come quasi tutte le parole “strane” con cui si apre il libro. Il padre di Natalia era di Trieste. Ogni giorno a Trieste – e non solo, perché “sempio” si usa in tutti i dialetti veneti – un sacco di gente usa quei termini e non stanno citando quel libro.

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