Qualche giorno fa, sempre su La Stampa, è uscito un mio articolo sulla (possibile) fine delle storie: ovvero, sul disamore da parte di premi letterari, editori e, sì, lettrici e lettori, nei confronti dei libri che non siano memoir, autofiction, biografie, saggi. Ci tornerò, ma oggi mi interessa parlare di Questo mondo non mi renderà cattivo, la nuova serie Netflix di Zerocalcare. Perché, in apparenza, incarna una contraddizione: sulle prime, tutta l’opera di Zerocalcare, dai fumetti online ai libri, sembra essere una lunga narrazione di se stesso, delle sue fobie, dei suoi amici, della sua famiglia. Ma è una lettura superficiale, a mio parere: perché per quel che sembra a me il personaggio Zerocalcare usa il pretesto della sua autorappresentazione per portare chi legge da tutt’altra parte, si tratti della periferia di Roma o di Shengal o di Kobane.
Insomma, se autofiction è, quella di Zerocalcare è totalmente e sempre politica esattamente come quella di Annie Ernaux, e così andrebbe letta. Poi, com’è giusto, a ognuno le sue reazioni ed emozioni. Per me, è la cosa più bella che, fin qui, Zerocalcare ha fatto: ma si sa, noi di periferia abbiamo circoletti ovunque, e d’abitudine ci diamo di gomito davanti a certi gelatai di piazza Beltramelli o dal pescivendolo di via Tiburtina, com’è noto.
E comunque guardatelo e, com’è giusto, fatevi la vostra opinione: non sarà tempo perso, e questa è già cosa rara.
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A chi gli chiede perché si avventura in un viaggio verso Shengal, Zerocalcare risponde dicendo che forse gli hanno installato il chip “della decenza umana minima”, e aggiunge “se st’urgenza non la capisci, si vede che non la poi capì”. E’ vero. Se nessuno la racconta, quella storia, chi la sta vivendo nei fatti, rischiando la morte e la sparizione di quanto ha costruito, sparisce. Non è che una tragedia, un’emergenza, un pericolo, finiscono quando smetti di raccontarli tu. Continuano, ma noi non lo sappiamo.
Porzia Petrone, che ho conosciuto sabato a Bari, ha continuato negli anni a raccontare la storia del fratello Benedetto, ucciso dai fascisti nel 1977, a 18 anni. Questo intendo quando dico che la letteratura è una finestra, talvolta suscitando certi oh-oh-ohibò fra i coltissimi. Per dirla con Zerocalcare, quando si raccontano queste storie, si fa qualcosa “che serve pure a noi”.
(e se non lo capisci, si vede che non lo poi capì”).
Uno. Strano, no? Un fumetto vince il premio dei lettori di una trasmissione sulla lettura e ci si aspetta, sospirando un po’ sui tempi che non cambiano, che siano i lettori che giudicano il fumetto medesimo “non degno” a protestare….
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