MAI GLI ELEFANTI VOLAR

Sì, abbiamo un problema. Ne abbiamo molti, a dire il vero, ma quello dell’informazione è e resta un nodo chiave.
Ci pensavo in questi giorni, dopo un viaggio in treno Roma-Modena-Roma dove tentavo vanamente di spiegare che Eluana non mangiava minestrine a donne e uomini che allargavano le braccia ribadendo che “l’avevano sentito in televisione”.
Non è del tutto esatto: di certo, le parole delle suorine e dei pii personaggi intervistati a raffica dai telegiornali non si riferivano concretamente alle minestrine. Ma nel loro discorso il tono, la costruzione delle frasi, lo sguardo facevano intendere altro.
Ci vorrebbe George Lakoff per spiegare come si evoca l’elefante nelle menti altrui. La vostra eccetera si limita a portare con sè lo sguardo torvo di una giornalista mentre, stamattina, interrompeva il corrispondente da Udine –  “Perchè le fanno l’autopsia?”- con un tono secco e allarmato che risulterebbe impeccabile nelle fiction investigative, ma non in (quella che dovrebbe essere) una informazione corretta. La domanda era legittima. Tono, sguardo, postura, no.
L’elefante nasce, probabilmente, così.
Faccio un secondo esempio, che riguarda proprio la presentazione di Ancora dalla parte delle bambine a Modena. Incontro bello e appassionato. Ma. Come avviene quasi regolarmente da sessantadue presentazioni a questa parte, chi mi introduce sottolinea quasi sempre che il libro “apre la mente ai genitori sui pericoli che i bambini corrono su Internet”, essendo alla rete  in gran parte dedicato.
Beh, non è vero. Ho parlato molto più della carta (giornali, riviste, testi scolastici, libri, fumetti) che del web. Solo che, per qualche singolare fata morgana, questo non arriva a tutti i lettori: che sono in assoluta buona fede quando lo sostengono. Perchè? Ho sbagliato io nella costruzione del libro? E’ la mia storia da blogger che rende consequenziale che il libro parli quasi esclusivamente di rete?E’ la paura che molti adulti hanno della rete medesima a creare questa illusione ottica?
Allo stesso modo.
Se si legge questa notizia sulla frequentazione di Internet da parte dei bambini si apprende solo un aspetto della questione, quello negativo. Come se l’attitudine al bullismo nascesse nella rete e non preesistesse ad essa, e non fiorisse come una pianta velenosa in una società che alleva i propri figli all’espulsione in quanto è espulsiva e violenta essa stessa. Off line.
E come se, nel web, non ci fossero decine di migliaia di bambini e preadolescenti che lo usano per scambiarsi consigli, allestire forum di grafica e di scrittura, imparare – da soli – i codici html. Fare comunità, insomma.
Ma questa, lo so, è storia vecchia.

8 pensieri su “MAI GLI ELEFANTI VOLAR

  1. Sono super d’accordo sul fatto che la mala divulgazione sia una iattura dell’umanità che ingloba tutti i campi dello scibile. LA divulgazione scientifica poi è un caso devastante, e io pure posso fornire caretti di esempi su come un esperimento di neurofisiologia viene tradotto e glamourizzato anche dalle riviste specializzate, siringando la notizia di inferenze indebite, per cui alla fine quei poveri ricercatori facciamo conto del MIT risultano singolarmente essere una manica di difecienti et anche un tantinello reazionari. All’uopo è simpatica l’esperienza di come sono riportate queste notizie nella hompe page di portali quali libero e yahoo. i è l’apoteosi.
    Ma non sono convinta che nel dibattito sull’eutanasia l’informazione scientifica corretta risolva del tutto la questione – anche se manca e fintanto che non c’è è bene riempire la lacuna- e te hai fatto cosa doverosa a spiegare la faccenda delle minestrine, come spero quella del cervello atrofizzato che mi pare altrettanto saliente. Ma non esaurisce del tutto il problema. Il problema è anche un mancato esercizio collettivo alla riflessione sui temi che ci riguardano come individui, per cui il concetto di complessità pare veramente una chimera e persino quando si parla di tombe e di male, tutto sembra ridursi a un derby di provincia.

  2. Sono del parere che la tanto auspicata rivoluzione digitale nel nostro paese, sia stata messa a tacere da un nutrito ed eterogeneo gruppo di “esperti”, molti di questi proveniente (ahimè) dal fronte della comunicazione. Mi sembra che la forma mentale apocalittica nei confronti dei new media sia immutata.

  3. Sottoscrivo tutto: il nodo cruciale è l’informazione, da cui la grande responsabilità di chi la fa. Solo con un’informazione di storta si creano leggende metropolitane e falsi allarmismi che poi è quasi impossibile sradicare (internet pericolosa per i bambini, gli zingari ladri di bambini, “l’assassinio” di eluana bella e giovane come nelle foto pubblicate).

  4. Non solo i pericoli della rete vengono ingigantiti perché c’è bisogno di produrre sempre nuovi fantasmi, e quello dell’uomo cattivo che offre le caramelle all’uscita della scuola non attacca più. Ma io credo che a volte si ingigantisca anche a dismisura il problema del digital-divide generazionale. In fondo, a me pare che oggi i 40enni come me siano nell’invidiabile posizione di relazionarsi con i propri figli 12enni quasi alla pari: noi perché il web l’abbiamo visto nascere, bene o male lo conosciamo, è un luogo che frequentiamo periodicamente, i nostri figli perché ci si ritrovano catapultati dentro, a smanettare. Non potremmo partire da qui per fare relazione, per dialogare, per imparare assieme, anzichè assumere atteggiamenti ansiogeni? Dopotutto, quante vittime fa un pc? E quante ne fanno le automobili ill sabato sera? Piuttosto, mi pare ci sia poca consapevolezza, anche da parte del legislatore, del vero valore che certe pratiche oggi assumono. Prendiamo la privacy: a prescindere dal fatto che trovo del tutto inutile firmare tutte queste dichiarazioni che mi mettono sotto il naso (posso davvero non firmare? e che succede se non lo faccio? il servizio di cui ho bisogno mi viene garantito o no? perché se io sottoscrivo una cosa dovrei fare una scelta consapevole, che presuppone un’alternativa, se sono obbligato diventa solo un automatismo). Ma mi chiedo anche se sulla questione ad esempio delle immagini on-line (video, foto ecc.) l’atteggiamento giusto sia quello dell’adulto, magari totalmente digiuno di web e di blog, che ha della propria immagine e della propria persona ha un’idea di un certo tipo. Mi pare che per i giovani l’atteggiamento sia molto diverso: molto più “lasco”, umorale, noncurante, esibizionista, “postmoderno”, potremmo dire. Siamo sicuri sia davvero un male? Siamo disposti a contemplare altri punti di vista? Siamo disposti a prendere in considerazione ad esempio che, sì, su internet rimane tutto, ed è difficile rimuoverlo quando vorremmo farlo, ma che questo presuppone in fondo una sorta di nuova trasparenza, che finisce con il depotenziare molto il valore di certe pratiche? Siamo disposti ad abbattere certe barriere fra pubblico e privato? Eppure mi pare che nel lavoro già succeda. Chi non usa il pc dell’ufficio anche per questioni personali? E quanti ormai fanno telelavoro anche da casa, dal mare, o da qualsivoglia altra situazione apparentemente extra-lavorativa?
    A me pare che siamo già andati abbondantemente oltre la soglia di una “rivoluzione” ma fatichiamo a prenderne atto, e cerchiamo di gestirne le conseguenze con strumenti che andavano bene nella vecchia società patriarcale, fordista ecc. Insomma: come se in tv vedessimo ancora solo il 1°, il 2° e Capodistria.

  5. Direi che è una maniera soft di presentare il tuo libro… un po’ vigliacca al limite, sta maniera, ma non è un difetto del libro, no certo.

  6. Non hai sbagliato Loredana, il problema vero sta in quella frasetta che la gente cita a mente e che ha fatto più danni di qualsiasi altro predicatore: il mezzo è messaggio. Finchè si andrà avanti a cercare l’untore in ciò che non si conosce e non si frequenta saremo messi così… A me, del tuo libro, ha colpito molto la parte dedicata ai libri di testo scolastici e alle riviste per bambine, ai fumetti, a tutto quello che appare buoco e lecito e che sta ancora compiendo i danni peggiori.
    un saluto (anche a Lotta)
    E.

  7. ero presente a modena domenica scorsa alla presentazione del libro “Ancora dalla parte delle bambine”, che non ho ancora letto, e
    non so quindi esprimere il mio parere rispetto al libro. Ritengo che l’equivoco interpretativo, nasca dal fatto che ognuno di noi, come tu accennavi nel corso dela presentazione-intervista, rimanga comunque legato al proprio piccolo mondo, e a partire da questo si avvicina e affronta le cose, le persone, le relazioni, le situazioni, la lettura di un libro. La difficoltà sta proprio nell’uscire da se stessi e scoprire e guardare e cercare di conoscere un mondo altro, un mondo nuovo. Questo mondo nuovo, internet, la rete, che come tu dici non è l’argomento predominante del libro, probabilmente viene colto come il tema più vasto da parte di coloro per i quali è il meno conosciuto, il meno frequentato e agito rispetto agli altri temi del libro e quindi è quello che forse colpisce di più, pur non essendo il tema a cui vengono dedicate più pagine.
    Dalla presentazione intervista ho portato a casa con me tanti spunti. Ho quarantadue anni e sono mamma di due maschi di 20 e 17 anni e una femmina di 12. Mi sento davvero in trincea, come donna e come madre.
    I discorsi di domenica mi hanno stuzzicato sicuramente più come mamma di maschi. Abbiamo dimenticato per strada qualcosa, o tanto, rispetto all’educazione delle bambine, ma rispetto ai maschi e al diventare uomini forse il discorso deve seriamente ancora iniziare.

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