MEDITANDO IN METROPOLITANA SUL FUMETTO

Eppure, mi dicevo ieri sera rientrando a casa dopo tre giorni di diretta a Più Libri Più Liberi, un tempo gli stupori erano di altro tipo. Intendo quelli relativi al fumetto, proprio il fumetto, non il graphic novel d’autore. Erano, allora, gli stupori di chi considerava il racconto per immagini, o romanzo grafico, o letteratura disegnata, o quel che vi pare, come un mondo a parte rispetto alle storie senza immagini. Succede anche oggi? In parte sì, perché il graphic novel d’autore viene ormai accolto come opera d’arte quasi ovunque, mentre  la percezione che si ha al momento è che il fumetto, se popolare e amato, venga  ritenuto troppo “mainstream”. Ancora più “mainstream” dei romanzi popolari e amati. Così, mentre scendevo alla mia fermata, un poco prima di Rebibbia dove vive e opera il vincitore del Libro dell’anno di Fahrenheit, Zerocalcare, mi è tornata in mente un’intervista di – pensa- vent’anni fa. Era giugno 1994, e io facevo due chiacchiere con Guido Crepax, per Repubblica. Proprio sulla molto mainstream Valentina. E visto che l’ho ritrovata, ve la ripropongo.
Valentina cresce a Milano, dove vive, fotografa, guida, ai tempi dell’ esordio, una Giulietta Sprint e tira tardi al Nebbia Club. Ma nasce dal cinema: perché dal cinema d’ avanguardia degli anni Sessanta porta nelle zone inesplorate e in apparenza povere del fumetto un certo uso delle zoomate e una sconosciuta, per alcuni addirittura proustiana, cura dei dettagli, e affastella la pagina di vignette non più identiche e regolari, ma incorniciate da forme diverse, o anche senza una forma. Viene citato Ejzenstein.
Guido Crepax cita Resnais. “Quando creai Valentina ero affascinato dalla nouvelle vague. Lo spunto americano dell’ eroe dalla doppia identità, quello che riguarda il suo compagno e inizialmente vero protagonista Neutron-Philip Rembrandt, era superficiale, mi interessava più la sceneggiatura della storia. Pensavo a Godard, al Resnais de L’ anno scorso a Marienbad. Con Resnais, anni dopo, ebbi anche uno scambio di lettere”.
C’ è un altro personaggio con cui lei è entrato in contatto e cui Valentina deve molto: deve, quantomeno, i capelli, anche se qualcuno dice che arrivarono prima i Vergottini.
“Arrivò prima Louise Brooks. Era l’ unica attrice di cui abbia conservato una fotografia. E la tenevo sul tavolo quando disegnai Valentina. La volevo diversa dalle donne-fumetto che avevano avuto successo fino a quel momento, come la Barbarella modellata su Brigitte Bardot. E mi dicevo: le cambio tutto, le faccio i capelli corti scuri. Guardai la foto della Brooks e le diedi la sua pettinatura. Molti anni dopo, nel 1976, riuscii ad avere il suo indirizzo, infilai una copia di un libro di Valentina in una busta e gliela inviai. Mi rispose indignata: pensava che il libro fosse la storia della sua vita. ‘ I suoi disegni sono del tutto mistificanti’ , mi ammonì. Poi diventammo amici”.
Con la pubblicazione cronologica delle sue storie i lettori più giovani scopriranno il momento esatto in cui Valentina diventa Louise: quando, cioè, va a vedere un suo film per festeggiare la propria guarigione. Valentina, anche se pochi lo ricordano, è stata un’ adolescente anoressica. Come mai?
“Perché ho copiato dalla vita di mia moglie: come lei, Valentina è nata il 25 dicembre, e come lei, a tredici anni, si ammalò di anoressia. Con la differenza che all’ epoca di Valentina interveniva già la psicanalisi, mentre per mia moglie venne decisa una terapia a base d’ insulina. Dovette curarsi da sola, insomma. Comunque, ho copiato anche in un altro caso: quando ho dato un bambino a Valentina, nel 1970, aspettavamo il terzo figlio. Hanno la stessa età, lui e Mattia”.
Valentina ha cinquantadue anni, e ne ha trenta per l’ anagrafe del fumetto: un’ età che consente di parlare, se non di mito, di simbolo di un’ epoca. Così è stato fatto.
“Esagerando. Mi è sempre stato difficile pensare a Valentina come a un simbolo semmai tengo a certe sue caratteristiche, all’ indipendenza, alla libertà. Rimasi male, quando anni fa le femministe mi contestarono perché avevo disegnato Histoire d’ O. Io mi sono sempre considerato sinceramente femminista: ho spogliato Valentina, ma perché difendevo il suo diritto a esibirsi. E non ne ho mai fatto una donna-oggetto. Valentina pensa, fa le sue scelte, lavora. Quando la disegnai le donne erano le eterne fidanzate: lei era la protagonista. E guadagnava più di Philip. ”
In più, è un’ intellettuale: ascolta Berg e Miles Davis, sui suoi scaffali ci sono Il tamburo di latta e La montagna incantata. E fa anche le sue scelte politiche: qualche anno fa fu testimonial per il Pri di Giorgio La Malfa.
“Feci qualche disegno per La Malfa, perché mi venne a trovare e perché avevo seguito i suoi interventi e quelli di suo padre in televisione. Però votavo Psi, perché prima che i fatti mi smentissero pensavo di essere un socialista. E Valentina è una vecchia trotzkista, come me. Per interesse storico e per antistalinismo: abbiamo aspettato a lungo la riabilitazione di Trotzskij. E invano”.
Intanto Valentina è una donna matura: fra poco si dovrà dire senza mezzi termini che è anziana.
“E’ vero: la mia trovatina iniziale mi si ritorce contro, e Valentina invecchia, forse troppo. Ma sono deciso a non disfarmene. Tant’ è vero che sto lavorando ad un’ altra storia, Valentina Movie, ispirata ad un classico cinematografico sui vampiri. Ancora cinema, come trent’ anni fa”.

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