L'ORDINE DEL DISCORSO

Saluti dall’isola felice (musica e bambini).
Assunta Sarlo fa un intervento importante su zeroviolenzadonne.it.
Lo riprendo. Il titolo: Dicesi mignotta.

Una sera a cena da amici (simpatici, democratici e perbene).
“Siamo in una mignottocrazia!” dice uno. Una smorfia, e nasce un dibattito acceso – di quelli che rischiano di rovinare le cene (per fortuna così non è stato).
“Allora” – dice lei, un filo aggressiva “ delle donne non si può mai parlare male, sono sempre e comunque vittime?”.
Un’altra: “Ma io perché dovrei stare dalla parte di chi fa carriera così? E succede dappertutto, mica solo in tv, pure nella mia università”.
Devoto Olii, mignotta: sostantivo femminile, volgare, romanesco. Sgualdrina, prostituta. (dal francese antico ‘mignotte’).
Filippo Ceccarelli, pochi giorni fa,  ci informava che mentre si svolgevano le cenette a palazzo Grazioli di cui, nell’inchiesta barese,  ha parlato per prima una delle frequentatrici, Patrizia D’Addario, arrivava in parlamento, sotto il segno dell’urgenza moralizzatrice  e benedetta dal premier, la legge di Mara Carfagna sulla prostituzione.
La privatizzazione della mignotta, potrebbero commentare gli amici di quella cena. Multate e perseguite se stanno per strada ad uso e consumo dell’Italietta ipocrita che non vuole “quello schifo” sotto casa. Poi, a casa propria, è altra faccenda…
Lo dimostrano i commenti e le notizie a corredo di questa vicenda: dall’”utilizzatore finale” alle grandi quantità di donne gratis – frasi di cui porterà imperituro vanto  Niccolà Ghedini, avvocato di B. –  fino al “chi è senza peccato scagli la prima pietra” del quotidiano Libero, fino alle botte del fidanzato di una delle fanciulle invitate alle fatidiche cene. Normali anche quelle, le botte, in assoluta coerenza con quanto le precede: le donne sono lì per quello e per questo. Per prenderle cioè, quando vengono a saperlo tutti che è  proprio la tua fidanzata, la ragazza immagine intervistata dai giornali per le sue trasferte romane.
Come dar torto allora ai miei amici, che stanno a disagio in questa scena da basso impero in cui si agitano cortigiane, manutengoli, uomini di fiducia e  intermediari e tutti sono pagati per il loro prezzo e il loro servigio ai desideri senili e mortiferi di B.?
Come dare loro torto, mettendo in fila le immagini del femminile che ci stanno letteralmente assediando e che mortificano ciascuna e tutte, dalle quali non riusciamo a prendere distanza?
Le cronache di queste settimane, da Noemi Letizia in poi, rimandano ad un immaginario preciso, costruito negli anni, che funziona come un orologio:  basta accendere la televisione per vedere “grandi quantitativi” di corpi femminili definitivamente espropriati di sè e ridotti alla muta e  sorridente presenza di servizio. In una trasmissione televisiva, a far da valletta al conduttore, in una comparsata in discoteca, in un cartellone pubblicitario che reclamizza crociere o vestiti, a cena dal premier, cosa cambia?
Vittime? No di certo, anzi figlie di una libertà comune e che loro decidono di usare in un modo che appare a molte come una beffa, uno scherzo cattivo, un insulto alla propria storia e ai propri desideri. La formula “Il corpo è mio e lo vendo io” trova luogo a casa del premier, con annesse foto e registrazioni da usare se serve, come nel mercato: anche lì mica un grande burattinaio che muove i fili, ma uomini e donne che tutti giorni immaginano format televisivi,  pensano campagne pubblicitarie, fanno la comunicazione insomma.
E allora perché disturba sentire parlare di mignottocrazia? Perché non ammettere semplicemente che l’uso così ambiguo di quella libertà da parte di tante giovani donne sta gettando un’ombra su tutte, con il rischio che ciascuna sia più debole e più alla mercè di quell’immaginario? Quella libertà sta costruendo gabbie che, in qualche misura, non rinchiudono solo chi decide di entrare nel gioco. Anche per fare il primario di ortopedia in questo paese ci vuole un bel decolletè, diceva non scherzando una mia amica, sottolineando una questione profonda di cui le cene berlusconiane sono in un certo senso l’epifania ipperealista.
E allora, tornando alla mignottocrazia. E’ l’ordine del discorso che non torna e disturba, perché dà per scontato quel modo del maschile e l’inferiorizzazione del femminile, perché non vede la diseguaglianza del potere, perché non disordina, in virtù del cammino della libertà delle donne, il quadro eterno dei ruoli in cui  rischiamo di restare ingabbiate e in cui mignotta resta sempre l’altra faccia di madre perfetta e donna virtuosa.

12 pensieri su “L'ORDINE DEL DISCORSO

  1. cara Loredana,
    in questi giorni anche io sul mio blog ho scritto (non così bene) riflessioni che vanno nella stessa direzione. Ci umiliano tutte. Dovremmo fare qualcosa per far sentire la nostra voce, per contribuire il più possibile a invertire una tendenza e dire che non ci stiamo.
    Tu saresti davvero perfetta come portavoce. Ti andrebbe di parlarne?
    mi trovi o sul mio blog panzallaria oppure a questo indirizzo mail
    panzallaria73@gmail.com
    So che sei molto impegnata ma davvero, secondo me questa è una battaglia che dovremmo combattere, per stare dalla parte delle bambine e delle donne di domani.
    con stima
    francesca sanzo
    aka
    panzallaria

  2. E’ così che siete diventate. Una gran quantità di gnocca, di figa. Come quella vecchia là, che B. se l’è presa perché faceva vedere le tette, e adesso si meraviglia perchè il marito si serve di tette e fiche più giovani. Sono cose che succedono, a farsi fotografare le tette. A B. basterà darle quattro sodi in più per farla star zitta. Io ho 48 anni, e mi ricordo che 30 anni fa non eravate così. Datevi una mossa prima che sia tardi, perché non saremo noi uomini a fare il primo passo. A noi va benissimo la vostra libertà di mostrarci e farci toccare tette e culi.

  3. mignotta viene da mihi ignota e sta ad indicare il frutto di una madre che si è sottratta ai propri doveri affidando il suo / la sua figliola alla pubblica carità… infatti la dizione esatta è Figlio / figlia di … e mai da sola!

  4. Mi chiedo non di rado quando certa ignoranza diffusa verrà estirpata da questo paese, quando. Non vedo cambiamenti in meglio, non riesco a vederli. Basti pensare ai toni linguistici di tanti maschi e ovviamente ai significati che hanno una loro importanza fondamentale.
    Non sono d’accordo con Piergiorgio. Ognuno deve fare la sua parte, anche noi uomini.
    Dalle pubblicità bavose alle trasmissioni televisive squallide, dalla ricerca del porno ossessivo alla facilità con cui si definisce “mi…ta” una ragazza, rea di avere dato un bacio troppo velocemente o averlo negato; sbagliano sempre le donne secondo tanti maschi: che la diano o che non la diano (scusate, per capirci) rimangono sempre delle “mi…tte”.
    Questo è l’atteggiamento di molti maschi. E lì mancano le basi dell’educazione, che cosa vogliamo farci.
    Una cosa è dire: – Quella è una stronza -, altra questione dire: – Quella è una mi…tta! -. Il linguaggio impone responsabilità e non il classico atteggiamento di sufficienza tipico di tanti maschi.
    E non manca una responsabilità di molte donne che bramano lo stronzo di turno, magari bellissimo e ricchissimo, ma in ogni caso uno stronzo maleducato e cafone. Duro a morire questo mito, lo vedo fra le 24enni e 50enni, sembra assai trasversale la cosa (almeno fra le mie conoscenze).
    Non lo so, di fronte a certe linguaggi e certe idee io ne esco sempre sconfortato.

  5. grazie, Lipperini, per aver saputo spiegare in modo chiaro quello che cerco di ribadire ogni tanto nei (pochi) blog che seguo. avessi un blog la linkerei! cercherò di citarla alla vecchia maniera…
    chi diceva che “per smantellare la casa del padrone non possiamo usare gli attrezzi del padrone”?

  6. Errata Corrige: naturalmente i ringraziamenti vanno in primis a Assunta Sarlo e in secundis a Lipperini che ha riportato – è colpa dell’ora tarda…

  7. Terzilla per esempio polemizza con me.
    Io sull’uso del termine mignottocrazia invero ho meno problemi. Ma precisamente perchè sottoscrivo tutto il post dalla Lipperina segnalato. L’unica cosa che non sottoscrivo è la passività dinnanzi all’immaginario senza accentare l’attività. La responsabilità e il ricreare l’immaginario. Se comportamento e cultura sono in circolo, Dio caro, io che mi comporto una qualche responsabilità ce l’avrò. Quale supponenza quale asimmetria mi permette di non adare dalla mia coetanea e dirle, cara mia sei una stronza?
    “Il corpo e mio” era una cosa bella, e ancora oggi io la sottoscriverei. Non è forse vero che il corpo è mio? Ma la questione è che questo motto sembra essere stato rispettato, ma in verità è stato completamente tradito. E in effetti, non credo che la D’Addario o qualche sua collega ci vada lontanamente pensando. Continuità? Non mi pare proprio.

  8. Mignottocrazia. Se usiamo la parola, riteniamo che ci sia un “potere” delle “mignotte”. A guardare bene, mi sembra che l’eventuale potere sia solo una fetta di privilegio concesso, non la effettiva partecipazione alla gestione degli affari (pubblici o privati che siano) che rimane saldamente in vecchie mani maschili. Per me non stiamo parlando di “potere”.
    Se il b. ci propone con successo il frame “corte del sovrano”, le cortigiane in ogni gradazione e variante sono un logico corollario.
    Peccato che in questo scenario cercare in mezzo a questo inferno ciò che inferno non è diventa sempre più importante ma anche difficile…

  9. @zauberei: hai ragione, bisogna ricreare l’immaginario. E allora invece di mignottocrazia dovremmo parlare di puttaniericrazia, invece di patatocrazia di pisellocrazia, e invece che di corruzione di concussione. D’altronde, anche quello della prostituzione è un mercato, e come tutti i mercati, si regola in base alla domanda, più che all’offerta.

  10. Ci sarebbe un discorso enorme da aprire, dall’ultima frase di Assunta. Anche perché riconoscere nelle donne solo l’immagine ideale o l’oggetto sessuale implica il “non aver fatto pace con il femminile”, indipendentemente da chi si è o quanti anni si ha. E da questa rottura dell’ordine interiore, da questa povertà di orizzonti per l’anima muoverei per analizzare il corpo al mercato e il mercato dei corpi e le figure intrappolate nel mercato… non ultima quella del mercante!

  11. Piergiorgio, ti chiedo umilmente scusa, ma il tuo intervento mi sembra, come dire…un po’ sciocchino.
    Come sarebbe che 30 anni fa le donne non erano così? Le attrici che la davano per una particina non c’erano? Le mantenute dei ricchi… E così via…
    Quel che c’è diverso è che oggi si sono moltiplicate le occasioni di vendersi a caro prezzo: una bella ragazza che non ha avuto altro dalla natura oggi ha mille possibilità di mettere a frutto la sua avvenenza, grazie alla TV e alla ricchezza diffusa fra i signori maschi, che non si vogliono far mancare la ragazza-immagine accanto.
    E poi, è colpa delle donne? Tu avessi gioventù e bellezza e nient’altro, e ricche e potenti signore ti offrissero lavoro, denaro e carriera in cambio di qualche favore sessuale, preferiresti andare a fare il manovale? Ma vedrai…
    Le donne, come esseri umani, scelgono la strada che reputano più redditizia (in senso lato), lo facciamo tutti.
    “Mignottocrazia”, nel senso di chi sembra l’abbia inventata (Paolo Guzzanti) intendeva collocazione in posti di responsabilità di persone che non avevano altro titolo che aver soddisfatto sessualmente il capo.
    In questa stretta accezione mi par vera e azzeccata: per contare qualcosa al tempo di Berlusconi bisogna essere mignotte, quindi…

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