LETTORI PURI, COME VI DIFENDETE?

Dunque, su Repubblica di ieri ho raccontato la storia di Modus Legendi. Ovvero:
“Immagina che ci sia un gruppo di lettori forti e appassionati, che si ritrovano in migliaia su Facebook per confrontarsi, analizzare, approfondire, suggerire. Un tesoro, insomma, che si chiama Billy, il vizio di leggere. Immagina che quei lettori leggano Ernaux e Llosa e si chiedano “com’è possibile che negli anni 80 i best-seller fossero “L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere” e oggi invece “50 sfumature di grigio”?”. Immagina che ai due moderatori del gruppo, Angelo Di Liberto e Carlo Cacciatore, venga un’idea: ma se bastano 3000 copie vendute per decretare il successo, perché non interveniamo? Se anche una sola parte degli iscritti, in una sola settimana, andasse in libreria a comprare lo stesso libro (di autore non noto e di editore non imponente), cosa succederebbe? Andrebbe in classifica, e sarebbe un caso editoriale, e i casi editoriali fanno pensare, e magari potrebbe innescarsi un effetto valanga, e dopo il primo libro ne verrebbero altri. Immagina che la proposta piaccia e che si articoli in due fasi: una votazione su cinque possibili candidati, chiedendo di scegliere il titolo su cui concentrare la rivoluzione gentile dei lettori che lo compreranno in massa. Immagina che i librai siano invitati a esporre la rosa dei cinque e spingere i clienti a votare. Immagina che aderiscano subito la libreria Modus Vivendi di Palermo, o progetti come Liberos e Ultima Pagina. Immagina che tutto questo avvenga, da oggi,su questa pagina Bene, è tutto vero. E, come scrivono gli ideatori, “Tu potresti dire che io sono un sognatore, ma non sono l’unico”.”
A un giorno di distanza, si possono fare alcune considerazioni aggiuntive. L’iniziativa è bella e meritevole e importante. Non sono fra coloro che – come qualcuno ha scritto qua e là – ritengono che “i lettori” come categoria sceglierebbero automaticamente il best-seller di turno, uno di quelli presenti in classifica a piacimento. Non sono fra coloro che schifano la massa e rivendicano l’orgogliosa differenza delle poche copie ma buonissime (salvo poi, come avviene, prendersela molto a male se non parli subito-piùchesubito della propria ultima fatica, e da qui si avviano a generalissimi anatemi contro la corruzione del mondo culturale tutto, oh sacripante).
Però un problema, a 24 ore esatte, me lo pongo.
Come fa il lettore puro a difendersi dal promotore?
Nel momento in cui, giustamente, una piccola casa editrice si trova al centro di un’iniziativa che viene dal basso, si accendono i motori e si partecipa alla competizione allertando amici e amici degli amici affinché il proprio titolo sia quello prescelto “dai lettori”.
Quanto quei lettori puri si vedono ancora, loro malgrado, coinvolti in un’operazione promozionale?
E come possono difendersi? E devono difendersi o “è la democrazia digitale, bellezza”?
La risposta ai lettori (la mia è in corso di elaborazione) e buon lunedì.

17 pensieri su “LETTORI PURI, COME VI DIFENDETE?

  1. E se i libri li prendiamo in prestito in Biblioteca?
    Sommersa letteralmente dai libri, con disponibilità economica in riduzione, ho optato per questa scelta. Faccio parte di due G di Lettura, uno, in particolare, costituito da persone anziane, per le quali mi prendo la briga di procurare col prestito bibliotecario il libro che scegliamo insieme.
    Unico neo: per le novità letterarie dobbiamo attendere il tempo fisiologico che le biblioteche ne siano provviste.
    Capisco che in questo modo non sosteniamo nè le piccole nè le grandi case editrici… ma i libri che mi “conquistano” finisco inguaribilmente per comprarli, è il caso del piccolo grande gioiello che è l'”Inventario della casa di campagna”di P.Calamandrei

  2. E’ letto con piacere il suo articolo e la domanda che si è posta in un secondo momento: Anch’io, che sono una billyna, mi chiedo se è poi vero che siamo così distaccati da non farci influenzare. Ma in fondo non è nemmeno importante farci queste domande, forse è arrivato per questa o come per altre cose, in questo paese, solo il momento di agire, di essere consapevoli che il nostro parere conta, di essere manipolati il meno possibile. Ecco questo è lo spirito con cui mi sono accostata a questa iniziativa e conto di portarla avanti per questo motivo.
    Grazie a lei per averci appoggiato e per darci spunti critici su cui continuare a riflettere. Paola Marino

  3. Cara Loredana, credo che tu ponga un problema reale. Nella doppia veste di autore e di lettore onnivoro mi sono chiesto anch’io come una iniziativa meritoria come quella di Billy possa concludersi al netto di sollecitazioni “spurie”. Di fatto, i lettori in parte “puri” e in parte più o meno sollecitati da amici e conoscenti segnalano dei testi, un gran brusio di fondo,quindi i curatori del sito scelgono e propongono una rosa di titoli. A quel punto i lettori puri e non, convinti della bontà del progetto, procedono come da programma (almeno in un certo numero, altri se ne terranno fuori) e acquistano tutti in pochi giorni lo stesso libro. Si crea il caso editoriale ma resta il problema tipico della rete e della cosiddetta democrazia dal basso: l’eccesso d’informazione in parte pilotata. Alla fine c’è sempre una strozzatura e qualcuno nel bene e nel male deve prendere una decisione che ridimensiona la democraticità originaria del meccanismo. Non so se si possano evitare o meno le piccole e/o grandi storture di questo sistema né so se la democrazia in rete sia o meno un altro feticcio a cui ci stiamo affezionando perché è evidente che gli altri non funzionano più. Quello che so è che i ragazzi di Billy stanno facendo un tentativo nuovo, che sono certamente in buona fede e che, anche solo per questo, vanno sostenuti e se mai aiutati a capire come evitare ciò che temiamo.

  4. forse, per fare un esempio-specchio, se riuscissimo a trovare la risposta universale da dare a coloro che, quando parliamo della nostra passione-ossessione(lucida e buona) letteraria, ci dicono, con un sorriso che vuole essere beffardo “Se avessi letto 200 libri in quattro anni sarei intelligentissimo”, riusciremo a incuriosirli e attirarli alle storie come l’alcol chiama il dipsomane. Invece di solito ci accontentiamo di fare parte di una piccola minoranza silenziosa, spesso autoreferenziale, o mettiamo in scena schemi già visti per instillare un verbo che avrebbe solo bisogno di ritrovare il suo letto

  5. Purtroppo non frequento più le librerie, troppi libri “a casaccio”. Mi sono costruita una lista di autori che stimo, cerco recensioni in giro e confronti, poi acquisto on line. Non ci si può più permettere di acquistare libri per poi non leggerli.
    Monica (fedele alla carta)

  6. 1) il libro di Kundera fu un successo commerciale, parte per il titolo parte per caso. chi poi lo abbia letto davvero, non si sa. Quindi porlo a esempio di un tempo passato migliore non ha molto senso. 2) quello che si vuole fare è lo stesso che fa il marketing, ovvero voler pilotare il mercato. Il problema che queste persone non capiscono è che non c’è nessun modo di pilotare il mercato, e la conseguenza di andare in 3000 a comprare un libro della Ernaux non farà accadere alcun effetto valanga. I libri che sfondano hanno un perché, e il libro della Ernaux, pure bello, non ce l’ha. 3) detto questo, non capisco né cosa sia un lettore puro, né perché si dovrebbe difendere, e da cosa poi. 4) la cosa che più di tutte mi sfugge è quali problemi avete coi gusti degli altri.

  7. La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. mi sembra che il famoso detto non potrebbe trovare una collocazione migliore che per definire una iniziativa come questa. il proposito vorrebbe essere risollevare il mercato editoriale dalla crisi di vendite e dalla bassa qualità. E come? Che il lettore abbandoni la sua individualità mandi il cervello all’ammasso, si faccia “branco” e irrompa nel mercato librario a farsi giustizia con la forza della mandria. L’effetto valanga, potrebbe essere quello che tra un po’ si arriverà a fare le ronde davanti alle librerie . Sconcierto totale.
    ciao,k.

  8. A parte che non comprendo davvero dove sia lo sconcertante, davvero.
    Anzi, a dirla tutta mi sconcerta vedere come un’iniziativa del genere possa provocare sconcerto.
    A parte ciò vorrei rispondere solo al punto 4 elencato da Stefano:
    “4) la cosa che più di tutte mi sfugge è quali problemi avete coi gusti degli altri.”
    Ma non abbiamo alcun problema con il gusto degli altri, ma proprio nessuno.
    Non si tratta di combattere CONTRO qualcosa, è semplicemente un’iniziativa PRO-qualità: le idee si costruiscono verso qualcosa e mai contro, altrimenti ci si fossilizzerebbe in sentimenti inutili che canalizzerebbero male le nostre energie.
    Se non succederà nulla comunque sia si sarà data una certa visibilità a cinque autori di valore e a cinque piccole case editrici.

  9. @ Lorenzo
    Se ti chiedi perché una volta era tutta campagna e leggerezza e oggi squallide sfumature; se ci si rivolge ai lettori consapevoli; se c’è un problema e voi siete la soluzione; a me pare di sì. E poi che significa che se i lettori chiederanno qualità gli editori li ascolteranno? Non state votando per libri inediti, dunque gli editori già oggi pubblicano libri di qualità. Per cui il punto è rivolgersi a chi non compra libri di qualità, cioè non ha i vostri gusti e non premia la qualità. A me sfugge il passaggio successivo, ovvero perché persone che non hanno i tuoi gusti dovrebbero cominciare a spendere i loro soldi per comprare i libri che tu vorresti. Chiaramente voi pensate che queste persone siano più o meno bestie che seguono lo zuccherino e puntate a dargli lo zuccherino giusto (non vi sfiora l’idea che comprino i libri che suppongono possano piacergli). Cosa che va benissimo, solo vorrei meno retorica pastorale e meno lamentazioni da fine dei tempi. Ciò che io penso è che le cose non stanno così, le persone sanno cosa gli piace e cosa no, e comprano di conseguenza. Oppure comprano per alleviare il senso di colpa, tipo quelli che si comprano i classici allegati coi giornali e poi li lasciano a prendere la polvere, perché oggi se non leggi sei una brutta persona. Non escludo che abbiate ragione voi.

  10. @Stefano
    Nessuno pensa che le persone siano bestie (o perlomeno io non lo penso affatto!).
    Ciò che so è che anche nei supermercati c’è una strategia di disposizione dei prodotti, tanta psicologia del marketing, figuriamoci se non c’è nell’editoria.
    Non è un segreto: nell’editoria i nostri gusti vengono in gran parte indotti tramite la standardizzazione e la ripetizione senza sosta di un qualcosa al fine di imporlo – tecnica ben nota e applicata dall’industria discografica e dalle radio, tanto per fare un esempio (molto interessanti e illuminanti i saggi sulla popular music di Adorno, intellettuale tra i più importanti del Novecento)
    Prendo quindi come esempio la musica: la musica popular piace tanto alle masse perché consente ad esse quella distrazione che solo una forma di intrattenimento che non richiede attenzione può offrire. Schemi musicali di base prodotti per piacere, per vendere. Standardizzazione e martellamento. Sono tecniche di marketing e non hanno nulla a che vedere con l’arte. Dirò di più, prodotti del genere, non possono essere ontologicamente definiti come arte, sono bensì meri prodotti commerciali.
    Non a caso, nella concezione generale, sta sempre più diminuendo la differenza fra una composizione e una creazione, fra il talento e l’arte (o forse non sta affatto diminuendo, bensì è sempre stato così!)
    L’arte, rispetto alla mera composizione, ha un respiro più largo, è ricerca anche fuori dagli schemi, è rottura, è rivoluzione, è amore e sofferenza. E’ consapevolezza; e non ha paura di rischiare.
    Se invece nel processo di creazione di un qualcosa si cerca innanzitutto di far sì che piaccia agli altri, ecco che esuliamo ontologicamente dall’arte.
    Se mentre si scrive il fine è quello di cercare di vendere il più copie possibili, ci vorrà talento per riuscirci, sacrificio e dedizione, ma è un cerchio che si chiude, è un percorso fine a sé stesso…quindi in questi casi, a parte incredibili eccezioni, difficilmente ci ritroveremo davanti a un’opera d’arte.
    La composizione, magari con modi ricercati e anche sofisticati, fondamentalmente si limita a dirti quello che vuoi sentirti dire; si limita ad ascoltare quel che sente e lo raffina.
    L’arte al contrario è innanzitutto un percorso individuale e non si limita ad ascoltare per ripetere, ma va oltre, tendendo una mano all’infinito. Ma soprattutto ti arricchisce.
    In definitiva la differenza basilare è che la composizione, in buona parte, lotta più che altro per un compenso, mentre l’arte lotta per amore.
    Poi – come dici tu – che certi libri, certe sfumature, certi After, possano piacere, è un conto…va bene.
    Ma il punto secondo me (e mi posso sbagliare, per carità!) è che ci stanno convincendo che certi programmi, certa musica, certi film, certa letteratura, vengono prodotti semplicemente perché piacciono alla gente, che li compra, li guarda, li ascolta, li legge.
    Ma è davvero la gente a stabilire cosa debba produrre il Mercato?
    O è forse il Mercato che sopratutto e in larga parte determina – studiandoli a tavolino e martellandoci – i prodotti che ci debbano piacere?
    Se alla radio invece che i soliti Modà, Emma, Ligabue e compagnia bella incominciassero a passare, martellandoci, Pink Floyd, Nick Cave, Rage Against the Machine, Lhasa de Sela, Chopin e tanta altra roba che non si sente mai, non credi che alla gente comincerebbero a piacere?
    Certo, come dici tu ciò che diventa best-seller o una hit, in genere, ha un perchè! E’ verissimo! E il perchè è questo: che viene studiato a tavolino in maniera da rimanere entro certi parametri. Nella musica una canzone dev’essere non più lunga di un tot., l’argomento trattato in generale l’amore ot simili, dopo un tot. di tempo deve cominciare il ritornello, rigorosamente canticchiabile, e vi dev’essere una tassativa alternanza fra strofa e ritornello. Uguale, ma diverso: è questo l’aspetto fondamentale del successo della popular music!
    Lo stesso vale per l’editoria.

    Ed è vero quel che dici: gli editori pubblicano ancora libri di qualità, ma solitamente questi non hanno molta visibilità: non è che li trovi all’autogrill, o esposti in bella vista in vetrina, o vicino al bancone e tanto meno stanno in classifica, a parte rare eccezioni.
    Le sfumature sono un best-seller. Ma è un bel libro?
    Io per curiosità ho chiesto a circa cento persone che avevano letto le Sfumature se gli era piaciuto. Beh, solo tre su cento mi hanno risposto di si in maniera categorica. Circa settanta mi hanno detto chiaramente di no. Il restante ha tergiversato dicendo che era vagamente carino.
    Quindi ecco, l’iniziativa principalmente vuole far vedere che c’è altro, mica imporlo.
    Chiudo rispondendo alla tua frase “perchè oggi se non leggi sei una brutta persona!”
    Io sinceramente non lo penso minimamente. Ho fior fior di amici che non leggono e non li ritengo brutte persone, tutt’altro.
    Invece spesso mi succede questo: dicendo che non trovo assolutamente interessanti i vari Volo, l’autobiografia di Carta, le Sfumature, gli After e Coelho, mi si dà di conseguenza dello snob.
    Ma perchè?
    Perchè per il semplice motivo che amo leggere Houllebecq, Carrére, Peixoto, Modiano e Lobo Antunes (tanto per citarne solo alcuni!) vengo additato come uno snob?

    Beh, scusami per la lunghezza spropositata della risposta. Trovo comunque un piacere dialogare con te, amo i confronti, odio gli scontri. E non escludo che tu abbia ragione.
    Un saluto.

  11. “Fiur Adorno. Caro contemporaneo, ho letto ben quattro lettere degli amici Cases e D’Amico su di un argomento che non ho afferrato bene. I due hanno dispiegato molta sapienza ed intelligenza, e parevano non essere troppo d’accordo; su di un solo punto invece, quasi si abbracciavano, e cioè nel dir male di Adorno. Secondo D’Amico, costui sarebbe un nero pessimista, che vede l’alienazione persino nell’innocuo atto di prendere l’aspirina. E la prova di questa sua torbida negazione di ogni speranza sarebbe in certi suoi scritti di argomento musicale… ” F.Fortini

  12. Non comprendo bene il senso della tua citazione.
    Adorno era solo un minuscolo corollario della mia risposta. Inoltre a mia volta potrei citarti un’infinità di studiosi e critici che lo apprezzano. E quindi?
    So alla perfezione che aveva posizioni forti, alcune opinabii, ma su certi argomenti resta illuminante.

  13. @ Lorenzo
    mi è solo venuto in mente perché l’ho letto di recente. Non ho letto i saggi di Adorno sulla musica, ma mettendo assieme questo stralcio e quello che tu scrivi sulla musica, e immaginando che sia sulla scia di ciò che ne scrisse Adorno, se li leggessi, e lo farò, non sarei d’accordo. Così ad occhio, meglio, ad orecchio, direi che Adorno di musica pop non capisse un accidente. Ma è un azzardo. Lascio stare la questione ontologica, per me assurda, ma capisco che ognuno su questo la pensa come vuole, ma l’idea che la musica popolare, quella di un tempo, o la musica pop odierna piaccia perché distrae è talmente sciocco che non capisco come si faccia a pensarlo. Io ascolto un sacco di musica pop, e mi ci concetro, altro che distrazione. Inoltre l’armonia usata nella musica pop è la stessa usata da Chopin, quindi di che stiamo a parlare? Quello che è diverso è che il pop ha tolto le parti noiose e ottimizzato le melodie, sfruttando la ripetizione delle parti migliori. Una figata, per questo piace così tanto. Poi ci sono le forme più semplificate ancora, che scadono nel banale, ma pure nella classica ci sono robe banali, seppure stilisticamente perfette. Ci sono premesse corrette nel tuo discorso, il marketing, la canzone studiata a tavolino, dalle quali però trai conclusioni tutte da dimostrare, e facilmente smentibili. Intanto dovresti spiegare perché se il mercato è in grado di manipolare il gusto non ascoltano tutti la stessa cosa. Poi dovresti spiegare come mai tutti provano a fare successo, ma solo pochi ci riescono. Ma soprattutto dovresti spiegare come mai se tu, e tanti che la pensano come te, spesso autori stessi, sapete così bene come fare successo, perché state ancora a parlarne e non avete i milioni in tasca? A parte questo, l’iniziativa va benissimo, mi fa piacere che si parli di certi libri e non di altri. Mi fa un po’ specie la retorica attorno, stile campagne per la lettura. E spiace anche a me la china presa dal discorso pubblico, per cui ti considerano snob o radical-chic anche solo se metti un congiuntivo.

  14. Chopin e Ligabue?
    Bach e Tokio Hotel?
    Che ci sia pop di ottima fattura è indiscutibile. Che sia in gran parte una musica studiata innanzitutto per vendere è oltremodo indiscutibile, in quanto
    non è la sua minore complessità a favorirne l’ascolto e a renderlo più facile, bensì la standardizzazione strutturale che organizza il materiale musicale stesso, e che rende sempre facilmente identificabile – anche sotto la superficie dei dettagli più complicati – lo schema musicale di base.

    In effetti la gran parte della gente apprezza la musica pop, o riconducibile al genere pop. Non capisco cosa dovrei dimostrare. Poi è ovvio che non tutti ascoltiamo la stessa musica, grazie a Dio non ci legano ancora davanti alla radio e alla televisione…
    …e poi, come nel caso tuo, c’è gente a cui piace il pop per scelta. E questo mi va benissimo.

    Per rispondere ai tuoi ultimi quesiti: beh, ci vuole comunque talento, te l’ho scritto sopra, per fare successo. Ciò è innegabile.
    Inoltre considera che a molti, come me medesmo, non interessa affatto il successo, e tanto meno avere milioni in tasca.

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