“Parliamo della ricostruzione. Procede con estrema, preoccupante lentezza.
È così. E i motivi, sostanzialmente, sono tre. Primo, i terremotati non conoscono ancora bene i loro diritti. Molti non hanno capito che lo Stato è pronto a coprire tutte le spese e certo non aiuta tanta burocrazia, legnosa e ottusa. Secondo, la terra, purtroppo, continua a tremare. E questo scatena in tanti un tragico quesito: ha senso restare e ricostruire una casa e una vita qui?
Il terzo motivo provo ad indovinarlo: molte domande non vengono inoltrate per colpa di numerosi abusi edilizi preesistenti.
E infatti ho pronta una sanatoria “chirurgica” che dovrebbe aiutarci a superare certi piccoli abusi e sbloccare la cosiddetta “ricostruzione leggera”.”
Questa è una parte dell’intervista rilasciata dalla Commissaria alla ricostruzione Paola De Micheli a Io Donna. Peraltro, per colpa di quella burocrazia “ottusa e legnosa” ieri Massimo si è gettato dalla finestra.
Due giorni fa ho postato qui una ricostruzione, tuttora parziale, di quanto avviene a Castelluccio di Norcia, con una domanda, tuttora senza risposte, su come sia possibile che il futuro Deltaplano, in costruzione a tempo di record, non sia considerato quanto meno disturbante ai fini paesaggistici.
Facciamo un secondo esempio, già evocato. La lunga storia di Peppina Fattori, anni 95, casa crollata a San Martino di Fiastra. Vive in un container perché ha intenzione di morire dove è nata. Dopo un anno, le macerie di casa sua sono ancora al loro posto, e il tempo, quando si hanno 95 anni, è quel che è. Dunque, le figlie di Peppina costruiscono a proprie spese una casetta di legno provvisorio nel terreno di Peppina. La casetta è sequestrata, poi anche il container viene rimosso.
Nel dettaglio:
Il 6 ottobre 2017 il Tribunale di Macerata rigetta l’istanza di riesame presentata del genero di Peppina al fine della revoca del provvedimento di sequestro giudiziario della casetta di legno. La motivazione è: “L’uso dell’immobile si palesa idoneo ad aggravare le conseguenze dannose prodotte dall’opera abusiva sull’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico”.
Il 5 dicembre 2017 in Gazzetta ufficiale è stata pubblicata la cosiddetta norma “salvapeppina” che in realtà non salva nulla. Infatti non è stato possibile per nessuno, almeno fino ad ora, regolarizzare temporaneamente gli immobili realizzati in assenza di titolo abilitativo da chi si sia trovato nella necessità di reperire una soluzione abitativa provvisoria in presenza di un’abitazione inagibile e abbia realizzato una struttura in un’area di proprietà. In realtà, anzi, la norma ha aggravato la situazione sancendo il reato penale di abuso edilizio per qualsiasi forma di ricovero adottata. Dunque anche un container.
Scaduta la possibilità di sanare l’abuso, il 31 gennaio scorso, la procura di Macerata ha iniziato a inviare avvisi di garanzia a tutti coloro che si trovavano nella situazione sopra indicata. È emerso un numero elevato di casi, alcuni dei quali sono stati presentati nel corso dell’ultima puntata della trasmissione televisiva Chi l’ha visto?.
Dunque, mi scrive Agata, la figlia di Peppina:
“in considerazione di ciò, al fine di evitare ulteriori guai giudiziari, abbiamo provveduto per autotutela a rimuovere il container prima che la procura emanasse un nuovo provvedimento di indagine che avrebbe peraltro riguardato anche me e mia mamma, oltre a mia sorella. Infatti il terreno su cui era collocato il container dall’epoca del terremoto del 1997 è di proprietà di tutte e tre, a differenza della casetta di legno che appartiene a mia sorella, unitamente al terreno su cui è ubicata.
Il 29 gennaio scorso abbiamo comunque presentato quanto richiesto dalla norma salvapeppina, ma a distanza di tre mesi siamo ancora in attesa dell’autorizzazione paesaggistica dalla cui assenza hanno avuto origine tutti i nostri guai e la tristezza crescente di mia madre. Il cerchio si è chiuso e la nostra battaglia non ha prodotto alcun risultato”.
Vorrei capire. Perché quello che vale per undici, o per sei, o per trenta, deve valere anche per una. Vorrei capire.
“C’è nell’intimo di ogni essere umano, dalla prima infanzia sino alla tomba e nonostante tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e osservati, qualcosa che ci si aspetta invincibilmente che gli faccia del bene e non del male. È questo, prima di tutto, che è sacro in ogni essere umano. Il bene è l’unica fonte del sacro”. (Simone Weil)