MATERNITA' DUEPUNTOZERO

Mi scrive Francesca Conti, e mi racconta della ricerca sulle “Mamme 2.0” realizzata dal Centro studi di Etnografia Digitale. La ricerca è scaricabile dal link. Qui sotto riporto le conclusioni della medesima. Da quanto si evince, è decisamente “marketing oriented”. E non sembra siano state interpellate o monitorate le blogger, che sono parte attivissima della presenza delle mamme in rete.  Ad ogni modo, ecco qui:
“Le Mamme 2.0 sono giovani mamme (tra i 14 e 33 anni) che hanno dimestichezza con le
nuove tecnologie della comunicazione e che sanno integrarle efficacemente nella loro vita
quotidiana.
Le Mamme 2.0 amano rappresentarsi come esperte e “scienziate” della maternità. Questo
consente loro di ri-appropriarsi di quel diritto di parola in campo di maternità che la società
tende a negare loro.
Grazie ai prodotti e ai Brand per l’infanzia le Mamme 2.0 danno voce a quello che abbiamo
chiamato the dark side of motherhood: l’esperienza del dolore fisico e della solitudine morale
che spesso caratterizza la pre-neo-maternità.
Grazie ai prodotti e ai Brand per l’infanzia le Mamme 2.0 danno voce a quello che abbiamo
chiamato the bright side of motherhood: la gioia di consacrarsi alla maternità e al benessere
dei propri figli che prende corpo in un desiderio di acquisto compulsivo di prodotti per
l’infanzia.
Nelle loro narrazioni di sé le Mamme 2.0 costruiscono delle figure maritali particolarmente
negative: i mariti sottomessi, i mariti disattenti e i mariti riottosi. Ponendosi come “nemici esterni”, queste figure svolgono la cruciale funzione antropologica di rafforzare i confini
interni della webtribe delle Mamme 2.0.
Grazie alle arene simboliche di discussione che si creano attorno ai Brand e ai prodotti per
l’infanzia le Mamme 2.0 riescono a smantellare gli stereotipi culturali tradizionali della
mamma passiva e remissiva .
Le arene simboliche di discussione che le Mamme 2.0 costruiscono attorno ai prodotti e ai Brand per l’infanzia favoriscono il trascendimento delle contraddizioni contenute nellostereotipo post-moderno della“madre indipendente”. Infatti offrendo uno spazio libero edimmediatamente accessibile di riflessione su di sé, di confronto e di sostegno reciproco, lesuddette arene permettono alle Mamme 2.0 di essere autocoscienti ed autonome senza perquesto essere sole.
I processi di produzione culturale articolarti dalle Mamme 2.0 assumono delle forme di
resistenza estrema che si esprimono in un’operazione di decostruzione del corpo femminile:
rappresentando il loro corpo di madri come un corpo sfigurato che va in pezzi le Mamme
2.0, da un lato, “denunciano” la condizione di dolore e solitudine a cui la maternità le
costringe e a cui l’ambiente sociale che le circonda sembra disinteressarsi; dall’altro
sottraggono al potere degli esperti (che spesso parla al maschile) quel supporto di base (il
corpo appunto) su cui esso tende ad inscrivere dispoticamente e fraudolentemente le
proprie“verità”sulla maternità”.

37 pensieri su “MATERNITA' DUEPUNTOZERO

  1. Se ci siano o meno concetti condivisibili se ne può parlare. Però secondo me, con tutto il rispetto, la terminologia è un vero obbrobrio.
    Prodotto, brand, processo di produzione: cosa è uno studio etnografico o il piano industriale di una multinazionale?
    Comunque, dall’esperienza delle mie coetanee che sono madri, io non vedo la maternità come condizione di dolore e solitudine, anzi. Poi ci sono casi estremi di difficoltà di cui il nostro sistema si occupa troppo poco, e che conducono a quella tragedia personale e sociale che è l’aborto.

  2. Questo riassunto mi sembra uno dei punti più bassi dell’abuso dell’antropologia, anche se non raggiunge l’orrore degli Human Terrain Teams dell’esercito USA.
    I Brand alleati delle mamme contro i Nemici Esterni, ci mancava solo questa. Perdonatemi, ma non invoglia proprio la lettura del report completo.

  3. interessante anche se mi sembra scritto da uno dei miei amici che è andato a fare il “manager” a milano e ha scoperto parole nuove!
    comunque battute a parte
    non l’ho ben capito
    esperte e scienziate della maternità in che senso? esperte in cambio di pannolino forse per il resto la maternità è la cosa più istintiva che esista e si sbaglia moltissimo tutte anche quelle che non lo sanno
    e sono d’accordo con paolo la maternità fatta di dolore e solitudine riguarda veramente pochissimi casi
    di giovani mamme passive e remissive non ne vado tante anzi e non credo che sia merito di brand (brand?!! ma come parli le parole sono importanti…cit) o prodotti ma di educazione e anche grazie all’aiuto del compagno
    altro che mariti disattenti o riottosi
    io vedo in giro tanti mariti/padri affettuosi partecipi e attenti
    mi piacerebbe si parlasse un po’ più di loro e non per prenderli in giro o dimostrare che alla fine noi siamo meglio che li sappiamo vestire coordinati o siamo più brave a gestire il loro tempo
    anche perchè mi chiedo che senso ha stare accanto ad un uomo di cui si parla sempre negativamente…
    ma questo è un altro discorso
    e ha ragione anche l’altro paolo non invoglia moltissimo la lettura del report completo
    ma posso chiedere cosa ha colpito te per postarlo?
    cosa c’è sfuggito?

  4. Concordo con i due paoli.
    Le mamme 2.0 sono vittime (felici e (in)consapevoli) di una abile strategia di mercato.
    Consumatrici contese perchè proprio in virtù della loro mammità consumano almeno il doppio!
    Non solo, ma a me pare che vecchi modellli maritali e materni stiano ritornando in auge grazie a queste iniziative (2.0 e future release e blog).
    Dopotutto il modello materno e femminile delle pubblicità è quanto di più vecchio si possa immaginare.

  5. @ Francesca,
    scusa ma a me pare che ci sia veramente una “solitudine” delle mamme (e dei papà).
    Alcuni esempi:
    a) Una donna al secondo figlio rischia di uscire dal mondo del lavoro
    b) Nei mezzi pubblici non si può salire con la carrozzina (se non si chiude)
    c) Il 50% dei punti nascita italiani non ha un neonatologo di guardia
    d) l’84% delle sale parto pubbliche e convenzionate non garantisce un accesso a cure antalgiche efficaci per i dolori nel parto
    e) I nidi comunali hanno liste d’atetsa assurde
    f) I nidi comunali si PAGANO mentre la materna no (solo la mensa)… cioè fino a 3 anni del bimbo i genitori che fanno? Pagano…
    La lista potrebbee ssere lunghissima. Lascio il link a questo libro che consiglio vivamente:
    http://www.ibs.it/code/9788889100608/attacco-alla-maternita.html
    Attacco alla maternità. Donne, aziende, istituzioni

  6. Supermambana, grazie dei link!
    Francesca, mi colpisce che sia la prima ricerca sulla comunità delle madri in rete e che, da quanto si evince, sia stata condotta in modo parziale. Mi fa anche riflettere che siano soprattutto i marchi ad interessarsi del materno “duepuntozero”, anche.

  7. Questo post mi sembra uno scherzo, o forse mi sono persa qualcosa.Ad ogni modo questo modo di vivere la maternità non mi appartiene, forse perché più attempatella, pur avendo dimestichezza con le tecnologia. La mia maternità l’ ho vissuta e la vivo con gioia, nonostante l’impegno richiesto (ho tre figli, un lavoro fulltime e tanti progetti per la testa) Non riesco a pensare ad un modo scientifico di essere madre preferisco agire di impulso, pur essendo iper informata.La solitudine?credo sia di chi se la cre

  8. gekina
    che il nome da solo invita all’amicizia
    hai fatto un elenco interessante
    certo io forse vivo una realtà fortunata
    genova dove potevo prendere autobus con passeggino dove anzi l’autista mi aiutava anche dove ci sono nidi e materne che funzionano bene (nonostante le varie riforme che cercano di mandare all’aria tutto) dove c’è il gaslini etc etc ma usciamo dal personale
    la solitudine è piùmancamza da parte dello stato
    per il resto vedo sempre più genitori unirsi fare gruppo aiutarsi a vicenda e quindi vedo più genitori felici e sereni
    anche i blog che se non ho capito male sono stati esclusi da questa ricerca hanno un ruolo fondamentale
    attraverso la rete circolano per esempio veloci le notizie si costituiscono comitati e si può intervenire attivamente su certe scelte che riguardano i nostri figli
    noi per esempio l’abbiamo fatto quando il comune voleva togliere la merenda nelle scuole…
    e ha ragione loredana
    è una ricerca parziale interessata più al marketing che ad altro
    ah gekina sulla pubblicità sono d’accordo con te
    e qui si potrebbe aprire un capitolo lunghissimo…

  9. @ Rossan,
    scusa ma i nidi comunali creano solitudine. Non è certo colpa dei genitori se i tagli si sono abbattutii con violenza sui nidi.
    O hai 500 euro mensili da spendere per un nido privato o a lavoro non ci torni proprio. E solitamente è la madre che – per cultura – sta a casa.
    In questo paese la dissocupazione è femmina.
    Le ore di congedo le prendono al 99% le mamme e non i papà.
    Tutto questo nasconde una realtà di solitudine.
    Il fatto che tu abbia tre figli e un lavoro full-time e tanti progetti mi fa immaginare un buon reddito, o almeno la possibilità di pagare una babysitter, o una famiglia che ti da una mano.
    Ma che dire di quelle famiglie a basso reddito? Magari con nonni e familiari ontani? O troppo anziani, o che lavorano a loro volta?
    La solitudine è di chi se la crea certo. Ma anche di chi è svantaggiato socialmente. Vogliamo colpevolizzare anche queste persone?

  10. La mia impressione è che l’articolo scriva tutte cose assolutamente condivisibili, solo che a monte trasuda una visione ideologica che lo valuta diversamente da come valuteremmo noi il fenomeno. Ma io anche in passato ho scritto della mamme 2.0 – e feci anche un post che si chiama Harem 2.0 – e in molte considerazioni ripetevo quello che dice la ricerca qui – solo con molto più sconforto ossia accentando le conseguenze negative di questo orticello mammo – a mio avviso, tremendo.
    Però è assolutamente vero che le mamme del web usano i brand per riappropriarsi di una competenza, è’ assolutamente vero che usano il web per dire a chiare lettere il negativo del materno, ed è assolutamente vero che tendono a creare un hortus conclusus che stigmatizza la differenza di genere – ridicolizza etc, fortificando l’identità.

  11. @ Francesca,
    io sono di Mestre (VE) e qui i nidi sono pochi con molte richieste e pochi posti.
    Quando mio figlio aveva due settimane sono stata invitata a chiudere la carrozzina. Quando ho detto che non si poteva l’autista ha invocato il codice di navigazione e NON MI HA FATTO SALIRE!!!!
    Ho scritto una lettera all’ACTV… nessuna risposta.
    Qui c’è una maternità che doveva chiudere tre anni fa (sotto i 500 parti, quindi non conforme alle direttive ministeriali sulla SICUREZZA). Una MNAIFESTAZIONE DI MAMME e personale sanitario ha bloccato la chiusura… e la struttura gode di ottima salute (convenzionata con denaro pubblico e un secondo livello a 10 min a piedi).
    Da quando sono mamma (e mammablogger) noto certo molta solidarietà in rete ma molta meno da parte delle istituzioni.
    Sarò una che la vede alal vecchia maniera ma io preferisco veder riconosciuti i MIEI DIRITTI DI GENITORE (e quelli di mio figlio) a livello istituzionale che non sentire amicizia, complicità e ssotegno da una rete virtuale di donne.
    Non mi interessa la mamma che mette a disposizione casa sua per tenere 4 o 5 bambini. Voglio il nido comunale con il giardino, la palestra, la piscina con le palline, la psicopedagogista, il servizo di fisioterapia mandato dal centro di neuropsichiatria infantile territoriale…
    Anche francesca invita all’amiczia 😛

  12. geky (così fa un po’ più dallas!!)
    non posso che condividere le tue richieste
    credo solo che forse in giro c’è qualcosa di più positivo e propositivo
    almeno spero
    e che il ruolo degli altri nella nostra vita (altri genitori amici parenti) non sia così secondario
    perchè se siamo in tanti siamo forti
    anche per rivendicare
    (anche io sono una mammablogger in privato magari ci mettiamo in contatto così evito pubblicità sui blog altrui)

  13. @ Francy (fa più Dynasty :P),
    il mio blog è lincato sul mio nickname. Mi fa sempre piacere scambiare idee e riflessioni. E poi sono curiosa… che blog hai?
    Vorrei copiare/incollare un passo di bauman preso dal suo “Consumo dunque sono”… sostituite la parola “carnevale” con “maternità duepuntozero”…
    “La funzione (e la forza di seduzione) dei carnevali liquido-moderni sta nella risurrezione momentanea di una comunanza che versa ormai in stato comatoso. Carnevali del genere sono occasioni per riunirsi, tendersi la mano e richiamare dagli inferi il fantasma della comunità defunta per la sola durata della festa, rassicurati dalla consapevolezza che l’ospite non si tratterrà troppo a lungo, e dopo la sua breve visita si dileguerà alla svelta.

  14. e visto che abbiamo parlato di stato
    “Lo Stato si priva di una sempre più grande dose della sua potenza autarchica, e quindi diventa incapace di assumersi l’insieme delle sue funzioni. Lo Stato, per dovere, ma con l’entusiasmo degno di una causa migliore, delegai propri compiti, anzi lì dà “in affitto” alle forze di mercato, che sono anonime, prive di un volto. Di conseguenza i compiti che sono vitali per il funzionamenti e il futuro della società sfuggono alla supervisione della politica e quindi a ogni controllo democratico. Il risultato: si affievolisce il senso di comunità e si frantuma la solidarietà sociale. Se non fosse per la paura degli immigrati e dei terroristi, l’idea stessa dello Stato come un bene comune e una comunità di cittadini sarebbe fallita”

  15. Grande Zygmunt!
    Aggiugo che l’uomo (e la donna) liquido moderno fa delal sua singolarità e della sua capacità di farcela un vanto.
    Sono mamma? Ma anche lavoro, apulsico casa, ho tanti amici, faccio cose, vedo gente. E se non fate come me è colpa vostra.
    E’ il modello americano. Sei felice e realizzato? Sei uno splendido vincente.
    Sei triste, arrabbiato, indignato? Sei un grigio perdente.
    Così appunto a tenerci assieme è la xenofobia o l’antiberlusconismo.
    Parlare di dsagio e questioni sociali è da nerds… scusate l’estrema sintesi….

  16. @gekina premetto che come molti combatto con i soldi già a metà mese e che aiuto non ne ho avuto(mia madre lavorava)sicuramente le istituzioni ti lasciano sola e quando lavori,come me,per un privato la maternità é quasi una colpa.Io parlo della vicinanza di altre mamme nella tua condizione che prendono magari tre bambini a scuola invece che uno quando tu le accompagni la mattina per fare un esempio.Una rete di aiuto reciproco che ti crei se sei disponibile e con un po’ di fortuna.

  17. anche a me ha fatto un po’ impressione e condivido molto il commenti dei due paoli.
    sono reduce da qualche anno di vita tedesca e sono un po’ preoccupata all’idea di fare dei bambini qui in italia dopo che ho visto come veniva gestita la maternità in Sassonia (ex Germania est, che quindi coniuga alcune delle poche giuste idee del passato con la grande tradizione di stato sociale della Repubblica Federale Tedesca).
    avevo colleghe al terzo figlio che occupavano grandi posti di responsabilità e non si sentivano traditrici della patria se stavano a casa tutto il tempo che lo stato concedeva loro, permettendosi di godersi non i primi mesi dei loro figli ma i primi anni.
    dalla mia strada passavano le mamme “collettive” col loro carrettino di bimbi sorridendi, (gruppi di mamme autorganizzate che si guardavano i figli a turno) famiglie con tutti i bimbi dotati di biciclette che sicuri col loro bel caschetto sfrecciavano sulle piste ciclabili, tram dotati di tutto lo spazio necessario per far entrare carrozzine (e quindi anche sedie a rotelle) eccetera eccetera.
    solo un dubbio mi prendeva: ma come facevano, con un’infanzia così bella, a diventare tedeschi da grandi? 😉

  18. Condivido tutto quello che dice gekina e trovo molto interessante, utilissimo il suo blog. Qui non parliamo di epidurale, ma il discorso sul materno in Italia passa anche e sopratutto dal nucleo simbolico del parto. Trovo che Francesca sia fortunata, che magari esistono per fortuna altre donne italiane fortunate, ma vorrei che parlassero le precarie, quelle, come me, a cui continua ad essere negato il diritto alla maternita’. Mi piacerebbe ascoltarle, magari Loredana ha gia’ postato qualcosa in precedenza qua. Prima dell’incubo di una maternita’ impossibile o resa difficile in tutti i modi c’e’ la solitudine, la non-esistenza delle madri mancate forse per sempre.

  19. @ Olga,
    grazie e ovviamente solidale.
    Esisitono anche le già mamme, precarie, a 1000 euro al mese, magari single, magari con figli disabili, magari ammogliate ma con compagno non collaborativo (ce ne sono… andate al parco col pupo e ditemi se le donne non sono la maggioranza).
    Ci sono e della maternità 2.0 magari non sanno che farsene.
    La duepuntozero può diventare un modo per intruppare e vendere meglio (assolutamente involontario eh!). E’ la tribù internet che pialla le storie di vita.
    La prova? L’attenzione ossessiva del marketing, dell’empowerment sulle cose mammesche.
    Personalmente non ho mai creduto nella “sorellanza” di sesso e men che meno su quella materna. Non parliamo nella fratellanza degli esseri umani…
    Ma credo nella civiltà del diritto e quindi nel diritto garantito ad essere una mamma tedesca (così come ce lo ha raccontato Lucia) con figli italiani 🙂
    PS
    “ma il discorso sul materno in Italia passa anche e sopratutto dal nucleo simbolico del parto. ”
    Assolutamente vero. Se ti va leggiti “L’impero del ventre” di Marcela Jacub.

  20. Condivido completamente il punto di vista di Gekina: è la mia identica esperienza. La sensazione è che la rete amicale sia una risorsa che va a coprire carenze dello Stato che non ci assicura quello che dovrebbe essere un diritto: stare a casa quando il figlio è malato, avere orari di lavoro compatibili con quelli scolastici (e viceversa), poter usufruire del congedo parentale davvero e non viverlo come una sorta di premio.
    Le comunità web possono permettere di condividere vissuti e problemi e lo fanno alcune volte in modo mirabile (ci sono blog davvero ben fatti e per niente orientati al marketing). Ma la vita reale è altrove…
    Loredana conosce bene la mia lista, che è simile a quella di Gekina e parte dal diritto all’epidurale per passare al tema del congedo parentale, alla lotta tra poveri per un posto al nido, alla lotta che c’è ancora per la materna, poi per il tempo pieno e vogliamo aggiungere anche i mesi estivi?
    Tutti temi per me caldissimi: grazie di averli sollevati!
    In ultimis: le madri che non conoscono la solitudine per me sono marziane: la maternità è un’esperienza talmente ambivalente che mi stupiscono e mi lasciano grandi perplessità quelle donne che sostengono che sia il mestiere più bello del mondo e che la loro vita è cominciata solo da quel giorno e che non c’è niente di più bello che essere madri…

  21. ho visto anche io il blog di gekina
    bello d’avvero
    però olga non parliamo più di donne fortunate e altre meno
    a volte poi si ha fortuna per certe cose ma meno per altre
    per vivere in una città “vivibile” ho dovuto lasciare la mia e quindi allontanarmi dalla mia famiglia e quindi non lavorare i primi anni di vita dei miei figli perchè non sapevo a chi lasciarli poi mi sono data da fare e ho trovato un lavoro che mi consente di lavorare da casa
    la vera fortuna è stata sicuramente incontrare mio marito per tanti motivi…
    ma la mia esperienza non è appunto universale
    dicevo solo che se ci aiutiamo tra di noi invece di dividerci sempre in fortunate o sfigate perfette o imperfette forse possiamo costituire un nucleo importante capace di far sentire la propria voce e rivendicare così i diritti per tutte
    e la cosa che mi piace delle giovani mamme che frequento è proprio questa attenzione al bene comune

  22. Cara francesca, non volevo fare dei distiguo tra fortunate e sfigate solo dire che per l’esperienza che ho dell’Italia la norma e’ piu’ una maternita’ lasciata ‘sola’ od ostacolata in tutti i modi, addirittura negata, che la madre felice e contenta. Poi io sono felicissima quando sento invece testimonianze diverse. Esiste una certa retorica, che non ti appartiene, per carita’, che tutto e’ possibile basta crederci. Come una precaria che fa un figlio anche se non puo’ mantenerlo, nell’indifferenza delle istituzioni. Tutto e’ possibile, ma chi cavalca certe cose, penso ad una certa retorica cattolica o di destra, mi crea notevoli problemi. Grazie per il consiglio di lettura di gekina, il tema mi interessa moltissimo. Grazie anche alla testimonianza di Elenaelle. Mi piace molto uno spazio dove le voci sulla maternita’ sono diverse perche’ questa e’ ricchezza, quello che invece e’ tentativo di sottrarci i nostri diritti, primo tra tutto il diritto di parola, e’ certa retorica di un certo maschile maschilista che in Italia fa sempre moda, di una maternita’ che deve, deve, deve coprire ogni carenza del sistema societa’-Stato. un saluto speciale a tutte le mamme…

  23. “Le Mamme 2.0 sono giovani mamme (tra i 14 e 33 anni)…”
    Se ne parla da due settimane e quel “tra 14 e 33 anni” è ancora lì 🙂
    Poi, vabbe’, se lasciamo da parte brand e marketing rimane a volte la solitudine, la carenza dei servizi, la retorica della mamma perfetta e quella della mamma imperfetta, e tutto quello di cui si può discutere. Ma le mammeblogger2.0 hanno voglia di rivendicare qualcosa per sé? Servizi, per esempio, o più opportunità per il reinserimento nel mondo del lavoro…

  24. No ti prego, cara padrona di casa letterata, dimmi che è uno scherzo: sembra uno di quei pezzi che mi divertivo a comporre quando ero al liceo, pieno di parole esotiche e intelligenti legate tra loro da nessi sintattici ineccepibli, ma rigorosamente senza capo né coda. Altra cosa è quanto si può sintetizzare nella frase: “l’Italia non è un paese per mamme” http://www.sorelleditalia.net/2011/01/08/l%e2%80%99italia-non-e-un-paese-per-mamme/, concetto esposto con chiarezza e documentazione da tutte le commementatrici precedenti. A qualcosa è servito 😉

  25. Sono una mamma e possiedo un computer, mi riconsco in parte nel profilo ma allo stesso tempo mi sento tre volte fuori target…
    Perché il figlio l’ho fatto a 37 anni. Perché allora – nove anni fa – almeno dalle mie parti non si parlava di 2.0. Ma soprattutto perché ai tempi noi si quagliava non attorno ad un brand ma attorno alla tetta che allatta, e rispetto ai prodotti per l’infanzia attorno al fare senza…

  26. volevo ritornare sulle mamme duepuntozero.
    Mi domando… ma quanto fedele è l’immagine mammesca che il web ci restituisce?
    Cioè siamo sicure che le mammeduepuntozero hanno:
    mariti (veramente) sottomessi, mariti (veramente) disattenti e (veramente) mariti riottosi?
    Poi riprendendo l’osservazione di marzipan… fa un po’ ridere leggere un età x le giovani madri dai 14 ai 33 anni (io ne ho 37… sono già vecchia :P) quando in Italia la media delle primipare è 32 anni e delel secondipare oltre i 35…
    http://www.snamid.org/Dottor-Web/primipare.htm

  27. Sono io che ho segnalato la ricerca pur considerandola parzialissima e che ho scritto l’articolo… :-/
    Che donne e mamme 2.0 abbiano le idee molto più chiare di questi ricercatori (alla presentazione c’erano al tavolo 4 uomini e una donna e in platea l’80% di donne…) lo si vede da questa discussione e anche da quella seguita alla presentazione che è stata ben più puntuale della presentazione stessa. Per le mamme blogger presenti in sala il nodo centrale era la perdita del lavoro e l’utilizzo della rete come spazio dove ricominciare a lavorare spesso contando soltanto sulle proprie forze. La cosa che colpisce anche me, come giustamente dice Loredana, è il fatto che siano i marchi a interessarsi alle mamme 2.0 e a commissionare delle ricerche. Anche ieri su Nova24 si è tornati a parlare del fenomeno facendolo esclusivamente dal punto di vista del consumo, quindi mamme 2.0 come consumatrici che possono influenzare altre consumatrici.
    Non è da sottovalutare che con tante donne che navigano, creano e condividono contenuti in rete, i media le vedano soltanto come consumatrici. Il mondo della rete e della tecnologia è un mondo maschile e ha già creato i propri eroi e li sta già raccontando, penso al film “The Social Network” e all’articolo di Reubblica sui nerd saliti al potere, sono eroi e sono immancabilmente uomini. A mio avviso la vicenda della ricerca sulle mamme 2.0 è paradigmatica, le donne sono presenti in rete quanto e più degli uomini ma sono raccontate da uomini. Sono d’accordo con gekina: l’immagine che nello specifico questa ricerca ci restituisce certo non è fedele, tutt’altro.
    Non è che anche in rete corriamo il rischio che siano gli uomini che costruiscono e ripropongono stereotipi femminili stantii?

  28. @ Francesca C.
    è da anni che il marketing sa una cosa: è donna il consumatore migliore. E la mamma lo è ancora di più e ti spiego perchè.
    Una donna-mamma consuma almeno per due (lei e il suo bambino), è disposta a spendere molto (ben al di sopra delel sue possibilità) per il “benessere” del pupo.
    Il viral marketing e i blog adescati sono i nuovi mezzi di pubblicità.
    Faccio un esempio… io ho un blog con un discreto numero di visite. Ebbene è da un po’ che nella casella spam mi arrivano proposte per scrivere post di questo o quel prodotto… sotto promessa di pagamento.
    Ho dato un’occhiata in giro. Sono tantissimi i blog di mamme che hanno ceduto alla tentazione. Così io mi domando… quanto “verace” è internet e quanto realmente esprime della maternità (senza il 2.0).
    Al di là delle tentazioni di compensi, esporsi seppur in rete, ci può rrendere più “accomodanti” magari per allungare la lista di followers.
    Il discorso è lunghissimo però io trovo che internet sia come la televisione e forse, a volte, anche peggio.

  29. uno dei più grandi successi di critica e di pubblico (un blockbuster) di questi ultimi anni, il film “Juno”, è uscito fuori dal blog della mirabolante Diablo Cody, una donna di un tipo tutto suo. Anche “Julia & Julie” è nato dall’esperienza di una blogger/imprenditrice di se stessa. Grande successo, interpretato da una giovane attrice (non molto famosa) e Meryl Streep. E via dicendo.
    p.s. ho visitato il post di gekina, molto bello e informativo. “Lo devono sape’ tutti!” come urlava Nanni Moretti uscendo dalla sala parto dove a sua moglie era appena stata fatta l’epidurale.

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